Si tagliano col prendere le ali dalla mano sinistra con una forchetta; si prende dalla mano dritta il coltello per tagliare la giuntura dell'ala, e si termina colla mano sinistra tirando l'ala, che cederà facilmente se terrete fermo il pezzo del pollo colla forchetta: poscia levate dalla medesima parte la coscia, dando un colpo di coltello nei nervi della giuntura; tiratela nella stessa guisa colla mano sinistra: fate lo stesso dall'altra parte; tagliate poi lo stomaco ed il carcame in due: così pure si tagliano i Fagiani, le Pernici e Beccacce. I migliori bocconi del fagiano sono le polpe dello stomaco e le cosce; e della beccaccia le cosce.
si termina colla mano sinistra tirando l'ala, che cederà facilmente se terrete fermo il pezzo del pollo colla forchetta: poscia levate dalla medesima
342. Carpione. I carpioni da latte sono più stimati che quelli che hanno le uova. Egli è nell'autunno e nell'inverno che è più ricercato questo pesce. I carpioni di fiume, che sono più saporiti che quelli di stagno, si riconoscono facilmente; hanno sul dorso le squamme alquanto brune, biancastre sul ventre, e d'un giallo dorato ai fianchi.
. I carpioni di fiume, che sono più saporiti che quelli di stagno, si riconoscono facilmente; hanno sul dorso le squamme alquanto brune, biancastre
452. Crema. Sbattete bene dieci rossi d'uova unite a un ettogr. di zucchero in polvere; aggiungete un aroma di vostro gusto, o qualche goccia d'essenza di cedro, o di cannella, o di fior d'arancio, o di vaniglia, o di caffè, ecc.; versatevi inoltre un litro di fior di latte, volgarmente panna; mescolate bene il tutto, e ponete al fuoco seguitando ad agitare con un mestolo di legno senza interruzione, finchè vedrete che il liquido comincia a condensarsi; il che si scorge subito facilmente perocchè, la crema si attacca allora al mestolo a guisa d'una liquida polentina. In ogni caso ponete mente a che la crema non levi il bollore, che ciò accadendo le uova si rappiglierebbero separandosi dal latte, e la vostra crema sarebbe sciupata. Si può anche fare la stessa quantità di crema impiegando meno uova, per esempio con soli sei rossi invece che dieci; ma in questo caso dovrete aggiungere un pugillo di farina o di fecola di patate, onde facilitare il condensamento della crema. La crema si preferisce servirle fredde.
condensarsi; il che si scorge subito facilmente perocchè, la crema si attacca allora al mestolo a guisa d'una liquida polentina. In ogni caso ponete mente
469. Castrato. La coscia del castrato dà un eccellente arrosto, ma bisogna che sia molto stagionata e frolla. Si deve perciò conservare il più lungo tempo possibile, tenendo però calcolo della temperatura e della stagione: così, nell'inverno, con un tempo asciutto e bello, si può conservarla dai 5 agli 8 giorni, nella estate, invece, solo due o tre giorni. L'osservazione e l'esperienza poi, devono bastarvi per giudicare il momento più favorevole per arrostire la carne di castrato. Essendo adunque frollata la carne a dovere, infilzatela nello spiede e fatela arrostire a gran fuoco in maniera che ne sia invasa da ogni parte, e possa per tal modo conservare tutto il suo succo. Basta solo un'ora di cottura, e l'indizio che fa conoscere facilmente che la coscia è cotta al suo punto consiste in quei sbuffi di fumo che n'escono, e in alcune gocce di succo che incominciano a cadere nella sottoposta ghiotta.
facilmente che la coscia è cotta al suo punto consiste in quei sbuffi di fumo che n'escono, e in alcune gocce di succo che incominciano a cadere nella
474. Lepre. Tolta la pelle e sventrata la lepre, ne spoglierete le carni anche della seconda pellicola che ricopre i filetti e le cosce, ed a tale effetto la passerete al calore d'un fornello: poscia, per rendere più ferme le carni, e poter più facilmente lardellarle, quando ritirate la lepre dal fornello, strofinatene le cosce ed il dorso col suo fegato, il che comunica alla carne anche una bella vernice. Lardellate le cosce ed il lombo; involgete il dorso e le spalle di sottili fette di lardo, che terrete obbligate legandole con refe, e cuocete allo spiede la lepre così preparata, umettandola di tratto in tratto collo stesso unto che ne colerà. Un'ora deve bastare per cuocerla.
