Come ognuno sa, le migliori paste da minestra sono quelle di grano duro, che si fanno distinguere pel colore naturale di cera. Diffidate di quelle gialle, di cui si tenta mascherare l'origine ordinaria di grano comune, per mezzo di una tinta artificiale, che una volta era data almeno con sostanze innocue, quali lo zafferano o il croco. Le seguenti proporzioni sono approssimative per condire grammi 500 e più di minestra:
Come ognuno sa, le migliori paste da minestra sono quelle di grano duro, che si fanno distinguere pel colore naturale di cera. Diffidate di quelle
Ammesso che ne facciate 24, prendete un uovo o altro arnese di forma consimile e colla punta del medesimo pigiate nel mezzo di ognuno dei dischi per imprimergli una buca. In 12 di detti dischi ponete un cucchiaino di un battutino tirato col sugo e la balsamella, composto di fegatini, animelle, prosciutto, lingua salata, odore di tartufi o di funghi, il tutto tagliato a piccoli dadi. Bagnate i dischi all'intorno con un dito intinto nell'acqua e sopra ciascuno sovrapponete un altro disco dei 12 rimasti vuoti; quando saranno tutti coperti premete sopra ai medesimi un altro cerchio di latta di dimensione eguale a quello qui delineato, onde si formi un'incisione tutto all'ingiro.
Ammesso che ne facciate 24, prendete un uovo o altro arnese di forma consimile e colla punta del medesimo pigiate nel mezzo di ognuno dei dischi per
Signore che vi dilettate alla cucina non mettete questo fritto nel dimenticatoio, perchè piacerà ai vostri sposi e, per gl'ingredienti che contiene, forse sarete da essi rimeritate. Prendete pane raffermo, non troppo spugnoso, levategli la corteccia e tagliatelo a mandorle o a quadretti di quattro centimetri circa per ogni lato, tutti di un'eguale misura. Distendete sopra ad ognuno prima una fetta di prosciutto grasso e magro, poi fettine di tartufi e sopra a questi una fetta di cacio gruiera. Coprite il ripieno con altrettanti pezzetti di pane che combacino premendoli insieme perchè stieno uniti; ma tagliate ogni cosa sottile onde i pezzi del fritto non riescano troppo grossolani.
centimetri circa per ogni lato, tutti di un'eguale misura. Distendete sopra ad ognuno prima una fetta di prosciutto grasso e magro, poi fettine di
Se vi piacesse di sentire questi carciofi con l'odore della nepitella, ecco come dovete regolarvi. Levate ai carciofi tutte le foglie non mangiabili e divideteli in quattro spicchi ognuno, od anche in sei se sono grossi; infarinateli e poneteli al fuoco in una teglia di rame, con olio in proporzione, condendoli con sale e pepe. Quando li avrete rosolati uniteci un battutino composto di uno spicchio d'aglio, o di mezzo soltanto se i carciofi sono pochi, e un buon pizzico di nepitella fresca. Quando avranno tirato l'umido terminate di cuocerli con sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua.
e divideteli in quattro spicchi ognuno, od anche in sei se sono grossi; infarinateli e poneteli al fuoco in una teglia di rame, con olio in
I gusci delle conchiglie marine per quest'uso devono essere, nella parte concava, larghi quanto la palma di una mano onde ognuno, col contenuto suo, possa bastare a una persona. Appartengono al genere Pecten Iacobaeus, Pettine, detto volgarmente cappa santa perchè si usava dai pellegrini. La carne di questa conchiglia, buona a mangiarsi, è molto apprezzata pel suo delicato sapore.
