Mettete sulla tavola di cucina 65 grammi di burro, un ettogrammo di farina, tre cucchiaiate d'acqua e un pizzico di sale. Riunite questi ingredienti senza troppo lavorare la pasta che lascerete poi riposare per una diecina di minuti e finalmente stenderete col rullo di legno ali altezza di un paio di millimetri. Imburrate dodici stampine da tartelette liscie e dalla pasta ritagliate 12 dischi un pochino più grandi della circonferenza superiore della stampina. Con questi dischi foderate le stampine imburrate e in ogni stampina foderata mettete una cucchiaiata di fagioli crudi. Questi fagioli si mettono affinchè la pasta cuocendo rimanga aderente alla stampina. Infornate le stampine preparate e lasciate cuocere a fuoco moderato per circa un quarto d'ora, cioè fino a che la pasta sia cotta e leggermente bionda. Togliete allora le tartelette dal forno, lasciatele raffreddare un pochino, vuotatele dei fagioli, e poi sformate le tartelette di pasta e lasciatele freddare. Se qualche fagiolo fosse rimasto attaccato alla pasta, portatelo via leggermente con la punta di un coltellino, ma procedendo piano per non bucare la tarteletta. Preparate anche mezzo litro di gelatina sbrigativa, e mettetela a freddare. Adesso preparate un composto di schiuma di prosciutto. Fate una besciamella con una piccola noce di burro, un cucchiaino scarso da caffè di farina e due dita di latte. Fate addensare bene e lasciate freddare. Mettete in un mortaio un ettogrammo e mezzo di prosciutto cotto, 25 grammi di burro e la besciamella fredda. Pestate il tutto e passate dal setaccio aggiungendo alla purè un cucchiaio di gelatina fusa — che avrete lasciato da parte — e un paio di cucchiaiate di panna di latte montata, ma non zuccherata. Lasciate freddare bene questo composto e poi mettetelo in una tasca di tela alla cui estremità avrete posto una bocchetta di latta spizzata, di almeno un centimetro di apertura e a punte piuttosto larghe. Premendo sulla sommità della tasca, ed imprimendole un movimento rotatorio, fate nel mezzo di ogni tarteletta una bella rosa di schiuma di prosciutto. Tagliate in listelline qualche cetriolino in aceto e mettetene tre listelline intorno ad ogni rosa per imitare le foghe. Rimettete le tartelette in un posto fresco e lasciate così fino al momento di andare in tavola. Allora accomodate le tartelette in un piatto d'argento o di metallo argentato, ovale, disponendole in fila due a due e finalmente con la gelatina fate dei crostoni regolari coi quali guarnirete il piatto. È un antipasto molto signorile.
senza troppo lavorare la pasta che lascerete poi riposare per una diecina di minuti e finalmente stenderete col rullo di legno ali altezza di un paio
Preparate un buon brodo ristretto, e al momento del pranzo mandatelo in tavola nella zuppiera, facendo servire a parte, in un piatto, dei quadratini della composizione che vi descriveremo più sotto, e di cui ogni commensale prenderà un certo numero a piacere, che metterà nella scodella col brodo. Ed ecco ora il modo di fare la composizione al parmigiano, sufficiente a sei persone e più. Sbattete in una terrinetta tre rossi d'uovo, conditeli con un po' di noce moscata e una presina di sale, ed aggiungete tre chiare montate in neve, due cucchiaiate colme di farina e tre cucchiaiate di parmigiano. Mescolate leggermente per non sciupare le chiare, e stendete il composto su un grande foglio di carta bianca resistente, precedentemente imburrata. Stendete con garbo — servendovi di una lama di coltello — la composizione sulla carta in modo da darle lo spessore di un paio di centimetri, e cuocete al forno di calore moderato. Otterrete una specie di torta leggera che lascerete raffreddare, e poi staccherete delicatamente dalla carta e ritaglierete in quadratini di circa due centimetri di lato.
cuocete al forno di calore moderato. Otterrete una specie di torta leggera che lascerete raffreddare, e poi staccherete delicatamente dalla carta e
Non avendo la pentola speciale, si ricorre ad un artifizio che spiegheremo in seguito. Torniamo intanto alla nostra ricetta. Avete dunque, già preparato il semolino, ben sciolto. Prendete ora una grossa pentola, piuttosto alta. Vi metterete mezzo bicchiere di olio, mezza cipolla tritata, e lascerete rosolare leggerissimamente. Aggiungete allora uno spicchio di aglio schiacciato, un po' di basilico fresco o secco, un po' di maggiorana e un mazzolino composto con mezza foglia di lauro, un ramoscello di timo e qualche po' di prezzemolo. Avrete intanto preparato della verdura, secondo la stagione, avvertendo che più la verdura sarà variata tanto meglio riuscirà la pietanza.
lascerete rosolare leggerissimamente. Aggiungete allora uno spicchio di aglio schiacciato, un po' di basilico fresco o secco, un po' di maggiorana e un
Tutta questa roba dovrà essere tagliata così: gli erbaggi in listerelle e i legumi in dadi nè troppo grandi nè troppo piccoli. Naturalmente, erbaggi e legumi vanno ben risciacquati e poi messi a scolare in una scolamaccheroni. Appena la cipolla della pentola avrà un po' soffritto e avrete aggiunto l'aglio e gli aromi, mettete giù tutte le verdure, lasciate insaporire e poi bagnate con del brodo o in mancanza con dell'acqua, in modo che il liquido arrivi a una metà abbondante della pentola. Aggiungete un po' di sale e fate levare il bollore. Avendo lo speciale utensile non resta adesso che versare nel doppio fondo superiore il semolino preparato e coprire col coperchio. Non avendo questo utensile abbiamo detto che si ricorre ad un espediente. Vari sono i modi di sostituire il doppio fondo bucherellato. Molti applicano sulla bocca della pentola una piccola scolamaccheroni con entro il semolino, altri consigliano una scodella rovesciata sotto la quale si fa passare una salvietta contenente il semolino, ecc. Ma il sistema secondo noi più sbrigativo è il seguente: Prendete una salvietta e in mezzo ad essa ponete ammonticchiato il semolino già pronto. Coprite il monticello col coperchio della pentola (il quale coperchio deve adattarsi perfettamente all'imboccatura della pentola stessa) prendete due delle cocche opposte della salvietta ed annodatele sopra il coperchio e così fate per le altre due cocche. Compirete insomma la stessa operazione che fareste se doveste fare un fagotto. In questo modo il semolino penderà un poco, per il suo stesso peso, dalla parte di sotto, e voi applicando il coperchio sulla pentola, raggiungerete lo scopo di far sì che esso non stia a contatto del brodo, ma che riceva tutto il vapore che dal brodo si sprigiona. Per assicurare meglio la cottura si può stuccare la pentola con un cordone di pasta fatta con acqua e farina, tenuta di giusta densità. Col calore questa pasta si solidifica ed impedisce al vapore di perdersi. Alcuni invece della pasta di acqua e farina usano intridere una striscia lunga di mussolo in una pastella di acqua e farina un po'colante e girarla più volte intorno all'orlo della pentola in modo da raggiungere presso a poco lo stesso scopo del cordone di pasta. Ma noi crediamo che il primo metodo sia più semplice e più efficace. Le famiglie israelite usano aggiungere ai legumi un centinaio di grammi di salame di bue crudo. È una aggiunta utile ma non necessaria. Appena l'ebollizione si produce diminuite il fuoco e lasciate che la pentola bolla piano ma regolarmente per due ore e mezzo, o tre. Intanto preparate un'altra pentola più piccola, metteteci mezzo chilogrammo abbondante di petto di bue o di altro taglio a vostro piacere, condite il brodo con poco sale e i soliti legumi, e lasciate bollire. A questo bollito potrete aggiungere man mano altre qualità di carne, come petto di vitello, tacchino, pollo ecc. ecc. Dipende dalla sontuosità con la quale vorrete presentare il vostro cuscussù. Naturalmente aggiungerete il vitello, il tacchino o il pollo dopo qualche tempo che la carne di bue bolle, e ciò per ottenere una cottura uguale di tutte le qualità di carni. Quando le carni saranno arrivate di cottura, le passerete in una piccola casseruola o in una pentolina, le coprirete di brodo e le lascerete in caldo. Trascorse due ore e mezzo o tre, scoprite il cuscussù lasciando la pentola sul fuoco. Sciogliete le cocche della salvietta e rovesciate il semolino nella insalatiera. Scioglietelo nuovamente, da principio con un cucchiaio, e, appena il calore vi permetterà di lavorarlo con le mani, riscioglietelo come la prima volta stropicciandolo tre le palme per almeno una diecina di minuti o più, se nonostante le precauzioni prese il semolino si fosse raggrumato in qualche punto. Deve essere anche questa volta completamente sciolto e senza la più piccola traccia di grumi. Intanto siccome il brodo dei legumi si sarà un po' consumato, aggiungeteci una buona parte del brodo di carne fatto posteriormente, facendolo naturalmente passare da un colabrodo. L'importante è che nella pentola dei legumi rimanga una quantità tale di liquido da poter bastare fino alla fine della cottura.
