È un abburattamento piuttosto generoso, accettato fino dal 1841 per l'esercito piemontese, quindi per l'esercito italiano, col quale si accenna che in Italia si è più dalla parte dei sostenitori della poca assimilabilità dei principî nutritivi della crusca (Poggiale, Peligot, Parmantier, Payen, Arella), che non dalla parte dei difensori di questa (Millau, Magendie, Marmont, Liebig, Mayenne) la di cui schiera però oggi giorno va assai assottigliandosi.
, Arella), che non dalla parte dei difensori di questa (Millau, Magendie, Marmont, Liebig, Mayenne) la di cui schiera però oggi giorno va assai
Il pane da munizione francese invece è fabbricato, fino dal 1853, con farina al blutâge del 20 %, qualora derivi da grani gentili, ed è questo l'abburattamento più generoso che si adoperi oggi per pane destinato alle truppe.
'abburattamento più generoso che si adoperi oggi per pane destinato alle truppe.
Anche noi avemmo un periodo di questo abburattamento al 20% e fu durante la campagna del 1866 e dopo, quando nell'esercito serpeggiava il colera; ma terminato il periodo eccezionale, con atto 31 ottobre 1866, l'abburattamento fu riportato al consueto 15%. Oggi però si pensa a ricondurlo al titolo del 20 % come in Francia, e già per le nostre truppe dei presidii d'Affrica l'abburattamento della farina da panificare è stabilito a questo titolo.
terminato il periodo eccezionale, con atto 31 ottobre 1866, l'abburattamento fu riportato al consueto 15%. Oggi però si pensa a ricondurlo al titolo
7. — Suo uso nell'esercito. Composizione. Non tutte le truppe del R. Esercito sono alimentate con pane da munizione. In alcuni presidî, oggi però assai ridotti di numero, si è costretti ancora a ricorrere al commercio per il pane da somministrare al soldato, attesa la mancanza sul luogo, od in sito sufficientemente vicino, di panifici militari. Per questa possibilità ritengo adunque importante di dire qualcosa intorno al pane ordinario incettabile dal libero commercio, avendo specialmente di mira le falsificazioni cui è così di frequente subordinato per opera di fornitori disonesti.
7. — Suo uso nell'esercito. Composizione. Non tutte le truppe del R. Esercito sono alimentate con pane da munizione. In alcuni presidî, oggi però
Se il pane sarà falsificato con farina di riso, o di cascami di riso, l'osservazione microscopica potrà scoprirvi i minutissimi granuli d'amido, pure poliedrici, propri di questo cereale. Però ciò non sarebbe più possibile quando il riso di adulterazione fosse stato precedentemente cotto e ridotto in salda colloide, come oggi si usa di frequente. In tal caso lo scoprimento della frode sarebbe difficilissimo, ed il solo grande eccesso di acqua d'idratazione del pane potrebbe farla fondatamente sospettare.
in salda colloide, come oggi si usa di frequente. In tal caso lo scoprimento della frode sarebbe difficilissimo, ed il solo grande eccesso di acqua d
25. — Alterazioni e falsificazioni. Se la farina di granturco, convenientemente ridotta in polenta o farinata, può riuscire un alimento efficace e gradito al soldato, per certe speciali alterazioni cui può andar soggetta, può diventare sgradevole e dannosa non solo, ma anche addirittura venefica. Tutti sanno oramai come la produzione della pellagra, di questa tremenda malattia che affligge una gran parte dell'Italia continentale, sia oggi ritenuta dai più in stretta dipendenza dell'uso del maiz alterato. Per conse-guenza, nell'incettare farina di granturco per uso militare, non sarà mai troppa la diligenza che si impiegherà per avvertirne le possibili alterazioni.
. Tutti sanno oramai come la produzione della pellagra, di questa tremenda malattia che affligge una gran parte dell'Italia continentale, sia oggi
Si ammette oggi che i tubercoli, la carne ed anche il latte dei bovini affetti da tisi perlacea, siano in grado di infestare l'uomo e produrre in lui la tubercolosi. A stadio inoltrato della malattia il fatto sembra incontestabile.
Si ammette oggi che i tubercoli, la carne ed anche il latte dei bovini affetti da tisi perlacea, siano in grado di infestare l'uomo e produrre in lui
5° Formaggio Gruyère, a forme di kilogr. 40-100-120, di pasta fina, giallo-chiara, disseminata di piccoli occhi che non sorpassano gli otto mm. di diametro. Si prepara con latte od intero o mezzo scremato, che si accaglia, sottoponendo quindi la caglia a pressione fino a 48 ore ed a stagionatura di sette ed otto mesi. È originario di Gruyère, piccola città del cantone di Friburgo. Oggi si fa in altre piccole città della Svizzera e della Francia e si imita bene anche in Italia.
sette ed otto mesi. È originario di Gruyère, piccola città del cantone di Friburgo. Oggi si fa in altre piccole città della Svizzera e della Francia
Moltissime piante contengono proporzioni varie di so stanza zuccherina, ma dalla canna di zucchero (Saccharum officinarum L.) e dalle barbabietole si estrae lo zucchero vero e proprio del commercio. Dalla prima si estrae questo importante condimento nelle colonie d'America, dalle seconde lo si ottiene in casa nostra, rappresentando ciò una attivissima industria nazionale che, oggi tende ad emancipare il paese dalla necessità dello zucchero esotico.
ottiene in casa nostra, rappresentando ciò una attivissima industria nazionale che, oggi tende ad emancipare il paese dalla necessità dello zucchero
È appunto per queste ragioni che in ogni razione militare moderna si vede assegnato un posto importante a questi speciali alimenti (vedi tabella III dell'Appendice) e tanto che oggi male se ne saprebbe comprendere una ben ideata senza il concorso efficace di questi preziosi mezzi di risparmio.
dell'Appendice) e tanto che oggi male se ne saprebbe comprendere una ben ideata senza il concorso efficace di questi preziosi mezzi di risparmio.
