Si mette sul fuoco una casseruola o un tegame con un po' di strutto o burro ed un po' di prosciutto grasso e magro tagliuzzato. Quando il grasso incomincia a soffriggere si aggiunge un pochino di cipolla e di sedano tagliuzzato, qualche gambo di prezzemolo, un pezzettino di lauro e un ramoscello di timo. Si fa soffriggere bene ogni cosa di color biondo scuro. A questo punto — dato che la salsa serva per cinque o sei persone — si bagnano i legumi rosolati con circa un chilogrammo di pomodoro fresco, accuratamente lavato, fatto in pezzi e privato dei semi, oppure, quando non è la stagione del pomodoro, e non si dispone di pomodoro conservato in bottiglie, si aggiunge una delle solite scatoline di salsa di pomodoro.
incomincia a soffriggere si aggiunge un pochino di cipolla e di sedano tagliuzzato, qualche gambo di prezzemolo, un pezzettino di lauro e un ramoscello di
Una variante assai graziosa si può ottenere dando al composto, invece della forma di crocchetta, quella di una piccola pera, forma che si ottiene assai facilmente modellando con le mani la pasta. In questo caso mentre si foggia la pera si introduce nella sommità di essa un pezzo di gambo di prezzemolo di tre o quattro centimetri, naturalmente senza foglia. Si spinge dentro con le dita in modo che ne esca fuori dalla pera appena un pezzetto di due o tre millimetri. S'infarinano e si dorano le pere e quando saranno cotte e ben colorite si tira su delicatamente il gambetto nascosto nell'interno, il quale sarà rimasto verde e formerà il picciolo di questa pera di patate, completando in modo elegante e simpatico questa semplicissima preparazione.
assai facilmente modellando con le mani la pasta. In questo caso mentre si foggia la pera si introduce nella sommità di essa un pezzo di gambo di
Scegliete una dozzina di funghi porcini, possibilmente tutti eguali e di una grandezza media di circa cinque centimetri di diametro. Occorrerà inoltre un altro fungo grandetto che servirà per il pesto. Togliete il gambo ai dodici funghi scelti, nettateli bene, lavateli in più acque, asciugateli con leggerezza e metteteli per cinque minuti in forno, in una teglia con un filo d'olio, affinchè perdano l'umidità. Nettate accuratamente i gambi tolti ai funghi e tagliateli finissimi, aggiungendo anche il fungo tenuto da parte, che sarà anch'esso tagliato in piccolissimi pezzi. Mettete una casseruolina sul fuoco, con un pochino d'olio, una cipolla finemente tagliata, un pezzettino d'aglio trito, due acciughe lavate, spinate e fate a pezzetti e una cucchiaiata colma di prezzemolo trito. Fate soffriggere un momento, aggiungete i funghi tritati, condite con sale e pepe e fate scottare a fuoco forte per cinque minuti. Togliete la casseruola dal fuoco, aggiungete nel ripieno una mollica di pane grossa come un uovo, tenuta in bagno in un po' d'acqua e poi spremuta, e un uovo intero. Mescolate ogni cosa, in modo da avere un impasto liscio ed omogeneo, e con questo riempite i funghi (si capisce nella parte interna) in modo che rimangano ben bombati. Seminate su ogni fungo ripiena del pane pesto finissimo e accomodateli man mano nella teglia, nel cui fondo avrete messo qualche cucchiaiata di olio. Fate cadere ancora un leggerissimo filo d'olio sui funghi e date loro una ventina di minuti di forno piuttosto forte, affinchè, insieme col compimento della cottura, il pane abbia il tempo di gratinarsi. All'uscita dei funghi dal forno spremete su essi un po' di sugo di limone e fateli portare in tavola.