carni. Quando le carni saranno arrivate di cottura, le passerete in una piccola casseruola o in una pentolina, le coprirete di brodo e le lascerete
Prendete una o più cipolle, preferendo quelle napolitane, e non molto grandi. Sbucciatele, spuntatele all'estremità e con un coltello tagliatele orizzontalmente in fette di mezzo centimetro. Queste fette risulteranno composte di tanti anelli concentrici, che voi gitterete in una casseruola contenente acqua in ebollizione. Fate bollire per cinque minuti, poi scolate le cipolle, e passatele in una catinella con acqua fresca, dove le lascerete qualche minuto. Fatto ciò scolate di nuovo le cipolle e raccoglietele in una salvietta per asciugarle delicatamente. Prendete pochi di questi anelli alla volta, infarinateli e friggeteli in abbondante olio o strutto finchè abbiano preso un leggiero colore d'oro pallido. All'uscita dalla padella spolverizzateli leggermente di sale. Questo fritto di cipolla ha il pregio di non tradire affatto la sua origine plebea; è squisito, e può rimpiazzare assai vantaggiosamente i filetti di zucchine, i quali forse perdono al confronto. Gli anelli di cipolla vanno fritti con una certa bravura e debbono risultare sostenuti, ricordando un po' una frittura di calamaretti. Due piccole piramidi di questi anelli dorati messi, ad esempio, alle due estremità di un piatto ovale contenente dell'arrosto, formeranno una guarnizione piena di vaporosità e — ciò che non è punto disprezzabile — gradevolissima al palato.
contenente acqua in ebollizione. Fate bollire per cinque minuti, poi scolate le cipolle, e passatele in una catinella con acqua fresca, dove le lascerete
Potrete calcolare un uovo o due uova a persona. Mettete dunque le uova in una casseruola, ricopritele di acqua fredda, e fatele bollire, contando sette minuti dal momento in cui si produrrà l'ebollizione. Dopo i sette minuti passate le uova in acqua fredda e lasciatele freddare bene. Sgusciatele, spaccatele in due e separate i bianchi dai gialli. Tagliate i bianchi in dadini regolari e passateli in una besciamella che avrete fatto con una grossa noce di burro, un cucchiaio scarso di farina e un bicchiere scarso di latte (questa dose è per sei uova; se le uova saranno dodici raddoppiatela). Disponete questi dadini di bianco d'uovo mescolati con la besciamella in un piatto proporzionato di porcellana resistente al fuoco. Mettete poi i gialli d'uovo cotti sopra un setaccio in fil di ferro, e forzando con un cucchiaio di legno, fateli cadere sul piatto dove già sono i dadini di bianco d'uovo. Il giallo cadrà sotto la forma di piccoli vermicelli che avrete l'accortezza di lasciar cadere da per tutto in modo da coprire i bianchi. Quel che rimane attaccato al setaccio lo staccherete con la punta di un coltellino. Innaffiate il tutto con qualche cucchiaiata di burro fuso e mettete il piatto in forno dove lo lascerete per cinque o sei minuti.
piatto in forno dove lo lascerete per cinque o sei minuti.
Scegliete una bella pollastrina giovane e grassoccia, nettatela, bruciacchiatene la peluria, risciacquatela e mettetela in una casseruola in cui vada quasi giusta. Ricopritela d'acqua e mettetela sul fuoco. L'acqua non deve essere troppa, allo scopo di conservare alla gallina il massimo sapore. Su per giù ne dovrete impiegare un litro; ed è per questo che bisogna scegliere un recipiente in cui la gallina non stia troppo larga. Man mano che l'acqua si riscalda schiumate accuratamente la casseruola e quando il bollore si sarà dichiarato condite la gallina con del sale, una cipolla in cui avrete conficcato un chiodo di garofano, una carota gialla, un nonnulla di sedano e un ciuffo di prezzemolo. Coprite la casseruola, diminuite il fuoco e fate bollire pian piano fino a cottura della gallina, la quale non dovrà essere sfatta ma cotta a punto giusto. In meno di un'ora la pollastrina sarà pronta e voi la lascerete in caldo vicino al fuoco coperta del suo brodo. Una ventina di minuti prima della colazione mettete in una casseruola una mezza cipolla tritata sottilmente e una cucchiaiata di burro e fate cuocere questa cipolla su fuoco debolissimo, in modo che non abbia a colorirsi, ma si disfaccia quasi nel burro. A questo punto aggiungete il riso mondato; lasciatelo insaporire un momento, mescolandolo perchè non si attacchi, e poi bagnatelo col brodo del pollo. Portate adesso la cottura a fuoco brillante, fino alla fine. Verificate la sapidità, e se credete aggiungete al risotto un nonnulla di noce moscata grattata, per finirlo poi con un altro po' dì burro e abbondante parmigiano. Tagliate in pezzi regolari la pollastrina, che avrete tenuto sempre in caldo in un po' di brodo, accomodate ì pezzi in un piatto e circondateli col riso. Tenete presente che il risotto ha qui solo il compito di accompagnare la pollastrina. Non ne dovrete fare quindi una quantità eccessiva, poichè la quantità andrebbe necessariamente a scapito della bontà del risultato finale. Il brodo della pollastrina che serve per cuocere COME SI CUCE UN POLLO
pronta e voi la lascerete in caldo vicino al fuoco coperta del suo brodo. Una ventina di minuti prima della colazione mettete in una casseruola una mezza
Prendete una gallina tenera e bene in carne — o un bel pollo — e dopo averla, ben nettata, mettetela in una casseruola, copritela di brodo, aggiungete qualche aroma, un po' di sale se è necessario, e lasciate cuocere adagio fino a cottura completa, per la quale si richiederà circa un'ora. Estraete la gallina e lasciatela raffreddare. Dividetela allora in pezzi regolari, e cioè le cosce suddivise ancora in due pezzi, le due ali, alle quali lascerete aderenti i filetti del petto, il pezzo centrale del petto, nonchè la cassa, ben pareggiata col coltello e tagliata in due pezzi. Immergete ogni pezzo in una salsa, chaudfroid, fredda ma non rappresa, e disponete man mano i pezzi su una teglia, senza che abbiano a toccarsi. Decorateli, se credete, con qualche fettina di tartufo nero e innaffiateli con della gelatina di carne appena liquefatta che farete cadere sui pezzi di gallina per mezzo di un cucchiaio. Portate la teglia in luogo fresco o mettetela un momento sul ghiaccio, affinchè la salsa e la gelatina possano rapprendersi e quest'ultima possa dare il lucido ai vari pezzi di gallina. Prendete ora una piccola stampa da bordura di una ventina di centimetri di diametro, riempitela di gelatina fusa e mettetela a gelare. Giunta l'ora del pranzo sformate la bordura di gelatina su un piatto rotondo preferibilmente d'argento, e nella bordura disponete con garbo i pezzi di gallina sovrapponendoli in piramide. Finite con una asticciola d'argento e fate servire.
