Nello scegliere i procedimenti d'indagine ebbi sempre preferenza per gli empirici, o popolari, e per quelli semplici al punto da esser conciliabili con la più limitata abilità esperimentale; in ogni caso poi non ricordai che quelli universalmente accetti come i più sicuri e richiedenti limitatissimo patrimonio di mezzi di investigazione. Per lo scopo prefissomi di abilitare, non al completo studio degli alimenti del soldato, che troppo sarebbe stato, ma alla sufficiente conoscenza dei medesimi, onde potere, al caso, entrare in fondato sospetto sulla loro insalubrità per alterazioni o falsificazioni, io ritenni ciò sufficiente; ogni di più avrebbe potuto riuscire soverchio, incomprensibile anche per buona parte del pubblico cui intendeva rivolgermi, e tale da spostare il mio lavoro dal campo pratico nel quale era mia intenzione mantenerlo ad ogni costo.
stato, ma alla sufficiente conoscenza dei medesimi, onde potere, al caso, entrare in fondato sospetto sulla loro insalubrità per alterazioni o
Questa gran diversità fra crosta e midolla deriva dal fatto che, per il calore intenso del forno, la superficie del pane è la prima ad essere disidratata ed attaccata nei suoi elementi, tanto che destrina e glucosio vi si caramellizzano ed una parte di carbonio è messa in libertà, d' onde il colore ed il sapore speciali della crosta.
disidratata ed attaccata nei suoi elementi, tanto che destrina e glucosio vi si caramellizzano ed una parte di carbonio è messa in libertà, d' onde il colore
Ove poi i magazzini non riuniscano tutti i requisiti detti di sopra, dovrà esaminarsi soventissimamente il frumento, in specie durante la stagione estiva e nei tempi umidi e sciroccali, per vedere se dà segni di incipiente alterazione, onde provvedere energicamente e senza indugio.
estiva e nei tempi umidi e sciroccali, per vedere se dà segni di incipiente alterazione, onde provvedere energicamente e senza indugio.
Quando poi la farina, per circostanze imprevedute, avesse a trovarsi più o meno alterata ed invasa da insetti, dovrà esser prontamente smossa e distesa in strati sottili a contatto dell'aria libera onde raffreddarla; soleggiata accuratamente, per essiccarla a norma del bisogno; sottoposta, occorrendo, nuovamente al buratto; consumata nel più breve tempo possibile.
distesa in strati sottili a contatto dell'aria libera onde raffreddarla; soleggiata accuratamente, per essiccarla a norma del bisogno; sottoposta
Può darsi però che una seconda frode sia impiegata a mascherare la prima: che cioè venga adoperata o la polvere stessa di riso od una polvere minerale, come gesso, kaolino, etc., onde spolverizzare i chicchi del riso precedentemente ripuliti dalla bagnatura. Un buon segno che avvertirà di questo secondo espediente doloso sarà la disparizione, o quasi, dalla superficie dei granelli delle due righe caratteristiche che, una per lato, vi si disegnano in senso longitudinale. Inoltre, per essere più certi, si potrà lavare una quantità di riso nell'acqua distillata, lasciar depositare e quindi incenerare su lamina di platino
minerale, come gesso, kaolino, etc., onde spolverizzare i chicchi del riso precedentemente ripuliti dalla bagnatura. Un buon segno che avvertirà di questo
Dovendo dire delle carni dei mammiferi domestici erbivori, sarà opportuno conoscere, prima di tutto, la nomenclatura esatta degli animali che le forniscono, onde evitare, quando che sia, di cadere in equivoci. Il seguente dettaglio la riproduce assai completamente.
forniscono, onde evitare, quando che sia, di cadere in equivoci. Il seguente dettaglio la riproduce assai completamente.
I. Nei metodi senza effusione di sangue, da fuggirsi sempre nella macellazione delle carni d'uso militare, per le ragioni dette più sopra. Lo stesso metodo inglese per asfissia, che consiste nello stordire l'animale con un forte colpo in testa e nel praticargli quindi l'insufflazione di aria nei cavi pleurali (mediante adatto trequarti) onde ucciderlo prontamente, se è ottimo modo di macellazione per ottenere le famose carni patentate da roast-beef, è anche tale da predisporle a prontissima putrefazione, appunto perchè non dissanguate, e da renderle perciò improprie per la lessatura od altro modo di preparazione.
cavi pleurali (mediante adatto trequarti) onde ucciderlo prontamente, se è ottimo modo di macellazione per ottenere le famose carni patentate da roast
Onde facilitare al visitatore della carne il non facile compito di risolvere questo primo quesito, sulla scorta dei più accreditati autori che trattarono l'argomento, radunai nella tavola che segue i principali caratteri differenziali fra la carne di bove e quelle di altri mammiferi erbivori commestibili, che possono essere adoperate più comunemente a falsificarla.
