Il brodo è una delle preparazioni fondamentali della cucina. È il brodo che forma la base indispensabile di ogni specie di minestra, il brodo che con nuove addizioni di carne fornirà il «consommè», o servirà per salse, o verrà usato in un'altra quantità di casi. Occorre dunque avere il brodo nelle migliori condizioni, ciò che si ottiene con una oculata scelta degli elementi che lo compongono e più ancora con una cura continua e attenta. Buoni tagli di carne da brodo sono la copertina, il fianchetto, la spalla, la falsa costa, il petto ecc. Anche meglio sono la punta della culatta, e il «piccione» o nasello che hanno il pregio di offrire anche un bollito gustoso. In quanto alle ossa non bisogna prestar fede alla leggenda accreditata dai macellai, che cioè siano necessarie per ottenere un buon brodo. Checchè se ne dica, le ossa non servono che ad ingombrare la pentola. È tollerabile un osso col midollo. Per ogni chilogrammo di carne occorrono due litri di acqua fredda. Si pone la carne in una pentola, con l'acqua fredda, e si mette su fuoco moderato. L'acqua riscaldandosi a grado a grado, agisce sulle fibre della carne e dissolve le materie albuminose che esse contengono, e che salgono alla superficie sotto forma di schiuma, che deve essere subito tolta. È buona regola, mentre l'acqua si avvia all'ebollizione di versare, di quando in quando, qualche cucchiaiata di acqua fredda nella pentola, ciò che aiuta a liberare la carne da tutte le sue impurità. Più la schiumatura sarà stata fatta con cura, maggiore sarà la limpidità del brodo. Dopo schiumata la pentola, si sala, e vi si aggiungono cipolla, sedano, radica gialla, pomodoro ecc., che hanno lo scopo di comunicare al brodo il tono aromatico. E finalmente si tira sull'angolo del fornello e si lascia bollire dolcissimamente per qualche ora. È necessario che dal momento in cui si verifica l'ebollizione, il fuoco abbia sempre la stessa moderata intensità: un fornello a gas con la «veilleuse» serve ottimamente allo scopo. Quando la carne sarà giunta a perfetta cottura, si mette in una pentola più piccola, si copre con un po' di brodo e si tiene in caldo. Il brodo della pentola grande si sgrassa accuratamente, si passa attraverso una salvietta o un colobrodo, e si adopera.
osso col midollo. Per ogni chilogrammo di carne occorrono due litri di acqua fredda. Si pone la carne in una pentola, con l'acqua fredda, e si mette su
La pastella — «la pàté à frire» della cucina francese — è generalmente conosciuta da tutti, ma non tutti sanno darle quel carattere di leggerezza che deve essere la caratteristica di una pastella ben fatta. A seconda della quantità di pastella che dovete fare, mettete in una scodella o in una terrinetta qualche cucchiaiata di farina e stemperatela, per mezzo di una piccola frusta o di una forchetta, con acqua fredda sufficiente, così da ottenere un composto liscio e non molto denso. Stemperando la farina con l'acqua fate attenzione di mescolare il puro necessario, senza indugiarvi troppo a lavorare la pastella, la quale riuscirebbe in tal caso elastica e non servirebbe che imperfettamente allo scopo di velare ciò che vi s'immerge prima di friggere. Aggiungete ancora un pizzico di sale, una cucchiaiata o due di olio, e, al momento di friggere, una chiara montata in neve. Mescolate delicatamente per non sciupare la chiara e servitevene. Dosi esattissime non se ne possono dare perchè alcune qualità di farina assorbono più acqua e altre meno. Generalmente per quattro cucchiaiate colme di farina occorrono circa un bicchiere d'acqua, due cucchiaiate di olio e un paio di chiare montate. È bene preparare la pastella qualche tempo prima, coprirla e lasciarla riposare, per poi ultimarla con le chiare.
meno. Generalmente per quattro cucchiaiate colme di farina occorrono circa un bicchiere d'acqua, due cucchiaiate di olio e un paio di chiare montate
I fegati di pollame pesano 100 gr., dovrete usare 150 gr. soli di fegato di vitello per arrivare al peso stabilito di gr. 250, quanti ne occorrono per la confezione della farcia, come è stato detto più sopra. Rimettete nella padella anche i dadi di lardo, e condite il tutto con 15 gr. di sale, una forte pizzicata di pepe e una punta di coltello di spezie. Aggiungete anche o dei funghi secchi tritati (già rinvenuti in acqua fredda) o meglio qualche pezzetto di fungo fresco, una mezza cipolla finemente tritata, un pezzettino di foglia di lauro e un pizzico di timo, mescolate, aggiungete un dito di marsala, coprite la padella e lasciate sobollire sull'angolo del fornello per cinque minuti. Rovesciate il tutto su una scolamaccheroni o su un passino, raccogliendo in una scodella il grasso che colerà e subito dopo, un po' alla volta, pestate carne, grasso e fegato, operando il più sollecitamente possibile, poichè l'operazione riesce assai più speditamente quando i vari elementi sono caldi. Quando il tutto sarà ridotto in una pasta fine, aggiungete 50 gr. di burro, due rossi d'uovo e poi, a cucchiaiate, il grasso tenuto in disparte. Perchè l'operazione riesca bene, è necessario di mescolare sempre con un cucchiaio di legno allo scopo di unire bene i vari ingredienti.
I fegati di pollame pesano 100 gr., dovrete usare 150 gr. soli di fegato di vitello per arrivare al peso stabilito di gr. 250, quanti ne occorrono
Il culto dei fagioli, vivissimo in Toscana, ha un'eco nel minestrone. La prima operazione da farsi è quella di lessare i fagioli bianchi. Per quattro persone ne occorrono circa 250 grammi. Quando saranno cotti prendetene una metà e passateli dal setaccio: l'altra metà lasciatela così. Mettete in un tegame un poco d'olio, un pezzetto d'aglio e una cipolla, una costola di sedano e del rosmarino fresco il tutto minutamente tritato. Quando questi legumi saranno imbionditi aggiungete una cucchiaiata di conserva di pomodoro, un cavolo piccolo sbollentato a parte e grossolanamente tagliato in liste, e uno o due porri, sedano, zucchine, altre erbe, i fagioli intieri, la purè di fagioli già preparata, una cucchiaiata di prezzemolo, sale, pepe e un chiodo di garofano. Bagnate con sufficiente acqua e lasciate cuocere adagio. Disponete in una zuppiera qualche fettina di pane abbrustolito, versate il minestrone, lasciate stufare per una diecina di minuti e mandate in tavola.
persone ne occorrono circa 250 grammi. Quando saranno cotti prendetene una metà e passateli dal setaccio: l'altra metà lasciatela così. Mettete in un
Per sei persone occorrono due chilogrammi di fave fresche e quattro bei cespi di lattuga. Fate in una casseruola un soffritto con un pochino di strutto o di olio, una puntina d'aglio schiacciata, una mezza cipolla sottilmente tagliata, e una cucchiaiata di prezzomolo trito. Mondate la lattuga, tagliatela in pezzi e lavatela bene in molta acqua; sbucciate le fave e raccoglietele in una piccola insalatiera con acqua fresca. Quando il soffritto sarà pronto mettete nella casseruola la lattuga, fatela insaporire un poco e poi bagnatela con quella quantità d'acqua che giudicherete sufficiente per sei minestre. Dopo pochi minuti di cottura aggiungete le fave, condite con sale, coprite la casseruola e fate finir di cuocere dolcemente. Se durante la cottura il bagno si asciugasse troppo aggiungete altra acqua. Preparate in ogni scodella delle fettine di pane abbrustolito o dei dadini di pane fritti, scodellate la minestra e, se credete, finitela con un poco di formaggio.