lascerete aderenti i filetti del petto, il pezzo centrale del petto, nonchè la cassa, ben pareggiata col coltello e tagliata in due pezzi. Immergete ogni
Nella galantina, come in tutte le vivande molto lavorate, entra un coefficiente non trascurabile: quello che potrebbe definirsi la questione della fede. Infatti, in gran parte delle galantine che si vendono sotto il titolo pomposo di galantine di pollo, il pollo — povera bestia calunniata — entra soltanto nominalmente. Eseguendo la galantina in casa, non solamente sarete sicuri di quello che mangerete, ma spenderete la metà di quello che dovreste spendere dal salsamentario o al restaurant, col vantaggio di avere un prodotto sceltissimo e di gusto infinitamente superiore. Praticamente la galantina consta di tre elementi principali: il mosaico, ossia quell'insieme di dadi di petto di pollo, tartufi, prosciutto, lingua, ecc., che danno alla galantina il suo caratteristico aspetto; il pesto o, come si dice in linguaggio di cucina, la farcia, che serve a cementare i vari pezzi del mosaico, e finalmente la pelle del pollo, che racchiude tutta la preparazione. Prendete un pollo o una gallina non troppo vecchia, badando che non abbia lacerazioni sulla pelle, fiammeggiatela per liberarla dalla peluria e poi collocatela sul tagliere col petto in giù. Tagliate il collo a due dita dalla attaccatura e spuntate le ali e le zampe. Poi con un coltellino a punta fate una lunga incisione sul mezzo del dorso, dal collo fino alla estremità opposta. Sollevate la pelle e aiutandovi con le dita e col coltellino, staccatela pian piano dalla cassa, prima da un lato e poi dall'altro. Arrivate che sarete alle ali rovesciate la pelle e cercate di farla uscire nè più nè meno si trattasse di un corpetto a maglia, e ugualmente fate per le cosce. Per far ciò facilmente, aiutatevi col coltellino, staccando man mano i piccoli nervi che trattengono la pelle. Continuate il vostro lavoro fino a che avrete tolto per intero la pelle. Prendete allora una terrinetta, arrotolate la pelle e mettetela dentro, bagnandola con un bicchierino di marsala e in questa terrinetta col marsala metterete anche i seguenti ingredienti che comporranno il mosaico interno della galantina: 1° Tutto il petto del pollo, staccato dalla cassa e tagliato in dadi. 2° Un ettogrammo di prosciutto — solo magro — tagliato in una sola fetta spessa e ritagliato in dadi. 3° Un ettogrammo di lingua allo scarlatto, anche tagliata in dadi; 4° Un pizzico di pistacchi, che terrete in bagno in un po' d'acqua tiepida, sbuccerete e lascerete interi. 5° Due o tre tartufi neri di buona qualità. Se adopererete tartufi in scatola basterà tagliarli in pezzi secondo la loro grossezza. Se invece adopererete tartufi freschi, dovrete prima spazzolarli accuratamente con un spazzolino e dell'acqua tiepida per poterli liberare bene dalla terra e poi toglier via anche qualche po' di corteccia dove la terra non si fosse potuta snidare perfettamente. 6° Un ettogrammo di lardo imbianchito. Per imbianchire il lardo farete così. Ne prenderete una fetta spessa del peso di un ettogrammo e la metterete sull'angolo del fornello in acqua bollente per una ventina di minuti. Trascorso questo tempo, l'estrarrete, la passerete in acqua fresca, l'asciugherete e la taglierete in dadi come il prosciutto e la lingua. Il lardo così preparato perde il suo sapore grasso e fa inoltre migliore effetto nel mosaico. Preparata tutta questa roba, conditela con pochissimo sale, un pizzico di pepe e un nonnulla di noce moscata e poi mescolate ogni cosa affinchè tutti gli ingredienti possano essere bagnati dal marsala. Coprite la terrinetta e lasciatela da parte. Ottenuto così il mosaico, passiamo alla confezione della farcia, ossia, come abbiamo già detto, al pesto che deve riunire i vari pezzi del mosaico. Prendete 400 grammi di vitello magro e tritatelo minutamente sul tagliere insieme con 400 grammi di lardo di buona qualità, e sopratutto non rancido. A questo pesto unirete tutta la carne rimasta attaccata al pollo e che staccherete accuratamente, privandola dei nervi e dei tendini, che abbondano specialmente nelle cosce. Pestate il più fino possibile e impastate col coltello in modo che carne e lardo non formino che un tutto unico, perfettamente amalgamato. Per maggiore economia od opportunità, potrete mettere nel trito metà carne di vitello e metà carne magra di maiale. Ma in questo caso, essendo la carne di maiale un poco più grassa, converrà fare quattro parti di carne mista e tre parti di lardo: ossia, nel nostro caso, duecento grammi di vitello, duecento di maiale e trecento di lardo. La farcia ben tritata sul tagliere può essere sufficientemente adatta per la galantina. Chi però volesse eseguire la preparazione a perfetta regola d'arte, dovrebbe dopo il tritamento sul tagliere, prendere un po' di farcia alla volta, pestarla in un mortaio di pietra, e dopo averla tutta pestata, passarla dal setaccio. È un supplemento di lavoro non assolutamente necessario in una cucina di famiglia, ma che permette di ottenere una lavorazione finissima e perfetta. Ultimata anche la farcia, estraete dalla terrinetta la pelle del pollo e tenetela da parte. Mettete allora nella terrinetta la farcia e impastando con le mani fate che i dadi di petto di pollo, lingua, prosciutto, ecc., vadano a distribuirsi nella carne trita. Non vi preoccupate del marsala rimasto nella terrinetta, perchè verrà assorbito nell'impasto. Svolgete sul tavolo la pelle del pollo, allargatela e su essa ponete l'impasto, al quale cercherete di dare una forma leggermente allungata come un polpettone. Tirate su i lembi della pelle, racchiudete l'impasto, e poi con un ago e del filo cucite intorno intorno la pelle sempre cercando di dare alla galantina una forma corretta. Se qualche pezzetto di pelle si fosse lacerata riprendetela con un punto. Per ultimo date coll'ago cinque o sei punzecchiature alla pelle, qua e là. Prendete adesso un tovagliolo e avvolgete in esso la galantina. Attorcigliate le due estremità del tovagliolo, come se doveste incartare una grossa caramella, e nei due punti di torsione fate due legature con lo spago, una di qua e una di là. Finalmente, fate un altro paio di legature nel mezzo della galantina. La parte più difficile del lavoro è fatta.
