Secondo l'uso cui essa è destinata, se cioè occorre più o meno densa, variano le proporzioni dei componenti: burro, farina e latte. Il procedimento per fare la salsa è molto semplice. Si mette il burro in una casseruolina su fuoco moderato. Quando il burro è liquefatto si aggiunge la farina e si fa cuocere senza farle prendere colore e mescolandola continuamente con un cucchiaio di legno. Dopo un paio di minuti si versa nella casseruola il latte, si stempera bene il composto di farina e burro, si condisce con sale, e un nonnulla di noce moscata, e, senza smettere mai di mescolare, si fa addensare la salsa. Molti la chiamano balsamella. Ciò è improprio. Il nome francese della salsa è «béchamelle» perchè attribuita al marchese di Béchamel, maggiordomo del Re Luigi XIV. Volendo quindi italianizzare il nome, ci sembra più logico tradurlo con besciamella anzichè con balsamella, parola che non significa nulla. Le proporzioni della salsa verranno date volta per volta, secondo i casi. Generalmente le dosi per una salsa di media densità sono le seguenti: burro cinquanta grammi, farina due cucchiaiate (cinquanta grammi) e un bicchiere e mezzo di latte, pari alla terza parte di un litro.
cuocere senza farle prendere colore e mescolandola continuamente con un cucchiaio di legno. Dopo un paio di minuti si versa nella casseruola il latte
Una delle ghiottonerie della cucina cosmopolita è la «tortue claire», cioè una minestra fatta con la tartaruga di mare. Da questa «tortue» è derivata la «mock turtle» ossia minestra di falsa tartaruga la quale anche è in gran favore, specie nella scuola gastronomica francese, che ne rivendica a sè la creazione. Per sei persone mettete a cuocere in una pentola un pezzo di testina di vitello con qualche aroma e quando la testina sarà cotta togliete via tutto ciò che è carne o grasso conservando solamente la parte gelatinosa che costituisce l'esterno della testina. Questa parte la metterete a freddare sotto un leggero peso. Il resto lo utilizzerete per qualche altra preparazione (bollito, fritto, ecc.). Avrete intanto preparato un litro e mezzo di brodo. Mettete nel brodo già pronto qualche rametto di prezzemolo, una foglia di salvia, un pizzico di rosmarino, un pizzico di maggiorana, due o tre foglie di basilico, una mezza cipolla con un chiodo di garofano e una pizzicata di funghi secchi che avrete fatto rinvenire in un po' di acqua fredda. Aggiungete ancora, se credete, una fettina di prosciutto grasso e magro tagliato in listerelle. Portate il brodo all'ebollizione, ritirate la pentola sull'angolo del fornello, copritela e lasciate tutti gli aromi in infusione per circa un quarto d'ora. Passate allora da un colabrodo il brodo aromatizzato, al quale aggiungerete una cucchiaiata di salsa di pomodoro e qualche cucchiaiata di sugo di carne o, più semplicemente, un paio di cucchiaini di estratto di carne. Fate bollire ancora pian piano per una mezz'ora, schiumando accuratamente il brodo. Al momento di mandare in tavola tagliate dalla testina di vitello fredda e pressata, tanti tondini della grandezza di un soldo (vecchio modello), operazione che vi sarà facile se avrete un piccolo tagliapaste. Avrete anche preparato una ventina di polpettine fatte con un pezzettino di carne (meglio ancora se di tacchino) un pochino di mollica di pane e un rosso d'uovo. Per la grandezza vi regolerete di farle come delle grosse nocciuole. Queste polpettine dopo averle ben foggiate, le passerete per pochi minuti nel burro, procurando di non romperle. Come complemento della guarnizione si richiederebbero anche una diecina di fagioli di pollo e qualche piccola cresta. Naturalmente i fagioli vanno cotti con un pochino di burro e le creste lessate. Raccogliete tutta la guarnitura in una piccola casseruola e tenetela in caldo con qualche cucchiaiata di brodo e un bicchierino di marsala. Verificate la sapidità del brodo correggendolo all'occorrenza, travasatelo nella zuppiera e nel brodo versate la guarnitura preparata. Completate con un buon pizzico di pepe di Caienna e fate portare in tavola.