Le amministrazioni militari hanno creduto altra volta di spedire della forza, sotto piccolo volume, nei caratelli «di acquavite. Oggi ci si va correggendo di questo errore all'estero. Speriamo che avvenga lo stesso in Francia, e che d'ora innanzi, se si invieranno dei liquidi alcoolici alle nostre truppe in campagna, questi saranno del vino molto più ingombrante senza dubbio, molto meno semplice a trasportare, ma solo capace di rendere dei servizi, senza farli pagare della loro salute agli uomini che li ricevono. »
Le amministrazioni militari hanno creduto altra volta di spedire della forza, sotto piccolo volume, nei caratelli «di acquavite. Oggi ci si va
Per le esigenze del soldato in campagna si prepara anche il caffè in conserva, fatto in forma di tavolette le quali possono essere aggiunte molto opportunamente alla razione dei viveri di riserva. Durante la guerra del 1870-71, per esempio, nell'esercito germanico, si fece molto uso di queste tavolette zuccherine di caffè, che stemperate in poca acqua bollente, permettevano, con grande vantaggio del soldato, la estemporanea preparazione di una bibita di caffè assai gradita, anche nelle più difficili condizioni di campagna. Oggi poi la grande fabbrica di Magonza di viveri di riserva per l'esercito tedesco è in caso di fabbricare, per il tempo di guerra, fino a 500,000 razioni al giorno di questa conserva di caffè!
bibita di caffè assai gradita, anche nelle più difficili condizioni di campagna. Oggi poi la grande fabbrica di Magonza di viveri di riserva per l
b) Aggiunzione di acido salicilico. Onde impedire le fermentazioni nocive nel vino ed assicurarne la conservazione, si usa oggi di aggiungervi dell'acido salicilico. Se ne può constatare la presenza nel vino mediante il procedimento che segue. Se ne prendono 50 cc. e si mescolano con 20 cc. di cloroformio; si dibatte moderatamente la miscela e si pone in un tubo a rubinetto (tubo del Ritter ricordato alla lettera c). Quando il cloroformio è caduto al fondo, aprendo il rubinetto, se ne spillano 10 cc. in tubo d'assaggio e si aggiunge qualche goccia di soluzione di percloruro di ferro con alcuni cc. di acqua distillata. Se il vino conteneva acido salicilico l'acqua si colorerà di un bel colore violaceo.
b) Aggiunzione di acido salicilico. Onde impedire le fermentazioni nocive nel vino ed assicurarne la conservazione, si usa oggi di aggiungervi dell
3° il poter essere inquinata facilmente da alcooli di cattiva natura e nocivi, oggi in special modo che le sostanze distillate per ottenerla sono cosi variate e così diverse dal vino che ne è la primitiva e più sana sorgente.
3° il poter essere inquinata facilmente da alcooli di cattiva natura e nocivi, oggi in special modo che le sostanze distillate per ottenerla sono
Da questo parallelo emergono varie cose degne di nota. Le giornate di viveri di riserva fissate per il nostro soldato, essendo soltanto due, rappresentano la minima concessione a tal riguardo in confronto degli altri grandi eserciti europei, nei quali esse giungono talora Ano a quattro, come nel francese, ma mai discendono fino a due, come appunto avviene nel nostro. Ciò costituirebbe, anche secondo il Kirn, una lacuna da colmare, stante che oggi operazioni rapidissime di guerra possono portare frazioni, anche rilevanti, di truppa nel caso di non riuscire ad effettuare il loro vettovagliamento per lo spazio di oltre due giornate.
oggi operazioni rapidissime di guerra possono portare frazioni, anche rilevanti, di truppa nel caso di non riuscire ad effettuare il loro
Come processi perfezionati di salatura, rivolti a garantire la uniforme penetrazione del sale nelle masse carnose, si conoscono oggi quelli del Delignac e del dott. Morgan per iniezione centrifuga dei pezzi da salare con acqua satura di cloruro di sodio, e quello tanto lodato del Cirio per iniezione centripeta della salamoia, provocata mediante l'azione preliminare del vuoto.
Come processi perfezionati di salatura, rivolti a garantire la uniforme penetrazione del sale nelle masse carnose, si conoscono oggi quelli del
4° Il metodo Appert infine, il migliore di questo gruppo, e di tutti quelli adottati finora per la conservazione delle carni. Questo metodo, detto anche meccanico, messo in pratica per la prima volta dal governo francese nel 1809 per provviste in grande di viveri militari di riserva, megliorato successivamente dal Fastier, dal Villaumets, dallo Chevalier, dal Martin de Lignac, è oggi diffusissimo e preferito ad ogni altro, per gli ottimi risultati pratici cui ha sempre condotto. E vero che la carne preparata in tal guisa,' per la protratta conservazione, può subire un'alterazione mal definita, capace di renderla poco gustosa, grave allo stomaco e intollerabile a lungo; ma è vero altresì che un regolare turno di consumazione e la massima riduzione di volume dei pezzi conservati possono scongiurare in gran parte questo pericolo.
successivamente dal Fastier, dal Villaumets, dallo Chevalier, dal Martin de Lignac, è oggi diffusissimo e preferito ad ogni altro, per gli ottimi
I primi tentativi della preparazione furono fatti in Firenze, prima del 1872, sotto la direzione dell'attuale colonnello medico Ispettore Dott. F. Baroffio, allora medico divisionale in detta città. I primi esperimenti avendo dato ottimi risultati, venne definitivamente adottato dal R. Mini-stero della Guerra il modo di preparazione studiato, e continuata la confezione delle scatolette di carne nel laboratorio fiorentino. Però, siccome la sua produzione (2000 razioni al giorno) si dimostrava affatto insufficiente per le esigenze dell'esercito, il Ministero ricordato veniva nella determinazione di affidare alla industria privata la confezione di questa carne in conserva. Fu allora (1872) che principiò a funzionare lo stabilimento di Casaralta presso Bologna, il quale, completato nel 1876, fu reso capace di una produzione vistosa che oggi può ammontare a 30,000, ed in caso di necessità fino a 50,000 scatolette nelle 24 ore. In questo stabilimento la fabbricazione delle scatolette di carne in conserva per il R. Esercito è affidata ad un privato fornitore, sotto continua e rigorosa sorveglianza dell'amministrazione militare, rappresentata da una commis-sione composta di un ufficiale medico, di un ufficiale commissario, di un ufficiale superiore veterinario e di un ufficiale contabile, e dipendente dal Direttore del Commissariato della Divisione militare di Bologna.
Casaralta presso Bologna, il quale, completato nel 1876, fu reso capace di una produzione vistosa che oggi può ammontare a 30,000, ed in caso di necessità
2° Dell'analisi chimica, capace di svelare la qualità delle sostanze, o minerali od organiche, che l'acqua può tenere disciolte e di valutarne, all'occorrenza, la quantità: 3° Dell'esame microscopico destinato a scuoprire le minime impurità sospese o natanti nell'acqua, siano esse costituite o da sostanze minerali, o da detriti organici, o da microrganismi viventi come alghe, infusori, microbi, ai quali soprattutto si attribuisce oggi una parte importantissima nella etiologia delle malattie d'infezione.
sostanze minerali, o da detriti organici, o da microrganismi viventi come alghe, infusori, microbi, ai quali soprattutto si attribuisce oggi una parte
In armonia con queste prescrizioni ministeriali, principieró adunque lo studio dell'analisi chimica dell'acqua col riprodurre quanto a questa si riferisce della Istruzione ora ricordata, che deve riguardarsi come la guida ufficiale per le indagini spicciative di tal genere occorrenti specialmente in campagna. Una qualche lacuna, oggi inammissibile, nella detta Istruzione mi condurrà in seguito a qualche apprezzamento al riguardo della medesima.
in campagna. Una qualche lacuna, oggi inammissibile, nella detta Istruzione mi condurrà in seguito a qualche apprezzamento al riguardo della medesima.