I gusci delle conchiglie marine per quest'uso devono essere, nella parte concava, larghi quanto la palma di una mano onde ognuno, col contenuto suo
Questo pesce (Tinca vulgaris) della famiglia dei ciprinoidi, ossia dei carpi, benchè si trovi anche ne' laghi e ne' fiumi profondi, abita di preferenza, come ognuno sa, le acque stagnanti dei paduli ma ciò che ignorasi forse da molti si è che esso, nonchè il carpio, offrono un esempio della ruminazione fra i pesci. Il cibo arrivato nel ventricolo è rimandato nella faringe coi movimenti antiperistaltici e dai denti faringei, speciali a quest'uso, ulteriormente sminuzzato e triturato.
preferenza, come ognuno sa, le acque stagnanti dei paduli ma ciò che ignorasi forse da molti si è che esso, nonchè il carpio, offrono un esempio della
I macellari di Firenze chiamano sfilettato la lombata di manzo o di vitella a cui sia stato levato il filetto. Prendete dunque un pezzo grosso di sfilettato e steccatelo tutto con pezzetti di tartufi, meglio bianchi che neri, tagliati a punta e lunghi tre centimetri circa, unendo ad ognuno di questi un pezzetto di burro per riempire il buco che avrete aperto con la punta del coltello per inserirli. Fate delle incisioni a traverso la cotenna onde non si ritiri, legatelo ed infilatelo nello spiede per cuocerlo. A due terzi di cottura dategli un'untatina con olio e salatelo scarsamente, perchè queste carni di bestie grosse sono assai saporite e non hanno bisogno di molto condimento.
sfilettato e steccatelo tutto con pezzetti di tartufi, meglio bianchi che neri, tagliati a punta e lunghi tre centimetri circa, unendo ad ognuno di
Con la metà della farina di grano e col lievito di birra, intrisi con acqua tiepida, formate un panino e ponetelo a lievitare. Frattanto impastate con acqua calda le due farine mescolate insieme con tutti gl'ingredienti suddetti, eccetto l'uva. Aggiungete al pastone il panino quando sarà lievitato, lavoratelo alquanto e per ultimo uniteci l'uva. Dividetelo in quindici o sedici parti formandone tanti panini in forma di spola, e con la costola di un coltello incidete sulla superficie d'ognuno un graticolato a mandorla. Poneteli a lievitare in luogo tiepido, poi cuoceteli al forno o al forno da campagna a moderato calore onde restino teneri.
un coltello incidete sulla superficie d'ognuno un graticolato a mandorla. Poneteli a lievitare in luogo tiepido, poi cuoceteli al forno o al forno da
Sbucciate le mandorle, distaccatene i lobi, cioè le due parti nelle quali sono naturalmente congiunte, e tagliate ognuno dei lobi in filetti o per il lungo o per traverso come più vi piace. Ponete queste mandorle così tagliate al fuoco ed asciugatele fino al punto di far loro prendere il colore gialliccio, senza però arrostirle. Frattanto ponete lo zucchero al fuoco in una cazzaruola possibilmente non istagnata e quando sarà perfettamente liquefatto, versatevi entro le mandorle ben calde, e mescolate. Qui avvertite di gettare una palettata di cenere sulle bragi, onde il croccante non vi prenda l'amaro, passando di cottura, il punto preciso della quale si conosce dal color cannella che acquista il croccante. Allora versatelo a poco per volta in uno stampo qualunque, unto prima con burro od olio, e pigiandolo con un limone contro le pareti, distendetelo sottile quanto più potete. Sformatelo diaccio e se ciò vi riescisse difficile, immergete lo stampo nell'acqua bollente. Si usa anche seccar le mandorle al sole, tritarle fini colla lunetta, unendovi un pezzo di burro quando sono nello zucchero.
Sbucciate le mandorle, distaccatene i lobi, cioè le due parti nelle quali sono naturalmente congiunte, e tagliate ognuno dei lobi in filetti o per il
Si prepara come il detto Budino N. 663; ma le mandorle, dopo pestate con una chiara d'uovo, è bene passarle per istaccio. Ungete abbondantemente una teglia col lardo e rivestitela di una sfoglia di pasta matta, N. 153, e sopra alla medesima versate il composto alla grossezza di un dito e mezzo all'incirca, cuocendolo fra due fuochi o nel forno. Raccomando il calore moderatissimo e la precauzione di un foglio sopra unto col burro, perchè la bellezza di questa torta è che sia cotta in bianco. Quando sarà ben diaccia tagliatela a mandorle in modo che ogni pezzo abbia la sua pasta matta sotto, la quale si mangia o no secondo il piacer d'ognuno, essendosi essa usata al solo scopo di ornamento e di pulizia.
quale si mangia o no secondo il piacer d'ognuno, essendosi essa usata al solo scopo di ornamento e di pulizia.