Onde facilitare al visitatore della carne il non facile compito di risolvere questo primo quesito, sulla scorta dei più accreditati autori che
42. — Conservazione della carne. Non intendo qui di parlare degli svariati processi adoperati per ottenere la lunga conservazione della carne, perchè su tale argomento mi tratterrò in modo speciale nella sezione quinta di questa prima parte, dedicata ai viveri di riserva per la truppa; voglio invece qui accennare brevemente a quelle misure più acconce a ritardare la pronta alterazione della carne nel periodo che può correre dalla sua incetta alla sua cucinatura. Ma prima di tutto occorre ben conoscere quali sono le condizioni che più favoriscono l'alterazione della carne stessa, onde essere in grado di saperle evitare all'occorrenza. Fra queste si annoverano in special modo:
alla sua cucinatura. Ma prima di tutto occorre ben conoscere quali sono le condizioni che più favoriscono l'alterazione della carne stessa, onde essere
Osservando un affioramento dell'istrumento ad un grado diverso dall'indicato, onde poter conoscere a quale peso specifico corrisponde, servirà il seguente ragguaglio de' gradi interi dell'alcoometro ai vari pesi specifici fra 900 e 940 apprezzabili coll'oleometro Lefèbvre.
Osservando un affioramento dell'istrumento ad un grado diverso dall'indicato, onde poter conoscere a quale peso specifico corrisponde, servirà il
È tanto invadente in commercio questa falsificazione, che il R. Ministero della Guerra, nel 1883, per mezzo della Direzione della farmacia centrale militare, emetteva una istruzione apposita, onde mettere in guardia i corpi contro una tal frode dei fornitori. Ecco la istruzione fedelmente trascritta:
militare, emetteva una istruzione apposita, onde mettere in guardia i corpi contro una tal frode dei fornitori. Ecco la istruzione fedelmente
Onde poter giudicare sulla bontà di un dato vino occorre possedere mezzi di indagine opportuni. A questo scopo il R. Ministero della Guerra disponeva che nella cassetta regolamentare per l'analisi dell'acqua potabile (di cui sarà più specialmente parola al 94) ci fosse l'occorrente anche per l'analisi del vino, e che nella annessa Istruzione venissero descritti i procedimenti più semplici e più indispensabili per effettuarla. È sulla scorta adunque di quella guida che io studierò l'argomento importantissimo, non senza aggiungere quanto io reputerò più opportuno alla migliore intelligenza della cosa. Quello che in seguito è virgolato, s'intende riportato testualmente dalla Istruzione ufficiale.
Onde poter giudicare sulla bontà di un dato vino occorre possedere mezzi di indagine opportuni. A questo scopo il R. Ministero della Guerra disponeva
Si raccoglie entro di questa una quantità di liquido che rappresenti il terzo del vino versato nel pallone, se trattasi di vini ordinari; ove poi abbiansi vini assai spiritosi, è necessario raccoglierne invece la metà, onde esser certi di aver scacciato tutto l'alcool contenuto nel vino in esame.
abbiansi vini assai spiritosi, è necessario raccoglierne invece la metà, onde esser certi di aver scacciato tutto l'alcool contenuto nel vino in esame.
b) Aggiunzione di acido salicilico. Onde impedire le fermentazioni nocive nel vino ed assicurarne la conservazione, si usa oggi di aggiungervi dell'acido salicilico. Se ne può constatare la presenza nel vino mediante il procedimento che segue. Se ne prendono 50 cc. e si mescolano con 20 cc. di cloroformio; si dibatte moderatamente la miscela e si pone in un tubo a rubinetto (tubo del Ritter ricordato alla lettera c). Quando il cloroformio è caduto al fondo, aprendo il rubinetto, se ne spillano 10 cc. in tubo d'assaggio e si aggiunge qualche goccia di soluzione di percloruro di ferro con alcuni cc. di acqua distillata. Se il vino conteneva acido salicilico l'acqua si colorerà di un bel colore violaceo.
b) Aggiunzione di acido salicilico. Onde impedire le fermentazioni nocive nel vino ed assicurarne la conservazione, si usa oggi di aggiungervi dell
Onde non esser tratti in inganno e non correre il pericolo di somministrare alla truppa un liquore troppo più inferiore di quello realmente richiesto, occorre saper distinguere i due liquori in questione.