§ 98. — Possibilità di questo esame nelle contingenze militari. Per bene stabilire il valore di un'acqua potabile, all'esame tìsico ed all'analisi chimica è importante si associ l'esame microscopico. «Nelle acque, dove il chimico riconosce soltanto la presenza della materia organica, perchè ne trova qualche traccia nel suo crogiuolo, il micrografo vede degli esseri viventi; infusori, alghe, microbi.» (Certes). Ed è per questo appunto che oggi l'analisi micrografica dell'acqua assorbe molto l'attenzione degli studiosi, ed induce perfino qualcuno a porre in di-scussione l'utilità della sua analisi chimica, perchè insufficiente a svelarvi quelle minime forme viventi che il microscopio solo può sorprendervi, e che le pazienti ricerche degli ultimi venti anni rivelarono fattrici potentissime di gravi malattie infettive.
trova qualche traccia nel suo crogiuolo, il micrografo vede degli esseri viventi; infusori, alghe, microbi.» (Certes). Ed è per questo appunto che oggi l
8° Ultimamente l'Hesse, esperimentando su filtri costrutti di varie sostanze, venne nella conclusione che l'amianto è un'ottima materia filtrante, capace di tenere indietro anche i microbi, quando venga adoprato in strati assai spessi e molto compresso. L'Hesse in quella occasione esprimeva la speranza, che il principio della filtrazione con l'amianto sarà per riuscire utile nella pratica, quando si possa però riuscire ad eliminare l'inconveniente della diminuzione di attività del filtro derivante dal fatto che l'amianto, mentre è insolubile affatto nell'acqua, facilmente si rigonfia e si ostruisce per imbibizione della medesima. Oggi però la Alti-azione dell'acqua con questa sostanza è un fatto ormai .realizzato nei modernissimi filtri Maignen sui quali dovrò ritornare fra poco.
ostruisce per imbibizione della medesima. Oggi però la Alti-azione dell'acqua con questa sostanza è un fatto ormai .realizzato nei modernissimi filtri
§ 103. — Filtri. Non è punto mia intenzione di passare in rassegna tutti i vari filtri fino ad ora immaginati e costrutti con le sostanze filtranti precedentemente studiate; la sola enumerazione ne sarebbe lunghissima, e d'altra parte fuori di proposito in questo scritto. Poiché il lettore però possa farsi un giusto criterio per l'apprezzazione e buona scelta di questi mezzi di purificazione dell'acqua, oggi di uso cosi comune, stimo importante ricordare, in tesi generale, le norme che devono regolare la composizione e l'uso di un buon filtro, e dare in seguito una qualche breve notizia sui filtri normalmente adottati per le truppe nei principali eserciti europei, e su qualcuno dei più ricordati fra i filtri cosidetti d'improvvisazione, o di compenso, utili tanto in mille contingenze della vita militare in campagna.
possa farsi un giusto criterio per l'apprezzazione e buona scelta di questi mezzi di purificazione dell'acqua, oggi di uso cosi comune, stimo importante
Il materiale filtrante usato in principio risultava di sabbia e carbone animale, e rispondeva assai bene; oggi invece è costituito di carferal, mezzo di filtrazione molto più efficace e rapidissimo. La maggiore o minore rapidità della filtrazione può essere regolata appunto col girare la vite che può allontanare o avvicinare fra loro i due dischi bucherellati limitanti lo strato di materia filtrante.
Il materiale filtrante usato in principio risultava di sabbia e carbone animale, e rispondeva assai bene; oggi invece è costituito di carferal, mezzo
II filtro completo di cui ora fu parola, fu messo in commercio al limitato prezzo di L. 22, compresi gli accessori: rubinetto di bronzo nikelato e manicotto di gomma elastica, che mette in comunicazione il rubinetto stesso coll'ampolla e mantiene sospeso il filtro. È questo un prezzo assai inferiore a quello delle bougies Cliawiberland che oggi ci vengono di Francia. Trattandosi di dover rinnovare il filtro, resosi ormai impuro ed ostrutto per lunga attività, basterà cambiare la sola ampolla filtrante, posta in commercio al mite prezzo di due lire e mezzo. E così anche il problema economico può dirsi in questo filtro lodevolmente risolto.
inferiore a quello delle bougies Cliawiberland che oggi ci vengono di Francia. Trattandosi di dover rinnovare il filtro, resosi ormai impuro ed ostrutto per
Il suo nome che viene dal greco, significa Forza. Pianticella annuale, indigena, della Spagna e dell'Italia. Si semina in Aprile e Maggio in bona esposizione, fiorisce dal Giugno al Luglio, si raccoglie alla fine d'Agosto. Da noi scarsamente si coltiva perchè cibo piuttosto difficile a digerirsi. E comune invece nella Siria, nell'Egitto ed in altre regioni orientali. Ve ne sono due varietà, la bianca e la oscura, migliore quest'ultima. È coltivato pure in Spagna dove entra come primario ingrediente nella loro olla potrida e lo chiamano garavança. Sono i ceci fra i legumi più difficili a cocersi, e però si devono mettere in bagno d'aqua la sera prima e farli cocere molto, con acqua piovana, e se con quella di pozzo, mettervi della cenere, saranno più teneri e cuoceranno più presto. Da noi si mangia tradizionalmente colla carne porcina il dì dei morti, costumanza che risale agli antichi Romani, in memoria del ratto delle Sabine. Nel genovesato colla farina di cece mescolata ad olio sale ed acqua se ne fà tortellacci, ed un' altra pasta, detta panizze, che si frigge o si mette in stufato(1). Galeno ne parla come di cibo rusticano. I Mauritani ne andavano ghiottissimi. Dioscoride assicura, che il cece dà bel colore alla faccia. Gli antichi ponevano questo legume a segno d'incorruttibilità. I Persiani ne usano anche oggi come rinfrescativo. Vogliono che contenga molto acido ossalico e sia eccellente contro i calcoli, una volta almeno aveva tale virtù con quella di rafforzare la voce. Tra i varj legumi che si usano per adulterare il caffè, il cece è forse quello che meglio degli altri gli si avvicina, per cui in Francia lo chiamano café français, il quale caffè, invece da noi, si chiama semplicemente brœud de scisger. Cicerone fu così chiamato da cicer perchè aveva in cima al naso un bellissimo cece. Nei Vespri Siciliani, coloro che non sapevano pronunciar ceci — si uccidevano — era il riconoscimento di un francese — che rispondeva: sesì.