mollica di pane e un rosso d'uovo. Per la grandezza vi regolerete di farle come delle grosse nocciuole. Queste polpettine dopo averle ben foggiate, le
Questa pietanza elegante è conosciuta nella cucina napolitana col nome di «sartù» e costituisce un magnifico inizio di colazione. Qualcuna fra le nostre lettrici potrà obiettare che qualche cosa di simile si fa anche in altre cucine, ed è anche vero. Ma sia la sua origine napolitana o no, poco importa. Quel che conta è che questo timballo è squisito. Avendo qualcuno a colazione, invece degli eterni maccheroni o risotto, provate ad eseguire il «sartù» e ne rimarrete veramente soddisfatte, come soddisfatti resteranno anche gli ospiti. Prima di preparare il riso, che dovrà in un certo modo formare l'ossatura del timballo, è bene preparare il ripieno, il quale potrà essere più ricco o meno ricco, a seconda dei casi e della spesa che si vuol fare. Noi fissiamo le dosi per quattro persone. Il ripieno si comporrà essenzialmente di polpettine di carne, salsiccie, mozzarella, regagli, funghi. Per quattro persone prendete una fetta magra di manzo, del peso di un ettogrammo, pestatela e impastatela con un pezzettino di burro e un pezzo di mollica di pane che avrete tenuta in bagno nell'acqua e poi spremuta. Questa mollica dovrà avere la grandezza di una grossa noce. Condite l'impasto con sale e pepe e foggiatene delle polpettine piccolissime, non più grandi di una nocciola, che passerete nella farina, e friggerete nell'olio o nello strutto, badando di non farle inseccolire. In quanto ai funghi secchi ne basteranno un buon pizzico. Li terrete prima una mezz'ora in acqua fresca per farli rinvenire, poi, dopo averli nettati, li cuocerete con un pochino di burro e qualche cucchiaiata di brodo o d'acqua, sale e pepe. E così farete anche per le regaglie di pollo che dividerete in pezzi non tanto piccoli. A Napoli si adoperano per questo ripieno, salsiccie speciali, dette cervellatine. Potranno usarsi, invece di queste, comuni salsiccie di carne, cotte in una padellina e poi tagliate in fettine. In primavera sarà ottima cosa preparare anche tre o quattro cucchiaiate di pisellini al prosciutto, i quali figurano assai bene nel ripieno. Tagliate inoltre in dadini un ettogrammo, di mozzarella o un paio delle nostre provature romane. E finalmente, dato che disponeste di un pezzo di tartufo non dimenticate di tenerne pronta qualche fettina. L'aggiunta del tartufo non è di rigore, ma il «diamante della cucina» ha libero accesso da per tutto. Quando avrete preparato tutti i vari ingredienti per il ripieno, pensate al sugo per condire il timballo. Questo sugo potrà essere o un sugo d'umido col pomodoro o più semplicemente un buon sugo finto, fatto in una casseruola con un po' di cipolla, burro, grasso di prosciutto tritato e un chilogrammo scarso di pomodori. Badate che il sugo risulti molto denso. Quando' anche il sugo sarà fatto mettetene qualche cucchiaiata da parte e poi versate nella casseruola trecento grammi di riso, ben mondato, che cuocerete nel sugo, come un risotto, aggiungendo man mano dell'acqua o del brodo. Tenetelo molto scarso di cottura — quasi a tre quarti — poi conditelo con tre o quattro cucchiaiate di parmigiano e un uovo intero, verificando nello stesso tempo se sta bene di sale. Versate questo risotto in un piatto e aspettate che si freddi. Radunate in un'altra casseruolina tutti gli ingredienti preparati per il ripieno, cioè: polpettine, funghi, salsicce, regaglie, ecc., eccezione fatta per la mozzarella o provatura, conditeli col sugo che avrete tenuto in serbo e fate dare un bollo affinchè il ripieno possa insaporirsi perfettamente. Mettete intanto in una casseruolina un pezzo di burro grosso come una noce, e appena sarà liquefatto, aggiungetegli un cucchiaio scarso di farina, fate cuocere un paio di minuti, mescolando, e poi diluite l'impasto con mezzo bicchiere di latte. Quando la salsa si sarà addensata, levatela dal fuoco, conditela con sale, un nonnulla di noce moscata e un rosso d'ovo. Un'ora prima del pranzo cominciate la costruzione del timballo. Prendete una stampa liscia da budino, ma senza buco in mezzo, o in mancanza di questa, una casseruola. Così la stampa come la casseruola dovranno avere la capacità di un litro e mezzo. Imburrate abbondantemente l'interno della stampa e spolverizzatela di pane pesto finissimo; girate la stampa in tutti i sensi affinchè il pane aderisca dappertutto e poi capovolgetela per far cadere l'eccesso del pane. Per mezzo di un cucchiaio disponete sul fondo e intomo alle pareti della stampa il ri otto, avvertendo di lasciarne quattro o cinque cucchiaiate da parte. Pigiando col cucchiaio fate che il riso aderisca bene alle pareti e sul fondo formando in mezzo un vuoto come una scatola. In questo vuoto mettete il ripieno preparato, intramezzandolo con le fettine di mozzarella e con la salsa di latte e uovo preparata. Aggiungete anche una cucchiaiata di parmigiano, qualche pezzetto di burro, come nocciole; poi col riso lasciato da parte, fate il coperchio alla scatola. Pareggiate il riso del coperchio con una larga lama di coltello, spolverizzatelo di pane pesto e disponeteci sopra qualche altro pezzettino di burro. Mettete il timballo in forno di moderato calore e lasciatecelo per una mezz'ora abbondante, affinchè il pane dell'involucro abbia il tempo di fare una bella crosta color d'oro. Estraete allora il timballo dal forno, ma non lo sformate subito: aspettate una diecina di minuti affinchè il timballo possa consolidarsi, e non giocarvi un brutto tiro al momento del suo capovolgimento. Per eccesso di precauzione, passate con delicatezza una lama di coltello tra la stampa e il timballo in modo da staccarlo e poi capovolgetelo su un piatto rotondo, preferibilmente di metallo argentato. Mandatelo in tavola affinchè venga mangiato caldo e filante. Nella cucina napolitana si abbonda in strutto anzichè in burro. Abbiamo creduto di sostituire allo strutto il burro, che ha un uso più universale.