lascerete interi. 5° Due o tre tartufi neri di buona qualità. Se adopererete tartufi in scatola basterà tagliarli in pezzi secondo la loro grossezza. Se
La nostra onestà ci vieta d'intitolare questo eccellente piatto freddo: Pâté de foie gras, poiché il foie gras dovrebbe essere costituito dal fegato d'oca. Illusioni, gentili lettrici, poichè il novantanove per cento dei pasticci di fegato grasso che si esibiscono nei grandi alberghi, nelle trattorie e in alcuni negozi di specialità gastronomiche, adunano in sè tutto fuori che il fegato di quell'eccellente bestia il cui nome — ingiustizia umana! — è venuto ad essere simbolo di stupidità. La preparazione di questo pâté non offre nessuna difficoltà. Soltanto sarebbe consigliabile di usare una stampa speciale, che tutto sommato non costa poi un patrimonio, serve a molteplici usi e dà al pâté un aspetto assai fine e distinto. Le stampe da pâté, che si vendono in tutti i negozi di articoli per cucina, sono di due qualità, rotonde e ovali e sono costituite da due pezzi a cerniera, e senza fondo. Chi poi vuole eseguire il pâté senza la speciale stampa usi una stampa liscia da charlotte o anche una casseruola di rame. Il pâté riuscirà d'aspetto meno elegante, ma la sua bontà non muterà per questo. Per un pâté sufficiente a sei persone prendete una diecina di fegatini [immagine e didascalia: Stampa a cerniera per “pâté”] di gallina o la metà di fegatini di tacchino. Nettateli bene nella parte ove aderiva il fiele e metteteli in una scodella con sale, pepe e un pochino di marsala. Se volete arricchire il vostro pâté acquistate anche un tartufo nero o una scatolina di tartufi conservati. I tartufi li taglierete in grossi dadi e li unirete ai fegati. Va con sè che adoperando i tartufi in scatola non c'è bisogno di nettarli, essendo già nettati; se invece si tratterà di tartufi freschi dovrete pulirli accuratamente con acqua calda e spazzolino per toglier loro tutta la terra. I tartufi sono il complemento quasi necessario di questo pâté. Mentre lascerete i fegatini sotto marinata preparerete la farcia, ossia il pesto che servirà a riunire i fegatini nell'interno del pasticcio. Prendete 200 grammi di carne magra di maiale, possibilmente il filetto, e 200 grammi di lardo fresco. Tritate la carne sul tagliere o nella macchinetta e tritate il lardo. Poi riunite questi due ingredienti e pestateli insieme nel mortaio amalgamando bene il tutto. Quando carne e lardo saranno perfettamente uniti condite l'impasto con sale e pepe, un torlo d'uovo e mezzo bicchierino di cognac, e se volete che il pâté riesca più fine passate tutto dal setaccio. Preparata così anche la farcia non resta che confezionare la pasta, che dovrà formare la crosta del pâté. Questa crosta si otterrà impastando sulla tavola cinque cucchiaiate colme di farina con una grossa noce di burro, un pizzico di sale e un dito d'acqua tiepida. Deve risultare una pasta liscia e piuttosto dura che foggerete a forma di palla e lascerete riposare per una mezz'ora allo scopo di farle perdere l'elasticità. Non resta adesso che procedere al dressage del pâté.
tartufi sono il complemento quasi necessario di questo pâté. Mentre lascerete i fegatini sotto marinata preparerete la farcia, ossia il pesto che servirà
Conducete la cottura a fuoco moderato e con la casseruola coperta. Quando il pollo sarà cotto estraetelo, staccate tutto il petto che metterete da parte e poi con un coltellino tagliente staccate tutta la polpa della cassa e delle coscie, che pesterete nel mortaio e passerete dal setaccio in modo da ottenere una purè. Mettete adesso in una casseruolina una noce di burro, e quando il burro sarà liquefatto aggiungete una cucchiaiata scarsa di farina. Mescolate e poi bagnate con mezzo ramaiolo di brodo o di latte. Fate addensare un pochino questa salsa e poi uniteci il sugo rimasto dalla cottura del pollo, al quale sugo avrete, con un cucchiaio, portato via tutta la parte grassa rimasta alla superficie. Passate anche questa salsa dal setaccio, rimettetela nella casseruolina e fatela bollire, mescolando, fino a che sarà diventata ben ristretta e vellutata. A questo punto tirate indietro la casseruolina e versate nella salsa un torlo d'uovo sciolto con una cucchiaiata di latte. In questa salsa stemperate la purè di pollo e mettete da parte. Intanto preparerete una salsa maionese fatta con un uovo e preparate anche circa mezzo litro della nostra gelatina sbrigativa. Da ultimo preparate un po' di legumi e ortaggi di stagione come patate, carote gialle, fagiolini, zucchine, punte d'asparagi, ecc. ecc., il tutto lessato e tagliato a dadini come per l'insalata russa e condito con un pochino d'olio, sale, pepe e sugo di limone. Preparati tutti gli elementi necessari passiamo alla confezione del pane di pollo. Prendete una stampa liscia senza buco in mezzo, mettetela sul piatto e poi colateci due o tre cucchiaiate di gelatina, fredda ma non ancora rappresa. Girate la stampa sul ghiaccio in tutti i versi e vedrete che pian piano la gelatina velerà la parete interna della stampa. Quando la gelatina si sarà solidificata, se ci fosse qualche punto non coperto aggiungete dell'altra gelatina, in modo da ottenere una velatura completa e abbondante di tutto l'interno della stampa. Condite i legumi preparati con la salsa maionese nella quale avrete aggiunto due o tre cucchiaiate di gelatina fredda ma non rappresa. E un altro paio di cucchiaiate di gelatina metterete anche nella salsa con la purè di pollo. Disponete adesso un primo strato di legumi in maionese in fondo della stampa velata di gelatina e su questo strato mettete dei pezzi di petto di pollo che avrete ritagliato in fettine regolari. Sui pezzi di pollo stendete un po' di purè di pollo legata con la sua salsa gelatinata e continuate così fino ad aver riempito tutta la stampa, la quale, naturalmente, deve essere di capacità proporzionata al volume del pane da eseguirsi. Se avete dell'altra gelatina avanzata mettetela a freddare a parte. Preparate del ghiaccio pesto e in esso incastrate la stampa contenente il pane di pollo, che lascerete a congelare per qualche ora. Al momento di servire estraete la stampa dal ghiaccio, passateci intorno rapidamente un panno bagnato in acqua bollente e poi, senza troppo aspettare, capovolgete la stampa sul piatto di servizio — meglio se sarà un piatto rotondo in metallo argentato o in argento e contornate il pane di pollo con qualche crostone di gelatina e dei piccoli gruppi alternati di carciofini e funghi all'olio.
