Raccomandabilissima quando le uova costano troppo care. Mettete in un piatto una cucchiaiata di farina con poche cucchiaiate di acqua fredda, così da ottenere una pastella piuttosto colante, che ultimerete con un pizzico di sale e un nonnulla di noce moscata. Immergete le fettine in questa pastella, e passatele poi nel pane pesto. Con una larga lama di coltello appoggiate la panatura e poi friggete «subito» le fettine nell'olio o nello strutto. Se friggerete con attenzione otterrete un risultato non dissimile da quello che avreste ottenuto adoperando l'uovo, e con una spesa insignificante. È un sistema semplicissimo, ma che dà un risultato degno di tutta la considerazione.
, e passatele poi nel pane pesto. Con una larga lama di coltello appoggiate la panatura e poi friggete «subito» le fettine nell'olio o nello strutto
Resta brevemente da esaminare quali sono i principii fondamentali degli arrosti sulla gratella, — che i francesi chiamano «grillades». Per gli arrosti sulla gratella il combustibile più appropriato è il carbone di legna completamente acceso e ridotto a brace incandescente. Le gratelle da applicare su fornelli a gas o qualunque altro sistema non daranno mai un risultato apprezzabile. Anche qui è necessario che la quantità di brace sia proporzionata alla quantità di carne da arrostire. Se il fornello fosse troppo piccolo e la gratella grande, converrà distendere uno strato di cenere sul camino e su questo mettere la brace incandescente. Diversi sono i modi di procedere nella cottura, secondo che si tratti di carni rosse o di carni bianche. Qualunque carne rossa, dopo essere stata unta, va messa in gratella a fuoco forte affinchè possa subito formarsi una corteccia leggermente abbrustolita, che conserverà alla carne tutto il succo e quindi tutto il suo sapore. Appena questa corteccia si sarà fatta da una parte, voltate subito la carne dall'altra affinchè anche qui la carne possa subire l'azione immediata del fuoco. Si riconosce il punto esatto di cottura quando, appoggiando un dito nel mezzo della bistecca, si sente una pressione come se la carnfosse di gomma elastica. Se il dito affonda troppo facilmente significa che la carne non è ancora cotta a punto. Guardatevi bene dal punzecchiare le bistecche o le costolette colle punte della forchetta quando dovrete voltarle. I buchi che fareste sulla carne darebbero facile uscita ai succhi che bisogna invece gelosamente conservare nell'interno, e voi ottereste un arrosto secco e senza gusto. Per voltare la carne usate una palettina o in mancanza di questa una larga lama di coltello. Ricordate anche che le carni arrostite sulla gratella vanno salate alla fine della cottura. E questo perchè il sale, liquefacendosi, forma uno strato umido sulla carne e impedisce la rapida formazione di quelo strato abbrustolito che, come abbiamo visto, è indispensabile per ottenere una buona bistecca arrosto. Le carni bianche, contenendo meno succhi, debbono invece essere arrostite a fuoco più dolce ed essere frequentemente unte di burro durante la loro cottura. In quanto ai pesci cotti alla gratella bisognerà osservare di tenere un calore moderato e di ungerli spesso di olio.
senza gusto. Per voltare la carne usate una palettina o in mancanza di questa una larga lama di coltello. Ricordate anche che le carni arrostite sulla
Volendo fare delle chenelle da zuppa ancor più eleganti si può procedere in un altro modo. Si imburra una teglia piuttosto larga, si mette la farcia preparata in una tasca di tela con bocchetta di latta spizzata e premendo sulla tasca si fanno uscire sul fondo imburrato della teglia, le chenelle, le quali avranno l'aspetto di piccole pastine da tè. Quando ne avrete fatto il numero necessario versate nella teglia acqua bollente e lasciate che le chenelle possano rassodarsi.
Volendo fare delle chenelle da zuppa ancor più eleganti si può procedere in un altro modo. Si imburra una teglia piuttosto larga, si mette la farcia
Per quattro persone mettete a liquefare in un tegamino mezzo ettogrammo di burro. Fate l'operazione in un angolo del fornello affinchè il burro non abbia a soffriggere. Appena disciolto travasatelo in una piccola insalatiera rotonda e con un cucchiaio di legno incominciate a mescolarlo. Man mano il burro si rassoderà e nello stesso tempo monterà. Quando lo avrete ridotto come una bella crema morbida, aggiungeteci un uovo intiero e poi, quando il primo sarà almagamato, un secondo uovo. Aggiungete ancora, poco alla volta, tre cucchiaiate di farina e quando anche questa sarà bene unita mettete nell'impasto un paio di cucchiaiate di formaggio grattato, un pizzico di sale e un nonnulla di noce moscata. Mescolate ancora per unire tutti gli ingredienti e poi versate questa pasta, che deve risultare non eccessivamente dura, sopra un coperchio di casseruola piuttosto largo. Avrete intanto messo a bollire dell'acqua leggermente salata in un recipiente più largo che alto — una teglia serve benissimo al caso e quando l'acqua bollirà tirate la teglia sull'angolo del fornello in modo che l'acqua continui a bollire insensibilmente e poi, tenendo nella mano sinistra il manico del coperchio della casseruola, lasciate cadere nell'acqua dei pezzettini di pasta grossi come nocciole servendovi di un coltello e procurando di dare alla pasta una forma possibilmente sferica. Questo si ottiene facilmente prendendo un pezzetto di pasta e rimpastandolo sollecitamente sull'orlo del coperchio, adoperando la lama del coltello. È un lavoro molto facile che si fa anche presto. Fate cadere i pezzetti di pasta procurando di non gettarli uno sull'altro e quando avrete esaurito il composto coprite la teglia e lasciate bollire pian piano ancora per un paio di minuti. Nell'acqua le pallottoline si rassodano e gonfiano. Avrete intanto passato il brodo occorrente per la colazione e quando sarà ben caldo tirate su le pallottoline dall'acqua servendovi di una larga cucchiaia bucata, lasciatele sgocciolare bene e passatele nel brodo. Tenetele in caldo ancora per un minuto o due, e poi fate servire la minestra.