Onde non esser tratti in inganno e non correre il pericolo di somministrare alla truppa un liquore troppo più inferiore di quello realmente richiesto
Però è da osservare che l'uso continuato della galletta può nuocere alla salute, per essere essa priva di sale, soverchiamente secca ed esigente una grande copia di succo gastro-intestinale onde esser digerita ed assimilata a dovere. In altri termini, sarebbe soverchiamente affaticante del tubo gastro-enterico e perciò capace di irritarlo e di disordinarne la regolare funzione. Malgrado queste mende, la galletta è una grande risorsa in tempo di guerra, perchè, oltre ad entrare a far parte dei viveri dello zaino, per la sua lunga conservabilità e facile trasportabilità, atteso il suo poco volume, si presta mirabilmente a provvedere all'occorrenza l'esercito in campagna di un fondo di pane di riserva, da somministrare al soldato in quelle circostanze nelle quali appunto non gli si possa fornire il pane ordinario da munizione o quello biscottato. È poi di somma utilità per provvedere le fortezze e piazze fortificate di depositi vistosi di un alimento conservabile a lungo, per i casi di assedio, quando, impedito il vettovagliamento, siensi esauriti i depositi di farina per la fabbricazione del pane ordinario.
grande copia di succo gastro-intestinale onde esser digerita ed assimilata a dovere. In altri termini, sarebbe soverchiamente affaticante del tubo
b) Nel sottoporla nuovamente, così rinchiusa, all'azione di una temperatura superiore a 100°, mediante bagnomaria a pressione,, onde completarne ed assicurarne la perfetta sterilizzazione.
b) Nel sottoporla nuovamente, così rinchiusa, all'azione di una temperatura superiore a 100°, mediante bagnomaria a pressione,, onde completarne ed
V) Nel chiuderla successivamente in vasi (che primitivamente furono di vetro ed ora sono di lamina metallica) onde sottrarla al contatto dell'aria (occlusione).
V) Nel chiuderla successivamente in vasi (che primitivamente furono di vetro ed ora sono di lamina metallica) onde sottrarla al contatto dell'aria
La carne conservata per il nostro soldato, se inalterata, non appena scoperchiata la scatoletta metallica nella quale trovatasi ermeticamente chiusa, si presenta di un bell'aspetto, spande odore gradito, è di giusta consistenza e di buon sapore. Trattata con proporzionata quantità di acqua bollente per qualche po'di tempo è capace di fornire un brodo discreto, ma essa perde allora molto della sua sapidità, consistenza e buon gusto. Occorre appena avvertire che la consumazione di questa carne deve succedere immediatamente all'apertura delle scatolette, onde evitarne l'alterazione che non si farebbe attendere, una volta tornata al contatto dell'aria e dei germi in essa contenuti.
appena avvertire che la consumazione di questa carne deve succedere immediatamente all'apertura delle scatolette, onde evitarne l'alterazione che non si
«Prima di effettuare l'idrotimetria si fanno alcuni saggi chimici preliminari qualitativi, onde poter acquistare un'idea circa le qualità generali dell'acqua esaminanda, e giudicare inoltre se debbasi procedere al dosamento dei sali, delle materie organiche e dell'ammoniaca.
«Prima di effettuare l'idrotimetria si fanno alcuni saggi chimici preliminari qualitativi, onde poter acquistare un'idea circa le qualità generali
Onde constatare il titolo della soluzione alcoolica di sapone, si adopra il seguente procedimento: si riempie la buretta idrotimetrica della soluzione di sapone, sino al segno circolare; d'altra parte si versa nella boccetta graduata (a della figura), servendosi della pipetta 2/20, un centimetro cubo della soluzione titolata di azotato di bario (al 2,14 °/0) e quindi si completa con acqua distillata il volume di 40 cc. S'instilla la soluzione di sapone agitando continuamente; 20 gradi idroti metrici della medesima devono esser sufficienti a produrre lo strato di schiuma persistente.
Onde constatare il titolo della soluzione alcoolica di sapone, si adopra il seguente procedimento: si riempie la buretta idrotimetrica della
4° Saggio. Si eseguisce aggiungendo a 50 cc. di acqua bollita, 2 cc. di soluzione di ossalato d'ammonio e mescolando convenientemente il liquido onde renderlo omogeneo. Dopo mezz'ora si filtra e se ne determina il grado idrotimetrico nel modo già accennato sopra 40 cc.