strutto, badando di non farle inseccolire. In quanto ai funghi secchi ne basteranno un buon pizzico. Li terrete prima una mezz'ora in acqua fresca per farli
Per sei persone basteranno una grossa seppia, o due di media grandezza. Giova ricordare che le seppie contengono nell'interno una vescica con una tinta nera, la quale va gettata via, mentre l'altra vescichetta, posta più in alto, e contenente un liquido vischioso, giallo-scuro, va conservata e serve a dare maggior sapore alla pietanza. Dopo aver tolto via la pelle alle seppie, si aprono, si nettano bene e si tagliano in listerelle sottili. Si dividono anche le zampe, si gettano via gli occhi e si lava il tutto abbondantemente finchè le seppie saranno bianchissime. Si mette in una casseruola un po' d'olio, una mezza cipolla tagliata fina e un pezzetto d'aglio e si fa prendere leggero colore al soffritto. Quando la cipolla sarà bionda si aggiunge una cucchiaiata o due di salsa di pomodoro e si fa cuocere qualche minuto. Per questo piatto è specialmente adattata la conserva nera casalinga, che si diluisce con un pochino di acqua. Si aggiungono allora le seppie, si condiscono con sale e pepe e si lasciano cuocere, mescolandole di quando in quando. Non appena l'intingolo sarà ben denso, bagnate le seppie con mezzo bicchiere di vino, e quando anche il vino si sarà asciugato, versate nella casseruola un ramaiolo o due d'acqua, coprite il recipiente, diminuite un po' il fuoco e lasciate cuocere adagio. Le seppie sono in generale un po' durette, ed è bene preparare la pietanza un po' prima, affinchè ci sia tutto il tempo di farle cuocere bene. La caratteristica di questo piatto è che il sugo deve essere molto scuro e denso. Venti minuti prima di mangiare mettete giù il riso ben mondato, fatelo insaporire un po', mescolando con un cucchiaio di legno, e poi bagnatelo con acqua bollente e terminate la cottura come al solito. Cotto che sia, verificate il condimento, versate il riso in un piatto e fatelo portare in tavola. Non c'è bisogno di dire che desiderando un piattino di seppie in umido, che sono gustosissime, seguirete punto per punto la ricetta per tutto ciò che riguarda la confezione e la cottura. Servendo le seppie da sole potrete accompagnarle con dei crostini di pane fritto, tagliati a triangolo, che disporrete intorno intorno al piatto.
' durette, ed è bene preparare la pietanza un po' prima, affinchè ci sia tutto il tempo di farle cuocere bene. La caratteristica di questo piatto è che
Il soufflè di prosciutto è un ottimo antipasto caldo. Voi potrete servirlo in due modi; primo: o in un tegame elegante di porcellana resistente al fuoco oppure in quegli speciali utensili di metallo argentato detti appunto stampe da soufflè. Secondo: servirlo in tante tazzine di porcellana speciali a quest'uso o in quelle eleganti cassettine di carta che ci sono in commercio per i piccoli soufflès e che sono vendute dai negozianti di cartonaggi. Se adopererete le cassettine di carta, ricordatevi prima di adoperarle di spalmarle internamente di burro e di farle asciugare per qualche minuto in forno.
. Se adopererete le cassettine di carta, ricordatevi prima di adoperarle di spalmarle internamente di burro e di farle asciugare per qualche minuto in
Sono queste le frittelle, specialità dei «friggitori» romani. Per fare una trentina di grosse frittelle vi occorreranno: una pagnottina di lievito del peso di 100 grammi, e 150 grammi di farina. Per il lievito potrete seguire due sistemi: o comprare una pagnottina di pasta (pasta di pane) bell'e pronta dal fornaio, o confezionare il lievito in casa, da voi stesse, adoperando lievito di birra, ciò che sarebbe preferibile. I «friggitori» romani usano lievito di pane, ma non è detto che non si possa usare lievito di birra, ciò che anzi comunica una maggiore leggerezza alle frittelle. Dunque, per concludere: se comprerete il lievito dal fornaio, avrete mezzo lavoro fatto: se invece vorrete farlo da voi vi regolerete così. Mettete sulla tavola due cucchiaiate e mezzo di farina, fateci un buco nel mezzo e metteteci 10 grammi di lievito di birra sciolto con due dita di acqua appena tiepida. Impastate il tutto in modo di avere una pasta di giusta consistenza, fatene una palla e mettetela in una terrinetta, che coprirete e porrete in un luogo tiepido. Affinchè questa pasta possa lievitare occorrerà circa un'ora e mezzo. Sia fatta da voi, sia comperata, prendete la pagnottina di pasta e mettetela in una terrinetta piuttosto grande, con 150 grammi di farina (cinque cucchiaiate ben colme) e un pizzico di sale. Avrete preparato un bicchiere scarso di acqua tiepida e con questa, a poco a poco, scioglierete lievito e farina sbattendo energicamente la pasta. Lavorate così con la mano per una ventina di minuti, sempre sbattendo con forza, fino a che la pasta sia diventata vellutata, elastica e si stacchi facilmente, in un sol pezzo, dalle pareti della terrinetta. Il segreto della riuscita è tutto qui. Coprite e lasciate in riposo. Se avrete adoperato il lievito di pane, occorreranno più di sei ore per una perfetta lievitatura delle frittelle, se avrete adoperato il lievito di birra saranno sufficienti quattro ore. Trascorso il tempo stabilito, mettete sul fuoco una padella con abbondante olio. Poi con le dita leggermente bagnate di acqua prendete lungo le pareti della terrinetta dei pezzi di pasta come grosse noci. Per foggiare le frittelle non basta una mano sola, ne occorrono due. Appoggiate nel mezzo delle pallottole di pasta i due pollici e spingendo sotto con i due indici e i due medi, allargate la pasta in modo da avere una ciambella. Allargate con garbo questa ciambella di pasta morbida fino a farle raggiungere il diametro di un piattino da caffè e lasciatela cadere nella padella molto calda; cuocendo, le frittelle si restringono un poco, gonfiano e divengono d'un bel color d'oro. Quando saranno ben colorite e croccanti, toglietele dalla padella, spolverizzate di zucchero e mangiatele calde. Come vedete, non c'è niente di difficile. Provate e non vi sgomentate se le prime frittelle che friggerete vi daranno un po' da fare e non prenderanno subito una bella forma. Lo dice anche il proverbio: non tutte le ciambelle riescono col buco. E i proverbi — si dice — sono la saggezza dei popoli: almeno per quel che riguarda le frittelle...