Per sei persone occorrono due chilogrammi di fave fresche e quattro bei cespi di lattuga. Fate in una casseruola un soffritto con un pochino di
Per seicento grammi di pasta, sufficienti a sei persone, occorrono tre alici salate e un ettogrammo di tonno sott'olio. Mettete in una padella mezzo bicchiere d'olio, con uno spicchio d'aglio, che toglierete non appena l'olio si sarà scaldato. L'olio deve appena prendere il sapore dell'aglio e non impregnarsene, ciò che avviene quando si fa soffriggere l'aglio fino a che diventa scuro. Tolto l'aglio, mettete nella padella le alici, lavate, spinate e fatte a pezzetti, e appena queste avranno leggermente soffritto, aggiungete un barattolino di salsa di pomodoro, o un chilogrammo e mezzo di pomodori spellati, privati dei semi e fatti in pezzi. Quando la salsa sarà sufficientemente addensata aggiungete nella padella il tonno che avrete tagliuzzato sul tagliere. Condite con un po' di sale, abbondante pepe e una pizzicata d'origano; e fate dare ancora qualche bollo. Avrete intanto messo a cuocere in abbondante acqua salata gli spaghetti. Quando saranno cotti, scolateli, conditeli coll'intingolo preparato e mandateli prontamente in tavola.
Per seicento grammi di pasta, sufficienti a sei persone, occorrono tre alici salate e un ettogrammo di tonno sott'olio. Mettete in una padella mezzo
Con un pezzo di maiale, si fa un buon sugo di umido ben tirato. Si cuociono in abbondante acqua salata quelle larghe fettucce di pasta, dette «lasagne», e intanto, in una terrinetta, si lavora con un mestolo di legno una certa quantità di ricotta — ne occorrono circa 300 grammi per ogni chilogrammo di pasta — stemperandola con qualche cucchiaiata d'acqua bollente, in modo da averla come una crema densa. Quando le lasagne saranno cotte, si condiscono col sugo d'umido, la ricotta e parmigiano grattato. Prima di mandarle in tavola si lasciano stufare, coperte, vicino al fuoco, per una diecina di minuti.
«lasagne», e intanto, in una terrinetta, si lavora con un mestolo di legno una certa quantità di ricotta — ne occorrono circa 300 grammi per ogni chilogrammo
Queste tagliatelle, vanto della succolenta cucina bolognese, sono poco conosciute fuori della cerchia delle due torri. A differenza di tutte le abituali paste all'uovo che si confezionano in famiglia, codeste tagliatelle sono colorate in verde mediante una piccola aggiunta di spinaci passati al setaccio i quali, oltre all'assicurare alla pasta il caratteristico colore, le comunicano anche un sapore tutto particolare. Di spinaci non ne occorrono molti. Dopo aver lessato come al solito un mazzo di spinaci ne prenderete, per la pasta, una quantità come una piccola mela, li spremerete energicamente per liberarli il più possibile dall'acqua e li passerete a setaccio. Molti si accontentano di tritare gli spinaci lessi sul tagliere, ma in questo caso la pasta non risulta abbastanza fine. Mettete sulla tavola di cucina da trecento a quattrocento grammi di farina, fate la fontana, rompete nel mezzo tre uova, aggiungete gli spinaci passati, un pizzico di sale e impastate il tutto come per la solita pasta all'uovo. È difficile precisare dosi esatte per la farina perchè alcune qualità assorbono più ed altre meno. Regolatevi per il meglio, cercando di ottenere una pasta piuttosto dura e ben lavorata. Stendetela in una o due sfoglie non troppo sottili e mettete ad asciugare le sfoglie su una tovaglia leggermente infarinata. Siccome gli spinaci comunicano un po' di umidità alla pasta, ci vorrà un pochino più di tempo prima che questa asciughi in modo che si possa tagliare senza che si attacchi. Quando dunque vedrete che la pasta è bene asciutta, spolverizzatela di farina, arrotolatela su se stessa e ritagliatela in tante fettuccine di un mezzo centimetro abbondante. Aprite le tagliatelle, e raccoglietele in un vassoio con salvietta perchè finiscano di asciugare. Fatte le tagliatelle bisogna preparare il sugo alla bolognese, il quale, anche, è un po' diverso dal solito sugo di umido. Per la quantità di pasta da noi data e che può bastare a quattro o cinque persone, prendete 150 grammi di carne magra di manzo e tritatela sul tagliere, o meglio passatela alla macchinetta con 50 grammi di pancetta salata (ventresca). Mettete sul fuoco una casseruola con 50 grammi di burro, una cipolla, una carota gialla e una costola di sedano, il tutto minutamente tritato, aggiungete la carne col grasso di maiale, un chiodo di garofano, e fate rosolare finchè carne e legumi abbiano preso un colore piuttosto scuro. Bagnate allora con un po' di brodo o acqua, condite con un po' di sale, aggiungete un cucchiaino da caffè — non più — di conserva di pomodoro, mescolate, coprite la casseruola e fate cuocere pian piano su fuoco moderato. C'è una tradizione bolognese più raffinata che consiglia di bagnare l'intingolo con latte invece che con brodo o acqua. È questione di gusti... e di spesa. Certo è che l'aggiunta di latte comunica alla salsa una maggiore finezza. Quando l'intingolo avrà sobollito per una mezz'ora si potranno aggiungere qualche fegatino di pollo, qualche dadino di prosciutto, qualche fungo secco fatto rinvenire in acqua fredda e qualche fettina di tartufo bianco. Ma tutte queste aggiunte sono facoltative e se ne potrà fare benissimo a meno, ottenendo ugualmente un ottimo risultato. Ultimata anche la salsa, lessate le tagliatelle, scolatele e conditele con l'intingolo, aggiungendo ancora qualche pezzetto di burro e del parmigiano grattato. Potrete mangiarle subito, o meglio lasciarle stufare un pochino nella terrina, coperte e vicine al fuoco affinchè possano insaporirsi meglio. Potendo disporre di qualche cucchiaiata di crema di latte, si può unire alla salsa al momento di condire le tagliatelle. In questo caso non è necessaria l'aggiunta del burro. Ci sono infine altri che dopo aver fatto arrosolare legumi e carne, prima di bagnarli col brodo, l'acqua o il latte, aggiungono nella casseruola una cucchiaiata di farina che serve a legare di più l'intingolo. Queste, le tagliatelle verdi. Crediamo inutile soffermarci sulle comuni tagliatelle alla bolognese, poinon differiscono dalle precedenti che per essere fatte con pasta all' uovo senza spinaci, fermo restando tutto il resto.