4° Saggio. Si eseguisce aggiungendo a 50 cc. di acqua bollita, 2 cc. di soluzione di ossalato d'ammonio e mescolando convenientemente il liquido onde
a) Esame del sedimento naturale dell'acqua. Questo è il più semplice e speditivo modo di esame microscopico dell'acqua sospetta (Girard). Onde ottenere il sedimento si pongono 30-40 cc. di acqua da esaminare in un tubo d'assaggio lungo e di piccolo diametro, ben terso e, meglio ancora, avvampato alla fiamma della lampada, avendo cura di tapparne quindi la bocca con cotone cardato, sottoposto per qualche tempo alla temperatura di + 120° o 130°.
a) Esame del sedimento naturale dell'acqua. Questo è il più semplice e speditivo modo di esame microscopico dell'acqua sospetta (Girard). Onde
Per terminare al riguardo dei filtri di compenso col ricordo di un ripiego ingegnoso, citerò il filtro improvvisato dal Maggiore medico Panara a Massaua, nei primi tempi della nostra occupazione militare di quel paese, quando una delle indicazioni igieniche più urgenti che si presentava era quella di filtrar l'acqua infetta e ripugnante che sola offriva la località. «Bisognava cercare, dice il Panara nella sua relazione già citata, un mezzo di filtrazione semplice, pratico e che desse acqua abbondante per 2,500 uomini……..Noi non avevamo botti, nè mastelli, ma avevamo trovato delle grosse anfore piriformi, con la base in alto, con l'apice che si poteva forare. Riempite di sostanze filtranti, messe sopra un tripode di legno, onde collocarvi al disotto un recipiente da raccogliere l'acqua filtrata, era quello che meglio potesse corrispondere ai nostri bisogni.
anfore piriformi, con la base in alto, con l'apice che si poteva forare. Riempite di sostanze filtranti, messe sopra un tripode di legno, onde collocarvi
Pianta oleacera nota e gradita. Vuole esposizione di mezzodì. È spontanea nei terreni sabbiosi d'Europa. Tre varietà principali — il bianco precoce e molto produttivo, verde all'estremità, che è quello d'Olanda e del Belgio — il violetto , più grosso di colore violetto o rossiccio all'estremità, che è quello di Ulma, Polonia-Darmstadt — e il verde meno grosso del precedente, ma più saporito, verde e tenero in tutta la sua lunghezza che è quello di Piemonte (celebri quelli di Cilavegna). L'asparago di Praga è il medesimo. Si moltiplica per mezzo delle radici, dette occhi, ma egualmente e forse meglio si anno asparagiaje colla semina. Durano le radici dai 20 ai 30 anni e più. Se ne mangiano i talli in primavera. Gli asparagi costituiscono una verdura saporitissima, di facile digestione, gradevole, ma poco nutritiva. Servono a moltissimi usi in cucina. Si fanno cocere senz'acqua in tegame di terra o tortiera, chiusi a foco lento ove cocendo col proprio vapore, sono più saporiti, devono essere poco cotti altrimenti perdono del loro sapore. Si condiscono con burro od olio. Si mangiano in insalata con olio, pepe e limone. Si friggono col pesce infarinati, s'accompagnano alle ova, al riso, agli stufati, nei ragouts e nei potaggi(1). Per spedizione o conservazione, incartarli uno ad uno, durano persino 15 giorni. La parte bianca del tallo non mangiabile può servire a fabbricare carta grossolana. Anche presso gli antichi l'asparago fu sempre tenuto in grande onore. Ne parlano tutti gli scrittori da Galeno a Catone, da Columella a Plinio. In Italia erano rinomatissimi quelli di Ravenna, onde Marziale :
gli scrittori da Galeno a Catone, da Columella a Plinio. In Italia erano rinomatissimi quelli di Ravenna, onde Marziale :
Riferisce Ateneo, filosofo peripatetico, che nel paese dei Getuli in Africa, gli asparagi erano grossi come le canne e lunghi dodici piedi. E Plutarco, che nella Caria, provincia dell'Asia Minore, il popolo li adorava. I Fenici se ne ungevano il corpo col loro sugo onde non essere punti dalle api. Pare che anche il cuoco di Giulio Cesare glieli apprestasse non molto stracotti, perch'egli ad esprimere la velocità d'alcun che soleva dire: citius quam asparagi coquantur. Mille sono le virtù ed i vizi che i medici assegnano agli asparagi. Sono diuretici in sommo grado, giovano nell'idrope, nelle affezioni cardiache, sono calmanti nell'orgasmo nervoso, nei dolori dei tisici, nell'insonnia, giovano contro il catarro polmonare, nella paralisi della vescica e perfino a detta del medico ateniese Chairetes contro l'idrofobia. All'incontro non sono convenienti agli isterici, agli ipocondriaci, ma sopratutto a quelli che patiscono la gotta. Albert suggerisce che mettendo la sera nel pot de chambre un paio di goccie d'aceto, colui che il giorno prima s'è fatto una scorpacciata d'asparagi si desta al mattino in un'atmosfera embaumè di violette. Altri invece assevera, che tale effetto si ottenga con un po' di essenza di trementina invece dell'aceto.