ciambella di pasta morbida fino a farle raggiungere il diametro di un piattino da caffè e lasciatela cadere nella padella molto calda; cuocendo, le
Per una dozzina di pizzette, sufficienti a quattro persone, mettete in un'insalatiera 250 grammi di farina stacciata, sgretolateci in mezzo una quindicina di grammi di lievito di birra, aggiungete un pizzico di sale e poi sciogliete il tutto con dell'acqua tiepida. Mettete l'acqua poca alla volta sciogliendo il lievito tra le dita ed impastando la farina. La pasta dovrà essere molto morbida, sul tipo di quella per il babà. Perciò aggiungete piano piano dell'acqua fino alla consistenza necessaria. Sbattete energicamente la pasta con la mano e non vi stancate poichè dovendo essere, come vi abbiamo detto, questa pasta assai morbida è necessaria lavorarla molto per farle acquistare dell'elasticità e quindi della consistenza. Dopo una diecina di minuti la pasta dovrà essere elastica e vellutata e dovrà staccarsi in un sol pezzo dalle pareti della terrinetta. Fino a che non avrete ottenuto questo risultato non dovrete cessare di sbattere. Quando la pasta sarà al suo giusto punto di lavorazione, copritela e lasciatela lievitare in luogo tiepido per un'ora abbondante. Vedrete che aumenterà di molto il suo volume. Mentre la pasta lievita preparate il condimento. Prendete mezzo chilogrammo di bei pomodori, tuffateli un momento in acqua bollente, spellateli, privateli dei semi, tagliateli in filetti e cuoceteli in una padellina con dell'olio. Portate la cottura a fuoco vivace affinchè i filetti restino interi. Conditeli con sale e pepe, e metteteli da parte. Tagliate in dadini un ettogrammo di mozzarella napolitana o di provatura romana. Lavate, spinate e fate in pezzetti tre o quattro alici salate e raccogliete alici, mozzarella e pomodoro in una scodella, ultimando il composto con una forte pizzicata di origano.
abbiamo detto, questa pasta assai morbida è necessaria lavorarla molto per farle acquistare dell'elasticità e quindi della consistenza. Dopo una diecina
Si fa una purè di patate piuttosto abbondante e si drizza a cupola ben alta nel mezzo di un piatto rotondo. Si saranno preparate intanto sei uova mollette (cinque minuti di ebollizione mettendole a fuoco con acqua fredda) e se ne sarà sputata la base per farle tenere diritte. Si dispongono, a regolari intervalli, le uova addossandole alla cupola di patate mâchées, alternandole con dei cestellini di pane fritti riempiti con una piramide di spinaci tritati, insaporiti con un po' di burro e ultimati con qualche cucchiaiata di besciamella. Nella stagione dei pomodori si potrà molto elegantemente circondare il piatto con una corona di piccoli pomodori alla gratella. Per i cestelli di pane fritti si fa così. Si tagliano da un pane a cassetta tante fette quadrate alte un paio di centimetri e aventi circa sei centimetri di lato. Con la punta di un coltellino si fa a un centimetro dai bordi una incisione poco profonda tutta intorno, e si friggono queste fette di bel color d'oro. A frittura ultimata si vedrà una traccia ben netta dove fu fatta l'incisione; si solleva allora delicatamente questa specie di coperchio, si asporta e con un cucchiaino si toglie via tutta la mollica rimasta molle nell'interno. Si sarà così ottenuto, molto semplicemente, un cestellino di pane.
mollette (cinque minuti di ebollizione mettendole a fuoco con acqua fredda) e se ne sarà sputata la base per farle tenere diritte. Si dispongono, a
Per il pesce bollito non ci sono difficoltà. È meglio sempre servire un pesce grande che due o più pesci piccoli, e di preferenza una spigola. Il pesce va messo a cuocere con acqua fredda e qualche aroma come cipolla, carota gialla, prezzemolo, sedano, ecc., e va portato fino all'ebollizione dopo di che si tira la pesciera sull'angolo del fornello e si lascia finir di cuocere insensibilmente il pesce per un tempo proporzionato alla sua grandezza, ma pian piano, poichè un bollore tumultuoso oltre a rendere la carne meno sapida e tenera, lacererebbe irrimediabilmente tutta la pelle, rendendo il pesce di brutto aspetto. Per alcune qualità molto fini di pesce, come per esempio la trota o il salmone, la grande cucina usa invece dell'acqua semplice, uno speciale bagno detto «court bouillon». Per tre litri di bagno tagliuzzare tre cipolle e due carote gialle e farle appassire in una casseruola con un po' di burro. Aggiungere sedano, prezzemolo, una pizzicata di pepe in granelli e bagnare con due litri d'acqua e un litro di vino bianco. Sale in proporzione. Lasciare cuocere dolcemente per tre quarti d'ora, passare il bagno da un colabrodo e lasciarlo freddare. Metterlo poi nella pesciera, immergervi il pesce e procedere come si è detto più sopra. Il pesce si serve caldo in un piatto con salvietta, guarnendolo con delle patate piuttosto piccole lessate, degli spicchi di limone e qualche rametto di prezzemolo.