una larga cucchiaia bucata, lasciatele sgocciolare bene e passatele nel brodo. Tenetele in caldo ancora per un minuto o due, e poi fate servire la
Questi cannelloni aprono sontuosamente un pranzo e trasportano subito chi siede a tavola in un'atmosfera di beatitudine Potrebbero dirsi il Nirvana del ghiottone. Non sono, è vero, un modello di piatto economico, e richiedono un po' di lavoro. Ma possiamo assicurarvi che meritano pienamente sia la maggiore spesa che il maggior lavoro. Per sei persone fate una pasta all'uovo con tre uova intiere e circa 300 grammi [immagine: inserto pubblicitario] di farina. La pasta dovrà essere ben lavorata e tenuta piuttosto dura. Con la punta di un coltellino dividete le sfoglie in tanti fazzolettini quadrati di circa 5 centimetri di lato. Rimpastate i ritagli, stendeteli e tagliate anche questi come si è detto. Otterrete una cinquantina di quadrati di pasta. Intanto avrete messo a rinvenire in acqua fresca un pugno di funghi secchi e avrete tritato sul tagliere o nella macchinetta apposita, 800 grammi di carne magra di manzo. Mettete un bel pezzo di burro in una casseruola con una cipolla, una carota gialla, del sedano e del prezzemolo, il tutto finemente tritato. Quando i legumi saranno rosolati mettete giù la carne e i funghi e dopo averli conditi con sale e pepe fate rosolare anche questi a color scuro. Bagnate allora con un paio di bicchierini di Marsala e quando l'umidità del vino sarà evaporata aggiungete un paio di cucchiaiate colme di salsa di pomodoro diluendo poi il tutto con sufficiente acqua. Diminuite il fuoco, coprite la casseruola e fate cuocere pian piano per circa un'ora. Quando il sugo sarà «ben tirato» potrete aggiungere alla carne del ragù di pollo cotto a parte, delle fettoline di prosciutto magro e qualche pezzetto di tartufo: aggiunte facoltative, ma che noi consigliamo in vista della maggiore succulenza che ne viene ai cannelloni. Esaminate così le preparazioni della pasta e del ripieno che costituiscono i capisaldi della pietanza, addentriamoci nell'ultima fase del lavoro. Mettete sul fuoco un recipiente basso e largo, una grande teglia ad esempio, ripiena d'acqua e quando l'acqua avrà levato il bollore, salatela convenientemente e poi gettateci un po' alla volta, i quadrati di pasta, avendo cura che questi quadrati non si sovrappongano perchè si attaccherebbero irrimediabilmente. È dunque meglio cuocerne pochissimi alla volta anziché sciupar tutto con l'obbiettivo di sbrigarsi. Mai come questa volta ha ragione il proverbio «presto e bene raro avviene». Tenete i quadrati di pasta piuttosto duri di cottura e man mano che li estrarrete dalla teglia per mezzo di una larga cucchiaia bucata, adagiateli con cura e ben stesi su delle salviette bagnate. Quando li avrete cotti tutti mettete su ognuno un po' del composto di carne ed arrotolateli su sè stessi in modo da formare una specie di cannoncino Prendete allora una teglia piuttosto ampia, imburratela abbondantemente e sul fondo dì essa allineate in un solo strato, uno vicino all'altro, i cannelloni. Conditeli col sugo rimasto, cospargeteli abbondantemente di parmigiano grattato, aggiungete ancora qua e là dei pezzetti di burro e tre o quattro cucchiaiate d'acqua, mettete la teglia su fuoco debolissimo e copritela, disponendo anche sul coperchio un po' di brace. Lasciate stufare così per circa un quarto d'ora.
avviene». Tenete i quadrati di pasta piuttosto duri di cottura e man mano che li estrarrete dalla teglia per mezzo di una larga cucchiaia bucata
Per sei persone potrete basarvi su un litro e mezzo d'acqua e 500 grammi di farina gialla. Regolatevi che la polenta riesca piuttosto densa, e ben cotta. Si giudica generalmente del grado di cottura quando mescolando, la polenta si stacca facilmente dalle pareti del caldaio. Su per giù ci vorrà una mezz'ora abbondante. Inumidite d'acqua il marmo della tavola di cucina o dei larghi piatti, e quando la polenta sarà cotta versatela, stendendola con una larga lama di coltello bagnata d'acqua, all'altezza di un centimetro, o poco più, e lasciate che si freddi completamente. Mentre la polenta si fredda, preparate un buon sugo, così detto finto, con grasso di prosciutto, un pochino di cipolla, sedano, carota gialla, strutto o burro se più vi piace. Coloriti i legumi, aggiungete due buone cucchiaiate di salsa di pomodoro ristretta, sale e pepe, bagnate con brodo o acqua e lasciate cuocere piuttosto dolcemente. In questo sugo potrete aggiungere dei funghi secchi, tenuti a rinvenire in acqua fresca, qualche cotenna di maiale in dadini, qualche salciccia e magari un po' di carne pesta. Quando la polenta sarà ben fredda tagliatela in mostaccioli di due dita di lato. Prendete una teglia, di una trentina di centimetri di diametro, spalmatela di burro e disponete in essa con garbo uno strato di gnocchetti. Condite questo strato con un po' di sugo e parmigiano grattato, fate un altro strato, e poi un altro, e via di seguito, incominciando ogni nuovo strato di gnocchetti un po' più indietro del precedente in modo da avere una specie di cupola. Versate su questa cupola, dell'altro sugo e dell'altro parmigiano e disponete qua e là dei pezzettini di burro. Mettete la teglia in forno piuttosto forte per un buon quarto d'ora, fino a che i gnocchetti abbiano fatto la crosticina croccante. Fateli servire così, nella stessa teglia. Questi gnocchetti debbono riuscire ben conditi. Non è male riservare una parte dell'intingolo per versarla bollente sulla polenta quando questa esce dal forno.
una larga lama di coltello bagnata d'acqua, all'altezza di un centimetro, o poco più, e lasciate che si freddi completamente. Mentre la polenta si
Questa pietanza elegante è conosciuta nella cucina napolitana col nome di «sartù» e costituisce un magnifico inizio di colazione. Qualcuna fra le nostre lettrici potrà obiettare che qualche cosa di simile si fa anche in altre cucine, ed è anche vero. Ma sia la sua origine napolitana o no, poco importa. Quel che conta è che questo timballo è squisito. Avendo qualcuno a colazione, invece degli eterni maccheroni o risotto, provate ad eseguire il «sartù» e ne rimarrete veramente soddisfatte, come soddisfatti resteranno anche gli ospiti. Prima di preparare il riso, che dovrà in un certo modo formare l'ossatura del timballo, è bene preparare il ripieno, il quale potrà essere più ricco o meno ricco, a seconda dei casi e della spesa che si vuol fare. Noi fissiamo le dosi per quattro persone. Il ripieno si comporrà essenzialmente di polpettine di carne, salsiccie, mozzarella, regagli, funghi. Per quattro persone prendete una fetta magra di manzo, del peso di un ettogrammo, pestatela e impastatela con un pezzettino di burro e un pezzo di mollica di pane che avrete tenuta in bagno nell'acqua e poi spremuta. Questa mollica dovrà avere la grandezza di una grossa noce. Condite l'impasto con sale e pepe e foggiatene delle polpettine piccolissime, non più grandi di una nocciola, che passerete nella farina, e friggerete nell'olio o nello strutto, badando di non farle inseccolire. In quanto ai funghi secchi ne basteranno un buon pizzico. Li terrete prima una mezz'ora in acqua fresca per farli rinvenire, poi, dopo averli nettati, li cuocerete con un pochino di burro e qualche cucchiaiata di brodo o d'acqua, sale e pepe. E così farete anche per le regaglie di pollo che dividerete in pezzi non tanto piccoli. A Napoli si adoperano per questo ripieno, salsiccie speciali, dette cervellatine. Potranno usarsi, invece di queste, comuni salsiccie di carne, cotte in una padellina e poi tagliate in fettine. In primavera sarà ottima cosa preparare anche tre o quattro cucchiaiate di pisellini al prosciutto, i quali figurano assai bene nel ripieno. Tagliate inoltre in dadini un ettogrammo, di mozzarella o un paio delle nostre provature romane. E finalmente, dato che disponeste di un pezzo di tartufo non dimenticate di tenerne