assicura, che il cece dà bel colore alla faccia. Gli antichi ponevano questo legume a segno d'incorruttibilità. I Persiani ne usano anche oggi come
Vicia da Vincia, che si attorciglia. Legume annuale, originario del mar Caspio e della Persia. Vuol terreno argilloso, sostanzioso, a mezzodì. Si semina d'autunno a Febbraio. Due varietà: la invernenga e la marzuola detta Cavallina più piccola. Celebre la fava di Nizza. Nel linguaggio dei fiori: Corbellare. La fava fresca che da noi si chiama Bagiana , si mangia in minestra. Secca si macina e serve anche pel bestiame. La fava è feculenta e flattulenta, deve essere mangiata di rado e tenera. La fava specialmente secca è cibo da carettiere. È il più grosso dei nostri legumi mangerecci. I Fenici ne facevano pane e furono i primi che la introdussero da noi. Nella Bibbia troviamo che la fava dava la farina da mischiarsi con altri grani a far pane (Ezech.). Gli scrittori greci e latini la raccomandavano come cibo gratissimo ai giumenti. Varone e Columella ne parlarono, ma mai come cosa idonea al cibo dell'uomo. I Latini presero il nome di Faba dai Falisci, popolo dell'Etruria, abitanti a Falerio, oggi Montefiasco. Essi la chiamavano Haba e poi per corruzione i Latini Faba. Da faba venne pure la parola fabula, ad indicare una cosa gonfiata, onde fabula, una piccola bala — e fabarii i cantori, perchè questi mangiavano le fave ad irrobustire la voce. La fava diede il nome alla famiglia dei Fabi. Ermolao Barbaro scrive che a' suoi tempi nell'Insubria e nella Liguria i venditori di fave andavano gridando per le strade : bajana, bajana! donde forse derivò a noi il nome di bagiana. Nel Veneto ai Milanesi si dava l'epiteto di bagiani, che da noi significa babbei. Fino dalla antichità la fava serviva nei comizi per la votazione. La bianca era segno di assoluzione, la nera di dannazione , teste Plutarco. Da qui ne venne che la parola fava servisse per dire suffragio, voto ed anche favore. Pittagora diceva, essere proibito mangiar le fave — cioè vendere i voti. Oh! quante fave mangiano i deputati! Le galline che mangiano le fave, fanno l' ovo col guscio molto fragile.
al cibo dell'uomo. I Latini presero il nome di Faba dai Falisci, popolo dell'Etruria, abitanti a Falerio, oggi Montefiasco. Essi la chiamavano Haba e
La Lattuga prende il nome dal succo lattiginoso che contiene. È pianta erbacea annuale, di patria ignota, la più insipida delle insalate, se se ne eccettui il lattughin detta anche insalatina, da noi, forse perchè essendo assai tenera e primaticcia si mangia volentieri. Ve ne sono 3 varietà. Da noi se ne coltivano due, la comune e la romana. Vuol terra leggera ben lavorata e grassa e frequenti irrigazioni. Si semina da Marzo a Settembre, e la si preserva dai freddi coprendola. S'imbianca come l' endivia. Il suo seme migliore è quello di due anni. Nel linguaggio dei fiori: sonno. Fu sempre conosciuta la sua azione soporifera. Galeno ne mangiava tutte le sere per procurarsi il sonno. Dioscoride e Celso l'avevano come un succedaneo dell'oppio ed è forse per questa sua proprietà d'addormentare che venne chiamata Erba dei Filosofi. Era opinione che la lattuga accrescesse il latte alle nutrici, e ciò si crede anche oggi. Pitagora la chiamò Eunachion. La lattuga fù dai romani consacrata a Venere e pochi di loro per rispetto alla Dea ne mangiavano. Era tradizione che Venere dormisse al fresco nella lattuga. Adone ucciso da un cinghiale venne sepellito sotto la lattuga. Marziale scrive che la si mangiava dopo cena, per dissipare i vapori del vino. Svetonio ci tramanda che Augusto decretò una statua al suo medico Antonio Musa perchè costui colla lattuga lo guarì dalla ipocondriasi. In ogni tempo fu creduta verdura refrigerante e debilitante. La lattuga a poco a poco era caduta in dimenticanza tale che non era neppure più coltivata verso la fine del 1600. Alcuni medici vollero emulare il Musa di Augusto. E Lanzoni la vantò contro l'ipocondria, Breteuil nelle convulsioni, Gouan nella nefrite e nell'iterizia, Schelinger nell'angina di petto, Brassavola nell'idropisia, Hudellet nelle febbri intermittenti, terzane, quartane, ecc.; insomma una specie di manna. Oggi si mangia in insalata e si mette nelle zuppe e negli intingoli diversi. Si crede che non lavata, la lattuga sia più saporita.
nutrici, e ciò si crede anche oggi. Pitagora la chiamò Eunachion. La lattuga fù dai romani consacrata a Venere e pochi di loro per rispetto alla Dea ne
Plinio dice al lib. 25 cap. 2: « Hyssopum in oleo contritum phthyriasi resistit et prurigini in capite. » Non traduco la sentenza di Plinio per rispetto alle gentili lettrici. Anche oggi in Persia viene usato l'infuso come cosmetico. Ne parlò Salomone (Regum,3). I Giudei ricinsero d'isopo la spugna colla quale abbeverarono d'aceto il Redentore. L'isopo è di rito nelle benedizioni di chiese e camposanti. Non è ben certo che il nostro isopo sia quello ricordato dal re Davide: Asperges me hyssopo et mundabor. Si vuole che quell'isopo sia una pianta affatto scomparsa e non dei nostri paesi. Un canonico di Como stampò un volume per simile vertenza. Ma se il nostro non è il medesimo, è per lo meno un suo prossimo parente, perchè ne à le stesse proprietà. La massaja lo taglia in autunno lo fà seccare all'ombra in piccoli fascetti e lo conserva per gli usi culinari dell'inverno. Il suo aroma giusta il detto della salernitana colorisce graziosamente la faccia e dà buon umore.