inoltre un altro fungo grandetto che servirà per il pesto. Togliete il gambo ai dodici funghi scelti, nettateli bene, lavateli in più acque, asciugateli con
Dovrete scegliere dei funghi porcini possibilmente uguali; di media grandezza e ben sodi. Staccate i gambi, mondate bene le cappelle e con la punta di un coltellino allargate un poco l'incavo dove era attaccato il gambo. Risciacquate le cappelle così preparate ed asciugatele in una salvietta. Scegliete qualcuno dei gambi migliori, mondateli e tritateli grossolanamente. Mettete sul fuoco una casseruolina con un po' di burro e un po' di cipolla tritata e fate imbiondire la cipolla su fuoco moderato. Aggiungete allora i funghi triti, condite con sale, pepe e prezzemolo e fate cuocere bene, bagnando, se occorrerà, con qualche cucchiaiata d'acqua. Quando i funghi saranno cotti e l'intingolo bene asciutto mischiateci un paio di cucchiaiate, o più secondo la quantità dei funghi, di salsa besciamella piuttosto densa. Ungete abbondantemente di burro una teglia, riempite con il composto preparato le cappelle di funghi, che allineerete man mano in un solo strato nella teglia. Riempiendo le cappelle procurate di dare al ripieno una forma leggermente bombata, pareggiandolo con una lama di coltello. Quando le avrete tutte preparate seminate su ognuna della mollica di pane grattata, disponeteci sopra dei pezzettini di burro e infornatele a forno di giusto calore. Dopo pochi minuti, quando i funghi saranno cotti e il pane avrà formato una leggera crosticina dorata estraete la teglia dal forno e accomodate i funghi nel piatto, sgocciolandoci sopra, se credete, un altro pochino di burro, fritto a color d'oro.
di un coltellino allargate un poco l'incavo dove era attaccato il gambo. Risciacquate le cappelle così preparate ed asciugatele in una salvietta
I fiori di zucca sono dei fiori alquanto disgraziati, perchè contrariamente a quanto avviene pei loro confratelli che abbelliscono i giardini, nessuno vuol prenderli sul serio. È un torto dell'umanità, la quale ne ha anche dei peggiori sulla coscienza. Del resto questi modesti fiori, così spesso e volentieri presi in giro, si prendono la loro brava rivincita offrendo un cibo molto simpatico. Per lo più i fiori di zucca si fanno fritti, semplici o ripieni. In un caso come nell'altro è necessario che essi siano freschissimi e non molto aperti. La loro toletta culinaria è assai semplice. Se ne spunta un po' il gambo, si liberano da qualche filamento, si lavano, si asciugano in un panno, ed eccoli pronti. Se volete friggerli al naturale non dovete far altro che immergerli in una pastella d'acqua e farina e metterli in padella. Se volete invece riempirli potrete seguire diversi sistemi. Potrete infatti, dopo averli delicatamente privati dell'anima, infarcirli con della mollica di pane grattata e impastata con olio, prezzemolo trito, qualche acciuga in pezzettini e un pizzico di pepe; oppure con delle fettine di mozzarella o provatura, e prosciutto; oppure con provatura e alici. Potrete anche riempirli con un po' di besciamella, nella quale si possono unire, a scelta, dei dadini di gruyère, o una fettina di carne arrostita e tritata, o dei funghi cotti e tritati. Non avete dunque che l'imbarazzo di scegliere. Riempiti i fiori di zucca, si immergono nella pastella, o meglio ancora si passano nella farina e nell'uovo sbattuto, e si friggono.
spunta un po' il gambo, si liberano da qualche filamento, si lavano, si asciugano in un panno, ed eccoli pronti. Se volete friggerli al naturale non
A questo punto prendete una forchettina, o meglio ancora provvedetevi dello speciale utensile per «glassare» formato da un gambo di ferro terminante ad occhiello. Mettete una delle pallottoline preparate su questo utensile, immergetela nella copertura, tiratela su e deponetela su un foglio di carta bianca. Continuate così per tutte le altre. La copertura deve essere di tale densità che glassando il quinto «bonbon» il primo deve essere completamente asciutto. Questi «preferiti», appena glassati e prima che si asciughino, possono venir rotolati nella granella di cioccolata, o di pistacchio; come pure possono essere rotolati su un setaccio di ferro a maglie larghe. In quest'ultimo caso il rivestimento assume l'aspetto di grosse punte. I preferiti possono farsi anche al «fondant».