pronta qualche fettina. L'aggiunta del tartufo non è di rigore, ma il «diamante della cucina» ha libero accesso da per tutto. Quando avrete preparato tutti i vari ingredienti per il ripieno, pensate al sugo per condire il timballo. Questo sugo potrà essere o un sugo d'umido col pomodoro o più semplicemente un buon sugo finto, fatto in una casseruola con un po' di cipolla, burro, grasso di prosciutto tritato e un chilogrammo scarso di pomodori. Badate che il sugo risulti molto denso. Quando' anche il sugo sarà fatto mettetene qualche cucchiaiata da parte e poi versate nella casseruola trecento grammi di riso, ben mondato, che cuocerete nel sugo, come un risotto, aggiungendo man mano dell'acqua o del brodo. Tenetelo molto scarso di cottura — quasi a tre quarti — poi conditelo con tre o quattro cucchiaiate di parmigiano e un uovo intero, verificando nello stesso tempo se sta bene di sale. Versate questo risotto in un piatto e aspettate che si freddi. Radunate in un'altra casseruolina tutti gli ingredienti preparati per il ripieno, cioè: polpettine, funghi, salsicce, regaglie, ecc., eccezione fatta per la mozzarella o provatura, conditeli col sugo che avrete tenuto in serbo e fate dare un bollo affinchè il ripieno possa insaporirsi perfettamente. Mettete intanto in una casseruolina un pezzo di burro grosso come una noce, e appena sarà liquefatto, aggiungetegli un cucchiaio scarso di farina, fate cuocere un paio di minuti, mescolando, e poi diluite l'impasto con mezzo bicchiere di latte. Quando la salsa si sarà addensata, levatela dal fuoco, conditela con sale, un nonnulla di noce moscata e un rosso d'ovo. Un'ora prima del pranzo cominciate la costruzione del timballo. Prendete una stampa liscia da budino, ma senza buco in mezzo, o in mancanza di questa, una casseruola. Così la stampa come la casseruola dovranno avere la capacità di un litro e mezzo. Imburrate abbondantemente l'interno della stampa e spolverizzatela di pane pesto finissimo; girate la stampa in tutti i sensi affinchè il pane aderisca dappertutto e poi capovolgetela per far cadere l'eccesso del pane. Per mezzo di un cucchiaio disponete sul fondo e intomo alle pareti della stampa il ri otto, avvertendo di lasciarne quattro o cinque cucchiaiate da parte. Pigiando col cucchiaio fate che il riso aderisca bene alle pareti e sul fondo formando in mezzo un vuoto come una scatola. In questo vuoto mettete il ripieno preparato, intramezzandolo con le fettine di mozzarella e con la salsa di latte e uovo preparata. Aggiungete anche una cucchiaiata di parmigiano, qualche pezzetto di burro, come nocciole; poi col riso lasciato da parte, fate il coperchio alla scatola. Pareggiate il riso del coperchio con una larga lama di coltello, spolverizzatelo di pane pesto e disponeteci sopra qualche altro pezzettino di burro. Mettete il timballo in forno di moderato calore e lasciatecelo per una mezz'ora abbondante, affinchè il pane dell'involucro abbia il tempo di fare una bella crosta color d'oro. Estraete allora il timballo dal forno, ma non lo sformate subito: aspettate una diecina di minuti affinchè il timballo possa consolidarsi, e non giocarvi un brutto tiro al momento del suo capovolgimento. Per eccesso di precauzione, passate con delicatezza una lama di coltello tra la stampa e il timballo in modo da staccarlo e poi capovolgetelo su un piatto rotondo, preferibilmente di metallo argentato. Mandatelo in tavola affinchè venga mangiato caldo e filante. Nella cucina napolitana si abbonda in strutto anzichè in burro. Abbiamo creduto di sostituire allo strutto il burro, che ha un uso più universale.
pezzetto di burro, come nocciole; poi col riso lasciato da parte, fate il coperchio alla scatola. Pareggiate il riso del coperchio con una larga lama di
Questa torta non dolce, economica e gustosa può servire così per primo piatto a colazione come per accompagnare delle carrai. Per sei persone mettete a lessare 200 grammi di patate di qualità farinosa; quando saranno cotte sbucciatele e infrangetele sulla tavola facendo assorbire loro 100 grammi di farina e un buon pizzico di sale. Stendete questa pasta su una placca da forno o in una tortiera piuttosto larga formandone uno strato di mezzo centimetro di spessore. La placca o la tortiera vanno leggermente unte con un po' di burro, o olio, o strutto. Spianato l'impasto seminateci su un ettogrammo di formaggio fresco tagliato in dadini (mozzarella napolitana o provatura), un pugno di parmigiano grattato, un pizzico di pepe, una cucchiaiata di origano e, durante la stagione estiva, qualche filetto di pomodoro fresco privato della pelle e dei semi. Su tutto sgocciolate un filo d'olio e infornate la torta in forno di calore piuttosto vivace, affinchè possa ben colorirsi e diventare leggermente croccante.
farina e un buon pizzico di sale. Stendete questa pasta su una placca da forno o in una tortiera piuttosto larga formandone uno strato di mezzo
Mettete a lessare mezzo chilogrammo di patate, e quando saranno cotte sbucciatele, schiacciatele sulla tavola di cucina e impastatele con mezzo ettogrammo di burro, un buon pizzico di sale, un nonnulla di noce moscata, una cucchiaiata di parmigiano e quattro cucchiaiate colme di farina. Rompete in un piatto un uovo, sbattetelo come per frittata e aggiungetene la metà nella pasta: l'altra metà la serberete per indorare i pasticcini. Impastate tutti gli ingredienti aiutandovi con un po' di farina, con la quale spolverizzerete, di quando in quando, la tavola. Dovrà riuscirvi una pasta unita e asciutta, che si possa stendere col rullo di legno. Ottenuto l'impasto, servendovi sempre di un po' di farina, affinchè la pasta non debba attaccarsi alla tavola e al rullo, stendetela allo spessore di mezzo centimetro scarso. Per facilitare l'operazione sarà bene che dividiate la pasta in quattro o cinque pezzi, e che stendiate questi pezzi uno alla volta. Prendete un tagliapasta rotondo del diametro di circa 10 centimetri, oppure un bicchiere a larga bocca o anche una coppa da champagne, adattatissima per questo scopo; e tagliate tanti dischi rotondi che metterete allineati da una parte ricordandovi di spolverizzare sempre la tavola con un pochino di farina. I ritagli li rimpasterete e li ristenderete, ottenendone muovi dischi; e così farete fino a completo esaurimento della pasta. Lavate e spinate un ettogrammo di acciughe salate e dividetele in pezzi. Mettete su ogni disco qualche pezzetto di alice, una presina di pepe, e poi ripiegate ogni disco in due su sè stesso in modo da rinchiudere dentro le alici. Pigiate leggermente con le dita sul bordo in modo che questa specie di fagottini risultino chiusi perfettamente. Imburrate una teglia grande e disponete in essa uno accanto all'altro i pasticcini, passate su ognuno di essi un po' dell'uovo sbattuto tenuto da parte, servendovi di una penna o di un pennello e poi ponete la teglia in forno piuttosto vivace per una diecina di minuti, fino a che i pasticcini abbiano preso una bella tinta color d'oro pallido. Accomodateli su un piatto con salvietta e mangiateli caldi. Con questa dose otterrete circa 25 pasticcini, sufficienti a sei persone.
larga bocca o anche una coppa da champagne, adattatissima per questo scopo; e tagliate tanti dischi rotondi che metterete allineati da una parte
Cuocete la polenta piuttosto densa e ottenutala di notevole consistenza versatela sulla tavola di marmo di cucina, che avrete leggermente bagnata d'acqua. Con una larga lama di coltello bagnata o, meglio ancora, con le mani bagnate, spianate la polenta allo spessore di un dito e lasciatela raffreddare completamente. Quando sarà fredda tagliatela a piccoli mostaccioli che staccherete e solleverete facilmente con la lama del coltello. Prendete un pezzo alla volta, passatelo nella farina di polenta e friggete questi mostaccioli nell'olio bollente fino a che abbiano preso un bel colore e siano diventati croccanti all'esterno.