rispetto alle gentili lettrici. Anche oggi in Persia viene usato l'infuso come cosmetico. Ne parlò Salomone (Regum,3). I Giudei ricinsero d'isopo la spugna
Pianticella annuale originaria della Mesopotamia che dà il noto legume coltivato molto in Francia e nel Vallese. Vuol terreno sciolto, asciutto, non molto grasso. Si semina in primavera e si colgono i frutti appena maturi perchè non cadano. Due varietà principali: la gialla e la rossiccia, questa più saporita. Si conservano per l'inverno in luogo asciutto e prima di usarne, si lasciano macerare in acqua onde si gonfino e diventino tenere. Se ne fa farina ed è molto leggera e buona pei malati. Le lenti si mangiano in minestra, come i fagioli, si mettono cotte negli umidi, accompagnano i salami cotti principalmente quello di fegato, la mortadella. Se ne fa purèe e flan di sapore delizioso. Al tempo antico dovevano essere molto più saporite d'adesso. Esaù le rese celebri cedendo per un piatto di esse la sua primo- genitura. Sono di un uso molto antico e generale. Ovidio dà la palma a quelle di Pelusio in Egitto. Ateneo da il menu d'una cena con queste parole: « mangiammo un piatto di lenti, poi ne venne un altro, poi ce ne servirono di nuovo ben condite in aceto. » Allora si servivano le lenti come oggi si fà della patata in Svizzera. Difilo comico, fà dire ad un suo personaggio: « la tavola era pulitamente disposta, noi avevamo ciascuno un piatto ben colmo di lenti. » Zenone, il fondatore della setta stoica, dice, essere uno dei caratteri del saggio quello di saper condir bene le lenti. Ecco il suo dogma - Sapientem omnia recte agere et lentem diligenter condire. La famiglia dei Lentuli doveva il suo nome a degli antenati venditori di lenti. Marziale ne parla in Xeniis:
nuovo ben condite in aceto. » Allora si servivano le lenti come oggi si fà della patata in Svizzera. Difilo comico, fà dire ad un suo personaggio
Pelusio era città dell'alto Egitto fondata da Peleo, padre del grande Achille. E a questo proposito S. Gerolamo nel lib. 9° in Ezechia, dice che si chiamava lente Pelusiaca perchè Pelusio era come il grande mercato della Tebaide e dell'Egitto, da dove pel Nilo discendevano le lenti fino ad Alessandria. Era proverbio: Ante lentem augere ollam - cioè preparare un'olla più grande che la quantità delle lenti, donde ne venne il nostro: pussee grand l'œucc ch'el bœucc. E l'altro che si legge in Aristofane: Dives factus, jam desiit gaudere lente - il che equivale al nostro parvenu che si scorda di essere stato quello che era. Borc pretende che gli antichi prima di cocerle lasciassero loro subire un principio di germinazione, onde svilupparne meglio il principio zuccherino come si fà oggi coll'orzo tallito. La lente ebbe dei detrattori. Ippocrate e Galeno ne dissero assai male, nient'altro che è autrice delle più grandi malattie e tra le altre del cancro, del sciro, della lebbra e della cataratta. Precisamente come dopo tanto tempo Martin Lauzer assicura che la lente guarisce da 26 malattie, tra le quali la gotta, la cefalogia, l'afrodismo ed il vaiuolo. Al principio del 600 in Lombardia, teste Francesco Gallina medico torinese, correva il proverbio: Chi mangia lenticchie caga una secchia. Stile del 600. E però la lente è un legume saporito, nutriente e che si digerisce meglio passata allo staccio e spoglia di buccia. Roques dopo aver date molte ricette a cucinar le lenti, finisce eoll'assicurare il prossimo che egli preferisce « une purèe de lèntilles, on repose mollement un morceau de pètit lard salè et tendre ». Ma alla lente era preparata una gloria assai maggiore di quella di servire di soffà ad un anitra o ad una salsiccia. L'inglese Warton inventò la famosa Ervalenta (dal suo nome ervum lens) e la fè passare come un prodotto di pianta forastiera ed il pubblico credenzone correva a pagare 10 lire al chilogrammo la farina di lenti che valeva 20 centesimi. Poi dai Du-Barry disputatisi coi Warton nel 1854 il privilegio di gabbare il mondo, ne venne la Revalenta o Revalescère, la famosa Revalenta arabica, che guarisce da tutti i mali. Sottoposta dal Consiglio di Sanità di Londra e dall'illustre Payen di Parigi a conscenziosa analisi risultò composta per la massima parte di farina di lenti scorticate, coll'aggiunta in varie proporzioni di quella di piselli, di melica, sorgo, avena, orzo e una centesima parte di sale di cucina. Pure il Du-Barry continua l'allegro commercio colle più belle trovate di ciarlataneria.
meglio il principio zuccherino come si fà oggi coll'orzo tallito. La lente ebbe dei detrattori. Ippocrate e Galeno ne dissero assai male, nient'altro che
La patata, o pomo di terra, o solano (dal latino solanum, sollievo), nel linguaggio dei fiori: beneficenza. È una radice tuberosa originaria dall'America e precisamente dal Chili e dal Perù, dove si trova ancora allo stato selvaggio. Fu importata colla Dalia, e, curioso! questa per il tubero, la patata per il fiore. Propriamente il nome di patata appartiene ad altra pianta, la vera patata ipomea o convolvulus patata, che viene solo nei climi caldi. Vuole terreno pingue, vegeta in tutti i climi, nelle più basse pianure come a 4000 metri sopra il mare (nell'America e nella Svizzera), sotto l'Equatore (Quinto) come nella Siberia. Da noi si raccolgono i tuberi dall'Agosto al Settembre, à fiori bianchi e violetti. Si propaga per seme o meglio si piantano i così detti occhi che sono le parti della patata accennanti al germoglio, cessato il gelo da metà Marzo in avanti. Si conservano per tutto inverno, ma al caldo fioriscono, all'umido marciscono, al freddo gelano, e temono la luce. Fu portata in Europa dagli Spagnuoli. Pedro Cicca fu il primo a parlarne nel 1553, e nel medesimo anno Fiorentino Fiaschi ne scriveva da Venenzuola a suo fratello. Il Cardano ne fà menzione nel 1557. Nel 1565 fu portata in Irlanda da Hawkins e poi introdotta in Francia. Prima che Releigh e Drake dalla Virginia la trasportassero in Inghilterra, era coltivata in Toscana, ne fà fede il frate Magazzini, e il Redi che nel 1667 ne mangiava in Firenze alla corte di Cosimo II. Le patate in Italia dapprincipio si chiamavano tartuffoli. Nella Germania s'introdusse nel 1710 e dovunque nel 1772 era coltivato negli orti botanici e nei giardini come pianta di lusso. Ma la sua diffusione, come tubero alimentare fu lenta e contrastata. I codini d'allora, la avversarono come pianta sospetta, venefica. Ai codini si unirono i medici più celebri, che la incolparono della degradazione fisica e morale delle popolazioni, e fomite di tutte le malattie. Ai codini ed ai medici fecero coro i frati ed i parroci che dai pulpiti la chiamarono radice del diavolo. Figuratevi il popolo! Anche oggi la coltura della patata è interdetta in Corea. Non fu che sulla fine del secolo passato che potè trionfare.