Questo dolce nella sua semplicità è, a mio parere, di un sapore assai delicato e, benchè cognito forse ad ognuno, non dispiacerà di sentirne stabilite le dosi nelle seguenti proporzioni, che io credo non abbisognino di essere nè aumentate nè diminuite.
Questo dolce nella sua semplicità è, a mio parere, di un sapore assai delicato e, benchè cognito forse ad ognuno, non dispiacerà di sentirne
Se questo prezioso frutto della famiglia delle solanacee (Solanum Lycopersicum), originario dell'America meridionale, fosse più raro, costerebbe quanto e più dei tartufi. Il suo sugo si marita con tante vivande e fa ad esse così ottima compagnia, che merita conto di spendere qualche fatica per ottenerne una buona conserva. Molti sono i metodi per farla ed ognuno dà la preferenza al suo: io vi descriverò quello da me adottato e che seguo da molti anni perchè me ne trovo bene.
ottenerne una buona conserva. Molti sono i metodi per farla ed ognuno dà la preferenza al suo: io vi descriverò quello da me adottato e che seguo da molti
La crosta bianca si fa colla chiara d'uovo, lo zucchero a velo, l'agro di limone e il rosolio: piacendovi di colore roseo, invece di rosolio servitevi di alkermes. Eccovi le proporzioni all'incirca per ognuno dei dolci descritti:
servitevi di alkermes. Eccovi le proporzioni all'incirca per ognuno dei dolci descritti:
Levate il semolino dall'involto, mettetelo al fuoco in una cazzaruola e senza farlo bollire scioglietegli dentro il rosso d'uovo, versate nel medesimo una parte del detto intingolo, mescolate e versatelo in un vassoio, ma quasi asciutto onde presenti la colma, la quale fiorirete coll'uovo sodo tagliato a piccoli spicchi. Il resto dell'intingolo mescolatelo nel brodo della pentola e questo brodo mandatelo in tavola diviso in tante tazze quanti sono i commensali, accompagnate, s'intende, dal vassoio del semolino; così ognuno tira giù nel suo piatto una porzione di semolino e gli beve dietro il brodo a cucchiaiate.
sono i commensali, accompagnate, s'intende, dal vassoio del semolino; così ognuno tira giù nel suo piatto una porzione di semolino e gli beve dietro il
Mi trovavo a Livorno al tempo delle bagnature l'anno di grazia 1855, e il colèra, che serpeggiava qua e là in qualche provincia d'Italia, teneva ognuno in timore di un'invasione generale che poi non si fece aspettare a lungo. Un sabato sera entro in una trattoria e dimando: — Che c'è di minestra? — Il minestrone, — mi fu risposto. — — Ben venga il minestrone, — diss'io. Pranzai e, fatta una passeggiata, me ne andai a dormire. Avevo preso alloggio in Piazza del Voltone in una palazzina tutta bianca e nuovissima tenuta da un certo Domenici; ma la notte cominciai a sentirmi una rivoluzione in corpo da fare spavento; laonde passeggiate continue a quel gabinetto che più propriamente in Italia si dovrebbe chiamar luogo scomodo e non luogo comodo. — Maledetto minestrone, non mi buscheri più! — andavo spesso esclamando pieno di mal animo contro di lui che era forse del tutto innocente e senza colpa veruna.
ognuno in timore di un'invasione generale che poi non si fece aspettare a lungo. Un sabato sera entro in una trattoria e dimando: — Che c'è di minestra