'acqua. Con una larga lama di coltello bagnata o, meglio ancora, con le mani bagnate, spianate la polenta allo spessore di un dito e lasciatela
Preparate una pasta da choux con le seguenti proporzioni: burro grammi 100, farina grammi 100, acqua grammi 100, un pizzico di sale, uova intere tre. Facendo degli choux della grandezza di piccole uova, ne otterrete circa una ventina, che, dopo cotti, saranno piuttosto voluminosi. Prima di toglierli dal forno aspettate che siano ben cotti altrimenti correreste il rischio di vederli sgonfiare: ciò che non deve assolutamente accadere. Con le forbici, fate ad ogni bomba una larga apertura laterale. Dieci minuti prima di andare in tavola rompete cinque uova in una terrinetta, sbattetele, conditele con sale, pepe e un mezzo bicchiere di latte o di crema sciolta, e fatele leggermente rapprendere in una padella con un po' di burro. Con un cucchiaino riempite di questa crema d'uovo le bombe, poi mettetele in una teglia — non unta -— e date loro due minuti di forno caldissimo: il tempo di riscaldare le bombe. Accomodatele su un piatto con salvietta e mandatele immediatamente in tavola. Questa dose potrà bastare per otto e anche per dieci persone, se la colazione si compone di molte portate, altrimenti vi faranno magnificamente colazione cinque o sei persone. Questa pietanza è indicatissima come piatto d'uova in un déjeuner. Volendo servire queste bombe in un pranzo come antipasto caldo, si dovranno abolire le uova e sostituirle con una besciamella densa nella quale si amalgamerà un trito di carne cotta, funghi e prosciutto.
forbici, fate ad ogni bomba una larga apertura laterale. Dieci minuti prima di andare in tavola rompete cinque uova in una terrinetta, sbattetele
Sbattete in una terrina sei uova, e aggiungete una cucchiaiata abbondante di foglie di menta romana tagliuzzata, una cucchiaiata di parmigiano, sale e pepe a sufficienza. Mettete nella padella un po' d'olio, o burro, o strutto, secondo il vostro gusto — per questa «omelette» il burro sarebbe preferibile — e quando il liquido sarà ben caldo, versate le uova e fatele rapprendere. Quando la frittata sarà rassodata di sotto, mettete nel centro di essa un pezzetto di burro, e poi aiutandovi con la cucchiaia larga e con una palettina, ripiegate la frittata su se stessa, in due. Date alla «omelette» una forma corretta e poi capovolgetela su un piatto ovale, ponendo ai due lati due ciuffi di patatine fritte, ben croccanti.
essa un pezzetto di burro, e poi aiutandovi con la cucchiaia larga e con una palettina, ripiegate la frittata su se stessa, in due. Date alla «omelette
Questa tipica e saporita zuppa di pesce è una specialità della cucina livornese. I pesci che generalmente vengono adoperati per il cacciucco sono molti e delle più svariate qualità: l'anguilla di mare, il calamaio, la cicala, la gallinella, la murena, il nasello, lo scorfano, la triglia, il polipo, il sanpietro, la seppia e l'aragosta. Per un cacciucco sufficiente a dieci ed anche a dodici persone occorreranno due chilogrammi e mezzo di pesci assortiti. Nettate accuratamente i pesci e togliete loro la testa. Tagliate in pezzi i pesci più grossi, conservando gli altri intieri, e conditeli con sale e pepe. Mettete in una casseruola un bicchiere scarso d'olio, e fateci soffriggere una cipolla, del sedano, una carota gialla, del prezzemolo il tutto tritato fino, aggiungete anche due spicchi d'aglio, un paio di peperoncini, due foglie d'alloro e un ramoscello di timo. Unite a questi legumi le teste dei pesci e fate cuocere. Appena il tutto sarà leggermente imbiondito bagnate con un bicchiere e mezzo di vino rosso e fate continuare a cuocere pian piano, fino a che il vino sia quasi tutto evaporato. A questo punto mettete nella casseruola 800 grammi di pomodori a pezzi, bagnate con un litro di acqua e lasciate bollire per mezz'ora. Togliete via gli spicchi d'aglio, le due foglie di alloro, e il ramoscello di timo, e versate il rimanente su un grande setaccio. Aiutandovi con un cucchiaio di legno e forzando bene, passate al setaccio tutti gli ingredienti che avete messo a cuocere. Raccogliete la salsa in una terrinetta e mettetela da parte. Prendete adesso un'altra casseruola larga e bassa o un tegame di terraglia, metteteci un bicchiere scarso di olio e fate cuocere in esso i polipi, le seppie e i calamari, che avrete tagliato in pezzi piuttosto piccoli.
. Raccogliete la salsa in una terrinetta e mettetela da parte. Prendete adesso un'altra casseruola larga e bassa o un tegame di terraglia, metteteci un
La preparazione, che il vocabolario di cucina classifica col nome di matelotte, si applica ai pesci di acqua dolce. E noi crediamo opportuno parlarne sapendo che spesse volte l'arrivo di un luccio, di una carpa o di una anguilla pone in serio imbarazzo la buona mammina, la quale non sa come cucinarli. Il pesce di acqua dolce ha innegabilmente i suoi meriti, a patto che sia ben cucinato. Consigliando alle nostre lettrici la preparazione alla matelotte siamo certi di togliere loro ogni imbarazzo per il presente e per l'avvenire, poichè è questo certamente il modo migliore per trarsi d'impaccio con poca fatica e con ottimo risultato. Dopo aver diligentemente nettato il pesce, lo si taglia in pezzi regolari piuttosto piccoli, che si accomodano in una terrina con po' di sale, un pochino d'olio, una grossa cipolla tagliuzzata fina, uno spicchio d'aglio schiacciato, qualche dadino di carota gialla, un buon ciuffo di prezzemolo tritato e un pizzico di pepe. Bagnate il tutto con del vino rosso regolandovi che su un chilogrammo e mezzo di pesce ci vorrà un litro di vino. Lasciate stare il pesce in questa marinata per circa un'ora, e un poco prima del pranzo rovesciate il pesce con il vino e tutti gli ingredienti in un grande tegame e mettete sul fuoco. Il pesce cuoce abbastanza presto e generalmente un quarto d'ora di ebollizione lenta è sufficiente. Appena il pesce sarà cotto estraetelo, pezzo per pezzo, appoggiandolo su un piatto, passate la cottura da un colabrodo e rimettete il liquido al fuoco per farlo restringere un poco. Prendete adesso un buon pezzo di burro, circa mezzo ettogrammo, mettetelo sulla tavola e impastatelo, con la mano o con una larga lama di coltello, con un cucchiaio scarso di farina. Mettete questo burro nell'intingolo, mescolate, e vedrete che pian piano la salsa si addenserà e prenderà un aspetto vellutato. Rimettete dentro i pezzi del pesce, lasciate scaldare senza far più bollire e poi travasate il tutto in un piatto, contornando con qualche crostino di pane fritto nel burro e, volendo fare le cose elegantemente, con qualche gambero di acqua dolce cotto a parte in un po' di vino bianco.