effetto la passerete al calore d'un fornello: poscia, per rendere più ferme le carni, e poter più facilmente lardellarle, quando ritirate la lepre dal
596. Istruzioni generali sui sciroppi. Quando si è fatto disciogliere lo zucchero in una certa quantità d'acqua, si è schiumato e chiarificato, e finalmente cotto sino a che il liquido abbia una consistenza tale che scoli lentamente, si è ottenuto il sciroppo più semplice, vale a dire il giulebbe di zucchero. Se invece di acqua pura, si adopera per disciogliere lo zucchero un'acqua saturata di certi principii, come succo di frutta e simili, si avrà il sciroppo della sostanza adoperata. La preparazione dei sciroppi, pertanto, ha per iscopo la conservazione dei succhi di parecchie frutta od aromi, mantenendo a questi l'odore, il sapore, e talvolta il colore loro proprio. Volendo adoperare una decozione, un'infusione o un succo già ben chiarificato, basta sciogliervi zucchero bianchissimo a bagnomaria, che il sciroppo sarà fatto senza altra cottura nè chiarificazione. Il più sovente però si fa cuocere dopo avere sbattuto nel liquido freddo una o più chiare d'uova, e si schiuma durante la cottura. I sciroppi debbono rimanere meno tempo che sia possibile sul fuoco, perchè vi prendono colore. Le bottiglie in cui si serbano i sciroppi debbono essere sempre piene e ben turate; perocchè lasciandole sceme ed aperte, il sciroppo potrebbe fermentare con facilità, nonchè, evaporandone la parte acquosa, si candirebbe, ossia si cristallizzerebbe lo zucchero. I sciroppi si alterano così facilmente quando non sono abbastanza cotti, come quando lo sono troppo; bisogna quindi procurare di raggiungere il grado conveniente di cottura senza oltrepassarlo: molti sono i segni che indicano questo grado, ma il più semplice e più sicuro consiste nella densità del giulebbe. Versandolo dall'alto, esso deve filare come un olio fino, cadere senza spruzzare, formarsi in gocce rotonde, le quali, collocate le une presso alle altre in un piatto, non si ravvicinano che lentamente; infine, soffiando sulla superficie, vi si deve formare una pellicola rugosa. La regola da tenersi per la dose dello zucchero di cui si deve far uso in ciascun sciroppo, sarebbe di mettervene tanto quanto può scioglierne il liquido o succo che si adopera. I succhi acidi ne disciolgono circa 160 gramme per ogni ettogr.; le decozioni e le infusioni ne possono disciogliere un poco più; ma in generale ve ne vuole sempre un po' meno del doppio in peso dei liquidi che si adoprano.
cristallizzerebbe lo zucchero. I sciroppi si alterano così facilmente quando non sono abbastanza cotti, come quando lo sono troppo; bisogna quindi procurare di
608. Cedri canditi. Mondate alcuni cedri di mediocre grossezza, chiari, lisci e freschi; dalla parte del gambo fate con un coltello un buco del diametro d'una noce, e gettateli di mano in mano nell'acqua fresca. Intanto fate bollire a parte altr'acqua; fatevi lessare i cedri, e quando siano cotti in modo che vi possa facilmente insinuare uno stecco appuntato, ritirateli dal fuoco e metteteli di nuovo nell'acqua fresca, lasciandoveli per due giorni e rinnovando spesso l'acqua, ma sempre fresca. Indi ritirateli, e col manico d'un cucchiaio, che introdurrete pel buco praticatovi, vuotate i cedri della polpa e del succo che conterranno; poi immergeteli nello zucchero cotto a perla e tiepido, e lasciateveli per otto giorni, avvertendo ogni giorno di ritirare i cedri, per cuocere di nuovo lo zucchero a perla, e di rimetter- veli quando il sciroppo sia tornato tiepido. L'ottavo giorno farete nuovamente cuocere a perla il sciroppo, e vi immergerete i cedri fecendoveli bollire lentamente, fino a che il sciroppo stesso presone un poco, fattolo raffredare e indi comprimendolo, si riduca come in farina. A questo punto, con molta prestezza, ritirate i vostri cedri con una forchetta od altro; poneteli sur un graticcio, affinchè scolino e prendano aria da ogni lato, e finalmente fateli prosciugare alla stufa. Invece di lasciarli intieri, potrete tagliare i cedri a spicchi prima di candirli.