mettetela a freddare a parte. Preparate del ghiaccio pesto e in esso incastrate la stampa contenente il pane di pollo, che lascerete a congelare per
La riuscita dipende da varie cause, che possono riassumersi in due punti principali. La scelta della qualità della patata e l'abbondanza della frittura. Senza preoccuparci delle tante cervellotiche ricette date per codeste patate, vi insegneremo la nostra più volte sperimentata, e che conduce a un risultato infallibile. Provvedetevi, il che costituisce la cosa indispensabile, di patate così dette olandesi, le quali debbono essere ben mature, di una bella forma allungata e regolare e di polpa unita. Abbiate una padella con abbondantissimo strutto od olio, pelate le patate e tagliatele in fette lunghe dello spessore di mezzo centimetro, procurando che le fette siano tagliate nel modo più regolare possibile. Quando la frittura sarà appena calda a metà immergeteci le fette di patate una a una, mantenendo lo stesso grado di calore durante la cottura. Quando vedrete che le patate cominciano a risalire alla superficie, ravviverete poco a poco il fuoco, in modo che le patate, venute tutte a galla possano leggerissimamente colorirsi. A questo punto, con la cucchiaia bucata le estrarrete, lasciando la padella sul fuoco. Dopo tre o quattro minuti le metterete nuovamente nella frittura lasciandovele soltanto uno o due minuti, dopo di che le ritirerete nuovamente dalla padella e le lascerete sgocciolare. Forzate adesso il fuoco, in modo che la frittura sia bollentissima, rimettete le patate in padella per la terza volta e vedrete che sotto l'influenza di questo terzo bagno violentissimo le patate gonfieranno spontaneamente. Lasciatele nella frittura fino a che saranno ben gonfie e dure, e finalmente lasciatele sgocciolare e servitele. La parte pratica dell'esecuzione consiste dunque nelle tre diverse temperature della frittura; nella prima fase quasi fredda, nella seconda un po' meno fredda e nella terza bruciante. Volendo ci si può servire assai efficacemente di due padelle, la prima tenuta a temperatura modesta e servibile quindi per le due prime fasi e la seconda per la fase finale della cottura.
lasciandovele soltanto uno o due minuti, dopo di che le ritirerete nuovamente dalla padella e le lascerete sgocciolare. Forzate adesso il fuoco, in modo che
Fra le molte ricette di peperoni ripieni questa è senza dubbio una delle più gustose e ricche. Necessita forse un pochino di lavoro; ma questo viene largamente ricompensato dal risultato, che come abbiamo detto è veramente ottimo. Per sei persone prendete otto peperoni gialli napolitani. Di questi otto peperoni due serviranno per il ripieno e i sei rimanenti serviranno per la pietanza, calcolandosene uno a persona. Procurate di scegliere dei peperoni di forma regolare, piuttosto grandi e, condizione essenziale, freschissimi. Con un coltellino fate un'incisione circolare intorno intorno al torsolo in modo da asportarlo completamente. Passate allora i peperoni su fuoco vivacissimo per carbonizzare subito la pellicola esterna senza che il peperone riceva troppo calore ed abbia ad afflosciarsi troppo. Potrete anche passarli un istante in una frittura bollente; ma il primo sistema è il più semplice. Appena abbrustoliti togliete via la pellicola carbonizzata e tutti i semi dall'interno. Preparati così i peperoni metteteli da parte. Occorre ora pensare al ripieno. Prendete due dei peperoni, tagliateli in listelline e fateli insaporire in una padellina con un pochino di olio e sale. Appena pronti metteteli da parte. Togliete la buccia a una melanzana grossa o a due piccole, ritagliate la melanzana in dadini di circa un centimetro di lato, risciacquateli, infarinateli e friggeteli nell'olio. Quando questi dadini avranno preso un bel color d'oro toglieteli dalla padella e serbateli in disparte. Mettete in una padellina un paio di cucchiaiate d'olio (potrete servirvi di quello adoperato per friggere le melanzane) fateci soffriggere uno spicchio d'aglio che toglierete appena imbiondito, e versate nell'olio sei cucchiaiate di pane grattato. Mescolate con un cucchiaio di legno, fino a che il pane sia bene imbevuto di olio e leggermente abbrustolito. Mettete in disparte anche questo pane fritto. Prendete ora sei pomodori, tuffateli in un momento in acqua bollente per poterli spellare facilmente, tagliateli in spicchi privandoli accuratamente dei semi, mettete questi spicchi in una padellina con olio bollente conditeli con un pizzico di sale e fateli cuocere a fuoco fortissimo per pochi minuti in modo che non abbiano a disfarsi. Avrete comperato anche un paio di polipi piccoli o di calamaretti. Divideteli in piccoli pezzi, infarinateli e friggeteli. Da ultimo preparate una salsa di pomodoro con un po' d'olio aglio e sale. Questa salsa dovrà essere sufficientemente densa, e come quantità circa due ramaioli. Preparati tutti gli ingredienti prendete una terrinetta, metteteci i filetti di peperoni, i filetti di pomodori, le melanzane, il pane fritto e i polipi o calamaretti. Aggiungete una cucchiaiata di capperi e un pugno di olive nere di Gaeta alle quali avrete tolto il nocciolo e avrete divise a metà. Aggiungete anche un ramaiolo di salsa di pomodoro e un bel ciuffo di prezzemolo trito. Mescolate tutti questi ingredienti e poi con un cucchiaio riempite di questo composto i sei peperoni. Prendete adesso una casseruola versateci un paio di cucchiaiate di olio, metà della rimanente salsa di pomodoro che diluirete con qualche cucchiaiata di acqua e nella casseruola disponete i peperoni ritti uno accanto all'altro. Converrà dunque scegliere una casseruola di proporzioni adattate affinchè i peperoni possano starci nè troppo larghi nè troppo pigiati. Innaffiate abbondantemente ogni peperone con dell'olio e finalmente versateci sopra la rimanente salsa di pomodoro, spalmandola un po' dappertutto. Mettete la casseruola in forno di moderatissimo calore dove la lascerete circa un'ora. I peperoni devono cuocere molto adagio. Invece di mettere la casseruola in forno si potrà fare la cottura con della brace sotto e sopra. L'importante è che questa cottura avvenga con molta lentezza.