, con la mano o con una larga lama di coltello, con un cucchiaio scarso di farina. Mettete questo burro nell'intingolo, mescolate, e vedrete che pian
di un filetto di tacchino e con una larga lama di coltello bagnata in acqua battete leggermente i filetti. Infarinateli, passateli nell'uovo sbattuto e nel pane grattato, e friggeteli. Accomodateli in un piatto con salvietta.
di un filetto di tacchino e con una larga lama di coltello bagnata in acqua battete leggermente i filetti. Infarinateli, passateli nell'uovo sbattuto
Per sei persone tritate sul tagliere o nella macchina tre ettogrammi di carne magra di bue. Raccogliete la carne in una terrinetta e unitele un pezzo di mollica di pane come un pugno, che bagnerete nell'acqua o nel latte, spremerete e lavorerete sul fuoco in una casseruolina con un cucchiaio di legno fino a che sarà ridotta in pasta. Questa mollica di pane va aggiunta quando sarà fredda. Aggiungete ancora un uovo intero, sale, pepe, noce moscata e una cucchiaiata di parmigiano grattato. Impastate tutto con le mani, in modo da amalgamare bene i varii ingredienti, poi dividete l'impasto in sei porzioni uguali. Prendete un pezzo alla volta, mettetelo sulla tavola infarinata e appiattitelo così da dargli l'aspetto di una cotoletta. Procedendo con garbo, infarinate queste cotolette da una parte e dall'altra e servendovi di una palettina o di una cucchiaia larga, passatele nell'uovo sbattuto e poi nel pane pesto. Usate diligenza affinchè le granatine non vi si rompano. Dopo che le avrete panate, date loro bella forma, passando intorno intorno una lama di coltello in modo che risultino perfettamente rotonde. Mettetele in padella di moderato calore e quando saranno colorite da una parte le volterete con precauzione dall'altra. È necessario che il fuoco non sia troppo forte per dar modo alla carne di cuocere bene. Otterrete sei belle cotolette, che aggiusterete in corona in un piatto rotondo. Nel mezzo potrete mettere, a piramide, delle patatine fritte, una purè di patate, dei piselli al prosciutto o dei fagiolini al burro: a vostra scelta.
con garbo, infarinate queste cotolette da una parte e dall'altra e servendovi di una palettina o di una cucchiaia larga, passatele nell'uovo sbattuto
Rotolo di vitello in salsa. Per sei persone prendete un chilogrammo di petto di vitello. Allargatelo sulla tavola di cucina e con un coltellino tagliente, portate via tutte le ossa. Fatto questo, con lo spianacarne bagnato d'acqua o con una larga lama di coltello bagnata, spianate un poco la carne, e conditela con un po' di sale e pepe. Con del lardo o del guanciale o del prosciutto grasso e magro, preparate qualche lardello che disporrete sulla carne; arrotolate allora il petto di vitello in modo da formarne un grosso salsicciotto e legatelo con dello spago per mantenergli la forma. Prendete una casseruola ovale in cui il rotolo di vitello vada quasi giusto, e riempitela a metà d'acqua che aromatizzerete con mezza cipolla nella quale avrete conficcato un chiodo di garofano, una carota gialla, un ciuffo di prezzemolo, una costola di sedano. Aggiungete anche del sale e quando l'acqua avrà levato il bollore immergeteci il rotolo di vitello. La carne deve cuocere appena ricoperta d'acqua o, come si dice, «a corto» allo scopo di conservarle la massima sapidità. Coprite la casseruola e lasciate bollire pian piano sull'angolo del fornello per un'ora abbondante, fino a che cioè la carne sia ben cotta e si possa trapassare facilmente con un grosso ago o con la punta di un coltellino. Se durante la cottura il brodo si asciugasse troppo rinfondete un altro pochino d'acqua senza tuttavia esagerare. Quando la carne sarà arrivata di cottura estraetela dalla casseruola e passate il brodo da un colino. Mettete in una casseruolina mezzo ettogrammo di burro e quando sarà liquefatto, aggiungete una buona cucchiaiata di farina. Fate cuocere mescolando e dopo due o tre minuti, sciogliete il burro e la farina con un paio di ramaioli del brodo del vitello. Mescolate e lasciate cuocere dolcemente per una diecina di minuti, rinfondendo altro brodo se la salsa fosse troppo densa. Rompete in una terrinetta un paio di rossi d'uovo, diluiteli con una cucchiaiata d'acqua o di brodo e sbatteteli un poco per scioglierli. Su questi rossi d'uovo versate pian piano la salsa, agitando con un mestolo di legno o meglio con una piccola frusta di ferro. Rimettete la salsa ultimata nella casseruola grande dove cosse il vitello e in essa mettete il rotolo di carne. Tenete la casseruola sull'angolo del fornello in modo che la carne e la salsa possano riscaldarsi bene ma senza bollire. Al momento di mandare in tavola, estraete la carne, affettatela sul tagliere e disponetela in un piatto ovale. Aggiungete nella salsa, rimasta nella casseruola, un paio di cucchiaiate di prezzemolo trito, il sugo di mezzo limone, mescolate e versate sulla carne. Fate servire caldo.
tagliente, portate via tutte le ossa. Fatto questo, con lo spianacarne bagnato d'acqua o con una larga lama di coltello bagnata, spianate un poco la carne
Per sei persone occorrono sei filetti di tacchino. Togliete il nervo al filetto e divideteli in due parti in lunghezza. Con lo spianacarne o con una larga lama di coltello leggermente bagnata d'acqua spianate i dodici pezzi in modo da allargarli ed assottigliarli. Su ogni pezzo mettete una fettina di prosciutto, e, se ne avete, una fettina di tartufo nero. Avvoltolate su sè stessi i vari pezzi in modo da farne tanti involtini, poi infilzateli in uno o più spiedini, inframmezzando ogni involtino di tacchino con una fettina di prosciutto grasso e un crostino di pane. Questi crostini potranno essere cotti al forno o su della brace. In un modo o nell'altro conviene ungerli spesso con del burro liquefatto, e il tempo necessario per la cottura è di circa dieci minuti.
larga lama di coltello leggermente bagnata d'acqua spianate i dodici pezzi in modo da allargarli ed assottigliarli. Su ogni pezzo mettete una fettina
Calcolate un filetto a persona. Dopo aver tolto il nervo ai filetti si battono leggermente con una larga lama di coltello bagnata d'acqua per dar loro bella forma e spianarli un pochino, ma non troppo. S'infarinano, si passano nell'uovo sbattuto, nel pane pesto finissimo e si friggono di bel colore nel burro, avvertendo di non prolungare troppo la cottura. Si saranno preparate intanto delle fettine di prosciutto per quanti sono i filetti, e della stessa forma di questi. Appena i filetti saranno cotti adagiate su ognuno una fetta di prosciutto e sul prosciutto disponete a leggera cupola una mezza cucchiaiata di parmigiano grattato. Allineate tutti i filetti in un piatto resistente al fuoco: di porcellana o di metallo argentato, mettete su ogni monticello di parmigiano qualche piccolissimo pezzetto di burro e infornate il piatto a fuoco fortissimo e per un tempo minimo, quanto è necessario perchè il parmigiano fonda. All'uscita dal forno decorate le due punte del filetto mettendo da una parte un mezzo cucchiaio di salsa di pomodoro densissima e dall'altra un uguale quantità di foglie di prezzemolo tritate. Fate servire sollecitamente. Se non avete il piatto resistente al forno infornate i filetti in una teglia, trasportandoli poi sul piatto di servizio.