in modo che vi possa facilmente insinuare uno stecco appuntato, ritirateli dal fuoco e metteteli di nuovo nell'acqua fresca, lasciandoveli per due
635. Composta di marroni. Fate rammollire nell'acqua bollente una cinquantina di bei marroni sani, finchè potrete facilmente penetrarli con una spilla o stecco appuntato. Mondateli e gettateli nell'acqua fredda, nella quale avrete spremuto il sugo d'un limone. Dopo che avrete fatto sgocciolare bene questi marroni, gettateli col succo d'un altro limonee con due o tre cucchiajate di sciroppo di fiori d'arancio (n. 604) in un giulebbe fatto con tre ettogr. di zucchero. Fate cuocere lentamente, finchè il sciroppo abbia acquistato una certa consistenza, e ponete poscia la composta in un vaso apposito, spargendovi sopra dello zucchero in polvere.
635. Composta di marroni. Fate rammollire nell'acqua bollente una cinquantina di bei marroni sani, finchè potrete facilmente penetrarli con una
7. Delle carni, del pollame, della cacciagione e del pesci. Il mezzo primo che deve mettersi in pratica per conservarle quali sono, si è quello di guarentirle dal contatto dell'aria, dall'umidità, e dal calore. Facilmente si giunge a questo inviluppando letami in una tela bianca, e chiudendole ermeticamente in un vaso di terra bene asciugato, ovvero in una scatola di legno, e mettendo il tutto sotto terra in sabbia ben secca, ma in luogo esente da umidità, e che abbia una temperatura bassa. È inutile raccomandare che le sostanze da conservarsi sieno fresche. Questo processo riesce migliore per le carni grosse, che per il pollame, per gli uccelli, per le lepri e pei conigli, poichè l'aria che riempie il loro corpo, ancorchè, vuotati con cura, basta per promuoverne la putrefazione. Con questo processo però non si possono conservare le grosse carni che otto o dieci giorni.
guarentirle dal contatto dell'aria, dall'umidità, e dal calore. Facilmente si giunge a questo inviluppando letami in una tela bianca, e chiudendole
Per il pollame, pei selvatici, per le lepri e pei conigli il processo migliore, di facile esecuzione, e praticabile dovunque, è quello del carbon di legna: si sceglie all'uopo del carbone secco, e che facilmente si spezzi. Volendo conservare con questo metodo ogni specie di carne, bisogna ricoprire di uno strato di polvere del detto carbone il fondo del vaso che si vuole adoprare; questo può essere di vetro, di terra o di legno: ma l'ultimo è fra tutti il meno buono per l'uso indicato. Si pone la carne su questo stratto di carbone: si riempie il vaso di detta polvere in modo che il carbone non permetta alla carne di toccare le pareti in alcun modo, quindi si chiude ermeticamente e si pone in luogo ben secco. Con questo processo si possono conservare per più di un mese le carni senza che soffrano. Quando queste carni si vogliono adoperare per la cucina, si debbono lavare diligentemente per toglierne tutta la polvere che vi resta aderente.
legna: si sceglie all'uopo del carbone secco, e che facilmente si spezzi. Volendo conservare con questo metodo ogni specie di carne, bisogna ricoprire
653. Ratafià di noci. Prendete un centinajo di noci verdi, il cui guscio sia ancora abbastanza poco indurito da lasciarsi facilmente trapassare da una spilla; pestatele in un mortajo, e ponetele in infusione per due mesi in 6 litri d'acquavite, con alcune noci moscate e un pizzico di garofani. In capo a questo tempo passate la vostra infusione attraverso uno staccio di seta; prendete poscia un chilogr. di zucchero triturato, e fatelo fondere nel liquore: riponete in appresso il ratafià in un vaso, e lasciatelo in riposo per altri tre mesi. Spirato questo termine, decantatelo accuratamente senza muoverlo nè agitarlo a fine di non intorbidirlo, e ponetelo nelle bottiglie, che non avrà bisogno d'esser filtrato.