lascerete circa un'ora. I peperoni devono cuocere molto adagio. Invece di mettere la casseruola in forno si potrà fare la cottura con della brace
Col solito sistema toglierete la pellicola a 75 grammi di mandorle dolci tra le quali potrete metterne un paio amare. Quando le avrete tutte mondate asciugatele in una salvietta e mettetele ad asciugare completamente in forno di moderatissimo calore. Dovranno asciugarsi perfettamente senza tuttavia colorire. Fatto questo preparate 75 grammi di zucchero, meglio se in piccoli pezzi, e pestate nel mortaio un po' di mandorle e un po' di zucchero alla volta. Man mano passate questa farina di mandorle da un setaccio di fil di ferro e ripetete l'operazione fino ad esaurire mandorle e zucchero. Ottenuta questa farina mettetela da parte e incominciate il lavoro della torta. Mettete in una catinella 75 grammi di burro (in inverno converrà rammollirlo) e con un cucchiaio di legno mescolatelo montandolo fino ad avere come una crema. Aggiungete allora poco alla volta 75 grammi di zucchero in polvere, sempre mescolando: quindi aggiungete uno alla volta quattro rossi d'uovo. Continuate sempre a montare col cucchiaio di legno, mettendo di quando in quando una cucchiaiata della farina di mandorle preparata, fino ad esaurirla tutta. Intanto avrete posto vicino al fuoco in un polsonetto o in una casseruolina 75 grammi di cioccolato alla vaniglia. Per questo lavoro sarebbe meglio servirsi di quella speciale qualità di cioccolato usato per i bonbons e che si chiama cioccolato «copertura». Mettete dunque questo cioccolato vicino al fuoco, senza alcuna aggiunta di acqua e girandolo con un cucchiaio di legno, scioglietelo perfettamente, senza però farlo bollire. Quando sarà tiepido aggiungetelo al composto di burro uova e farina di mandorle, mettendone poco alla volta e sempre mescolando col cucchiaio. Finalmente montate in neve ferma le quattro chiare e unitele delicatamente al composto che ultimerete con 40 grammi di farina finissima. Da ultimo levate con un coltellino tagliente la corteccia superficiale di mezzo limone, facendo attenzione che a questa corteccia non rimanga attaccato nessun pezzetto della parte bianca. Prendete questa corteccia di limone e tritatela col coltello in modo da farne dei pezzetti piccolissimi che mescolerete nel composto della torta. Ungete adesso di burro e infarinate una teglia di 20 centimetri di diametro, versateci il composto e passate subito la torta in forno moderato, dove la lascerete per una quarantina di minuti, tempo necessario perchè la torta possa cuocere ed asciugarsi perfettamente nell'interno. Questa torta non deve risultare molto alta ma avere, a cottura completa, dai due ai tre centimetri di spessore. Quando sarà cotta sformatela e lasciatela asciugare e freddare su una griglia da pasticceria. Quando sarà ben fredda spaccatela in due dischi che spalmerete, internamente, di marmellata di albicocche. Indi ricomponetela. Per eseguire a perfetta regola d'arte la Sacker Tort sarebbe necessario di ghiacciarla al cioccolato, cioè rivestirla esternamente di un lucido strato di ghiaccia al cioccolato. Se non vi sentite di affrontare questa nuova operazione fermatevi dopo aver spaccato e farcito la torta di marmellata di albicocche. Ma se, come confidiamo, vorrete eseguire il dolce a perfetta regola d'arte mediante un piccolo lavoro complementare, facile del resto, finitela glassandola con una «ghiaccia cotta al cioccolato».
diametro, versateci il composto e passate subito la torta in forno moderato, dove la lascerete per una quarantina di minuti, tempo necessario perchè la
Mettete sulla tavola di cucina otto cucchiaiate di farina (200 grammi) due uova intiere, una grossa noce di burro, un cucchiaio di zucchero, un pizzico di sale e la raschiatura di un po' di buccia di limone. Impastate il tutto senza troppo lavorare la pasta, che lascerete riposare per mezz'ora in luogo fresco. Stendetela poi col rullo di legno, come una pasta da tagliatelle, avvertendo di tenerla molto sottile e aiutandovi, per stenderla, con un po' di farina. Servendovi del tagliapaste a rotella o in mancanza di questo, di un coltello, dividete la sfoglia in tante striscie larghe un paio di dita e poi ritagliate queste striscie in tanti pezzi della lunghezza di circa dieci centimetri. Friggete questi pezzi nell'olio o nello strutto finchè abbiano preso un bel colore d'oro pallido e siano divenuti leggeri e croccanti. Sgocciolate le frittelline, e quando saranno fredde accomodatele in un vassoio con salvietta spolverizzandole di zucchero. A Roma si chiamano «frappe» e si usa, anzichè ritagliare le striscie in pezzi, conservarle lunghe dando ad esse la forma di ampi nodi.
pizzico di sale e la raschiatura di un po' di buccia di limone. Impastate il tutto senza troppo lavorare la pasta, che lascerete riposare per mezz'ora in
Ricavate da un pane a cassetta delle fettine quadrate di circa quattro dita di lato, o meglio dei dischi di cinque centimetri di diametro. Le fettine o i dischi dovranno avere lo spessore di un centimetro, e ne vanno calcolati due a persona. Allineateli in un solo strato in un piatto grande, poi sbattete un uovo con mezzo bicchiere di latte e un cucchiaino di zucchero e ricopritene le fette di pane che lascerete stare così per un poco affinchè abbiano il tempo di imbeversi perfettamente. Prendete queste fette con garbo, senza romperle, e friggetele nell'olio o nello strutto. Intanto avrete sbucciato e diviso in due sei pesche, e le avrete messe in una casseruolina con un pochino d'acqua e qualche cucchiaiata di zucchero. Fate alzare il bollo alle pesche e poi tenetele sull'angolo del fornello per una ventina di minuti. Fritto tutto il pane, accomodatelo in un piatto e su ogni crostone appoggiate una mezza pesca. Fate restringere lo sciroppo delle pesche su fuoco vivace e quando si sarà sufficientemente addensato versatene un po' su ogni pesca, in modo che anche il pane ne rimanga intriso. Questa preparazione si può fare anche con le albicocche.
sbattete un uovo con mezzo bicchiere di latte e un cucchiaino di zucchero e ricopritene le fette di pane che lascerete stare così per un poco affinchè
È in tutto simile alla precedente bavarese. Soltanto aggiungerete alla crema una cinquantina di grammi di buon cioccolato, che metterete a rammollire vicino al fuoco e poi scioglierete con una cucchiaiata della stessa crema bollente. Volendo fare una bavarese di bell'effetto regolatevi nel modo seguente. Fatta la crema alla vainiglia, la dividerete in due parti eguali: una metà la lascerete com'è, e all'altra metà unirete invece una tavoletta di cioccolata, come si è detto più sopra.
seguente. Fatta la crema alla vainiglia, la dividerete in due parti eguali: una metà la lascerete com'è, e all'altra metà unirete invece una tavoletta di
E bene conservare le ciliege in quei vasi cilindrici di vetro col loro tappo smerigliato, e della capacità di uno o due litri. Stenderete prima le ciliege su una tovaglia e le lascerete, così all'ombra, per una giornata; poi, dopo aver tagliato i gambi a metà con le forbici, le disporrete nei vasi di vetro, dove metterete anche quattro o cinque chiodi di garofani, un pezzo di cannella e un po' di zucchero (una cucchiaiata colma per un vaso da un litro). Coprite le ciliege di alcool di buona qualità, chiudete il vaso col suo tappo smerigliato, e poi con un pezzo di pergamena, che legherete intorno all'orlo del vaso. Portate le ciliege in dispensa, e aspettate per mangiarle che siano trascorsi un paio di mesi. Le ciliege sotto spirito si servono generalmente in bicchierini da rosolio (due o tre ciliege a persona) accompagnandole con un pochino del loro liquido aromatizzato.