Calcolate un filetto a persona. Dopo aver tolto il nervo ai filetti si battono leggermente con una larga lama di coltello bagnata d'acqua per dar
Scegliete una bella pollastrina giovane e grassoccia, nettatela, bruciacchiatene la peluria, risciacquatela e mettetela in una casseruola in cui vada quasi giusta. Ricopritela d'acqua e mettetela sul fuoco. L'acqua non deve essere troppa, allo scopo di conservare alla gallina il massimo sapore. Su per giù ne dovrete impiegare un litro; ed è per questo che bisogna scegliere un recipiente in cui la gallina non stia troppo larga. Man mano che l'acqua si riscalda schiumate accuratamente la casseruola e quando il bollore si sarà dichiarato condite la gallina con del sale, una cipolla in cui avrete conficcato un chiodo di garofano, una carota gialla, un nonnulla di sedano e un ciuffo di prezzemolo. Coprite la casseruola, diminuite il fuoco e fate bollire pian piano fino a cottura della gallina, la quale non dovrà essere sfatta ma cotta a punto giusto. In meno di un'ora la pollastrina sarà pronta e voi la lascerete in caldo vicino al fuoco coperta del suo brodo. Una ventina di minuti prima della colazione mettete in una casseruola una mezza cipolla tritata sottilmente e una cucchiaiata di burro e fate cuocere questa cipolla su fuoco debolissimo, in modo che non abbia a colorirsi, ma si disfaccia quasi nel burro. A questo punto aggiungete il riso mondato; lasciatelo insaporire un momento, mescolandolo perchè non si attacchi, e poi bagnatelo col brodo del pollo. Portate adesso la cottura a fuoco brillante, fino alla fine. Verificate la sapidità, e se credete aggiungete al risotto un nonnulla di noce moscata grattata, per finirlo poi con un altro po' dì burro e abbondante parmigiano. Tagliate in pezzi regolari la pollastrina, che avrete tenuto sempre in caldo in un po' di brodo, accomodate ì pezzi in un piatto e circondateli col riso. Tenete presente che il risotto ha qui solo il compito di accompagnare la pollastrina. Non ne dovrete fare quindi una quantità eccessiva, poichè la quantità andrebbe necessariamente a scapito della bontà del risultato finale. Il brodo della pollastrina che serve per cuocere COME SI CUCE UN POLLO
per giù ne dovrete impiegare un litro; ed è per questo che bisogna scegliere un recipiente in cui la gallina non stia troppo larga. Man mano che l
Per sei persone, tagliate in fette larghe ma sottili, 500 grammi di fegato di buona qualità. Infarinate queste fette, passatele nell'uovo sbattuto, nel pane pesto e friggetele in una teglia larga con un po' di burro. Quando il fegato avrà preso una bella tinta bionda, levatelo dalla teglia, nella quale metterete un altro pezzetto di burro e una cucchiaiata scarsa di zucchero. Fate fondere piano piano lo zucchero senza farlo bruciare, e poi, fuori del fuoco, spremeteci su il sugo di un limone. Mescolate per unire la salsa, rimettete il fegato nella teglia, voltandolo per farlo bene imbeverare della salsa, accomodate in un piatto e mandate subito in tavola.
, nel pane pesto e friggetele in una teglia larga con un po' di burro. Quando il fegato avrà preso una bella tinta bionda, levatelo dalla teglia, nella
Scegliete delle belle animelle di vitello e mettetele in un recipiente con acqua appena tiepida che rinnoverete quando sarà diventata fredda. Scopo di questo bagno, che va prolungato per circa un'ora, è di far perdere alle animelle la parte sanguigna così da farle rimanere bianchissime. Mettete una casseruola sul fuoco con acqua a sufficienza, e quando l'acqua bollirà immergeteci le animelle che farete cuocere per un paio di minuti. Toglietele allora dal fuoco e passatele in acqua fredda. Quando dopo pochi minuti le animelle si saranno freddate estraetele, asciugatele leggermente e togliete loro qualche pellicola. Preparate un'altra casseruola, mettetela al fuoco con un pezzetto di burro, e quando questo sarà sciolto aggiungete una cucchiaiata o due di cipolla tagliata finissima e altrettanto prosciutto in listerelle, grasso e magro. Fate soffriggere un poco, mettete giù le animelle, condite con sale e pepe, coprite il recipiente e lasciate cuocere adagio, voltando di quando in quando le animelle affinchè possano colorirsi da tutte le parti. Mentre cuociono le bagnerete prima con un po' di marsala e poi, a intervalli, con un po' di brodo o acqua. Per la cottura occorreranno circa tre quarti d'ora. Appena cotte estraete le animelle, mettetele sul tagliere, e tagliatele in fette, pur conservando all'animella la sua forma. Con una larga lama di coltello trasportate l'animella affettata dal tagliere al piatto e ricomponetela bene come se fosse intera. Mettete intanto un po' di brodo o d'acqua nella casseruola dove cossero le animelle e con un cucchiaio di legno staccate bene la cottura. Fate restringere la salsetta, aggiungete un altro pezzetto di burro e passandola da un setaccio, fate cadere la salsa sulle animelle. Intorno alle animelle, o in un piatto a parte, inviate in tavola dei pisellini al prosciutto. Ottime sono anche le animelle coi funghi: freschi o secchi.
larga lama di coltello trasportate l'animella affettata dal tagliere al piatto e ricomponetela bene come se fosse intera. Mettete intanto un po' di
La pasta frolla senza uova? Sicuro; e così fine e squisita, che quando ne avrete imparata la facilissima esecuzione, non vorrete più saperne della pasta frolla comune. Eccone le dosi: Due cucchiai colmi di farina — due cucchiai di farina di patate — quattro cucchiaini da caffè colmi di zucchero al velo — un ettogrammo molto scarso di burro — un po' di buccia di limone raschiata. Ossia, per chi desiderasse la ricetta in grammi: farina grammi 60 — fecola grammi 60 — zucchero grammi 35 — burro grammi 80. Impastate prima il burro con lo zucchero e il profumo di limone, servendovi un po' delle mani e un po' di una larga lama di coltello; e poi aggiungete le due farine che avrete precedentemente mescolate insieme. In principio, specie in inverno, vi sembrerà che la pasta tenda e sgretolarsi: ma, pian piano, continuando ad unire con cura i vari ingredienti, otterrete un impasto perfetto. Di questa pasta frolla senza uovo vi servirete per tutti gli usi della pasta frolla comune.
mani e un po' di una larga lama di coltello; e poi aggiungete le due farine che avrete precedentemente mescolate insieme. In principio, specie in inverno
Le dosi: Un panino di burro da un ettogrammo — due cucchiaiate colme di farina — Due cucchiaiate colme di farina gialla finissima — Due cucchiaiate di zucchero in polvere — Un uovo intero — La raschiatura di un limone. — Si lavora prima sul tavolo, lo zucchero, il burro e l'uovo, facendone un impasto. In inverno converrà tenere prima il burro in un luogo un po' tiepido, per ammorbidirlo, senza tuttavia esagerare. Fatto l'impasto aggiungerete la raschiatura del limone, ottenuta con un pezzetto di vetro, e in ultimo le farine mescolate insieme. Non lavorate troppo con le mani, ma cercate d'impastare servendovi piuttosto di una larga lama di coltello. Le pastine di meliga che si vendono dai pasticceri hanno forma di ciambelline rigate e si ottengono facendo uscire la pasta da una speciale siringa con un disco a stella. La siringa è un utensile di latta a forma cilindrica con due grandi manici e una specie di stantuffo di legno che entra perfettamente nel vuoto della siringa stessa. Ognuno di questi utensili viene venduto con un piccolo corredo di dischi anche di latta, in mezzo ai quali è un intaglio a forme differenti: cuori, stelle, rettangolini, tondini, ecc. Il disco si applica facilmente alla bocca della siringa. Si arrotola la pasta in modo da farne un grosso cannello, che s'introduce nella siringa. Si mette a posto lo stantuffo di legno è tenendo la siringa con ambedue le mani e pei due manici, si appoggia l'estremità superiore dello stantuffo sul braccio e propriamente sul muscolo bicipite, spingendo col braccio stesso la pasta, la quale compressa fra lo stantuffo e il disco forato, è costretta ad uscire dal foro del disco prendendone la forma. Si fanno uscire così delle strisce lunghe sul tavolo leggermente infarinato, si ritagliano col coltellino in pezzi di una dozzina di centimetri e si chiudono in forma di ciambelline.