setaccio i quali, oltre all'assicurare alla pasta il caratteristico colore, le comunicano anche un sapore tutto particolare. Di spinaci non ne occorrono
Molti credono che questo tradizionale piatto napolitano sia esclusiva specialità dei «pizzaioli» e che si debba mangiarlo soltanto da loro. È un errore. La pizza alla napolitana si può fare benissimo in casa dove riesce buona come nella più accreditata pizzeria. La vera pizza alla napolitana va cotta nel forno da pane, in mezzo ad una fiamma vivace di sarmenti; ma non è detto che non si possa ottenerla anche nei nostri fornetti domestici. Per una pizza sufficiente a sei persone occorrono circa 400 grammi di pasta da pane. Chi vuol comprarla bella e pronta dal fornaio può farlo, ma noi consigliamo di confezionare la pasta in casa: ciò è molto meglio. Prendete 350 grammi di farina, disponetela a corona sulla tavola, metteteci dentro 10 grammi di lievito di birra, aggiungete un pizzico di sale, stemperate il lievito con un pochino d'acqua tiepida e impastate con altra acqua tiepida; in tutto un bicchiere. Lavorate energicamente la pasta affinchè risulti ben liscia, elastica e relativamente morbida. Poi fatene una palla e mettetela in una terrinetta, nel cui fondo avrete spolverato un po' di farina. Coprite la terrinetta e mettetela in luogo tiepido perchè la pasta possa lievitare.
una pizza sufficiente a sei persone occorrono circa 400 grammi di pasta da pane. Chi vuol comprarla bella e pronta dal fornaio può farlo, ma noi
Prendete ora una teglia del diametro di circa venti centimetri, imburratela e poi mettete sul fondo di essa la parte maggiore della pasta, spianandola con le dita e formando una specie di scodella un po' sollevata nei bordi. Sulla pasta disponete la metà delle fettine di mozzarella e su queste stendete i filetti di pomodoro cotti. Condite con sale e pepe e con una cucchiaiata o due di foglie di basilico fresco, tagliuzzate. Finalmente sui filetti di pomodoro allineate le listelline di prosciutto, e terminate con un secondo strato di fettine di mozzarella. Ultimate il ripieno seminando su tutto un buon pugno di parmigiano grattato. Rompete un uovo in un piatto, sbattetelo come per frittata e con un pennello dorate l'orlo della pasta, che avrete avuto cura di lasciar libero. Prendete l'altro pezzo di pasta rimasta, il pezzo più piccolo, stendetelo alla svelta col rullo di legno aiutandovi con un po' di farina, formatene un disco e con questo disco ricoprite la pizza. Pigiate piano piano intorno affinchè i due dischi combacino bene, e poi mettete nuovamente la pizza a lievitare in un luogo tiepido, e al riparo da correnti d'aria. Appena la pizza sarà nuovamente lievitata — per il che occorrerà circa un'ora — doratela superficialmente coll'uovo sbattuto che vi è avanzato, procedendo con molta leggerezza per non sgonfiare la pasta e infornate in forno di buon calore, ma non eccessivo. Generalmente per una buona cottura occorrono una ventina di minuti, o al massimo mezz'ora.
infornate in forno di buon calore, ma non eccessivo. Generalmente per una buona cottura occorrono una ventina di minuti, o al massimo mezz'ora.
Per una ventina di supplì occorrono circa 400 grammi di riso. Si cuoce il riso in un po' di sugo d'umido o, in mancanza di questo, in un sugo così detto finto. Badate che il riso non passi di cottura, levate la casseruola dal fuoco, mettete un pezzetto di burro, un po' di parmigiano grattato e un paio di uova intere, sbattute come per frittata. Mescolate con una forchetta, poi versate il riso in un piatto grande e lasciatelo freddare. Preparate intanto il ripieno, il quale può essere di molta o poca spesa, secondo l'opportunità. Può essere composto di regaglie di pollo, funghi secchi, pezzettini di prosciutto, dadini di provatura, e carne in umido tritata. Le regaglie si cuociono a parte con un po' di strutto, qualche odore, e alcune cucchiaiate di sugo; i funghi secchi si fanno rinvenire in acqua fresca, si lavano bene, si tritano e si cuociono con le regaglie, aggiungendo in ultimo la carne pesta, se, avendo fatto il sugo d'umido, vorrete destinare ai supplì una fetta o due della carne; altrimenti basteranno le regaglie e i funghi, ai quali è facoltativo aggiungere qualche pezzettino di prosciutto. Prendete una buona cucchiaiata di riso e mettetela sul palmo della mano sinistra; mettete nel centro del riso un po' del ripieno, aggiungendo uno o due dadini di provatura, che terrene tagliata e pronta lì vicino. Fate in modo di chiudere il ripieno nel riso, dando ad esso la forma di una grossa crocchetta, aiutandovi, per modellarla, con un po' di pane grattato, nel quale rotolerete poi la supplì affinchè il pane la ricopra perfettamente in ogni sua parte. Con lo stesso sistema fate tutte le altre e poi friggetele subito nell'olio o nello strutto, fino a che siano divenute bionde e croccanti. Mangiatele calde. L'impiego dei dadini di provatura è di prammatica, ed è anche simpatico, perchè aprendo la supplì si forma un lungo filo di provatura. È per questo che i romani le chiamano «supplì al telefono».
Per una ventina di supplì occorrono circa 400 grammi di riso. Si cuoce il riso in un po' di sugo d'umido o, in mancanza di questo, in un sugo così
Sono queste le frittelle, specialità dei «friggitori» romani. Per fare una trentina di grosse frittelle vi occorreranno: una pagnottina di lievito del peso di 100 grammi, e 150 grammi di farina. Per il lievito potrete seguire due sistemi: o comprare una pagnottina di pasta (pasta di pane) bell'e pronta dal fornaio, o confezionare il lievito in casa, da voi stesse, adoperando lievito di birra, ciò che sarebbe preferibile. I «friggitori» romani usano lievito di pane, ma non è detto che non si possa usare lievito di birra, ciò che anzi comunica una maggiore leggerezza alle frittelle. Dunque, per concludere: se comprerete il lievito dal fornaio, avrete mezzo lavoro fatto: se invece vorrete farlo da voi vi regolerete così. Mettete sulla tavola due cucchiaiate e mezzo di farina, fateci un buco nel mezzo e metteteci 10 grammi di lievito di birra sciolto con due dita di acqua appena tiepida. Impastate il tutto in modo di avere una pasta di giusta consistenza, fatene una palla e mettetela in una terrinetta, che coprirete e porrete in un luogo tiepido. Affinchè questa pasta possa lievitare occorrerà circa un'ora e mezzo. Sia fatta da voi, sia comperata, prendete la pagnottina di pasta e mettetela in una terrinetta piuttosto grande, con 150 grammi di farina (cinque cucchiaiate ben colme) e un pizzico di sale. Avrete preparato un bicchiere scarso di acqua tiepida e con questa, a poco a poco, scioglierete lievito e farina sbattendo energicamente la pasta. Lavorate così con la mano per una ventina di minuti, sempre sbattendo con forza, fino a che la pasta sia diventata vellutata, elastica e si stacchi facilmente, in un sol pezzo, dalle pareti della terrinetta. Il segreto della riuscita è tutto qui. Coprite e lasciate in riposo. Se avrete adoperato il lievito di pane, occorreranno più di sei ore per una perfetta lievitatura delle frittelle, se avrete adoperato il lievito di birra saranno sufficienti quattro ore. Trascorso il tempo stabilito, mettete sul fuoco una padella con abbondante olio. Poi con le dita leggermente bagnate di acqua prendete lungo le pareti della terrinetta dei pezzi di pasta come grosse noci. Per foggiare le frittelle non basta una mano sola, ne occorrono due. Appoggiate nel mezzo delle pallottole di pasta i due pollici e spingendo sotto con i due indici e i due medi, allargate la pasta in modo da avere una ciambella. Allargate con garbo questa ciambella di pasta morbida fino a farle raggiungere il diametro di un piattino da caffè e lasciatela cadere nella padella molto calda; cuocendo, le frittelle si restringono un poco, gonfiano e divengono d'un bel color d'oro. Quando saranno ben colorite e croccanti, toglietele dalla padella, spolverizzate di zucchero e mangiatele calde. Come vedete, non c'è niente di difficile. Provate e non vi sgomentate se le prime frittelle che friggerete vi daranno un po' da fare e non prenderanno subito una bella forma. Lo dice anche il proverbio: non tutte le ciambelle riescono col buco. E i proverbi — si dice — sono la saggezza dei popoli: almeno per quel che riguarda le frittelle...