Plutarco, che nella Caria, provincia dell'Asia Minore, il popolo li adorava. I Fenici se ne ungevano il corpo col loro sugo onde non essere punti dalle api
Radice biennale indigena carnosa, tonda, zuccherina, originaria dalle coste Europee dell'Atlantico e del Mediterrraneo. Principali varietà: La campestre, rossa all'esterno, screziata di bianco e roseo all'interno, e la gialla oblunga e rotonda che servono specialmente per il bestiame. Le mangiereccie sono: la Bianca di Slesia bianca all'interno ed all'esterno detta Beta Cycla (in Fr. Navet) che è quella che contiene maggior quantità di zuccaro, e la Rossa preferita per gli usi domestici ed è la più nutritiva, ma è pur quella che ingrossa meno. La Barbabietola contiene il 88% di acqua. Si spargono i semi in Febbraio e Marzo, in terreno fresco, profondo, pingue. Si colgono i frutti in Agosto - Si mangia cotta, (meglio al forno) condita in insalata: è alquanto indigesta. Dalla Barbabietola Cycla, quando è novellina se ne levano le foglie dette da noi erbette che si mangiano bollite, e servono nella minestra e a marinare le zuppe. I suoi nervi quando è invecchiata diconsi da noi cost (in Fr. còtes de poirèes), e si mangiano concie con burro, sale e cacio, richiedono molto condimento e le foglie (Bied) vengono pure usate nelle zuppe e negli erbolati (scarpazza) e nelle medicazioni vescicatorie. La Barbabietola attualmente è coltivata in grande onde cavarne zuccaro. Troviamo nominata la barbabietola da antichissimi autori, ma con poca lode. Erano celebrate quelle di Ascrea, che era un paesucolo sterile della Beozia e forse non avevano che quelle. Marziale diceva che questo cibo da fabbro bisognava condirlo di vino e di pepe:
vescicatorie. La Barbabietola attualmente è coltivata in grande onde cavarne zuccaro. Troviamo nominata la barbabietola da antichissimi autori, ma con
I Trojani la mettevano nel vino, il che secondo loro ne aumentava il sapore e v'infondeva allegrezza ed ilarità e rallegrava il cuore. Apulejo scrive che i Lucani la chiamavano Coragine, perchè à gran proprietà nelle passioni del cuore, onde poi col tempo si mutò il C in B e fu detta Borragine. Marsilio Ficino assicura che l'uso dei fiori di borragine mantiene l'uomo giovine ed allegro.
che i Lucani la chiamavano Coragine, perchè à gran proprietà nelle passioni del cuore, onde poi col tempo si mutò il C in B e fu detta Borragine
Il Cardone da Cardo punta, pianta provvista di aculei è un caule biennale indigeno nostro e della Francia meridionale. Nel linguaggio dei fiori — Austerità — dieci varietà. Fa una pannocchia spinosa, non mangiabile, le cui punte rigide alquanto ricurvate servivano a cardare e garzare le saie e i panni onde la parola scardassare. Ama terreno sciolto, grasso, profondo, si semina in marzo aprile e maggio in luna vecchia, assai raro, si sarchia, s'irriga se c'è l'asciutta. Si taglia in novembre e si riseppellisce nel terreno, perchè diventi bianco e tenero e si salvi dal gelo. Del cardo si cibano le coste delle foglie, in inverno. È delicatissimo cotto al burro con cacio parmigiano, se tenero anche crudo con olio sale e pepe od in insalata. Dà alimento leggero e poco nutriente. Avvene parecchie varietà, le più pregiate sono quelle del cardo bianco, o cardo di Milano e quella di Spagna senza spine. Anticamente era un prodotto della sola Sicilia. Oribasio nel lib. 3 al Capo: Della Bontà et malitia dei cibi, dice che chi cerca viver lungamente sano deve fuggire l'uso dei cardi. Alcuni frati adoperavano i fusti colle foglie dei cardi per flagellarsi.