653. Ratafià di noci. Prendete un centinajo di noci verdi, il cui guscio sia ancora abbastanza poco indurito da lasciarsi facilmente trapassare da
693. Caffè, tostatura, infusione. La principale cura che debbesi avere per ottenere un eccellente caffè, oltre alla scelta della sua qualità, consiste nel farne bene abbrustolire o tostare i chicchi; perocchè se troppo abbrustolito, il caffè si carbonizza e perde tutto il suo olio essenziale, che è l'aroma gradito che lo distingue; se troppo crudo, l'infusione ne risulta acida e disgustosa. Tutti conoscono l'ordigno di cui si fa uso per tostare il caffè, ed il quale consiste in un cilindro di lamiera attraversato nel suo asse da una bacchetta di ferro, le cui estremità posano su due forcelle fermate ai lati opposti d'un apposito fornello, sul quale il detto cilindro può per tal modo girare su sè stesso per il movimento che gli vien dato mediante un manubrio disposto ad una delle estremità della bacchetta di ferro che lo attraversa. La scelta del combustibile non è indifferente, e bisogna sempre preferire il carbone alla legna, perchè il primo manda un calore più uniforme e non produce fumo. Non si empia mai il cilindro che per metà, in modo che la bacchetta di ferro che l'attraversa non ne sia coperta, e che il caffè, gonfiandosi per l'effetto del calore, non rimanga troppo pigiato, e possa muoversi e venire facilmente agitato. Il fuoco devesi sempre mantenere eguale e moderato. Bisogna girare e rigirare il cilindro ora da destra ora da sinistra, fino al momento in cui il caffè manda assai fumo: allora si leva di frequente l'ordigno dal fuoco per scuoterlo ed agitarlo in ogni senso; e si termina di tostarlo quanto si vede che il fumo scappa dal cilindro in maggiore abbondanza. A questo punto il grano scoppietta, diventa lucido e come untuoso, di color cannella bruno, e spande un gradevole profumo: è questo il momento di ritirare dal fuoco il cilindro, per lasciare che la cottura si compia da sè medesima, mercè il vapore concentrato nell'apparecchio, che si continua a girare e ad agitare fuori del fuoco per alcuni altri minuti. Si apre allora il cilindro, si versa il caffè sur una tavola, vi si distende uniformemente, e dopo che si è alquanto raffreddato si passa a ventilarlo per farne escire le pellicole ed anche i corpi estranei che talvolta vi sono frammischiati; ma quest'operazione si può evitare se si sarà ben mondato il caffè prima di tostarlo. Il tempo che ordinariamente il caffè deve stare sul fuoco per giungere al punto giusto di tostatura, trattandosi d'una media quantità, varia da' 40 ai 50 minuti, a seconda del fuoco più o meno ardente che è nel fornello. Il caffè tostato con cura ed al punto voluto, non deve mai aver perduto, dopo quest'operazione, più del 18 o 20 per cento, vale a dire il quinto circa del suo peso.
pigiato, e possa muoversi e venire facilmente agitato. Il fuoco devesi sempre mantenere eguale e moderato. Bisogna girare e rigirare il cilindro ora da
Non si macini il caffè prima che sia completamente freddato, e non se ne appronti che la quantità necessaria per il consumo di pochi giorni; perocchè il caffè perde più facilmente il suo profumo quando è in polvere che quando è in grani. Tuttavia, in un modo o nell'altro, il caffè devesi sempre conservare in recipienti di vetro o di stagno ben turati.
il caffè perde più facilmente il suo profumo quando è in polvere che quando è in grani. Tuttavia, in un modo o nell'altro, il caffè devesi sempre
Il processo migliore per fare infondere il caffè, è quello di servirsi di caffettiere a filtro, che sono comodissime, spicciative, e danno un'infusione profumata e limpida. Essendovi oggigiorno in commercio tante specie di tali caffettiere e potendone ognuno imparare l'uso facilmente, non staremo a descriverne nè la forma, nè la maniera di adoperarle, che lungo sarebbe e tedioso. Solo diremo che le caffettiere, vasi o macchinette che sieno, filtranti, specialmente se di latta, esigono una minuziosa cura e pulizia: non solo non si deve mai lasciarvi freddare e rimanere lungo tempo il liquido, ma è indispensabile nettarle ed asciugarle dopo ogni singola infusione.