dei pezzi di pasta come grosse noci. Per foggiare le frittelle non basta una mano sola, ne occorrono due. Appoggiate nel mezzo delle pallottole di
Bisogna anzitutto preparare una pasta lievitata, che farete così. Mettete sulla tavola di cucina mezzo chilogrammo di farina — ricordatevi che è buona precauzione passare la farina dal setaccio — disponetela a fontana e nel vuoto mettete 20 grammi di lievito di birra sciolti in due dita d'acqua appena tiepida, un pizzico di sale, un pizzico di pepe, e impastate il tutto servendovi di altra acqua tiepida (un bicchiere e più). Regolatevi che la pasta deve risultare molto morbida. Lavoratela energicamente, come se si trattasse di fare il pane; poi quando sarà bene elastica, fatene una palla e mettetela in una terrinetta spolverizzata di farina, copritela, portatela sul camino o in un luogo caldo, ma non troppo, e lasciate che lieviti per un paio d'ore. Quando la pasta sarà ben rigonfia, rovesciatela sulla tavola infarinata, prendetene uno alla volta dei pezzetti grossi come un uovo, allargateli, tirando con le mani, e foggiatene delle pizzette sottili che getterete subito in una padella con olio o strutto caldissimi. Queste pizzette non devono stare in padella che pochi secondi e appena colorite da una parte dovranno essere voltate dall'altra. Solo così si ottengono leggiere. Mentre la pasta lievita, con olio, aglio e pomodori spellati e privati dei semi, sale e pepe, preparate un denso sugo di pomodoro. Occorrono dei pomodori piuttosto grossi e carnosi tagliati in pezzi grandi, e bisogna che la cottura sia fatta vivacemente affinchè i pomodori stessi non abbiano a disfarsi troppo. Quando il pomodoro sarà cotto, aromatizzatelo con un pizzico di origano e mettetelo da parte. Mentre le pizzette friggono riscaldate — se ce n'è bisogno — il pomodoro. Levate poi le pizzette dalla padella, accomodatele in un piatto largo mettendo sopra ognuna una abbondante cucchiaiata di pomodoro, e mandate in tavola immediatamente. Con mezzo chilogrammo di farina vengono circa venticinque pizzette. Per questa dose occorrono da un chilo e mezzo a due chilogrammi di pomodori.
la pasta lievita, con olio, aglio e pomodori spellati e privati dei semi, sale e pepe, preparate un denso sugo di pomodoro. Occorrono dei pomodori
Per quattro persone, prendete un chilogrammo di vongole, lavatele accuratamente in più acque stropicciandole tra le mani per togliere loro la rena e poi scolatele. Mettete in una grande padella mezzo bicchiere d'olio con uno spicchio d'aglio, e quando questo avrà un po' soffritto, toglietelo, prima che prenda colore. Pestate intanto nel mortaio due acciughe lavate e spinate, una puntina d'aglio, un ciuffo di prezzemolo e diluite il tutto con mezzo bicchiere di vino asciutto, bianco o rosso. Appena levato l'aglio dalla padella, versateci questa salsa. Mescolate, e dopo tre o quattro minuti, quando il vino si sarà asciugato, aggiungete una cucchiaiata abbondante di salsa di pomodoro, bagnate con due dita d'acqua, condite con sale e abbondante pepe e fate cuocere ancora per qualche minuto. Quando l'intingolo si sarà ristretto, mettete nella padella le vongole ben scolate, coprite con un coperchio, e scuotendo di quando in quando la padella lasciate che tutte le vongole si aprano. Non è necessario aggiungere acqua perchè le vongole ne caveranno a sufficienza. Mentre le vongole si cuoceranno, per il che occorrono non più di cinque minuti, friggete nell'olio dei crostini rettangolari di pane, grandi circa come carte da giuoco e spessi un centimetro. Mettete due o tre di queste fette di pane nel fondo di ogni scodella, versandoci sopra un po' di vongole col loro intingolo e ultimando con una pizzicata di prezzemolo tritato. Per brevità invece di friggere il pane, potrete anche abbrustolirlo.
caveranno a sufficienza. Mentre le vongole si cuoceranno, per il che occorrono non più di cinque minuti, friggete nell'olio dei crostini rettangolari di
Prendere dunque l'aragosta, tagliarle da prima le zampe, tagliarle poi la coda in cinque o sei pezzi e spaccare la carcassa in due parti in lungo, togliere gli intestini e il budellino terroso. Mettere in una casseruola un po' d'olio, e soffriggere in esso per qualche minuto un quarto di cipolla, un pochino di sedano, un po' di carota gialla, una puntina d'aglio, un pezzettino di lauro, il tutto tritato. Aggiungere allora l'aragosta e far cuocere fino a che i pezzi abbiano preso un bel color rosso. Sgocciolar via una metà dell'olio, e bagnare con un bicchiere di vino bianco. Aggiungere una cucchiaiata o due di salsa di pomodoro, un pizzico di pepe e un po' di sale. Coprire e lasciar cuocere circa un quarto d'ora. Accomodare i pezzi di aragosta nel piatto, passare la salsa da un setaccino e finirla con qualche pezzetto di burro. Versare la salsa sull'aragosta e ultimare la vivanda con una cucchiaiata di prezzemolo trito. Per sei persone occorrono un paio di aragoste del peso di circa mezzo chilogrammo l'una.
una cucchiaiata di prezzemolo trito. Per sei persone occorrono un paio di aragoste del peso di circa mezzo chilogrammo l'una.