'impastare servendovi piuttosto di una larga lama di coltello. Le pastine di meliga che si vendono dai pasticceri hanno forma di ciambelline rigate e si
Per candire qualunque frutto è indispensabile un pesa-sciroppi, istrumento semplicissimo che assicura la perfetta riuscita. Si tratta di una specie di termometro il quale resta diritto, in equilibrio in uno sciroppo, affondando più o meno in esso a seconda della densità del liquido. Si guarda il punto in cui la superficie dello sciroppo taglia il tubo di vetro numerato del pesa-sciroppi, e il numero che si troverà scritto sulla colonnina di vetro dell'apparecchio segnerà il grado di densità dello sciroppo da esaminarsi. Le nostre lettrici potranno acquistare il pesa-sciroppi sia presso gli ottici, che generalmente vendono anche strumenti di precisione, sia presso qualche negozio di articoli per cucina e pasticceria. Di tutte le frutta le castagne sono le più difficili a candirsi, a motivo della loro friabilità, e nei grandi laboratori ci sono all'uopo apparecchi speciali piuttosto costosi. Ma anche in famiglia, con un po' di diligenza, si può riuscire a fare qualcosa di buono. Prendete un centinaio di belle castagne. Le migliori sono quelle del Viterbese, del Napoletano, del Piemonte, della Toscana e della Provincia di Belluno. Anzi, per dir meglio, se desiderate avere un centinaio di castagne candite, preparatene circa centocinquanta, perchè — non spaventatevi! — parecchie vi si romperanno cuocendo. In un chilogrammo di bei marroni, ne entrano circa una sessantina. Regolatevi, dunque. Sbucciate accuratamente le castagne, e, se l'avete, mettetele in uno di quei cestini di rame in cui si mettono le uova, o si fa scolare l'insalata. Fate bollire dell'acqua in un caldaio e quando bollirà, se avete messo le castagne nel cestino, immergete questo nel caldaio, se no, gettate senz'altro le castagne nell'acqua in ebollizione. L'uso del cestino di metallo è raccomandato per non far muovere troppo le castagne mentre cuociono, ma se ne può anche fare a meno. Comunque sia, mantenete l'ebollizione lenta per impedire alle castagne di ballare una troppo incomposta danza. Quando le castagne, dopo pochi minuti, saranno cotte, ma non troppo, quando cioè potrete trapassarle facilmente con uno spillone, levatele dall'acqua e, accuratamente, con la punta di un coltellino, togliete loro la pellicola. Vedrete che parecchie si saranno rotte o si romperanno man mano che togliete la pellicola; ma voi non preoccupatevene troppo e accogliete l'inevitabile disastro con filosofica rassegnazione. In una teglia bassa e larga preparate uno sciroppo con un litro d'acqua — quattro bicchieri abbondanti — e 900 grammi di zucchero in pezzi. Mettete la teglia sul fuoco e portate lo sciroppo all'ebollizione, schiumandolo se vedrete che farà della schiuma biancastra. Fatto lo sciroppo lasciate che si freddi. Se vorrete verificarlo al pesa-sciroppi vedrete che segnerà circa 25 gradi. Siccome il pesa-sciroppi non potrebbe affondare nella teglia, mettete lo sciroppo in un secchietto o in qualunque altro recipiente alto e stretto. Potrete così verificarne facilmente la densità. Mettete con garbo le castagne nella teglia con lo sciroppo, ponete la teglia sul fuoco, e riscaldate sciroppo e castagne fino all'ebollizione. Al primo bollore togliete la teglia dal fuoco, copritela, e lasciate così le castagne fino al giorno dopo. Il giorno dopo inclinate la teglia e scolate tutto lo sciroppo, travasandolo in una casseruola. Aggiungete allo sciroppo un paio di cucchiaiate ben colme di zucchero e fatelo bollire per qualche minuto. Verificate col pesa-sciroppi la densità del liquido, che deve segnare 30 gradi, e così bollente versatelo nuovamente sulle castagne. Se lo sciroppo non avesse ancora raggiunto il grado necessario aggiungete ancora un po' di zucchero o fatelo bollire ancora. Coprite nuovamente [immagine e didascalia: Pesa sciroppi] la teglia e lasciate le castagne in riposo per un altro giorno. Il terzo giorno scolate di nuovo il liquido e con l'aggiunta di poco altro zucchero e con una leggera ebollizione portatelo a 32 gradi. Versatelo bollente sulle castagne e lasciate questo così fino al giorno successivo. Fatto questo accomodate le castagne in un vaso di vetro e ricopritele col loro sciroppo. Sarà bene, preparando lo sciroppo, di farci bollire insieme una stecca di vainiglia o metterci un pizzico di vainiglina, ciò che comunicherà alle castagne uno squisito profumo; come pure, ad evitare che
rassegnazione. In una teglia bassa e larga preparate uno sciroppo con un litro d'acqua — quattro bicchieri abbondanti — e 900 grammi di zucchero in pezzi
Un dolce squisito e di raffinata eleganza. Prendete 200 gr. di fragole piccole, mondatele accuratamente e passatele dal setaccio. Aggiungete poi alla purè ottenuta, una cucchiaiata di zucchero (non di più). Montate in neve quattro bianchi d'uovo e uniteli con delicatezza alla purè di fragole. Ungete leggermente di burro e spolverate di zucchero una stampa da soufflé, che come sapete è una specie di casseruola con due piccoli manici laterali e può essere in argento, in metallo argentato o anche in porcellana resistente al fuoco. Metteteci il composto in modo che non superi i due terzi della stampa, lisciatelo con una larga lama di coltello e passatelo in forno leggero per una ventina di minuti. Quando il soufflé sarà ben rigonfio mettetelo sollecitamente su un piatto senza naturalmente toglierlo dalla stampa e fatelo inviare subito in tavola poichè come tutti i soufflé, aspettando, si sgonfierebbe rapidamente. A parte si può far servire una salsiera con della panna di latte densa ma non montata, riscaldata a bagno-maria, addolcita con dello zucchero e finita con un nonnulla di vainiglina.
stampa, lisciatelo con una larga lama di coltello e passatelo in forno leggero per una ventina di minuti. Quando il soufflé sarà ben rigonfio mettetelo
Come il precedente, anche questo dolce appartiene a quella categoria di preparazioni le quali servono a mettere in valore delle chiare d'uovo che non saprebbero essere utilizzate altrimenti. Prendete 170 gr. di mandorle dolci, mettetele in una casseruolina, ricopritele d'acqua e riscaldate l'acqua pian piano fin quasi all'ebollizione. Levate la casseruola dal fuoco e togliete la pelle alle mandorle, operazione che vi riuscirà adesso facilissimamente. Man mano che le mandorle saranno sbucciate passatele in una terrinetta con acqua fredda. Quando le mandorle saranno tutte pronte estraetele dall'acqua, asciugatele in un panno e poi disponetele bene allargate su una teglia per farle asciugare in forno leggerissimo, dopo di che le triterete accuratamente con la lunetta o con un grande coltello. Prendete adesso un peso di zucchero uguale a quello delle mandorle, e cioè 170 grammi. Mettete questo zucchero in un polsonetto di rame non stagnato o in mancanza di questo in una casseruola, purchè ben netta e che non conservi tracce di sughi o di grassi, e fate liquefare lo zucchero su fuoco moderato. A questo punto mettete giù le mandorle tritate, e mescolando continuamente con un cucchiaio di legno lasciate che il composto prenda pian piano un bel colore d'oro molto scuro. Versate questo croccante sul marmo di cucina, spianatelo con una larga lama di coltello e quando sarà ben freddo pestatelo poco alla volta nel mortaio per averlo molto fino. Preparate così le mandorle, montate in neve ben ferma sei chiare d'uovo, alle quali, da ultimo unirete con molta attenzione il croccante pestato. Ungete di burro una stampa liscia da budino, versateci il composto e cuocete a bagno-maria fino a che sarà ben rassodato. Sformatelo su un piatto e mangiatelo freddo.