ciliege su una tovaglia e le lascerete, così all'ombra, per una giornata; poi, dopo aver tagliato i gambi a metà con le forbici, le disporrete nei vasi
Mettete in una casseruola due chilogrammi di zucchero in pezzi con un litro d'acqua e mezza chiara di uovo sbattuta con un cucchiaino d'acqua, mescolate e portate lentamente all'ebollizione. Vedrete che alla superficie del liquido si formerà una schiuma biancastra, che conterrà tutte le impurità dello zucchero. Fate bollire due o tre minuti, togliete via tutta codesta schiuma e avrete ottenuto uno sciroppo limpidissimo, che lascerete freddare. A parte intanto, in un polsonetto di rame non stagnato o in una casseruolina smaltata, portate fino all'ebollizione un bicchiere scarso d'acqua, 10 grammi di cocciniglia pestata e due grammi di acido tartarico. Finalmente, in un altro tegamino fate alzare il bollore a mezzo bicchiere di acqua nel quale avrete sciolto grammi 4.50 di acido citrico e grammi 3.50 di acido tartarico. Travasate in una grande insalatiera di porcellana lo sciroppo, aggiungeteci il liquido rosso, la soluzione di acido citrico e acido tartarico, mescolate il tutto e aggiungete infine un cucchiaino da caffè di essenza di vainiglia. Prendete poi un imbuto di vetro, guarnitene la parete interna con carta da filtro e filtrate pian piano il vostro sciroppo che metterete poi in bottiglie, procurando che queste siano asciuttissime, poichè in caso contrario lo sciroppo potrebbe ammuffirsi.
dello zucchero. Fate bollire due o tre minuti, togliete via tutta codesta schiuma e avrete ottenuto uno sciroppo limpidissimo, che lascerete freddare. A
Lo sciroppo di orzata è squisito, ma ad una sola condizione: quella di prepararselo da sè. Alterandosi facilmente, quello del commercio viene accomodato o sostituito addirittura con altre sostanze che, se ne assicurano la conservazione, ne mutano anche il genuino sapore. Mettete in una casseruola 250 grammi di mandorle dolci secche, aggiungendone anche sei o sette amare. Ricoprite le mandorle d'acqua bollente, coprite la casseruola e lasciate così per qualche minuto. Poi quando la buccia delle mandorle si sarà ammorbidita, sbucciatele e mettetele in acqua fresca dove le lascerete per una mezz'ora. Mettetene poi poche alla volta in un mortaio, e pestatele il più finemente possibile, avvertendo di bagnarle di quando in quando con un po' d'acqua — un mezzo cucchiaino alla volta — per impedire che facciano olio. Man mano che saranno pestate, mettetele in una piccola insalatiera e allorchè saranno tutte pronte versate nella insalatiera un bicchiere scarso di acqua, sciogliendo le mandorle con le mani. Mettete questa specie di pasta di mandorle grossolana in una forte salvietta o in uno strofinaccio ben pulito, posto sopra un'altra insalatiera o una terrina; e, facendovi aiutare da un'altra persona, torcete fortemente la salvietta o lo strofinaccio. Vedrete che ben presto il latte di mandorle colerà abbondantemente. Strizzate forte e quando non uscirà più latte rimettete le mandorle nella prima insalatiera, riscioglietele con un altro mezzo bicchiere di acqua e tornate a strizzarle nella salvietta. Sarete così sicure di avere esaurite completamente le mandorle. Mettete adesso sul fuoco, in una casseruola ben pulita, mezzo chilogrammo di zucchero e un bicchiere di acqua e fate bollire. Prendete uno stecchino e una scodella e portate ogni cosa vicino alla casseruola. Dopo qualche minuto di ebollizione provate la cottura dello zucchero immergendo lo stecchino nello sciroppo e poi subito nell'acqua della scodella e quando vedrete che lo zucchero si rapprenderà sullo stecchino in modo che rotolandolo fra le dita possa farsene una specie di pallina non troppo dura, nè troppo molle, levate la casseruola dal fuoco e versateci dentro il latte di mandorle. Mescolate bene, travasate in un recipiente di terraglia e lasciate freddare. Quando lo sciroppo sarà freddo, versateci mezzo cucchiaino di acqua di fiori d'arancio e poi imbottigliatelo. Come abbiamo detto, questo sciroppo non si conserva a lungo ed è bene adoperarlo subito. Però se vorrete conservarlo per qualche giorno aggiungeteci cinque grammi di gomma arabica sciolta in un dito di acqua, ciò che ne previene la dissoluzione, principale inconveniente di questa bevanda igienica e dissetante.
così per qualche minuto. Poi quando la buccia delle mandorle si sarà ammorbidita, sbucciatele e mettetele in acqua fresca dove le lascerete per una mezz
Per un chilogrammo di salsiccie, tritate o passate grossolanamente a macchina 850 grammi di carne di maiale e 150 grammi di lardo non salato. Naturalmente facendo le salsiccie per uso proprio è bene adoperare carne di prima scelta, senza troppi nervi nè tendini. Condite l'impasto con una trentina di grammi di sale, abbondante pepe nero in polvere e un mezzo cucchiaino di salnitro in polvere. Maneggiate accuratamente la pasta, affinchè tutti i vari ingredienti si amalgamino perfettamente. Fornitevi di qualche metro di budellino in salamoia, che potrete acquistare presso i negozianti che lavorano carni di maiale, risciacquatelo accuratamente in acqua fresca e poi immergetelo in acqua tiepida per fargli acquistare una maggiore morbidezza. Coloro che lavorano carni suine hanno una speciale macchinetta per insaccare. Ma in famiglia si può raggiungere ugualmente lo scopo usando un imbuto a largo collo. Introducete dunque il collo dell'imbuto nel budello, e facendo una operazione simile a quella di calzare un guanto, aggrinzite man mano il budello, raccogliendolo tutto sul collo stesso dell'imbuto. Legate l'estremità del budello e poi tenendo verticalmente l'imbuto per il collo, in modo che il budello non debba scivolar via, mettete nel cavo dell'imbuto un po' di carne alla volta spingendola con un bastoncino per farla passare nell'intestino del maiale. È un'operazione facilissima. Man mano che la carne scende l'accompagnerete con una breve pressione della mano in modo che non rimangano vuoti, e nello stesso tempo lascerete scivolare a poco a poco dalla mano che tiene l'imbuto, un altro po' di budello. Se pi fosse qualche pezzetto rotto vi affretterete a fare una legatura per potere andare innanzi. Quando avrete insaccato tutta la carne, fate ad intervalli regolari di quattro dita delle legature sul lungo salcicciotto, e avrete così ottenuto una ventina di salsiccie, che lascerete asciugare per qualche giorno in un luogo tiepido.