semplice, uno speciale bagno detto «court bouillon». Per tre litri di bagno tagliuzzare tre cipolle e due carote gialle e farle appassire in una casseruola
Il pasticcio di carne o beefsteack-pie è un caratteristico piatto della cucina inglese. Possiamo vivamente raccomandarlo come piatto di carne, perchè pure essendo ottimo ed elegante non viene a costare eccessivamente. In sostanza si tratta di mettere in un tegame di porcellana resistente al forno delle fettine di carne con un gustoso contorno, coprire il tutto con un disco di pasta speciale e di cuocere il pasticcio al forno. Per sei persone preparate una pasta con 200 grammi di farina, 100 grammi di burro, 6 cucchiaiate di acqua e un pizzico di sale. Fatto l'impasto fatene una palla e mettetelo a riposare in un luogo fresco per una mezz'ora. Preparate intanto il ripieno del pasticcio. Prendete 400 grammi di carne magra e tenera di bue, che taglierete in piccole escaloppes di circa mezzo centimetro di spessore. Queste fettine le passarete un momentino in una padella con un po' di burro e a fuoco molto forte: appena il tempo di farle colorire da una parte e dall'altra. Conditele col sale e mettetele via. Preparate anche mezzo ettogrammo di prosciutto in piccole fettine, sei grosse patate crude, che sbuccerete e taglierete in dadini, un pugno di funghi secchi, — che farete rinvenire in acqua fredda, insaporirete in padella con un po' d'olio e di prezzemolo, e poi triterete sul tagliere — e finalmente preparate anche una cucchiaiata di cipolla tagliata finemente e una buona cucchiaiata di prezzemolo trito. Ungete abbondantemente di burro un tegame di porcellana del diametro di circa 20 centimetri, o, in mancanza di questo, una teglietta della stessa grandezza. Allineate nel fondo la carne, copritela con le fettine di prosciutto; sulla carne mettete le patate e su queste la cipolla, i funghi e il prezzemolo. Condite con sale, pepe e noce moscata, versate nella teglia otto cucchiaiate d'acqua o di brodo. Mettete ancora qua e là tre o quattro pezzettini di burro, e l'interno è in ordine. Stendete la pasta sulla tavola infarinata, dandole uno spessore di quasi un centimetro. Inumidite leggermente con acqua i bordi del piatto o della teglia; e poi sollevando la pasta con ambedue le mani appoggiatela sul tegame o sulla teglia. Pigiate con le dita intorno intorno affinchè la pasta si attacchi bene all'orlo, poi con un coltellino tagliate la pasta che sopravanza. Con lo stesso coltellino fate nel mezzo del pasticcio un buco rotondo della grandezza di un centesimo, per l'uscita del vapore, e poi tracciate sulla pasta dei tagli, — come una stella — che intacchino appena la superficie della pasta, ma senza tagliarla troppo. Mettete subito il pasticcio in forno di moderato calore e lasciatelo cuocere dolcemente per circa un'ora e un quarto. Poi appoggiate il tegame su un piatto con salvietta e fatelo portare immediatamente in tavola.
e a fuoco molto forte: appena il tempo di farle colorire da una parte e dall'altra. Conditele col sale e mettetele via. Preparate anche mezzo
Scegliete delle belle animelle di vitello e mettetele in un recipiente con acqua appena tiepida che rinnoverete quando sarà diventata fredda. Scopo di questo bagno, che va prolungato per circa un'ora, è di far perdere alle animelle la parte sanguigna così da farle rimanere bianchissime. Mettete una casseruola sul fuoco con acqua a sufficienza, e quando l'acqua bollirà immergeteci le animelle che farete cuocere per un paio di minuti. Toglietele allora dal fuoco e passatele in acqua fredda. Quando dopo pochi minuti le animelle si saranno freddate estraetele, asciugatele leggermente e togliete loro qualche pellicola. Preparate un'altra casseruola, mettetela al fuoco con un pezzetto di burro, e quando questo sarà sciolto aggiungete una cucchiaiata o due di cipolla tagliata finissima e altrettanto prosciutto in listerelle, grasso e magro. Fate soffriggere un poco, mettete giù le animelle, condite con sale e pepe, coprite il recipiente e lasciate cuocere adagio, voltando di quando in quando le animelle affinchè possano colorirsi da tutte le parti. Mentre cuociono le bagnerete prima con un po' di marsala e poi, a intervalli, con un po' di brodo o acqua. Per la cottura occorreranno circa tre quarti d'ora. Appena cotte estraete le animelle, mettetele sul tagliere, e tagliatele in fette, pur conservando all'animella la sua forma. Con una larga lama di coltello trasportate l'animella affettata dal tagliere al piatto e ricomponetela bene come se fosse intera. Mettete intanto un po' di brodo o d'acqua nella casseruola dove cossero le animelle e con un cucchiaio di legno staccate bene la cottura. Fate restringere la salsetta, aggiungete un altro pezzetto di burro e passandola da un setaccio, fate cadere la salsa sulle animelle. Intorno alle animelle, o in un piatto a parte, inviate in tavola dei pisellini al prosciutto. Ottime sono anche le animelle coi funghi: freschi o secchi.