Per sei persone occorrono 300 grammi di riso. Mettete a soffriggere mezza cipolla con un pochino d'olio, e quando sarà imbiondita aggiungete una cucchiaiata o due di salsa di pomodoro. Mescolate, bagnate con un pochino d'acqua e quando la salsa sarà cotta mettete giù il riso, conditelo con sale e pepe, bagnatelo con acqua e fatelo cuocere, ma non troppo. Togliete via la casseruola dal fuoco, mischiate nel riso un uovo sbattuto, mescolate e travasate il riso in un piatto grande per lasciarlo freddare. Prendete adesso 300 grammi di pesce spada, tagliatelo in fette spesse un dito e ritagliate le fette in tanti dadi piuttosto grossi. Fate una salsetta densa con un po' d'olio, uno spicchio d'aglio (che poi toglierete via) e un po' di pomodoro; e in essa cuocete i dadi di pesce spada, che condirete con sale e pepe. Dopo pochi minuti il pesce sarà cotto, e potrete anche metterlo a freddare. Se vorrete rendere il budino ancor più elegante e gustoso potrete cuocere anche un pugno di funghi secchi, o meglio ancora due o trecento grammi di funghi porcini freschi, che preparerete, come al solito, con aglio, olio e pochissimo pomodoro, sale e pepe. Avendo pronti tutti questi ingredienti prendete una stampa da budino liscia, senza buco in mezzo e della capacità di un paio di litri. In mancanza della stampa può servire una casseruola. Imburrate abbondantemente la stampa e versateci dentro un pugno di pane pestato molto fino. Girate la stampa in tutti i versi affinchè il pane si attacchi da per tutto, e poi rovesciatela per far cadere il superfluo del pane. Sbattete un uovo, versatelo nella stampa e girandola nuovamente fate che l'uovo vada a bagnare tutto il pane. Fatto ciò, mettete ancora del pane pesto ripetendo l'impanatura. Preparata così la stampa, mettete giù il riso freddo, a cucchiaiate; e con un cucchiaio di legno disponete il riso sul fondo e intorno intorno alla parete in modo da lasciare un vuoto nell'interno. In questo vuoto metterete il pesce spada con la sua salsa che — ripetiamo — deve essere molto densa, i funghi (se li averete adoperati) e qualche ciuffetto di prezzemolo. Battete pian piano la stampa sopra uno strofinaccio ripiegato affinchè il budino possa aderire perfettamente alle pareti della stampa stessa senza lasciare vuoti, e con un po' di riso, che avrete lasciato da parte, fate il coperchio al budino. Spolverizzateci sopra un po' di pane grattato, mettete tre o quattro pezzettini di burro, e cuocete in forno di calore moderato per circa tre quarti d'ora, per dar modo al pane di fare una bella crosta dorata. Levate il budino dal forno, lasciatelo riposare per cinque minuti, e poi sformatelo sopra un piatto rotondo. Lo troverete eccellente.
Per sei persone occorrono 300 grammi di riso. Mettete a soffriggere mezza cipolla con un pochino d'olio, e quando sarà imbiondita aggiungete una
Contornerete la costoletta con un monticello di capperi, uno di bianca d'uovo e uno di rosso d'uovo tritato. Come sapete il burro d'alici si ottiene facendo liquefare sull'angolo del fornello un pezzo di burro e sciogliendovi dentro, schiacciandole con un cucchiaio di legno, delle alici lavate e spinate. Per un ettogrammo di burro occorrono dalle cinque alle sei alici.
spinate. Per un ettogrammo di burro occorrono dalle cinque alle sei alici.
Queste costolettine, le quali sono sempre assai gradite in una colazione o in un pranzo, godono presso talune mammine una ingiustificata nomea di difficoltà. Niente di più esagerato! Seguendo le nostre semplicissime istruzioni, ognuna delle lettrici riuscirà a preparare in modo impeccabile queste appetitose costolette. Per sei persone occorrono sei costolette doppie di abbacchio, cioè comprendenti due costole, oppure dodici costolette semplici. Il negoziante stesso è quello che generalmente prepara le costolette, quindi fatele tagliare da lui. L'operazione è del resto molto semplice. Si tratta di dividere col coltello le costole, una per una, o due per due, a seconda si desiderano delle cotolette semplici o doppie, di fare col coltello un piccolo intacco nella parte superiore della costola e tirare giù la pelle per mettere a nudo l'ossicino, avvolgendo poi questa pelle intorno all'altra estremità carnosa, quella che costituisce la costoletta. Una energica spianata con lo spianacarne e la costoletta è pronta. Ma, ripetiamo, chi trovasse l'operazione troppo difficile, la faccia fare direttamente dal negoziante. Mettete un pezzo di burro o una cucchiaiata di strutto in una teglia; ponetela sul fuoco e in essa cuocete le costolette. Regolatevi che il fuoco non sia troppo forte. Condite con sale e pepe, e quando saranno cotte spruzzateci sopra un bicchierino di marsala. Quest'addizione è facoltativa, ma noi la consigliamo perchè comunica un più gradevole sapore alla pietanza. Quando il marsala si sarà asciugato, estraete le costolette, e mettetele sul marmo di cucina — che avrete ben pulito in antecedenza — tutte coll'osso nel centro, in modo che formino una rosa. Copritele con un coperchio, e su questo mettete un paio di ferri da stiro o qualunque altro peso a vostro piacere. Mentre le costolette si freddano sotto peso, preparate una salsa besciamella. Fate liquefare in una casseruolina la metà di un panino di burro da un ettogrammo e mettete poi nel burro liquefatto due cucchiaiate colme di farina. Mescolate, badando di non far prendere colore alla farina, e dopo un paio di minuti versate nella casseruolina un bicchiere e mezzo di latte. Condite con sale, pepe e un nonnulla di noce moscata, e mescolate sempre, finchè avrete una salsa spessa, vellutata e senza grumi. Toglietela allora dal fuoco e amalgamateci prestamente un torlo d'uovo e una cucchiaiata di parmigiano grattato. Le costolette, freddandosi sotto il peso, saranno rimaste ben spianate. Prendetele una alla volta tenendole per l'ossicino e immergetele nella salsa calda in modo che si rivestano da ambo le parti di uno strato di crema. Tornate ad appoggiare man mano le costolette sul marmo e lasciatele freddare così. Dopo un'oretta, e quando sarà il momento di andare in tavola, con una lama di coltello staccate le costolette col loro involucro di salsa rappresa, passatele nella farina, nell'uovo sbattuto, e quindi nel pane grattato. Con la lama stessa del coltello procurate di dar loro una bella forma, e, delicatamente, immergetele in una padella con abbondante strutto od olio. La padella dovrà essere molto calda, poichè essendo le costolette già cotte, non si tratta che di riscaldarle, e di fissare colla panatura la salsa intorno ad esse. Se la padella fosse troppo fredda, la panatura scoppierebbe e la salsa andrebbe a passeggio per la padella. La salsa besciamella dovrà essere di giusta consistenza, non troppo liquida ma nemmeno troppo elastica, perchè in questo caso non si attaccherebbe sulla costoletta. Deve avere la densità di una crema ben rappresa. Se vorrete fare una Villeroy ancor più fine, potrete unire nella salsa dei dadini piccolissimi di prosciutto o di lingua, od anche di tartufa neri.
appetitose costolette. Per sei persone occorrono sei costolette doppie di abbacchio, cioè comprendenti due costole, oppure dodici costolette semplici
Per sei persone occorrono sei filetti di tacchino. Togliete il nervo al filetto e divideteli in due parti in lunghezza. Con lo spianacarne o con una larga lama di coltello leggermente bagnata d'acqua spianate i dodici pezzi in modo da allargarli ed assottigliarli. Su ogni pezzo mettete una fettina di prosciutto, e, se ne avete, una fettina di tartufo nero. Avvoltolate su sè stessi i vari pezzi in modo da farne tanti involtini, poi infilzateli in uno o più spiedini, inframmezzando ogni involtino di tacchino con una fettina di prosciutto grasso e un crostino di pane. Questi crostini potranno essere cotti al forno o su della brace. In un modo o nell'altro conviene ungerli spesso con del burro liquefatto, e il tempo necessario per la cottura è di circa dieci minuti.