rimangano vuoti, e nello stesso tempo lascerete scivolare a poco a poco dalla mano che tiene l'imbuto, un altro po' di budello. Se pi fosse qualche
Lo zampone ed il coteghino non differiscono sensibilmente riguardo all'impasto; la sola differenza notevole è che lo zampone viene insaccato nella cotenna che riveste la zampa anteriore del maiale, mentre il coteghino si insacca nel budello. Desiderando confezionare uno zampone, conviene prima di tutto provvedersi la zampa di maiale. Bisogna che questa venga staccata il più in alto possibile, per avere una maggiore capacità, e che non sia stata forata dagli uncini. Rovesciate la pelle, e con un coltello tagliente staccate pian piano la cotenna dai nervi e dalle ossa. Andate adagio e disossate con pazienza senza fare lacerazioni, continuando sempre a rovesciare la pelle, sino a che arriverete alle ultime falangi, che lascerete attaccate. Avrete così una specie di calza che stropiccierete con un pugno di sale, tanto all'interno che all'esterno, spolverizzerete di pepe, e metterete in una terrinetta con un peso sopra, lasciandola così per una diecina di giorni. Trascorso questo tempo si toglie la zampa dalla terrinetta, si risciacqua con un bicchiere di vino bianco, e si lascia in bagno nel vino mentre si prepara l'impasto. Ogni chilogrammo di esso è formato con: carne magra di maiale (collo o spalla) gr. 700, cotenna fresca tritata gr. 300, sale gr. 35, spezie gr. 5, salnitro gr. 3. L'impasto dello zampone non deve essere molto grasso. Quindi è sufficiente quel po' di grasso che è attaccato alle cotenne. Se però queste fossero molto magre occorrerà aggiungere una cinquantina di grammi di lardo non salato. Bisogna prima fare a pezzetti le cotenne e tritarle nella macchina, e poi tritarle nuovamente insieme con la carne e il grasso. Dopo aver tritato tutto si aggiungono il sale, le spezie e il salnitro, e si impasta ogni cosa con le mani affinchè la pasta rimanga uniformemente condita. Si asciuga la zampa, e vi si versa la pasta, spingendo bene perchè non restino vuoti. Poi con un grosso ago e dello spago, si fa alla sommità una specie di infilzetta, si stringe, e lo zampone è fatto. Con un chilogrammo d'impasto si ottiene uno zampone di media grandezza. La confezione del coteghino è più sbrigativa. Vi procurerete da un pizzicagnolo o da un norcino dei budelli di maiale grandi, già salati, li metterete in bagno nel vino bianco, e poi li riempirete col seguente impasto, che è un po' più grasso di quello degli zamponi. Per ogni chilogrammo d'impasto prendete: Carne magra, collo o spalla grammi 500, cotenne fresche gr. 300, lardo o pancetta, non salati, grammi 200, sale gr. 35, spezie gr. 5, salnitro gr. 3. Si procede in tutto come per lo zampone. L'insaccatura potrete farla o con le mani o con un grosso imbuto, regolandovi come vi fu detto per le salsiccie. Date ai coteghini una lunghezza di circa 20 centimetri, e chiudeteli alle due estremità con dello spago, facendo con esso, nella parte superiore del coteghino, un occhiello per appenderli. Vi abbiamo dato le quantità del sale, delle spezie e del salnitro in grammi. Chi non ha a sua disposizione una bilancia usi le seguenti misure che, su per giù, corrispondono, cioè: Sale fino gr. 35 = due cucchiai da tavola. Spezie gr. 5 = due cucchiaini da caffè. Salnitro gr. 3 = mezzo cucchiaino scarso da caffè. Naturalmente, se aumenterete le dosi dell'impasto, aumenterete anche in proporzione il sale e le spezie. Fatti gli zamponi o i coteghini bisognerebbe passarli alla stufa speciale; in famiglia si supplisce a ciò appendendoli in un luogo caldo, in modo che la temperatura si mantenga dai 25 ai 35 gradi. È bene che da prima la temperatura sia leggera per salire man mano gradatamente. Sono sufficienti una trentina di ore di stufa. Si comprende che nelle grandi fabbriche la stufa ha importanza grandissima dovendo garantire la lunga conservazione del prodotto, che viene spedito o esportato. Ma poichè in famiglia lo zampone o il coteghino si mangeranno appena stagionati, senza aspettare troppo, si può essere certi, seguendo i nostri consigli, di avere un risultato soddisfacente anche senza impianti costosi, valendosi della cappa del camino, o di una stufetta a gas o a legna, con la quale si eleverà la temperatura dell'ambiente di quel tanto necessario. Dopo ciò si appendono in un luogo asciutto, nè troppo caldo, nè troppo freddo e si lasciano stagionare per una ventina di giorni e.più. Fate attenzione che i coteghini o gli zamponi non si tocchino fra loro. Per la perfetta riuscita degli zamponi e dei coteghini occorrono delle speciali spezie, la cui composizione è — da alcuni fabbricanti — tenuta celata come si trattasse di un gran segreto. Ecco dunque il famoso segreto. Prendete una cucchiaiata di pepe in granelli, tre o quattro chiodi di garofani, un pezzo di cannella in stecchi lungo circa quattro centimetri, l'ottava parte di una noce moscata, uno o due pezzi di macis, che, come sapete, è l'involucro della noce moscata, due foglie di alloro e una pizzicata di timo. Pestate ogni cosa nel mortaio e passate da un setaccino raccogliendo la polvere in un foglio di carta. Se rimarranno droghe nel setaccio pestatele di nuovo sino a che passino tutte. Mescolate la polvere aromatica ottenuta e conservatela in un vasetto ben chiuso.
con pazienza senza fare lacerazioni, continuando sempre a rovesciare la pelle, sino a che arriverete alle ultime falangi, che lascerete attaccate
Tartelette al formaggio. — Per la loro confezione si richiedono delle stampine da tartelette. Per dodici tartelette bisogna anzitutto fare una pasta che otterrete impastando sulla tavola 65 grammi di burro, un ettogrammo di farina, tre cucchiaiate d'acqua e un pizzico di sale. Riunite tutti questi ingredienti senza lavorare troppo la pasta, che lascerete poi riposare per una diecina di minuti, e finalmente stenderete col rullo di legno all'altezza di una moneta da due soldi. Da questa pasta ritagliate dodici dischi un po' più grandi della circonferenza superiore della stampina e con essi foderate l'interno delle tartelette, che avrete prima spalmato di burro. Avrete intanto fatto bollire un bicchiere di latte e l'avrete fatto freddare completamente. Ponete in una terrinetta un uovo intero e un rosso, mezzo cucchiaio di parmigiano grattato, un pizzico di sale, e sbattendo con una forchetta, aggiungete poco per volta il latte in modo da avere una crema liquida. Mettete in ogni stampina foderata qualche dadino di fontina del Piemonte (mezzo ettogrammo è sufficiente per dodici tartelette) e con un cucchiaio riempitele con la crema preparata. Disponetele sopra una placca da forno o su una teglia di ferro e fatele cuocere a forno ben caldo per un quarto d'ora, finchè la crema si sia rappresa e le tartelette abbiano acquistato un bel color d'oro. Con attenzione, aiutandovi con la punta di un coltellino, togliete questi pasticcini dalle stampe, disponeteli su un piatto con salvietta e mangiateli caldi.
ingredienti senza lavorare troppo la pasta, che lascerete poi riposare per una diecina di minuti, e finalmente stenderete col rullo di legno all