di questo bagno, che va prolungato per circa un'ora, è di far perdere alle animelle la parte sanguigna così da farle rimanere bianchissime. Mettete una
La nostra onestà ci vieta d'intitolare questo eccellente piatto freddo: Pâté de foie gras, poiché il foie gras dovrebbe essere costituito dal fegato d'oca. Illusioni, gentili lettrici, poichè il novantanove per cento dei pasticci di fegato grasso che si esibiscono nei grandi alberghi, nelle trattorie e in alcuni negozi di specialità gastronomiche, adunano in sè tutto fuori che il fegato di quell'eccellente bestia il cui nome — ingiustizia umana! — è venuto ad essere simbolo di stupidità. La preparazione di questo pâté non offre nessuna difficoltà. Soltanto sarebbe consigliabile di usare una stampa speciale, che tutto sommato non costa poi un patrimonio, serve a molteplici usi e dà al pâté un aspetto assai fine e distinto. Le stampe da pâté, che si vendono in tutti i negozi di articoli per cucina, sono di due qualità, rotonde e ovali e sono costituite da due pezzi a cerniera, e senza fondo. Chi poi vuole eseguire il pâté senza la speciale stampa usi una stampa liscia da charlotte o anche una casseruola di rame. Il pâté riuscirà d'aspetto meno elegante, ma la sua bontà non muterà per questo. Per un pâté sufficiente a sei persone prendete una diecina di fegatini [immagine e didascalia: Stampa a cerniera per “pâté”] di gallina o la metà di fegatini di tacchino. Nettateli bene nella parte ove aderiva il fiele e metteteli in una scodella con sale, pepe e un pochino di marsala. Se volete arricchire il vostro pâté acquistate anche un tartufo nero o una scatolina di tartufi conservati. I tartufi li taglierete in grossi dadi e li unirete ai fegati. Va con sè che adoperando i tartufi in scatola non c'è bisogno di nettarli, essendo già nettati; se invece si tratterà di tartufi freschi dovrete pulirli accuratamente con acqua calda e spazzolino per toglier loro tutta la terra. I tartufi sono il complemento quasi necessario di questo pâté. Mentre lascerete i fegatini sotto marinata preparerete la farcia, ossia il pesto che servirà a riunire i fegatini nell'interno del pasticcio. Prendete 200 grammi di carne magra di maiale, possibilmente il filetto, e 200 grammi di lardo fresco. Tritate la carne sul tagliere o nella macchinetta e tritate il lardo. Poi riunite questi due ingredienti e pestateli insieme nel mortaio amalgamando bene il tutto. Quando carne e lardo saranno perfettamente uniti condite l'impasto con sale e pepe, un torlo d'uovo e mezzo bicchierino di cognac, e se volete che il pâté riesca più fine passate tutto dal setaccio. Preparata così anche la farcia non resta che confezionare la pasta, che dovrà formare la crosta del pâté. Questa crosta si otterrà impastando sulla tavola cinque cucchiaiate colme di farina con una grossa noce di burro, un pizzico di sale e un dito d'acqua tiepida. Deve risultare una pasta liscia e piuttosto dura che foggerete a forma di palla e lascerete riposare per una mezz'ora allo scopo di farle perdere l'elasticità. Non resta adesso che procedere al dressage del pâté.
allo scopo di farle perdere l'elasticità. Non resta adesso che procedere al dressage del pâté.
Il cappon magro è uno dei piatti tradizionali della cucina genovese; e bisogna dire che la sua non è una di quelle fame così spesso scroccate nel mondo. Si tratta di una specie di maionese, ma con una salsa speciale, e accomodata sopra uno strato di gallette, o come si dice, in genovese, di «bescheutti de pan». Il cappon di galera si può fare ricco quanto si vuole, e quando è eseguito con diligenza, e sopratutto montato con gusto, alternando bene i colori, è piatto che produce sempre un grande effetto. Ci si provvede di una certa quantità di gallette, secondo il numero delle persone, si spezzano e si bagnano in acqua e aceto per farle rinvenire. Si lessano poi tutti i legumi di cui si può disporre, come patate, carote gialle e rosse, cavolfiori, fagiolini, ecc., si fanno in dadi, si condiscono con sale, pepe, olio e aceto, e a questi legumi si uniscono funghi sott'olio, cetriolini, acciughe, capperi, olive verdi, uova sode e gamberi (che si saranno fatti bollire o friggere). Per ultimo si lessa un bel pesce cappone, si lascia freddare, si spina accuratamente, dividendo la carne in pezzi non tanto piccoli, e si condisce con sale, pepe, olio e limone. Volendo, si potrà aggiungere al pesce cappone anche la carne di un'aragosta bollita, aperta e fatta in dadi grossi. Preparata ogni cosa si fa la salsa, la quale si ottiene pestando in un mortaio di legno una buona quantità di prezzemolo, uno spicchio d'aglio, due acciughe, qualche pinolo, capperi, cetriolini, la polpa di qualche oliva in salamoia, un po' di midolla di pane inzuppata nell'aceto e spremuta e due torli di uova. Quando i vari ingredienti sono ben pestati, si passa la salsa e si diluisce con olio e aceto in modo da averla piuttosto colante. Si procede allora al montaggio del piatto, per il quale, come abbiamo detto, occorre diligenza e un po' di gusto. Si fa prima uno strato di base con le gallette ben spremute e poi s'incominciano a disporre i vari legumi a gruppi, avendo cura di alternare i colori. Dopo un primo strato di legumi si mette un po' di pesce, un po' di salsa, e si passa a fare un secondo strato e via di seguito, dando man mano alla pietanza la forma di una cupola. Ultimato il piatto si versa su tutto la salsa rimasta e si guarnisce il cappon di galera con spicchi di uova sode, alici, olive, gamberi, ecc.