panni onde la parola scardassare. Ama terreno sciolto, grasso, profondo, si semina in marzo aprile e maggio in luna vecchia, assai raro, si sarchia, s
Il suo nome da Bresic, cavolo. È la pianta erbacea, annuale indigena che tutti conoscono. Vuole terreno lavorato, esposto, teme più il caldo che il freddo. Ve ne sono tante varietà, di precoci e di tardive. Le precoci si seminano in Febbraio e Marzo per averle nella state, le tardive in Aprile e Maggio si trapiantano in Agosto, si raccolgono in Autunno e nel verno ; a salvare i cavoli dal bruco (gattine) circondarli da strisce di fusti di canapa. La varietà del Gambus, (forse dal francese Choux Cabus) Brassica oleacera capitata è meno saporita. Anche del Gambus molte varietà. È distinto quello detto Cavolo Cappuccio di Schweinfurth a testa enorme, a fusto cortissimo - merita d'essere introdotto da noi per la sua straordinaria grossezza, precocità e certa squisitezza. Non è a metter da parte quello di Bruxelles a getti e a mille teste, che à fusto elevato intorno al quale sporgono tante verzette, ricercate per delicatezza di gusto in minestra, o per guarnizione(1). Il cavolo si mangia in cento maniere - nelle minestre - nelle zuppe - in insalata - si mette negli intingoli - serve ad accompagnare i salsicciotti - a far polpette - si condidisce come gli spinacci all'olio, al burro - se ne fà la così detta verzata. Il cavolo è più saporito quando à sentito i primi freddi. Non si deve tagliare col coltello, ma strappare le foglie colle mani, perchè il ferro gli toglie sapore e comunica cattive qualità. Troppo cotto è indigesto e flattulento. Ama molto il burro e specialmente il lardo, va d'accordo colla carne d'animale. Da solo il cavolo vale niente - onde proverbio: El var un càvol, una sverza, per dire che val nulla. I cavoli crudi servono alla preparazione di quelli erbacei fermentati che si conservano e si mangiano chiamati Sauer-Kraut (erba acida) cibo prediletto dei Tedeschi se del quale Marziale :
lardo, va d'accordo colla carne d'animale. Da solo il cavolo vale niente - onde proverbio: El var un càvol, una sverza, per dire che val nulla. I
Concia per le verze. — Le verze amano il lardo, onde questo si pesterà con aglio ed erborine assieme e si metteranno nella pignatta ove bollono le verze per condirle.
Concia per le verze. — Le verze amano il lardo, onde questo si pesterà con aglio ed erborine assieme e si metteranno nella pignatta ove bollono le
Nel linguaggio dei fiori: temperanza. Il suo nome forse dall'arabo chikouryk. Pianta erbacea, originaria dell'Europa, Barberia e Indie Orientali. Si semina da Febbraio a Settembre. Vuole terreno soleggiato e ricco. Ve ne ànno due specie — a foglie lunghe amarognola, e la cicoria scariola a garzuolo o grumolo (scirœu) a foglie quasi tonde di sapore leggermente amaro. Si educano pure nelle cantine per averne foglie più bianche, o rosse e più tenere. La selvatica, detta da noi zuccoria selvadega è la leutodon (dal greco leon, leone, e odùs, dente). — In fr. Pissenlit; ted. Lövenzahau; ing. Deudelion — cresce nei luoghi umidi sabbiosi e viene adoperata al principio della primavera come insalata, è amarissima. Della cicoria si mangiano tanto le foglie che la radice; è più digeribile quanto più tenera. Da noi si ciba cruda, ma in Francia si fanno molti piatti caldi. Si può metterla nelle zuppe e minestre e usarla generalmente quando è scottata nell'acqua bollente come gli spinacci. La cicoria fu detta dai latini ambuleja, dagli egizi cicorium, e dai greci hedynois. I Magi, popolo del Caucaso, per la grande sua utilità la chiamarono chreston e pancration. Galeno l'odiava, e Virgilio la trovava molto amara. ¬– Et amaris intyba fibris, (Georg.). – Fino dalla più remota antichità venne considerata come un rimedio depurativo e tonico. A scopo medicinale è da preferirsi la selvatica(1). Per i bambini se ne prepara ancora uno sciroppo disostruente. Nell'Olanda, nella Fiandra e in alcuni dipartimenti francesi viene coltivata in grande, onde colle radici torrefatte, fabbricarne quella porcheria che si chiama caffè di cicoria, che à invaso tutto il mondo. Chevallier dice, che la sola Francia ne consuma annualmente sei milioni di chili. Le prime fabbriche di caffè di cicoria furono fondate in Olanda nel 1772. Anche questo viene falsificato con fondi di caffè, con terra, fave torrefatte, ecc. Dalla pianta della cicoria se ne cava una tintura gialla. Uno scrittore francese del 600 ci tramanda che le signore nobili ne bevevano il decotto onde diventar belle e di colore allegro.