'infusione profumata e limpida. Essendovi oggigiorno in commercio tante specie di tali caffettiere e potendone ognuno imparare l'uso facilmente, non staremo a
Siccome il tè s'impregna facilmente del ben che menomo odore, bisogna evitare di porlo in vicinanza di altre sostanze più o meno odorifere. Il solo mezzo di conservarlo in tutta la sua purezza è quello di custodirlo entro un recipiente intonacato di piombo.
Siccome il tè s'impregna facilmente del ben che menomo odore, bisogna evitare di porlo in vicinanza di altre sostanze più o meno odorifere. Il solo
9. Tavolette di brodo. Si prendono 2 chilog. di zampa di vitello, cinque di coscia di bue, cinque di castrato, e un chilog. e mezzo di carne di vitello; si mettono in sufficiente quantità di acqua, si fa il tutto bollire a lento fuoco affinchè l'acqua si carichi dei sughi delle carni; si schiuma e quando sono sufficientemente cotte si spremono fortemente. Si rimettono queste a bollire in nuova quantità di acqua, e ciò si ripete finchè le carni non danno più brodo colla bollitura. Si riuniscono tutti questi brodi, e si lasciano raffreddare per levarne tutta la materia grassa che si rappiglia. Si rimettono al fuoco, si riscaldano, si salano e con cinque o sei bianchi di uovo si chiarificano. Si passa poscia ad evaporare in un vaso stagnato più piccolo a bagnomaria fino alla consistenza d'una poltiglia densa. Si versa questa in una forma o sopra una tavola di marmo, e quando è raffreddata si taglia in tavolette. Queste in seguito si mettono in un forno, ove si fanno evaporare finchè sieno perfettamente secche, e si rompano facilmente come la colla. Nella composizione della gelatina si possono aggiungere ancora que' legumi che ordinariamente si mettono nel brodo e nel selvaggiume.
si taglia in tavolette. Queste in seguito si mettono in un forno, ove si fanno evaporare finchè sieno perfettamente secche, e si rompano facilmente
715. Piante aromatiche. La carota, sebbene sia cibo sano e nutriente, ha un sapore troppo pronunciato, e non conviene a tutti gli stomachi: devesi quindi preferibilmente adoperarla come condimento, perchè si addice meglio a quest'uso che come alimento. Il sedano cotto è di facilissima digestione; crudo resta un poco pesante. L'aglio, la cipolla, il porro, lo scalogno, sono anch'esse sostanze da adoperarsi più come condimento che come cibi, perchè irritano facilmente lo stomaco e sono poco digeribili.
, perchè irritano facilmente lo stomaco e sono poco digeribili.
La selvaggina, come lepre, daino, capriuolo, ecc. offre un alimento in generale assai nutriente, ma molto riscaldante; per cui non si conviene alle persone facilmente irritabili.
Se lo volete di un sapore più deciso, ma meno delicato, adoprate olio in luogo di butirro, ovvero olio e butirro insieme, ma in piccola dose, altrimenti fa facilmente scogliere il composto.
153. Mazzetto guarnito. Si compone di prezzemolo, cipollette novelle, una foglia d'alloro, una carota, due fogliette tenere di sedano, pepolino, ec. Il mazzetto deve essere ben legato, perchè non si disfaccia e si possa levare facilmente donde è stato cotto.
. Il mazzetto deve essere ben legato, perchè non si disfaccia e si possa levare facilmente donde è stato cotto.
202. Patate lesse. Si lessano facilmente mettendole nell'acqua e facendole bollire; dipoi sbucciate e affettate si condiscono con olio, pepe, sale, ed aceto od agro di limone. Per cuocerle bene e perchè restino più saporite, si mettono a bollire in un vaso metà del quale sia pieno di acqua, e della metà in su con una rete di latta o di filo di ferro si tengono sospese al di sopra dell'umido, dipoi si chiude il vaso e si lasciano cuocere a quel vapore.
202. Patate lesse. Si lessano facilmente mettendole nell'acqua e facendole bollire; dipoi sbucciate e affettate si condiscono con olio, pepe, sale