spezzano e si bagnano in acqua e aceto per farle rinvenire. Si lessano poi tutti i legumi di cui si può disporre, come patate, carote gialle e rosse
Prendete una piccola stampa liscia da bordura, del diametro di una quindicina di centimetri e dopo averla messa sul ghiaccio incamiciatela con uno strato di gelatina limpida. A questo scopo serve benissimo la nostra gelatina sbrigativa. Avrete intanto preparato qualche uovo sodo. Vi ricordiamo che le uova da assodare vanno messe in acqua fredda e che si contano sette minuti dal momento in cui l'acqua incomincia a bollire. Dopo lessate si rinfrescano in acqua fredda e si sbucciano. Dividete queste uova a metà e mettetele nella stampa incamiciata di gelatina disponendo ogni mezzo uovo ritto e col torlo in fuori. Aiutatevi in questa operazione immergendo le uova man mano che le mettete nella bordura in gelatina fredda ma non rappresa. Potrete anche facilitare questa operazione spuntando con un coltellino l' estremità di ogni mezzo uovo in modo che possa stare ritto con più facilità. Quando avrete guarnito di mezze uova tutta la bordura versateci dentro altra gelatina, procedendo pian piano e coprendo perfettamente le uova fino all'orlo della bordura. Mettete questa bordura sul ghiaccio e lasciatela rassodare. Intanto preparate una insalata composta di cuori di lattuga (cioè la parte centrale bianchissima), una barbabietola affettata e tenuta un paio d'ore in bagno nell'aceto allo scopo di non farle perdere più il colore, un tartufo nero o meglio un tartufo nero e uno bianco ritagliati in fettine e un paio di cucchiaiate di formaggio groviera ritagliato in asticciole come grossi fiammiferi di legno. Si condisce il tutto con sale, pepe, olio ed aceto e da ultimo si amalgama l'insalata con un paio di cucchiaiate di salsa maionese nella quale si sarà aggiunto un cucchiaino di mostarda francese (quella in vasetti di vetro) o più semplicemente una punta di cucchiaino di senape inglese sciolta in un po' d'acqua. Al momento di servire sformate la bordura in un piatto rotondo e nel vuoto accomodate a piramide la insalata preparata, sulla quale seminerete una cucchiaiata di capperi.
centrale bianchissima), una barbabietola affettata e tenuta un paio d'ore in bagno nell'aceto allo scopo di non farle perdere più il colore, un
Si tagliano le patate in dadi molto piccoli e si cuociono al burro, senza tuttavia farle sfrittolare troppo. Appena cotte condirle con un cucchiaino di estratto di carne sciolto in un dito d'acqua calda, mescolarle, accomodarle in un piatto da forno, spolverizzarle bene di parmigiano, innaffiarle con un po' di burro fuso, e passarle tre o quattro minuti in forno forte, affinchè il parmigiano possa liquefarsi.
Si tagliano le patate in dadi molto piccoli e si cuociono al burro, senza tuttavia farle sfrittolare troppo. Appena cotte condirle con un cucchiaino
Come sapete, si chiamano patate in veste da camera delle grosse patate presentate in tavola con tutta la loro buccia. Tra le varie ricette la seguente è veramente ottima. Scegliete delle patate molto grosse e farinose, nettatele accuratamente, adoperando magari uno spazzolino, e fatele cuocere in forno fino a completa cottura. Appena cotte estraetele, spuntate una delle estremità affinchè le patate possano reggersi dritte e spuntatele più abbondantemente nella parte superiore in modo da portar via una specie di coperchio. Le patate prenderanno dunque l'aspetto di tante piccole botti in piedi. Procedendo con attenzione, e servendovi di un cucchiaino, incominciate a vuotare ogni patata, badando di non romperle e di lasciare intorno intorno uno spessore sufficiente affinchè la patata vuotata possa mantenersi in forma. Mettete la polpa estratta in una casseruola e lavoratela su fuoco con un pezzo di burro e un po' di crema di latte sciolta, in modo da ottenere una purè morbida e saporita, che condirete con sale e pepe bianco. In mancanza di crema sciolta potrete usare del latte, ma la crema è preferibile. Con questa specie di patate machées ottenute riempite le patate vuotate, servendovi di un cucchiaio o anche di un grosso cartoccio di carta spessa nel quale metterete la purè. Fate che un pochino di questa purè sopravanzi dall'involucro di patate, dorate questo cucuzzolo con un po' d'uovo sbattuto, mettete le patate riempite in una teglia leggermente imburrata e passatela in forno caldo. In forno la purè gonfia leggermente. A questo punto togliete le patate dal forno, accomodatele sul piatto di servizio e mangiatele caldissime senza farle attendere.