medici fecero coro i frati ed i parroci che dai pulpiti la chiamarono radice del diavolo. Figuratevi il popolo! Anche oggi la coltura della patata è
Il suo nome dal greco Selidon, o, secondo altri, da Petrosselene, pietra di luna, avendo i semi la forma d'una luna nascente. Vuolsi originario della Sardegna, dove cresce naturalmente, ma oggi è comune a tutti i paesi. Il prezzemolo non teme nè il caldo nè il freddo, non è niente delicato riguardo al terreno, amando però meglio quello leggero, ricco ed umido. Si semina a primavera e se ne à tutto l'anno. Avvi la varietà riccia, o prezzemolo crespo, le cui foglie sono frastagliate; la varietà grossa, o prezzemolo sedanino di Napoli, le cui radici voluminose sono buone a mangiarsi fritte ed accomodate. L'antico petroselinon è quello detto di Macedonia che alligna fra le pietre e fra le roccie (da cui il nome, quasi apium petrinum), à foglie più ampie ed è più dolce. La semente invece è più aromatica e d'un sapore che si avvicina a quello del cumino. Questo ama i terreni sabbiosi e teme il freddo. Avvi quello di palude e quello di montagna selvatico. Il prezzemolo comune somiglia molto alla cicuta che nasce spontanea negli orti, si riconosce però all'odore, perchè quest'ultima puzza tagliandola, e tramanda un odore disgustoso di sorcio. Tutta la pianta del prezzemolo à odore e sapore aromatico, rende i cibi più sani e più aggradevoli, eccita l'appetito e favorisce la digestione. Entra gradito ospite nelle minestre, nelle zuppe, pietanze, guazzetti e salse. Ercole, dopo aver ucciso il Leone Nemeo, si cinse la tempia con una corona di prezzemolo, da qui la consuetudine d'incoronare i vincitori nei giuochi nemei. I poeti pure s'incoronarono di prezzemolo, onde Virgilio: « Floribus atque apio crine ornatus amaro. » Plinio dice che non solo il prezzemolo è un cordiale per gli uomini, ma lo è anche per i pesci: « Pisces quoque, si ægrotant in piscinis, apio viridi recreantur » il che vuol dire: se ti si ammalassero i pesci nella piscina, mettivi delle erborine verdi che guariranno. Le lepri ed i conigli ne sono avidissimi, anzi il darlo loro fa bene e li fa guarire. Le galline e i papagalli ne soffrono ed anche muoiono. Ma se il prezzemolo è un aroma sano, non se deve abusare, perchè è eccitante, la sua radice è più stimolante delle foglie. Del resto i medici gli assegnano virtù diuretica, dà rimedio nelle malattie d'occhi, è febbrifugo e risolvente, vulnerario e narcotico nelle contusioni, nelle echimosi, negli ingorghi lattei. Le famose pillole galattifughe arcana preparazione della farmacia di Brera, constano principalmente di estratto di prezzemolo. Il seme del prezzemolo triturato in polvere serve di cipria per distruggere i pidocchi. Se si prende una certa quantità di prezzemolo e lo si pone nell'aqua per 48 ore e poi se ne spruzzi il suolo e le lettiere si è certi di essere liberati dalle pulci. Impropriamente da noi si chiamano erborinn quelle piccole macchie che troviamo nello stracchino di Gorgonzola, le quali sono ne più nè meno che muffa. In un'antica Cronica milanese troviamo che « Menina Briancea fu l'inventrice della salsa verde che fassi ottima a Milano nel Monistero Maggiore da quelle sante mani di Donna Anastasia Cotta. »
Sardegna, dove cresce naturalmente, ma oggi è comune a tutti i paesi. Il prezzemolo non teme nè il caldo nè il freddo, non è niente delicato riguardo
Il Ramolaccio, o Armoracio, è radice annuale, indigena, originaria della China. Vuole terreno sciolto, pingue e a buona esposizione, abborre il massimo caldo. Avvene molte varietà, sì per grandezza che per forma e colore. I bianchi grossi, e i ruggini dolci d'estate si seminano da Marzo a Giugno, per averne in estate ed autunno. I rotondi, o lunghi, sia bianchi che neri forti dal Giugno a Settembre, per averli dall'autunno a primavera. Il Ravanello, è bianco o rosso, rotondo o lungo, o rosa lunghissimo di Firenze. Si può seminarlo tutto l'anno ed averne tutti i mesi. Avvi pure il Ravanello serpente (Raphanus caudatus) di Giava, ancora poco conosciuto, che à lunghissimi bacelli terminali che possono prolungarsi fino a un metro, di gusto piccante, e che, verde, si pone in aceto. Il ramolaccio e il ravanello addivengono stopposi, bucherati o tarlati e ciò dipende dalla qualità della terra, (che amano terreni forti, tenaci ed asciutti), o al lasciarli troppo nella terra dopo sviluppati, o al conservarli qualche giorno dopo colti. Il ramolaccio à gusto acre, piccante, si mangia crudo con sale, olio, pepe colla carne. È considerato un condimento pesante allo stomaco e difficile a digerirsi. Fu detto che il ramolaccio fa digerire tutto, ma egli non è digeribile: Raphanus digerit, at ipse non digeritur. Sviluppa flattulenze fetide ed acri rinvii. Sono da preferirsi i piccoli e giovani, perchè più teneri e meno acri. Erano celebri i ramolacci di Delfi ove li mangiavano anche cotti. Democrito li condannava. In Egitto dove erano saporitissimi - suavitate prcæcipui - si mangiavano aspersi di nitro. Campegio Sinforiano « uomo sapientissimo » dell'epoca delle crociate, dice che i più grossi al suo tempo erano quelli di Germania. Che i ramolacci sieno indigesti viene attestato anche da Cornelio Celso che scrive: a levibus cibis ad acres, ab acribus ad leves transire esse radicem, (raphanum) deinde vomere, lib. 3 cap. 16. Si voleva che guarisse dai calcoli urinarj. Oggi raschiato ed applicato come cataplasma attorno al collo, il popolo lo usa come risolvente nelle angine, e ne fa sciroppo che trova utile nella tosse ferina e nei catarri ostinati. I cronisti ci tramandano che il ramolaccio era la passione di Carlo Magno, passione ereditata da suo figlio Pipino. Dai nostri contadini viene chiamato : Salam de prœusa - e negli educandati - Polpett de magher.
che guarisse dai calcoli urinarj. Oggi raschiato ed applicato come cataplasma attorno al collo, il popolo lo usa come risolvente nelle angine, e ne
Ed Orazio 3 De Art. Am. « Rosmaris et laurus nigramque myrtus olent. » Oggi s'incoronano col rosmarino, capponi, uccelletti e polpettine. Serve secco e bruciato a disinfettare le stanze degli ammalati.
