Spianate la pasta col matterello soltanto quanto è necessario per rinchiudervi dentro il pane di burro. Questo si pone nel mezzo e gli si tirano sopra i lembi della pasta unendoli insieme colle dita e procurando che aderisca al burro in tutte le parti onde non resti aria framezzo. Cominciate ora a spianarla prima colle mani, poi col matterello assottigliandola la prima volta più che potete, avvertendo che il burro non isbuzzi. Se questo avviene gettate subito, dove il burro apparisce, un po' di farina, e di farina spolverizzate pure spesso la spianatoia e il matterello a ciò che la pasta scorra e si distenda sotto al medesimo. Eseguita la prima spianatura, ripiegate la pasta in tre, come sarebbero tre sfoglie soprammesse e di nuovo spianatela a una discreta grossezza. Questa operazione ripetetela per sei volte in tutto, lasciando di tratto in tratto riposare la pasta per dieci minuti. All'ultima, che sarebbe la settima, ripiegatela in due e riducetela alla grossezza che occorre, cioè, qualcosa meno di un centimetro.
spianatela a una discreta grossezza. Questa operazione ripetetela per sei volte in tutto, lasciando di tratto in tratto riposare la pasta per dieci minuti
Fate una pasta sfoglia, N. 154, proporzionata alla quantità delle costolette e colla medesima avvolgetele una per una, lasciando fuori l'osso della costola, ma prima spalmatele da una parte e dall'altra abbondantemente col detto composto. Quando le avrete chiuse doratele col rosso d'uovo, collocatele ritte intorno all'orlo di una teglia, cuocetele nel forno da campagna e servitele calde. Saranno generalmente aggradite e tenute in conto di piatto fine. La pasta sfoglia potrete tagliarla con un modellino di carta, che così l'involucro vi verrà più preciso; per più pulizia ed eleganza, prima di mandarle in tavola, fasciate l'estremità di ogni costola con carta bianca smerlata.
Fate una pasta sfoglia, N. 154, proporzionata alla quantità delle costolette e colla medesima avvolgetele una per una, lasciando fuori l'osso della
Raspatene leggermente la corteccia colla grattugia e fate in mezzo ad ognuna un tassello rotondo della dimensione di una moneta da 10 centesimi. Vuotatele del midollo lasciando le pareti all'intorno alquanto grossette. Bagnatele dentro e fuori con latte bollente e quando saranno discretamente inzuppate chiudetele col loro tassello, inzuppato anch'esso, immergetele nell'uovo per dorarle e friggetele nel lardo o nell'olio, ma buttatele in padella dalla parte del coperchio perchè vi resti aderente. Distaccate dopo, colla punta di un temperino, il tassello, riempitele di un battuto di carne delicato e ben caldo, richiudetele e mandatele in tavola. Se le fate accuratamente possono benissimo figurare in qualunque pranzo.
. Vuotatele del midollo lasciando le pareti all'intorno alquanto grossette. Bagnatele dentro e fuori con latte bollente e quando saranno discretamente
Ora che avete preparato le bracioline, ponetele a fuoco vivo in una sautè oppure in una cazzaruola scoperta con le dette tre cucchiaiate d'olio, e conditele ancora leggermente con sale e pepe. Quando saranno rosolate da tutte le parti, scolate l'unto, lasciando però il bruciaticcio in fondo al vaso, e tiratele a cottura col brodo versato a pochino per volta, perchè devono rimanere in ultimo quasi asciutte.
conditele ancora leggermente con sale e pepe. Quando saranno rosolate da tutte le parti, scolate l'unto, lasciando però il bruciaticcio in fondo al vaso
Per grammi 700 di pesce, trinciate fine mezza cipolla e mettetela a soffriggere con olio, prezzemolo e due spicchi d'aglio intero. Appena che la cipolla avrà preso colore, aggiungete grammi 300 di pomodori a pezzi, o conserva, e condite con sale e pepe. Cotti che siano i pomodori, versate sui medesimi un dito d'aceto se è forte, e due se è debole, diluito in un buon bicchier d'acqua. Lasciate bollire ancora per qualche minuto, poi gettate via l'aglio e passate il resto spremendo bene. Rimettete al fuoco il succo passato, insieme col pesce che avrete in pronto, come sarebbero, parlando dei più comuni, sogliole, triglie, pesce cappone, palombo, ghiozzi, canocchie, che in Toscana chiamansi cicale, ed altre varietà della stagione, lasciando interi i pesci piccoli e tagliando a pezzi i grossi. Assaggiate se sta bene il condimento; ma in ogni caso non sarà male aggiungere un po' d'olio tenendosi piuttosto scarsi nel soffritto. Giunto il pesce a cottura e fatto il cacciucco, si usa portarlo in tavola in due vassoi separati: in uno il pesce asciutto, nell'altro tante fette di pane, grosse un dito, quante ne può intingere il succo che resta, ma prima asciugatele al fuoco senza arrostirle.