Per sei persone occorrono sei filetti di tacchino. Togliete il nervo al filetto e divideteli in due parti in lunghezza. Con lo spianacarne o con una
Per sei persone occorrono tre ettogrammi di prosciutto cotto, che pesterete nel mortaio con la metà di un panino di burro da un ettogrammo e due cucchiaiate di salsa besciamella fredda. Per fare questa besciamella metterete a liquefare in un tegamino un pezzetto di burro come una noce, e quando sarà liquefatto vi unirete un cucchiaino da caffè di farina. Fate cuocere adagio mescolando sempre e dopo un paio di minuti sciogliete l'impasto di burro e farina con mezzo bicchiere di latte. Mescolate sempre, aggiungete un pizzico di sale e lasciate che la salsa si addensi, piuttosto più che meno. Pestati bene il prosciutto, il burro e la besciamella, potrete, se credete, passare il tutto a traverso un setaccio di crine nero o di ferro a maglie fine. È un piccolo lavoro supplementare, del quale potrete anche fare a meno, ma che noi vi consigliamo perchè così la pietanza acquisterà una maggiore finezza. Raccogliete la purè di prosciutto in una piccola insalatiera. Conditela con un pizzico di pepe bianco, pochissimo sale, poichè il prosciutto è già abbastanza saporito di per sè, e unite adagio adagio un bicchiere (un quinto di litro) di panna di latte montata, che avrete fatto preparare dal vostro lattaio, raccomandandogli di non metterci zucchero, nè tanto meno liquore: panna montata pura e semplice. Volendo fare una cosina più elegante potrete arricchire il piatto con qualche cucchiaiata di prosciutto cotto tagliato in grossi dadi e qualche pezzetto di tartufo nero tagliato anche a dadi. Ma, ripetiamo, tutto questo è facoltativo. Per l'aggiunta della panna montata, che unirete al composto piano piano, mescolando con grande leggerezza, la purè di prosciutto sarà diventata leggera come una schiuma. Prendete adesso una stampa speciale a questo genere di lavori, detta stampa da «mousse», e che è liscia, senza [immagine e didascalia: Stampa per schiuma fredda (mousse) ] buco in mezzo e col suo coperchio. In mancanza della stampa speciale potrete servirvi di una stampa liscia da budino od anche di una piccola casseruola. Con un nonnulla di olio spalmate leggermente l'interno della stampa. L'oleatura deve essere leggera come un velo. Nella stampa mettete adesso il composto di prosciutto, e battete leggermente la stampa sopra un panno ripiegato affinchè non debbano rimanere vuoti nell'interno; coprite con un foglio di carta bianca la «mousse», chiudete col coperchio e mettete in ghiaccio per un paio d'ore. Invece di oleare la stampa si potrebbe anche foderarne l'interno con della carta bianca, ciò che facilita ugualmente l'uscita della «mousse» dalla stampa al momento di andare in tavola; ma l'oleatura è più sbrigativa. Quando la schiuma sarà ben congelata, capovolgetela su un piatto rotondo, e, se credete, circondatela di rettangoli di gelatina. Ottima per questo scopo, e in genere per tutti i piatti freddi, la nostra gelatina sbrigativa.
Per sei persone occorrono tre ettogrammi di prosciutto cotto, che pesterete nel mortaio con la metà di un panino di burro da un ettogrammo e due
Diremo subito che la pasta sfogliata è niente affatto difficile, e che la sua esecuzione non ha nulla di comune con l'ascesa degli 8840 metri del Guarisankar o con il doppiamento del Capo Horn, come forse le nostre lettrici hanno inteso dire. Non c'entrano ne formule di trigonometria sferica, nè di calcolo infinitesimale. E si può anche fare a meno delle tavole dei logaritmi. Proprio così! Per la pasta sfogliata non occorrono altro che del burro, della farina, e... un po' diligenza. Affrontiamo dunque senza troppe preoccupazioni questa piccola dissertazione gastronomica, e siccome siamo sicuri che vorrete fare un primo esperimento, vi diamo delle dosi ridotte che voi potrete poi ampliare a vostro piacimento: Burro grammi 100. — Farina grammi 100. — Acqua tre cucchiai circa. — Un pizzico di sale. Adoperare possibilmente farina di buona qualità. Passarla dal setaccio e disporla a fontana sul marmo di cucina. Metterci in mezzo l'acqua e il sale e impastare il tutto, ma senza troppo lavorare, fino ad ottenere una pasta nè troppo dura, nè troppo molle, e ben liscia. Farne una palla, coprirla con una salviettina e lasciarla riposare una ventina di minuti. Mentre la pasta riposa preparate il burro. Vi diremo a questo proposito che è meglio eseguire sempre questa pasta nella stagione fredda perchè durante i calori estivi il burro è troppo molle e rende necessario l'impiego del ghiaccio. In inverno il lavoro è assai semplificato. Prendete dunque i cento grammi di burro e se fosse troppo duro lo lavorerete un pochino in uno strofinaccio o in una salvietta bagnati, ricordando che burro e pasta debbono avere la stessa durezza. Fate del burro una specie di pagnottina schiacciata, e tenetelo in fresco nell'acqua. Trascorsi venti minuti prendete la pasta e col rullo di legno datele una forma quadrata, ma senza stenderla troppo (una diecina di centimetri di lato). In mezzo a questo quadrato mettete la pagnottina di burro e poi prendete uno alla volta gli angoli A, B. C. D. (figura la) e ripiegateli verso il centro O, in modo da chiudere perfettamente il burro e ottenere un altro quadrato, che nella figura è indicato dalle linee punteggiate H, E, F, G. Appoggiare leggermente il rullo su questo quadrato per chiudere bene l'impasto e lasciar riposare ancora cinque minuti al fresco.
calcolo infinitesimale. E si può anche fare a meno delle tavole dei logaritmi. Proprio così! Per la pasta sfogliata non occorrono altro che del burro
Per avere un'eccellente pasta «brioche» occorrono delle materie di prima qualità: cioè farina finissima, burro eccellente ed ottimo lievito di birra, freschissimo. Le dosi sono le seguenti: farina grammi 200 — burro grammi 120 — zucchero grammi 16 — lievito di birra grammi 8 — sale grammi 2 — uova intere n. 2.