A questo punto prendete una forchettina, o meglio ancora provvedetevi dello speciale utensile per «glassare» formato da un gambo di ferro terminante
Per questo delicato lavoro di bomboneria occorrono le violette doppie di Parma e — naturalmente — freschissime. Si privano del gambo e si tuffano in acqua fresca per ripulirle bene. Si tolgono delicatamente dall'acqua, si raccolgono su un ampio setaccio e si lasciano sgocciolare per qualche ora, tenendole in un luogo fresco. Bisogna adesso preparare dello zucchero nel seguente modo. Prendete una buona quantità di zucchero, in polvere molto fina, mettetelo su un setaccio di seta e fatene cadere la parte impalpabile, cioè lo zucchero cosidetto al velo, che riserverete per altri lavori. Sul setaccio rimarrà della polvere di zucchero che, presa tra le dita, rassomiglia ad un semolino a grana finissima, e che è appunto quello che serve alla preparazione. Questo zucchero va adesso colorito in viola. Per i vari lavori di pasticceria ci sono in commercio degli speciali colori innocui di diverse Case, e già pronti per l'uso. Siccome però tutti questi colori sono molto concentrati e densi, per il lavoro delle violette candite bisogna diluirli, affinchè il colore possa aver modo di ripartirsi tra tutti i granellini dello zucchero. Per diluire il colore si fa così: si prende un po' di color viola concentrato e si stempera con mezzo bicchiere d'acqua bollente. Avvenuta la soluzione si lascia freddare e si rifinisce con un bicchierino d'alcool puro e una o due gocce di essenza di violetta. Si raccoglie il colore ottenuto in una bottiglina e si conserva. Si stende lo zucchero su un foglio grande di carta bianca e vi si versa, a gocce, il colore viola, impastando bene con le due mani affinchè questo colore, che è dotato di grande potenza colorante, vada a tingere uniformemente ogni granellino. Si giudica del risultato ottenuto, e se l'intonazione generale dello zucchero non rispondesse al vero colore delle violette di Parma, se ne può correggere la nuance con qualche goccia di color «rosa brillante». Stendete bene lo zucchero sulla carta, e lasciate asciugare completamente, all'aria. Sciogliete a bagnomaria della gomma arabica in pezzi con poca acqua e a parte preparate uno sciroppo di zucchero al profumo di vainiglia. Questo sciroppo misurato col pesa-sciroppi dovrà segnare 32 gradi. Unite la gomma fusa e densa allo sciroppo e tenete il tutto in caldo, senza che il calore però sia eccessivo. Prendete le violette, mettetene poche alla volta in una terrinetta di porcellana e versateci su un pochino del composto di gomma e sciroppo: tanto che basti appena appena a bagnarle. Operando con attenzione, girate le violette nel liquido affinchè restino inumidite in ogni parte. Appoggiatele subito sullo zucchero colorato e rotolatele in esso con grande delicatezza in modo da far loro raccogliere la maggiore quantità di zucchero. Procedete così fino ad avere esaurito tutte le violette e poi collocatele bene allargate su un grande setaccio di seta lasciandole per qualche giorno in luogo tiepido, onde abbiano ad asciugarsi completamente.