larga lama di coltello e quando sarà ben freddo pestatelo poco alla volta nel mortaio per averlo molto fino. Preparate così le mandorle, montate in
Mettete in una piccola casseruola quattro cucchiaiate abbastanza colme di farina (100 grammi) e un uovo intero. Servendovi di un cucchiaio di legno stemperate tutto ciò con un bicchiere di latte che verserete a poco a poco affinchè non si formino grumi. Quando latte, farina e uova si saranno perfettamente amalgamati, mettete la casseruola sul fuoco e, sempre mescolando, fate cuocere la crema per qualche minuto fino a che si sarà bene addensata, e abbia perduto il sapore di farina. Uniteci allora, fuori del fuoco, una cucchiaiata colma di zucchero in polvere, un rosso d'uovo e la buccia raschiata di un limone. Vi raccomandiamo di non dimenticare questa aggiunta del limone, perchè comunica alla crema un particolare profumo. Versate il composto sul marmo di cucina o in un piatto grande, distendetelo all'altezza di circa mezzo centimetro e lasciatelo freddare. Così il marmo come il piatto dovranno essere leggermente bagnati d'acqua; il composto va steso con un coltello a lama larga. Quando la crema sarà fredda dividetela in tanti quadratini o rombi di circa cinque centimetri di lato che solleverete delicatamente con una lama di coltello, passerete nella farina, nell'uovo sbattuto e poi nel pane grattato. Non vi spaventate se andando a tagliare il composto, esso vi sembrerà un po' molle. Se i pezzi fossero così duri da staccarsi facilmente senza perdere nulla della loro forma geometrica, la crema non avrebbe la sua morbidezza caratteristica. Voi dunque solleverete pian piano i quadratini di crema senza preoccuparvi troppo se perdono la loro forma, e dopo che li avrete passati nell'uovo e nel pane, darete loro una forma corretta accomodandoli con una lama di coltello che appoggerete successivamente sui quattro lati e sulla superficie del quadratino. Pochi minuti prima di mangiare friggete queste piccole creme nello strutto o nell'olio, procurando che la padella sia piuttosto calda. Quando avranno preso un bel colore biondo accomodatele in un piatto con salvietta, spolverizzatele di zucchero e fatele servire. Con questa dose otterrete una quindicina di piccole creme.
dovranno essere leggermente bagnati d'acqua; il composto va steso con un coltello a lama larga. Quando la crema sarà fredda dividetela in tanti
— (Dio, che preoccupazione, e che tentazione anche! Ma, e se scottasse? Provo o non provo? Prendo lo stecchino!) — o dopo il breve monologo che abbiamo sommariamente riassunto, con lo stecchino; e quando anche lo zucchero sarà alla caramella, versatelo pian piano e sempre mescolando, nella grande casseruola a bagno-maria, dove già sono il miele e le chiare. Fate attenzione che il grado di cottura dello zucchero non passi, e lo zucchero non debba colorirsi, altrimenti avreste dello zucchero bruciato. Sarà opportuno che, quando la cottura del miele è bene avanzata, cominciate a prepararvi lo zucchero, in modo da poterlo aggiungere nella casseruola grande, poco dopo messe le chiare. Fedeli alla consegna, non vi stancate mai di mescolare. Le chiare messe nel composto diluiscono necessariamente miele e zucchero. È dunque necessario, dopo fatto il miscuglio, di continuare un altro po' la cottura. Vedrete intanto che la massa bianca si va restringendo e indurendo. Provatene qualche po' nell'acqua, e quando constaterete che il composto è ben duro, senza tuttavia essere arrivato proprio alla caramella, mescolateci dentro le mandorle e le nocciole, calde, il candito in pezzetti — il quale ultimo non è necessario — e la raschiatura di un limone, che profumerà il torrone deliziosamente. Mescolate in fretta, perchè la massa tende a indurirsi, e procurate che le mandorle e le nocciole si amalgamino bene col composto di miele e zucchero. Ed ora il torrone è cotto; e ve ne accorgerete dal profumo che sale dalla vostra casseruola. Occorrerebbe adesso avere una specie di riquadratura di latta per colare il torrone. Ma trattandosi di piccole quantità, senza troppe complicazioni mettete delle ostie sul marmo di cucina, e su queste versate il torrone, cercando di dargli forma rettangolare, e aiutandovi in ciò con le mani o con una larga lama di coltello. Dovrete ottenere un rettangolo di una ventina di centimetri per quindici, e alto un paio di dita. Applicate anche sopra delle ostie, e pressate il torrone con un leggero peso. Lasciate così per un quarto d'ora e poi tagliate il torrone in pezzi lunghi. Ne otterrete da quattro a sei, secondo quanto vorrete farli grossi. Incartate i pezzi in carta paraffinata, per conservarli meglio.
, e aiutandovi in ciò con le mani o con una larga lama di coltello. Dovrete ottenere un rettangolo di una ventina di centimetri per quindici, e alto un
Ecco le proporzioni: Miele grammi 200, zucchero grammi 200, nocciole sgusciate grammi 500, cacao grammi 180, chiare d'uovo n. 2. Mettete il miele in una casseruola piuttosto grande e poi ponete questa in un'altra casseruola ancora più grande contenente acqua bollente. È preferibile cuocere il miele a bagno-maria perchè non si colorisce e non brucia. Il lavoro è più lungo, ma il risultato è di gran lunga superiore. Provvedetevi di un cucchiaio di legno ben netto e mescolate continuamente il miele, la cui cottura avverrà in circa un'ora e mezzo. Pesate le nocciole sgusciate e mettetele in forno tiepido affinchè possano leggermente abbrustolirsi, e mettete il cacao in una casseruolina sciogliendolo con mezzo bicchiere di sciroppo di zucchero fatto con tre cucchiaiate di zucchero e due cucchiaiate d'acqua. Potrete adoperare cacao in polvere o meglio quel genere di cacao usato in pasticceria detto cacao in pasta, che è sotto forma di tavolette e non dolcificato. È la migliore qualità, specialmente adatta per questi lavori. Sciogliete il cacao su fuoco debolissimo e lavoratelo con un cucchiaio in modo d'averlo ben liscio e della densità di una crema spessa. Se vi riuscisse troppo denso aggiungete qualche altra goccia d'acqua. Provate di quando in quando la cottura del miele che dovrà giungere alla caramella. Avrete intanto montato in neve le due chiare e quando il miele sarà cotto le verserete poco alla volta nella massa fusa mescolando sempre. Pochi minuti prima che il miele arrivi di cottura cuocete anche lo zucchero e quando anche questo sarà arrivato alla «caramella» versatelo nella casseruola più grande dove c'è il miele con le chiare. Fatto ciò aggiungete il cacao sciolto e da ultimo le nocciole torrefatte, che dovranno essere tiepide. Mescolate per amalgamare bene ogni cosa, togliete dal fuoco, ed il torrone è fatto. Non resterà che travasarlo: o in una riquadratura di latta o, senza troppe complicazioni, su delle ostie allineate sul marmo di cucina cercando di dargli forma rettangolare, e aiutandovi in ciò con le mani o con una larga lama di coltello. Ricoprite anche il disopra del torrone con le ostie e pressatelo leggermente lasciandolo così per una mezz'ora per dargli il tempo di solidificarsi. Tagliatelo poi in pezzi lunghi che avvolgerete in carta paraffinata.
ostie allineate sul marmo di cucina cercando di dargli forma rettangolare, e aiutandovi in ciò con le mani o con una larga lama di coltello. Ricoprite