Per avere un'eccellente pasta «brioche» occorrono delle materie di prima qualità: cioè farina finissima, burro eccellente ed ottimo lievito di birra
Questi biscotti, che hanno nella pasticceria tante utili applicazioni, sono in particolar modo adatti per i bambini. Per una quindicina di savoiardi occorrono le seguenti proporzioni: zucchero in polvere gr. 40, farina gr. 20, farina di patate gr. 20, uova n. 2, un pizzico di sale. E per chi non avesse la bilancia: un paio di cucchiaiate di zucchero, un cucchiaio di farina, uno di fecola, avvertendo che queste cucchiaiate non siano troppo colme. Separate i bianchi dai rossi. I bianchi li metterete da parte, i rossi li passerete in una terrinetta con lo zucchero in polvere. Non occorre lavorarli molto, basteranno tre o quattro minuti: il tempo cioè di ben mescolare zucchero ed uova. Unite allora al composto le due farine, e lasciate riposare. Fatto ciò, montate le chiare in neve, servendovi di una frusta in ferro stagnato; ma guardate che le chiare sieno sostenutissime, perchè è da questo che dipende la buona riuscita dei biscotti. Quindi non vi stancate di sbattere. Quando le chiare saranno montate unitele delicatamente ai rossi, servendovi di un cucchiaio di legno e sollevando il composto affinchè i bianchi non si sciupino troppo. Prendete due fogli di carta spessa; ungete leggermente di burro l'uno, e fate un cartoccio con l'altro. Mettete il composto nel cartoccio, chiudete questo e spuntatene l'estremità in modo da lasciare un'apertura di un centimetro di diametro. Premendo delicatamente sulla sommità del cartoccio, fate uscire sul foglio di carta unto, tanti bastoncini grossi come un dito e lunghi una diecina di centimetri, facendo attenzione di non farli troppo vicini uno all'altro. Quando avrete esaurito la pasta mettete il foglio di carta sopra una teglia e spolverizzate i biscotti con zucchero al velo. Lo zucchero dovrà essere messo sui biscotti o con uno spolverizzatore, o facendolo cadere da un setaccino.
occorrono le seguenti proporzioni: zucchero in polvere gr. 40, farina gr. 20, farina di patate gr. 20, uova n. 2, un pizzico di sale. E per chi non
Occorrono: un uovo intiero, un bicchiere un po' scarso di latte, il sugo di un arancio, una mela ranetta, zucchero gr. 50, uvetta sultanina gr. 50, una cucchiaiata di rhum, mezzo cucchiaino da caffè di bicarbonato di soda, un pizzico di sale, la raschiatura di un limone e di un arancio, farina gr. 150. Rompete l'uovo in una insalatierina ed aggiungete i 50 gr. di zucchero. Lavorate l'uovo e lo zucchero con un cucchiaio di legno e poi aggiungete la mela ranetta ritagliata in dadini, l'uvetta, il rhum, il latte, il bicarbonato, la raschiatura del limone e dell'arancio, un pizzico di sale e il sugo dell'arancio. Sciogliete il tutto con un cucchiaio di legno, mescolando bene. In ultimo aggiungete la farina. Ne dovrà risultare una pasta molle come una crema. Coprite il recipiente e lasciate che l'impasto riposi per due o tre ore in luogo tiepido. Preparate una padella con abbondante olio e quando la frittura sarà appena calda versateci, a cucchiaiate non troppo colme, il composto. Procedete da principio a padella leggera, aumentando poi man mano il calore, ma senza eccedere. Quando le frittelline saranno rassodate e imbiondite, toglietele dalla padella e continuate a farne fino ad esaurimento del composto. Accomodatele in un piatto con salvietta e spolverizzatele di zucchero vainigliato. Ne vengono circa venticinque, e sono ottime.
Occorrono: un uovo intiero, un bicchiere un po' scarso di latte, il sugo di un arancio, una mela ranetta, zucchero gr. 50, uvetta sultanina gr. 50
Per questo delicato lavoro di bomboneria occorrono le violette doppie di Parma e — naturalmente — freschissime. Si privano del gambo e si tuffano in acqua fresca per ripulirle bene. Si tolgono delicatamente dall'acqua, si raccolgono su un ampio setaccio e si lasciano sgocciolare per qualche ora, tenendole in un luogo fresco. Bisogna adesso preparare dello zucchero nel seguente modo. Prendete una buona quantità di zucchero, in polvere molto fina, mettetelo su un setaccio di seta e fatene cadere la parte impalpabile, cioè lo zucchero cosidetto al velo, che riserverete per altri lavori. Sul setaccio rimarrà della polvere di zucchero che, presa tra le dita, rassomiglia ad un semolino a grana finissima, e che è appunto quello che serve alla preparazione. Questo zucchero va adesso colorito in viola. Per i vari lavori di pasticceria ci sono in commercio degli speciali colori innocui di diverse Case, e già pronti per l'uso. Siccome però tutti questi colori sono molto concentrati e densi, per il lavoro delle violette candite bisogna diluirli, affinchè il colore possa aver modo di ripartirsi tra tutti i granellini dello zucchero. Per diluire il colore si fa così: si prende un po' di color viola concentrato e si stempera con mezzo bicchiere d'acqua bollente. Avvenuta la soluzione si lascia freddare e si rifinisce con un bicchierino d'alcool puro e una o due gocce di essenza di violetta. Si raccoglie il colore ottenuto in una bottiglina e si conserva. Si stende lo zucchero su un foglio grande di carta bianca e vi si versa, a gocce, il colore viola, impastando bene con le due mani affinchè questo colore, che è dotato di grande potenza colorante, vada a tingere uniformemente ogni granellino. Si giudica del risultato ottenuto, e se l'intonazione generale dello zucchero non rispondesse al vero colore delle violette di Parma, se ne può correggere la nuance con qualche goccia di color «rosa brillante». Stendete bene lo zucchero sulla carta, e lasciate asciugare completamente, all'aria. Sciogliete a bagnomaria della gomma arabica in pezzi con poca acqua e a parte preparate uno sciroppo di zucchero al profumo di vainiglia. Questo sciroppo misurato col pesa-sciroppi dovrà segnare 32 gradi. Unite la gomma fusa e densa allo sciroppo e tenete il tutto in caldo, senza che il calore però sia eccessivo. Prendete le violette, mettetene poche alla volta in una terrinetta di porcellana e versateci su un pochino del composto di gomma e sciroppo: tanto che basti appena appena a bagnarle. Operando con attenzione, girate le violette nel liquido affinchè restino inumidite in ogni parte. Appoggiatele subito sullo zucchero colorato e rotolatele in esso con grande delicatezza in modo da far loro raccogliere la maggiore quantità di zucchero. Procedete così fino ad avere esaurito tutte le violette e poi collocatele bene allargate su un grande setaccio di seta lasciandole per qualche giorno in luogo tiepido, onde abbiano ad asciugarsi completamente.