Ed Orazio 3 De Art. Am. « Rosmaris et laurus nigramque myrtus olent. » Oggi s'incoronano col rosmarino, capponi, uccelletti e polpettine. Serve secco
L'etimologia del sambuco è a desumersi dal nome dell'istrumento a cui servì primamente. Il greco sambuke ed il latino sambuca era istrumento musicale fatto a triangolo, forse la synphonia biblica, citata dal Calmet; in sostanza, la cornamusa, la nostra tiorba fatta di cannuccie di sambuco, quella stessa che adoperava Orfeo, uno dei primi Sambuciarii, per far ballare i sassi. Onde Sambucistria la ballerina, e sambucam cothurno aptare, che era l'operetta d'allora. Anche oggi i ragazzi ciuffolano come Orfeo entro la canna del sambuco. Il sambuco è un arboscello perenne delle nostre siepi, che cresce in ogni terreno. Nel linguaggio dei fiori: Umiltà, riconoscenza. Dà fiori piccoli, bianchi, ad ombrella di odore delizioso, da noi chiamati panigada. La parola panigada alcuni vogliono venga dal greco pana gatos che vuol dire ottimo - altri da panis gaudium, per il gratissimo sapore che dona al pane. I fiori cedono il posto ai frutti a forma di bache verdi in principio, nere quando sono mature, grosse quanto i frutti del ginepro ed in gran numero. I suoi fiori servono al cuoco che li frigge, al fornajo che li mescola col pane, al pasticciere che ne aromatizza le leccornie, al cantiniere che con quelli dà un sapore di moscatello al vino, principalmente il bianco, e all'aceto. Con essi si aromatizzano altresì le acque. I frutti quando sono maturi e neri servono a tingere le acque e vini senza pericolo alcuno. La polvere stessa di essi frutti disseccati, comunica ai liquidi grato sapore. Le bacche nere si mangiano talora preparate con zuccaro e droghe. Il sambuco è adoperato in medicina in molti modi. Se ne prepara un roob diaforetico, un infuso teiforme. L'odore aromatico dei fiori finisce col diventare nauseoso e nocevole aspirandolo lungamente. Plinio dice: E Sambuco vertigines sonnusque profundus. - Dal Sambuco vertigini e sonno profondo. Colle bache nere fino da' suoi tempi, le donne usavano tingersi i capelli, forse con minore risultato, ma certo con minori pericoli che oggi. In Norvegia si mangiano infuse su aceto come i citrioli. In Inghilterra se ne fa una specie di vino. I frutti sono alquanto purgativi e gradito pascolo dei merli. I rami del sambuco, scrive il cardinal Simonetta, sono preziosissimi, per fare orinare i cavalli battendo loro coi rami sotto la pancia. L'odore graveolente del sambuco, scaccia le mosche, le farfalle e gli scarafaggi. Il sugo delle cime del sambuco unito a grasso di maiale, ungendone i cavalli e gli asini allontana da loro le zanzare. Mettendone dei rami fra i cavoli si liberano dalle gatte, al qual uso servirebbe meglio l'altra specie puzzolente detta sambucus ebulus o sambuco nano, da noi conosciuto sotto il nome di ughetta, la quale scaccia pure i topi.
'operetta d'allora. Anche oggi i ragazzi ciuffolano come Orfeo entro la canna del sambuco. Il sambuco è un arboscello perenne delle nostre siepi, che
Il sedano o selino è pianticella erbacea, biennale, indigena à radice tuberosa, di sapor forte, piccante, odore aromatico, nasce naturalmente nelle paludi torbose del Po, si semina in primavera, si trapianta. Ama bona esposizione, terra grassa, copiosi inaffìamcnti. S'imbianchisce rivestendolo e rincalzandolo di terra, si difende dal freddo coprendolo collo strame. Diverse varietà, le migliori il bianco e violetto a costa ripiena, il sedano rapa (apium radice rapacea) à la radice che si gonfia e raggiunge ragguardevoli proporzioni. Il sedano è della famiglia del prezzemolo e serve tanto la foglia che la radice, a condire convesso e a dar sapore a legumi, verdure, carni, ecc. entra in molte salse. Lo si mangia crudo con pepe sale ed olio ed in insalata. Lo si frigge, massime il sedano rapa, (del quale si mangia solo la radice), lo si cuoce in stufato, se ne fà un delicatissimo purè. A Napoli lo si chiama accio (da Appio). Il sedano e massime il seme è eccitante e per alcuni indigesto. In Oriente è usato il seme contro il mal di mare. Fino dal tempo di Ippocrate, veniva usato per soffumigi contro l'emicrania: in nares cerebro bile infestato. In Grecia, teste Galeno, lo si mangiava in insalata: oleo et aceto confecto: ma da molti veniva creduto produrre epilessia e cecità. Plutarco ci ricorda era proverbio, — abbisognare di sedano quelli che sono male in gamba: qui deplorata sunt valetudine. I Romani s'incoronavano di sedano nei conviti onde preservarsi dall'ebbrezza. Oggi il sedano nei conviti si mangia per antipasto. Colla polvere del seme di sedano, meglio del selvatico, se ne fà un unguento contro i pidocchi.
quelli che sono male in gamba: qui deplorata sunt valetudine. I Romani s'incoronavano di sedano nei conviti onde preservarsi dall'ebbrezza. Oggi il
Il suo nome dal vocabolo greco che significa nocevole agli occhi. Vuoisi originaria dalla Tessalia. È pianta erbacea annuale, indigena, piuttosto coltivata che spontanea, fiorisce in Giugno e Luglio. Si propaga per semi in primavera ed ama terra sostanziosa. Nel linguaggio dei fiori : Dispetto. Avvene due varietà: la bianca e la nera. La prima à fiori grandi d'un giallo pallido, di sapore delicato, viene coltivata molto in Inghilterra e preferita per uso gastronomico. La nera à fiori piccoli gialli, dà seme più minuto ed à sapore più forte ed acuto, e questa è la più usitata. Polverizzato il seme della senape nera, serve a preparare coli'acqua, o col mosto, o coli'aceto, o collo zuccaro, o col brodo, o misto a droghe e sapori, le varie paste liquide dette mostarde o salse di senape in uso giornaliero per la tavola. I giovani getti della senape si mangiano in insalata. È antichissimo l'uso gastronomico della senape. Columella, de re rustica, ci conservò la ricetta di due salse che componevano i Romani. L'una quale press'a poco la facciamo noi oggi e serviva per condire le rape, 1' altra con pignoli ed amido, che raggiungeva esimia bianchezza, serviva al più nobile uso, di tornagusto per carni lessate e pesci. Galeno suggerisce di renderla dolce. E colla senape che si fabbrica la mostarda e la si rende più o men dolce coll'unirvi zuccaro, miele, o mosto d'uva. (Mostarda viene da mosto). La senape stuzzica 1'appetito, favorisce la digestione e rallegra lo spirito. 11 filosofo Kant usava masticarne i semi per rinvigorire la memoria. La senape serve in medicina a farne i così detti senapismi, e se ne cava un olio risolutivo. È eminentemente antiscorbutica. Lo storico Ray narra che all'assedio della Rocella, dove lo scorbuto aveva già colpito centinaia di soldati, la malattia si arrestò prontamente, facendo prendere a tutti come rimedio e preservativo l'infusione di senape nel vino bianco. Dietro ciò l'Ammiragliato d'Olanda, prescrisse che tutti i vascelli dovessero sempre portarne seco sufficiente provvigione. La Scuola Salernitana dice della senape:
facciamo noi oggi e serviva per condire le rape, 1' altra con pignoli ed amido, che raggiungeva esimia bianchezza, serviva al più nobile uso, di
Il sesamo detto anche giuggiolena è pianticella annuale. Si propaga per semi, vuol terra sciolta e pingue e viene sotto l'azione del gran caldo e dell'umido. Ve ne sono 5 varietà. L'orientale, cresce spontaneamente nei terreni secchi ed aridi dell'India, del Ceylan, del Malabar, e s'accomoda facilmente nei suoli fertili. Fornisce un fusto alto un metro, diritto, erbaceo, quasi cilindrico, assai ramoso, foglie verdi, fiori bianchi o color rosa in Giugno. I semi di esso col calore e colla pressione forniscono il 48% di olio che è così limpido e gustoso da rivaleggiare colle migliori qualità dell'olivo, per le quali viene sovente venduto, essendo 1'olio di sesamo riconoscibile solo per contenere meno sostanza. Inoltre l'olio di sesamo à il merito di non mai irrancidire. Il vantaggio dell'olivo su questa pianta è quello di poter allignare anche in luoghi erti ed asciutti ed in terreni poco profondi. Il sesamo non reggerebbe nei paesi montuosi anche per i venti. Vuolsi originario dell'Asia Minore e precisamente dalla Paflagonia, dove esisteva pure la città di Sesamon chiamata poi Amastris, della quale parla Plinio. In Bologna se ne sono fatte molte esperienze notate nel Giornale d'Italia di scienze naturali. Coi suoi semi in Egitto se ne fà una minestra saporita. In Sicilia lo si metteva nel pane. Oggi ancora si mangiano arrostiti e cotti come quelli del riso e dell'orzo, e macinati forniscono una farina grossolana, ma di cui i pasticcieri si servono assai. Era conosciuto il sesamo in Oriente sino dai tempi più remoti. Da Plinio fu messo il sesamo fra i cereali, da Columella fra i legumi, da Teofrasto fra i grani che non ànno nome. Ateneo nel libro XVI dice che i Greci lo mangiavano torrefatto col miele. Galeno che lo si metteva nel pane, ma che era di sua natura calido. In Egitto i semi del sesamo servono a preparare una pasta biancastra, che si usa per mantenere la freschezza e la bellezza della pelle.