comuni, sogliole, triglie, pesce cappone, palombo, ghiozzi, canocchie, che in Toscana chiamansi cicale, ed altre varietà della stagione, lasciando
«Per un chilogrammo di anguille prendete tre cipolle, un sedano, una bella carota, prezzemolo e la buccia di mezzo limone. Tagliate tutto, meno il limone, a pezzi grossi e fate bollire con acqua, sale e pepe. Tagliate le anguille a rocchi, lasciando però i rocchi uniti tra loro da un lembo di carne. Prendete un pentolo adatto e fategli in fondo uno strato di anguilla cui soprapporrete uno strato delle verdure dette di sopra e quasi cotte (gettando via il limone), poi un altro strato d'anguilla, un altro di verdura, ecc., fin che ce ne cape. Coprite tutto coll'acqua dove le verdure bollirono; mettete il pentolo ben turato a bollire adagio, scuotendolo, girandolo, ma non frugando mai col mestolo perchè spappolereste ogni cosa. Noi usiamo circondare il pentolo di cenere e brace fin più che a mezzo, davanti a un fuoco chiaro di legna, sempre scuotendo e girando. Quando i rocchi, che erano uniti per un lembo, si staccano l'un dall'altro, sono presso che cotti. Aggiungete allora un buon cucchiaio di aceto forte, conserva di pomodoro e assaggiate il brodo per correggerlo di sale e di pepe (siate generosi); fate dare altri pochi bollori e mandate magari il pentolo in tavola, perchè è vivanda di confidenza. Servite in piatti caldi, su fette di pane.»
limone, a pezzi grossi e fate bollire con acqua, sale e pepe. Tagliate le anguille a rocchi, lasciando però i rocchi uniti tra loro da un lembo di carne
Ma badiamo di non far loro oltrepassare il primo indizio della putrefazione perchè altrimenti potrebbe accadervi, come accadde a me quando, avendomi un signore invitato a pranzo in una trattoria molto rinomata, ordinò, fra le altre cose per farmi onore, una beccaccia coi crostini; ebbene questa tramandava dal bel mezzo della tavola un tale fetore che, sentendomi rivoltar lo stomaco, non fui capace neppure di appressarmela alla bocca, lasciando lui mortificato ed io col dolore di non aver potuto aggradire la cortesia dell'amico.
tramandava dal bel mezzo della tavola un tale fetore che, sentendomi rivoltar lo stomaco, non fui capace neppure di appressarmela alla bocca, lasciando
La cucina è estrosa, dicono i fiorentini, e sta bene perchè tutte le pietanze si possono condizionare in vari modi secondo l'estro di chi le manipola; ma modificandole a piacere non si deve però mai perder di vista il semplice, il delicato e il sapore gradevole, quindi tutta la questione sta nel buon gusto di chi le prepara. Io nell'eseguire questo piatto costoso ho cercato di attenermi ai precetti suddetti, lasciando la cura ad altri d'indicare un modo migliore. Ammesso che un cappone col solo busto, cioè vuoto, senza il collo e le zampe, ucciso il giorno innanzi, sia del peso di grammi 800 circa, lo riempirei nella maniera seguente:
buon gusto di chi le prepara. Io nell'eseguire questo piatto costoso ho cercato di attenermi ai precetti suddetti, lasciando la cura ad altri d'indicare
Spegnete la farina con latte caldo, burro, quanto una noce, un uovo e un pizzico di sale per farne una pasta piuttosto soda che lascierete riposare un poco prima di servirvene. Tirate con questa pasta una sfoglia sottile come quella dei taglierini e, lasciando gli orli scoperti, distendetevi sopra le mele che avrete prima sbucciate, nettate dai torsoli e tagliate a fette sottili. Sul suolo delle mele spargete l'uva, la raschiatura di limone, la cannella, lo zucchero e infine i 100 grammi di burro liquefatto, lasciandone un po' indietro per l'uso che sentirete. Ciò fatto, avvolgete la sfoglia sopra sè stessa per formarne un rotolo ripieno che adatterete in una teglia di rame, già unta col burro, assecondando per necessità la forma rotonda della medesima; col burro avanzato ungete tutta la parte esterna del dolce e mandatelo al forno. Avvertite che l'uva di Corinto, o sultanina, è diversa dall'uva passolina. Questa è piccola e nera; l'altra è il doppio più grossa, di colore castagno chiaro e senza vinacciuoli anch'essa. Il limone raschiatelo con un vetro.
un poco prima di servirvene. Tirate con questa pasta una sfoglia sottile come quella dei taglierini e, lasciando gli orli scoperti, distendetevi sopra
Dopo aver fatto alla teglia questa armatura, coprite la pasta del fondo colla metà delle fette di pan di Spagna intinte leggermente in rosolio di cedro. Sopra le medesime distendete la crema e coprite questa con le rimanenti fette di pan di Spagna egualmente asperse di rosolio. Ora montate colla frusta due delle tre chiare rimaste dalla crema e quando saranno ben sode unitevi a poco per volta grammi 130 di zucchero a velo e mescolate adagio per aver così la marenga colla quale coprirete la superficie del dolce, lasciando scoperto l'orlo della pasta frolla per dorarlo col rosso d'uovo. Cuocetela al forno o al forno da campagna e quando la marenga si sarà assodata copritela con un foglio onde non prenda colore.
aver così la marenga colla quale coprirete la superficie del dolce, lasciando scoperto l'orlo della pasta frolla per dorarlo col rosso d'uovo
Mi fo lecito di tradurre così i due francesismi comunemente usati di glassa, glassare, lasciando ad altri la cura d'indicare termini italiani più speciali e più propri. Parlo di quell'intonaco bianco o nero oppure di altro colore che si suol fare sopra alcuni dei dolci in addietro descritti, come la bocca di dama, il salame inglese, le torte tedesche e simili, per renderli più appariscenti.
Mi fo lecito di tradurre così i due francesismi comunemente usati di glassa, glassare, lasciando ad altri la cura d'indicare termini italiani più