Si lessano delle zucchine, avvertendo di non farle cuocere troppo. Si tagliano in pezzi come il dito mignolo, e si fanno insaporire in padella con un po' d'olio, sale, pepe e una buona pizzicata di foglie di menta dei campi, detta a Roma «mentuccia».
Si lessano delle zucchine, avvertendo di non farle cuocere troppo. Si tagliano in pezzi come il dito mignolo, e si fanno insaporire in padella con un
Prendete un mazzetto di carote gialle fresche, di buona qualità, preferendo carote grandi. Mozzate loro la sommità, raschiatele, risciacquatele e poi mettetele a cuocere, con acqua fredda, badando di non farle passare di cottura. Appena cotte sgocciolatele, apritele in quattro, togliete la parte centrale che è legnosa, e poi se le carote sono molto lunghe ritagliate ogni spicchio in due o tre pezzi. Mettete questi pezzi in una insalatiera con un paio di spicchi d'aglio interi e mondati, sale, pepe o peperoncino, olio, abbondante aceto, e tre o quattro pizzicate di origano secco. Mescolate il tutto e prima di mangiare le carote, aspettate che sia passato almeno un giorno per dar loro tempo d'insaporirsi bene.
mettetele a cuocere, con acqua fredda, badando di non farle passare di cottura. Appena cotte sgocciolatele, apritele in quattro, togliete la parte
Scegliete delle belle prugne secche — quelle di California sono le più adattate — e, allo scopo di farle rinvenire un poco e di nettarle da eventuali traccie di polvere mettetele in una terrinetta o in una scodella e ricopritele di acqua bollente. Lasciatele stare così per cinque minuti, poi scolatele, asciugatele bene e con un coltellino o con le punte delle forbici fendetele da una parte, per estrarne l'osso. Allargatele un poco in modo da avere come una borsetta e nel vuoto mettete un mezzo cucchiaino di cioccolato grattato e dei pezzetti di noci o di mandorle. Ricomponete le prugne dando loro con le dita la forma primitiva e, se volete che facciano la più bella figura, disponetele in piccoli cestelli di carta pieghettata.
Scegliete delle belle prugne secche — quelle di California sono le più adattate — e, allo scopo di farle rinvenire un poco e di nettarle da eventuali
Come il precedente, anche questo dolce appartiene a quella categoria di preparazioni le quali servono a mettere in valore delle chiare d'uovo che non saprebbero essere utilizzate altrimenti. Prendete 170 gr. di mandorle dolci, mettetele in una casseruolina, ricopritele d'acqua e riscaldate l'acqua pian piano fin quasi all'ebollizione. Levate la casseruola dal fuoco e togliete la pelle alle mandorle, operazione che vi riuscirà adesso facilissimamente. Man mano che le mandorle saranno sbucciate passatele in una terrinetta con acqua fredda. Quando le mandorle saranno tutte pronte estraetele dall'acqua, asciugatele in un panno e poi disponetele bene allargate su una teglia per farle asciugare in forno leggerissimo, dopo di che le triterete accuratamente con la lunetta o con un grande coltello. Prendete adesso un peso di zucchero uguale a quello delle mandorle, e cioè 170 grammi. Mettete questo zucchero in un polsonetto di rame non stagnato o in mancanza di questo in una casseruola, purchè ben netta e che non conservi tracce di sughi o di grassi, e fate liquefare lo zucchero su fuoco moderato. A questo punto mettete giù le mandorle tritate, e mescolando continuamente con un cucchiaio di legno lasciate che il composto prenda pian piano un bel colore d'oro molto scuro. Versate questo croccante sul marmo di cucina, spianatelo con una larga lama di coltello e quando sarà ben freddo pestatelo poco alla volta nel mortaio per averlo molto fino. Preparate così le mandorle, montate in neve ben ferma sei chiare d'uovo, alle quali, da ultimo unirete con molta attenzione il croccante pestato. Ungete di burro una stampa liscia da budino, versateci il composto e cuocete a bagno-maria fino a che sarà ben rassodato. Sformatelo su un piatto e mangiatelo freddo.
'acqua, asciugatele in un panno e poi disponetele bene allargate su una teglia per farle asciugare in forno leggerissimo, dopo di che le triterete
Tagliare in pezzi le mele senza sbucciarle, ricoprirle di acqua, metterle sul fuoco moderato e farle bollire pian piano fino a che la massa sia disfatta. A questo punto rovesciare le mele col loro brodo sopra una salvietta tesa e raccogliere il liquido che colerà. Pesare questo liquido e aggiungere un uguale peso di zucchero. Fare addensare sul fuoco e quando la gelatina vela il cucchiaio e si distacca piuttosto lentamente dal cucchiaio in grosse goccie, togliere il recipiente dal fuoco, spremere nella gelatina un po' di sugo di limone (non troppo) e poi accomodare la gelatina in vasetti di vetro. Far raffreddare, coprire con disco di carta imbevuto di alcool puro, chiudere il vasetto con carta pergamena o col suo coperchio e riporlo in dispensa.
Tagliare in pezzi le mele senza sbucciarle, ricoprirle di acqua, metterle sul fuoco moderato e farle bollire pian piano fino a che la massa sia