Per questo delicato lavoro di bomboneria occorrono le violette doppie di Parma e — naturalmente — freschissime. Si privano del gambo e si tuffano in
I frutti rossi, come le marasche, il ribes, le fragole non debbono mai essere in contatto nè con lo stagno nè con la latta, e queste confetture vanno cotte in recipienti di rame non stagnati. Chi non possiede questi recipienti usi un tegame di terracotta, ma che non sappia di grasso o di sughi, sotto pena di comunicare un sapore nauseabondo alla confettura. Per fare questa confettura è necessario scegliere una qualità di visciole scure e molto succose. Si toglie loro prima il gambo e poi il nocciolo con l'apposito utensile, o, più semplicemente, con una piccola forcella di ferro da capelli, le cui punte si fanno entrare in un turacciolo di sughero, che viene a diventare così il manico dell'utensile. Immergete l'estremità ricurva della forcella nella viscida, dalla parte ove era il gambo, e con un leggero movimento della mano fate saltare l'osso. Quando avrete disossato tutte le visciole pesatele e per ogni chilogrammo di frutta peserete dai 700 ai 750 grammi di zucchero. Mettete lo zucchero nel tegame, versateci un bicchiere d'acqua, fatelo sciogliere, e poi mettetelo al fuoco e lasciatelo bollire per tre o quattro minuti schiumandolo accuratamente. Gettate allora nel tegame le viscide, e conducete la cottura a fuoco piuttosto vivace, specie se disporrete di un recipiente di rame. Schiumate la confettura e mescolatela, e quando vedrete che le visciole si saranno aggrinzite, e lo sciroppo vela il cucchiaio, togliete la confettura dal fuoco e lasciatela freddare. Quando sarà ben fredda, riempitene dei vasetti di vetro, chiudeteli e conservateli. Nello stesso modo si può fare la confettura di ciliege, la quale però non riesce così profumata come quella di visciole.
succose. Si toglie loro prima il gambo e poi il nocciolo con l'apposito utensile, o, più semplicemente, con una piccola forcella di ferro da capelli
Per mettere sotto spirito dell'uva converrà scegliere quelle qualità a chicchi grossi e carnosi. Ottimo è anche il «pizzutello romanesco», che si presta assai bene a questo scopo. Anche per il pizzutello converrà scegliere dei grappoli a chicchi grossi. Scegliete i chicchi migliori, staccandoli a uno a uno dal grappolo, senza però toglier loro il piccolo gambo. Provvedetevi di un vaso di vetro con tappo smerigliato, vaso di tale capacità che possa contenere tutta l'uva e accomodatela in esso. Mettete in un recipiente di vetro o di porcellana una stecca di cannella lunga quattro o cinque centimetri, 150 grammi di zucchero, una diecina di chiodini di garofani, tre o quattro grammi di macis e un pizzico di coriandoli. Su queste droghe versate un litro di spirito e agitate fino a che lo zucchero sia disciolto. Per dare maggior profumo alla preparazione potrete anche aggiungere un nonnulla di vainiglina. Versate nel vaso dell'uva questo spirito aromatizzato, senza toglier via le droghe; chiudete il vaso con il suo coperchio, su questo legate un pezzo di carta pergamena e lasciate l'uva in riposo per almeno due mesi prima di consumarla.
uno a uno dal grappolo, senza però toglier loro il piccolo gambo. Provvedetevi di un vaso di vetro con tappo smerigliato, vaso di tale capacità che
per usi di pasticceria e specialmente per la confezione delle crostate. Prendete due chilogrammi di visciole ben mature, togliete loro il gambo e, mediante l'apposito utensile, il nocciolo. Mettete le visciole in un tegame di terraglia, ricopritele con ottocento grammi di zucchero in polvere e lasciatele così per dieci o dodici ore. Trascorso questo tempo portate il tegame sul fuoco e lasciate bollire le visciole per venti minuti. Allora travasate il tutto su un setaccio raccogliendo il succo in un'insalatiera. Rimettete le visciole scolate nel tegame, aggiungeteci 1200 grammi di zucchero e fate bollire per quaranta minuti. Mettete questa confettura calda in vasi
per usi di pasticceria e specialmente per la confezione delle crostate. Prendete due chilogrammi di visciole ben mature, togliete loro il gambo e
Prendete quella quantità di peperoncini che desiderate conservare, spuntatene con le forbici l'estremità del gambo, stendeteli su delle cestine o su dei setacci ed esponeteli per un paio di giorni al sole, affinchè l'umidità che contengono possa evaporare il più possibile. Accomodateli poi in vasi di terraglia, e gettate su essi dell'aceto bollente nel quale avrete messo abbondante sale. Lasciateli stare così una quarantina di giorni, poi scolate l'aceto, che in contatto con l'acqua di vegetazione dei peperoni si sarà molto diluito, e sostituitelo con dell'altro aceto di buona qualità non bollito. Coprite i vasi con carta pergamenata, e riponeteli in dispensa. I peperoni saranno buoni a mangiarsi dopo un paio di mesi.