'Italia di scienze naturali. Coi suoi semi in Egitto se ne fà una minestra saporita. In Sicilia lo si metteva nel pane. Oggi ancora si mangiano arrostiti e
A' tempi di Svetonio, il bulbo dello zafferano durava 8 anni. Nell'Avignonese oggi limitasi a due soli, nella Sicilia a tre, ad Aquila a quattro. Il bulbo è amato dai topi, gli steli dalle lepri. Quantunque originario dei paesi del mezzodì, è coltivato oramai in quasi tutta Europa, perfino in Inghilterra. In Italia tale cultura è antica specialmente in Sicilia e nel Napoletano, e propriamente nella provincia di Aquila, che per aroma e qualità tintoria dà lo zafferano migliore del mondo. Il suo prezzo medio è di L. 150 al chilogrammo. Lo zafferano si usa dai tintori, dai caffettieri, dai pasticcieri, dai profumieri, dai pittori, pizzicagnoli, maniscalchi e cuochi. Per la cucina si dovrebbe provvederlo in fili e non in polvere, onde evitarne la falsificazione. La frode più innocente è quella di esporlo per qualche tempo in luogo umido, affinchè cresca di peso. Lo si falsifica benissimo coi fiori dello Zaffranone, o falso zafferano (carthamus tintorius) che dà un colore scarlatto, con l'Oricella (rocella tinctoria) che dà pure un color porpora, col Sommaco (rhus coriaria) ecc. I vapori che sparge lo zafferano nei luoghi chiusi, ove non si possano con facilità dissipare; sono all'uomo malsani e talvolta micidiali, perchè à virtù eminentemente narcotica, ed in medicina passa come rimedio stimolante analogo all'oppio. La scoperta dello zafferano si perde nella nebbia dei tempi. La mitologia vuole che abbia avuto origine da un giovinetto chiamato Croco che innamoratosi perdutamente di una ninfa, chiamata Smilace, nè piacendo a Barba Giove tale matrimonio, fu da lui cambiato nella pianta dello zafferano, da qui il suo nome di Crocus. Et in parvos versum cum Smilace flores, et Crocon . (Ovidio, 4, Mctam.). Dioscoride lo raccomanda come apposto. Sappi che le zucche più vuote di questo mondo, possono elevarsi alla più alta aristocrazia culinaria. Tu potresti apprestare a'tuoi amici, un abbondante, gustoso e variato pranzo, quasi colla sola zucca, vale a dire che essa formi d'ogni piatto, se non l'unico, almeno il principale coefficiente. Sono note le minestre di zucca d'ogni specie e fresche e secche. La si fa cuocere nel brodo, nell'aqua e burro, ovvero nel latte. Se ne rileva il sapore con erbuccie, ova, spezie e collo zuccaro. La polpa delle zucche ed anche i fiori si mangiano fritte, ripiene, accomodate, triffolate, in fricassèe, in stufato, ed in polpette. Se ne fanno torte, pasticci, e perfino salami. Colle piccole zucchette lessate o cotte alla brage, o colle tenere cime delle piante bollite nell'aqua si fa dell' insalata che si condisce coll'olio degli stessi semi della zucca. Il sugo di essa fermentato può fornire l'aceto. Colla zucca confettata con miele ed aromi, si provvede il dessert di saporite mostarde e confetture, che si rende ancor più vago abbellendole con piccole zucchettine imitanti le pera, le poma, gli aranci. Il pane si forma colla zucca ben cotta, impastata colla terza parte di farina. Finalmente coi semi di zucca, puoi comporre orzate e simili gustose bevande. Che se questo simposio, vuoi prepararlo a'tuoi amici all'aria aperta, lo potrai gentilmente offrire sotto un pergolato coperto colle foglie di una pianta di zucca. Che ne dirò poi delle zucche vuote? Colla scorza di esse puoi farne bottiglie, bicchieri, piatti, cucchiaj, forcine, coltelli, mestole, saliere, lucerne ove arda l'olio del seme suo, recipienti d'aqua, di vino, di liquori, tabacchiere, pipe e quello che vuoi. Le zucche vuote poi servono mirabilmente a sorreggere i mal pratici o novizi nuotatori. A questo proposito, vo' narrarti un aneddoto di Bellavitis e faccio punto. Bellavitis, mio illustre e celebre collega dell'Università di Padova, ora defunto, veniva un giorno supplicato da uno studente, perchè gli fosse propizio nell'esame: « Veda, professore, insisteva lo studente, se io non passo questo benedetto esame, ò l'inferno in casa mia! Sarei costretto a buttarmi in Brenta. » — A l che Bellavitis: « Oh no xe pericolo per hi, perchè el sa che le zucche i galleggia! » Insomma, io non mi perito a chiamare la zucca la più utile delle verdure ed è ingiusto adoperare il suo nome per insultare alle teste umane. Rispelta dunque le zucche e cava loro tanto di cappello, come lo cavi a tante nullità coperte coi galloni di prefetto, di senatore, di generale! Un bacio e vale. »
A' tempi di Svetonio, il bulbo dello zafferano durava 8 anni. Nell'Avignonese oggi limitasi a due soli, nella Sicilia a tre, ad Aquila a quattro. Il