dipartimenti francesi viene coltivata in grande, onde colle radici torrefatte, fabbricarne quella porcheria che si chiama caffè di cicoria, che à
Columella lo mette fra i migliori legumi. I sommi Sacerdoti dell'Egitto avevano proibito ai loro credenti questo cibo, e Pittagora, professore di filosofia, non voleva che i suoi scolari ne mangiassero onde avere il silenzio necessario nella scuola. Lionbruno, grammatico, nella sua Cronica, dice che Clorinda da Ello, Bresciana, fu la prima che cocesse fagioli freschi con la scorza aggiungendovi aglio, aceto e sedano.
filosofia, non voleva che i suoi scolari ne mangiassero onde avere il silenzio necessario nella scuola. Lionbruno, grammatico, nella sua Cronica, dice
Vicia da Vincia, che si attorciglia. Legume annuale, originario del mar Caspio e della Persia. Vuol terreno argilloso, sostanzioso, a mezzodì. Si semina d'autunno a Febbraio. Due varietà: la invernenga e la marzuola detta Cavallina più piccola. Celebre la fava di Nizza. Nel linguaggio dei fiori: Corbellare. La fava fresca che da noi si chiama Bagiana , si mangia in minestra. Secca si macina e serve anche pel bestiame. La fava è feculenta e flattulenta, deve essere mangiata di rado e tenera. La fava specialmente secca è cibo da carettiere. È il più grosso dei nostri legumi mangerecci. I Fenici ne facevano pane e furono i primi che la introdussero da noi. Nella Bibbia troviamo che la fava dava la farina da mischiarsi con altri grani a far pane (Ezech.). Gli scrittori greci e latini la raccomandavano come cibo gratissimo ai giumenti. Varone e Columella ne parlarono, ma mai come cosa idonea al cibo dell'uomo. I Latini presero il nome di Faba dai Falisci, popolo dell'Etruria, abitanti a Falerio, oggi Montefiasco. Essi la chiamavano Haba e poi per corruzione i Latini Faba. Da faba venne pure la parola fabula, ad indicare una cosa gonfiata, onde fabula, una piccola bala — e fabarii i cantori, perchè questi mangiavano le fave ad irrobustire la voce. La fava diede il nome alla famiglia dei Fabi. Ermolao Barbaro scrive che a' suoi tempi nell'Insubria e nella Liguria i venditori di fave andavano gridando per le strade : bajana, bajana! donde forse derivò a noi il nome di bagiana. Nel Veneto ai Milanesi si dava l'epiteto di bagiani, che da noi significa babbei. Fino dalla antichità la fava serviva nei comizi per la votazione. La bianca era segno di assoluzione, la nera di dannazione , teste Plutarco. Da qui ne venne che la parola fava servisse per dire suffragio, voto ed anche favore. Pittagora diceva, essere proibito mangiar le fave — cioè vendere i voti. Oh! quante fave mangiano i deputati! Le galline che mangiano le fave, fanno l' ovo col guscio molto fragile.
poi per corruzione i Latini Faba. Da faba venne pure la parola fabula, ad indicare una cosa gonfiata, onde fabula, una piccola bala — e fabarii i
Pianticella vivace, aromatica, originaria della Siria. Nel linguaggio dei fiori: forza, robustezza. Cresce spontanea nei luoghi aprichi e soleggiati, ama terra grassa, esposizione calda, frequenti inaffiamenti. Si semina da Febbraio a Luglio, dà fiori gialli. Si coltiva come il sedano negli orti. La varietà selvatica è più forte. Il Finocchione è il finocchio dolce d'Italia, il romano. Il Fœniculum piperatum, o finocchio arancino è raro fra noi, ma spontaneo e coltivato nelle regioni meridionali d'Italia. È celebre il finocchio di Faenza e di Forlì. I teneri germogli detti anche finocchini; si mangiano come erbaggi da tavola, crudi all'olio e pepe, cotti con burro come il cardo. A Napoli e Sicilia i teneri germogli si mangiano nelle zuppe e minestre. I semi detti anche erba bona, sono droga di cucina e di pasticceria. Si adopera a dar sapore alle carni porcine allo spiedo, ai pesci fritti, alle salse, si fa bollire colle castagne. Serve alla preparazione dell'aquavita, dà bon alito, e in alcuni paesi lo mettono perfino col tabacco nella pipa. La parola fœniculum dal greco, vuol dire dissipare, scacciare i venti, onde la scuola salernitana: Semen fœniculi pellit spiracula culi — il quale verso non mi permetto tradurre. In tedesco suona così:
nella pipa. La parola fœniculum dal greco, vuol dire dissipare, scacciare i venti, onde la scuola salernitana: Semen fœniculi pellit spiracula culi — il
Il finocchio è eccellente contro le flattulenze e nelle malattie di petto, è stimolante e tonico. Dioscoride ne parla a lungo. Anticamente si attribuiva al finocchio grande virtù sulla vista e Plinio asserisce perfino che le serpi mangiandone lascino colla pelle la loro vecchiezza (1). I vecchi napoletani lasciavano ogni cosa pel finocchio, onde quel verbo infinocchiare. I Latini cominciavano il pranzo coll'ovo (da ciò il proverbio ab ovo) e finivano colla mela, che poi venne surrogata dal finocchio per lasciare alito buono. Nel finocchio alligna un verme che riesce micidiale; abbiamo tuttora il proverbio a Roma: Guardati dal malocchio e dal verme del finocchio.