Prendete quella quantità di peperoncini che desiderate conservare, spuntatene con le forbici l'estremità del gambo, stendeteli su delle cestine o su
È un sottaceto poco comune, ma eccellente col lesso e con l'arresto. Ed ha anche il vantaggio di potersi preparare con la massima facilità. Scegliete delle visciole di bella qualità, togliete loro il gambo, mettetele in vasetti di vetro, e ricopritele di buon aceto. Chiudete il vasetto col suo tappo e aspettate almeno un mese prima di mangiare le visciole.
delle visciole di bella qualità, togliete loro il gambo, mettetele in vasetti di vetro, e ricopritele di buon aceto. Chiudete il vasetto col suo
La questione dei funghi commestibili e dei funghi velenosi è quella che più deve preoccupare chi è a capo di una famiglia, poichè l'esperienza insegna quanto sia difficile poter giudicare se un fungo è o non è velenoso. Gli avvelenamenti con funghi non sono purtroppo infrequenti e la storia ci dice che anche personaggi illustri trovarono la fine cibandosi di funghi. Nelle grandi città si procede ad una verifica che può dare sufficienti elementi di garanzia; ma il pericolo maggiore è nei piccoli centri e nelle campagne dove i funghi vengono venduti senza controllo, quando non sono addirittura raccolti per uso proprio. In genere vengono cucinate una cinquantina di specie di funghi, tra le quali ve ne sono circa venti velenose, difficilissime a conoscersi dalle commestibili, presentando lo stesso aspetto e gli stessi caratteri. Si dice, ad esempio, della infallibile sicurezza dell'ovolo vero (amanita caesarea) e del cocco od ovolo bianco, ma anche in questa famiglia c'è l'ovolo falso o malefico e il cocco bastardo, ambedue velenosi. Nel gruppo degli agarici sono anche funghi commestibili e velenosi, come, ad esempio, il prataiolo, l'agarico grigiastro, ecc., facilmente confondibili con la rossola velenosa, il fungo peperone, l'agarico dissenterico, ecc. Nè maggiore sicurezza offre il fungo porcino, potendo essere facilmente confuso col porcino malefico. È risaputo che le prove empiriche dell'aglio, della cipolla o quelle del cucchiaio d'argento o della lama di coltello sono assolutamente da escludersi. Meglio attenersi in genere ai seguenti consigli, per i quali sono da schivarsi: Quei funghi che quantunque abbiano, come il prataiolo, il cappello bianco ed emisferico hanno la base del gambo bulbosa. — Quelli che con gambo grande e gibboso o squamoso, sostengono un cappello cosparso di verruche, oppure hanno la pelle coperta di pustole. — Quelli che infranti o screpolati fra le dita emanano un odore narcotico disgustoso. — Quelli che esalano un odore d'aglio, o che hanno sapore bruciante. — Tutti quei funghi che hanno il cappello tinto di rosso, azzurro o verde. — Quelli che spezzati o tagliati con un coltello assumono, al contatto dell'aria colorazioni diverse. — Quelli che tagliati si trovano pieni di succo lattiginoso. — Quelli che hanno la carne cordacea o sugherosa. — Quelli che non sono in nessun modo toccati dagli insetti, e, finalmente, quelli che si ritrovano su tronchi di albero dotati di proprietà deleterie. Ad ogni modo, e per concludere, bisogna usare solo di quei funghi che in ciascun paese l'esperienza secolare ha dimostrato essere veramente commestibili. In caso di sintomi di avvelenamento per funghi ricorrere immediatamente in attesa del medico a un vomitivo (acqua calda saponata) e subito dopo somministrare un energico purgante di olio di ricino. Evitare qualsiasi bevanda acida, o acque purgative in cui entri il sal di cucina.
prataiolo, il cappello bianco ed emisferico hanno la base del gambo bulbosa. — Quelli che con gambo grande e gibboso o squamoso, sostengono un