Per questo delicato lavoro di bomboneria occorrono le violette doppie di Parma e — naturalmente — freschissime. Si privano del gambo e si tuffano in
Lo zampone ed il coteghino non differiscono sensibilmente riguardo all'impasto; la sola differenza notevole è che lo zampone viene insaccato nella cotenna che riveste la zampa anteriore del maiale, mentre il coteghino si insacca nel budello. Desiderando confezionare uno zampone, conviene prima di tutto provvedersi la zampa di maiale. Bisogna che questa venga staccata il più in alto possibile, per avere una maggiore capacità, e che non sia stata forata dagli uncini. Rovesciate la pelle, e con un coltello tagliente staccate pian piano la cotenna dai nervi e dalle ossa. Andate adagio e disossate con pazienza senza fare lacerazioni, continuando sempre a rovesciare la pelle, sino a che arriverete alle ultime falangi, che lascerete attaccate. Avrete così una specie di calza che stropiccierete con un pugno di sale, tanto all'interno che all'esterno, spolverizzerete di pepe, e metterete in una terrinetta con un peso sopra, lasciandola così per una diecina di giorni. Trascorso questo tempo si toglie la zampa dalla terrinetta, si risciacqua con un bicchiere di vino bianco, e si lascia in bagno nel vino mentre si prepara l'impasto. Ogni chilogrammo di esso è formato con: carne magra di maiale (collo o spalla) gr. 700, cotenna fresca tritata gr. 300, sale gr. 35, spezie gr. 5, salnitro gr. 3. L'impasto dello zampone non deve essere molto grasso. Quindi è sufficiente quel po' di grasso che è attaccato alle cotenne. Se però queste fossero molto magre occorrerà aggiungere una cinquantina di grammi di lardo non salato. Bisogna prima fare a pezzetti le cotenne e tritarle nella macchina, e poi tritarle nuovamente insieme con la carne e il grasso. Dopo aver tritato tutto si aggiungono il sale, le spezie e il salnitro, e si impasta ogni cosa con le mani affinchè la pasta rimanga uniformemente condita. Si asciuga la zampa, e vi si versa la pasta, spingendo bene perchè non restino vuoti. Poi con un grosso ago e dello spago, si fa alla sommità una specie di infilzetta, si stringe, e lo zampone è fatto. Con un chilogrammo d'impasto si ottiene uno zampone di media grandezza. La confezione del coteghino è più sbrigativa. Vi procurerete da un pizzicagnolo o da un norcino dei budelli di maiale grandi, già salati, li metterete in bagno nel vino bianco, e poi li riempirete col seguente impasto, che è un po' più grasso di quello degli zamponi. Per ogni chilogrammo d'impasto prendete: Carne magra, collo o spalla grammi 500, cotenne fresche gr. 300, lardo o pancetta, non salati, grammi 200, sale gr. 35, spezie gr. 5, salnitro gr. 3. Si procede in tutto come per lo zampone. L'insaccatura potrete farla o con le mani o con un grosso imbuto, regolandovi come vi fu detto per le salsiccie. Date ai coteghini una lunghezza di circa 20 centimetri, e chiudeteli alle due estremità con dello spago, facendo con esso, nella parte superiore del coteghino, un occhiello per appenderli. Vi abbiamo dato le quantità del sale, delle spezie e del salnitro in grammi. Chi non ha a sua disposizione una bilancia usi le seguenti misure che, su per giù, corrispondono, cioè: Sale fino gr. 35 = due cucchiai da tavola. Spezie gr. 5 = due cucchiaini da caffè. Salnitro gr. 3 = mezzo cucchiaino scarso da caffè. Naturalmente, se aumenterete le dosi dell'impasto, aumenterete anche in proporzione il sale e le spezie. Fatti gli zamponi o i coteghini bisognerebbe passarli alla stufa speciale; in famiglia si supplisce a ciò appendendoli in un luogo caldo, in modo che la temperatura si mantenga dai 25 ai 35 gradi. È bene che da prima la temperatura sia leggera per salire man mano gradatamente. Sono sufficienti una trentina di ore di stufa. Si comprende che nelle grandi fabbriche la stufa ha importanza grandissima dovendo garantire la lunga conservazione del prodotto, che viene spedito o esportato. Ma poichè in famiglia lo zampone o il coteghino si mangeranno appena stagionati, senza aspettare troppo, si può essere certi, seguendo i nostri consigli, di avere un risultato soddisfacente anche senza impianti costosi, valendosi della cappa del camino, o di una stufetta a gas o a legna, con la quale si eleverà la temperatura dell'ambiente di quel tanto necessario. Dopo ciò si appendono in un luogo asciutto, nè troppo caldo, nè troppo freddo e si lasciano stagionare per una ventina di giorni e.più. Fate attenzione che i coteghini o gli zamponi non si tocchino fra loro. Per la perfetta riuscita degli zamponi e dei coteghini occorrono delle speciali spezie, la cui composizione è — da alcuni fabbricanti — tenuta celata come si trattasse di un gran segreto. Ecco dunque il famoso segreto. Prendete una cucchiaiata di pepe in granelli, tre o quattro chiodi di garofani, un pezzo di cannella in stecchi lungo circa quattro centimetri, l'ottava parte di una noce moscata, uno o due pezzi di macis, che, come sapete, è l'involucro della noce moscata, due foglie di alloro e una pizzicata di timo. Pestate ogni cosa nel mortaio e passate da un setaccino raccogliendo la polvere in un foglio di carta. Se rimarranno droghe nel setaccio pestatele di nuovo sino a che passino tutte. Mescolate la polvere aromatica ottenuta e conservatela in un vasetto ben chiuso.
si tocchino fra loro. Per la perfetta riuscita degli zamponi e dei coteghini occorrono delle speciali spezie, la cui composizione è — da alcuni
Occorrono dei piccoli tours de main che non sono alla portata di tutti: come quello di servire con la sola mano destra (mentre con la sinistra si sostiene il piatto) adoperando simultaneamente cucchiaio e forchetta tenuti fra le dita come una pinza, o l'arte di versare i vini girando leggerissimamente la bottiglia per evitare che una intempestiva goccia di vino vada a macchiare la tovaglia, pur mantenendo sempre la bottiglia quasi orizzontale per non intorbidare il vino, specie se molto vecchio, ecc. ecc. Una brava cameriera farà rapidamente e senza esitazione il cambio dei piatti e delle posate, vegliando che tutto sia sempre in ordine, e distribuendo con apposito cucchiaio il pane, preparato a parte in un piccolo cestino d'argento o di vimini, se esso venisse a mancare. Alla fine del servizio di cucina propriamente detto, e subito prima del dolce ella potrà sbarazzare la tavola del superfluo, ripulendo rapidamente e con garbo la tovaglia dalle briciole, servendosi per questo scopo di quelle speciali pale in metallo con relativa spazzolina morbida. Dopo il dolce e la frutta, per il che occorreranno piatti e posatine speciali, la cameriera metterà ancora un piatto dinanzi a ciascuno, nel quale verrà poi posata la tazzina del caffè, distribuendo anche i bicchierini da liquore.
Occorrono dei piccoli tours de main che non sono alla portata di tutti: come quello di servire con la sola mano destra (mentre con la sinistra si