La salsa di pomodoro che, specie nella cucina dell'Italia meridionale rappresenta un elemento diremo quasi fondamentale, è stata un poco detronizzata dal diffondersi in commercio di ottime salse in scatola, quasi pronte per l'uso. Ad ogni modo non crediamo inopportuno ricordare il semplicissimo procedimento per ottenere la vera salsa di pomodoro. Daremo due ricette. La prima è l'autentico procedimento napoletano. Si lavano i pomodori, si spezzano e si mettono in un tegame con dei legumi grossolanamente tagliuzzati come cipolla, sedano, carota gialla, basilico, ecc. Si fa bollire il tutto su fuoco moderato, e a lungo e si passa la salsa dal setaccio. Si condisce con un po' di sale e, se è necessario, si lascia finire di addensare. Generalmente a Napoli la salsa si completa con un pochino di strutto.
procedimento per ottenere la vera salsa di pomodoro. Daremo due ricette. La prima è l'autentico procedimento napoletano. Si lavano i pomodori, si
Per candire qualunque frutto è indispensabile un pesa-sciroppi, istrumento semplicissimo che assicura la perfetta riuscita. Si tratta di una specie di termometro il quale resta diritto, in equilibrio in uno sciroppo, affondando più o meno in esso a seconda della densità del liquido. Si guarda il punto in cui la superficie dello sciroppo taglia il tubo di vetro numerato del pesa-sciroppi, e il numero che si troverà scritto sulla colonnina di vetro dell'apparecchio segnerà il grado di densità dello sciroppo da esaminarsi. Le nostre lettrici potranno acquistare il pesa-sciroppi sia presso gli ottici, che generalmente vendono anche strumenti di precisione, sia presso qualche negozio di articoli per cucina e pasticceria. Di tutte le frutta le castagne sono le più difficili a candirsi, a motivo della loro friabilità, e nei grandi laboratori ci sono all'uopo apparecchi speciali piuttosto costosi. Ma anche in famiglia, con un po' di diligenza, si può riuscire a fare qualcosa di buono. Prendete un centinaio di belle castagne. Le migliori sono quelle del Viterbese, del Napoletano, del Piemonte, della Toscana e della Provincia di Belluno. Anzi, per dir meglio, se desiderate avere un centinaio di castagne candite, preparatene circa centocinquanta, perchè — non spaventatevi! — parecchie vi si romperanno cuocendo. In un chilogrammo di bei marroni, ne entrano circa una sessantina. Regolatevi, dunque. Sbucciate accuratamente le castagne, e, se l'avete, mettetele in uno di quei cestini di rame in cui si mettono le uova, o si fa scolare l'insalata. Fate bollire dell'acqua in un caldaio e quando bollirà, se avete messo le castagne nel cestino, immergete questo nel caldaio, se no, gettate senz'altro le castagne nell'acqua in ebollizione. L'uso del cestino di metallo è raccomandato per non far muovere troppo le castagne mentre cuociono, ma se ne può anche fare a meno. Comunque sia, mantenete l'ebollizione lenta per impedire alle castagne di ballare una troppo incomposta danza. Quando le castagne, dopo pochi minuti, saranno cotte, ma non troppo, quando cioè potrete trapassarle facilmente con uno spillone, levatele dall'acqua e, accuratamente, con la punta di un coltellino, togliete loro la pellicola. Vedrete che parecchie si saranno rotte o si romperanno man mano che togliete la pellicola; ma voi non preoccupatevene troppo e accogliete l'inevitabile disastro con filosofica rassegnazione. In una teglia bassa e larga preparate uno sciroppo con un litro d'acqua — quattro bicchieri abbondanti — e 900 grammi di zucchero in pezzi. Mettete la teglia sul fuoco e portate lo sciroppo all'ebollizione, schiumandolo se vedrete che farà della schiuma biancastra. Fatto lo sciroppo lasciate che si freddi. Se vorrete verificarlo al pesa-sciroppi vedrete che segnerà circa 25 gradi. Siccome il pesa-sciroppi non potrebbe affondare nella teglia, mettete lo sciroppo in un secchietto o in qualunque altro recipiente alto e stretto. Potrete così verificarne facilmente la densità. Mettete con garbo le castagne nella teglia con lo sciroppo, ponete la teglia sul fuoco, e riscaldate sciroppo e castagne fino all'ebollizione. Al primo bollore togliete la teglia dal fuoco, copritela, e lasciate così le castagne fino al giorno dopo. Il giorno dopo inclinate la teglia e scolate tutto lo sciroppo, travasandolo in una casseruola. Aggiungete allo sciroppo un paio di cucchiaiate ben colme di zucchero e fatelo bollire per qualche minuto. Verificate col pesa-sciroppi la densità del liquido, che deve segnare 30 gradi, e così bollente versatelo nuovamente sulle castagne. Se lo sciroppo non avesse ancora raggiunto il grado necessario aggiungete ancora un po' di zucchero o fatelo bollire ancora. Coprite nuovamente [immagine e didascalia: Pesa sciroppi] la teglia e lasciate le castagne in riposo per un altro giorno. Il terzo giorno scolate di nuovo il liquido e con l'aggiunta di poco altro zucchero e con una leggera ebollizione portatelo a 32 gradi. Versatelo bollente sulle castagne e lasciate questo così fino al giorno successivo. Fatto questo accomodate le castagne in un vaso di vetro e ricopritele col loro sciroppo. Sarà bene, preparando lo sciroppo, di farci bollire insieme una stecca di vainiglia o metterci un pizzico di vainiglina, ciò che comunicherà alle castagne uno squisito profumo; come pure, ad evitare che
quelle del Viterbese, del Napoletano, del Piemonte, della Toscana e della Provincia di Belluno. Anzi, per dir meglio, se desiderate avere un
Dove si cucina molto con lo strutto — ad esempio nel Lazio e nel Napoletano — questa provvista casalinga è quasi un dovere. La chimica applicata alle sostanze alimentari ha fatto enormi progressi, e se sapeste che razza di pasticci si manipolano in alcune fabbriche al di là... e al di qua dei mari, non vi lascereste vincere dall'indolenza, la quale, specie nei riguardi dell'alimentazione, è quanto mai biasimevole. Conviene acquistare della sugna di prima qualità, tagliarla in piccoli pezzi e metterla a struggere a fuoco moderato in un caldaio di rame stagnato, o, trattandosi di piccole quantità in una grande padella. Alcuni aggiungono alla sugna una piccola quantità d'acqua che avrebbe per effetto di rendere lo strutto più bianco, ma è cosa controversa, e di cui noi abbiamo sempre fatto a meno. Preparate dei vasi cilindrici di terraglia che immergerete in una catinella piena d'acqua fresca. Quando vedrete che i siccioli hanno preso un bel color biondo, toglieteli, con una cucchiaia bucata, aspettate che lo strutto perda un po' del suo calore, e poi, con un ramaiuolo, versatelo adagio adagio nei vasi preparati. Si mette l'acqua nella catinella per sottrarre un po' di calore ai vasi, e per poter ricuperare il grasso se per un disgraziato accidente il vaso si rompesse. Lasciate che lo strutto si solidifichi tenendolo per una notte all'aria fredda, poi chiudete i vasi con della carta pergamena e riponeteli in dispensa. Dei siccioli avanzati potrete servirvi per fare delle pizze rustiche, adoperandoli come elemento ausiliario nel condimento di minestroni, zuppe d'erbe, ecc.
Dove si cucina molto con lo strutto — ad esempio nel Lazio e nel Napoletano — questa provvista casalinga è quasi un dovere. La chimica applicata alle