napoletani lasciavano ogni cosa pel finocchio, onde quel verbo infinocchiare. I Latini cominciavano il pranzo coll'ovo (da ciò il proverbio ab ovo) e
Pianticella annuale originaria della Mesopotamia che dà il noto legume coltivato molto in Francia e nel Vallese. Vuol terreno sciolto, asciutto, non molto grasso. Si semina in primavera e si colgono i frutti appena maturi perchè non cadano. Due varietà principali: la gialla e la rossiccia, questa più saporita. Si conservano per l'inverno in luogo asciutto e prima di usarne, si lasciano macerare in acqua onde si gonfino e diventino tenere. Se ne fa farina ed è molto leggera e buona pei malati. Le lenti si mangiano in minestra, come i fagioli, si mettono cotte negli umidi, accompagnano i salami cotti principalmente quello di fegato, la mortadella. Se ne fa purèe e flan di sapore delizioso. Al tempo antico dovevano essere molto più saporite d'adesso. Esaù le rese celebri cedendo per un piatto di esse la sua primo- genitura. Sono di un uso molto antico e generale. Ovidio dà la palma a quelle di Pelusio in Egitto. Ateneo da il menu d'una cena con queste parole: « mangiammo un piatto di lenti, poi ne venne un altro, poi ce ne servirono di nuovo ben condite in aceto. » Allora si servivano le lenti come oggi si fà della patata in Svizzera. Difilo comico, fà dire ad un suo personaggio: « la tavola era pulitamente disposta, noi avevamo ciascuno un piatto ben colmo di lenti. » Zenone, il fondatore della setta stoica, dice, essere uno dei caratteri del saggio quello di saper condir bene le lenti. Ecco il suo dogma - Sapientem omnia recte agere et lentem diligenter condire. La famiglia dei Lentuli doveva il suo nome a degli antenati venditori di lenti. Marziale ne parla in Xeniis:
più saporita. Si conservano per l'inverno in luogo asciutto e prima di usarne, si lasciano macerare in acqua onde si gonfino e diventino tenere. Se ne
Pelusio era città dell'alto Egitto fondata da Peleo, padre del grande Achille. E a questo proposito S. Gerolamo nel lib. 9° in Ezechia, dice che si chiamava lente Pelusiaca perchè Pelusio era come il grande mercato della Tebaide e dell'Egitto, da dove pel Nilo discendevano le lenti fino ad Alessandria. Era proverbio: Ante lentem augere ollam - cioè preparare un'olla più grande che la quantità delle lenti, donde ne venne il nostro: pussee grand l'œucc ch'el bœucc. E l'altro che si legge in Aristofane: Dives factus, jam desiit gaudere lente - il che equivale al nostro parvenu che si scorda di essere stato quello che era. Borc pretende che gli antichi prima di cocerle lasciassero loro subire un principio di germinazione, onde svilupparne meglio il principio zuccherino come si fà oggi coll'orzo tallito. La lente ebbe dei detrattori. Ippocrate e Galeno ne dissero assai male, nient'altro che è autrice delle più grandi malattie e tra le altre del cancro, del sciro, della lebbra e della cataratta. Precisamente come dopo tanto tempo Martin Lauzer assicura che la lente guarisce da 26 malattie, tra le quali la gotta, la cefalogia, l'afrodismo ed il vaiuolo. Al principio del 600 in Lombardia, teste Francesco Gallina medico torinese, correva il proverbio: Chi mangia lenticchie caga una secchia. Stile del 600. E però la lente è un legume saporito, nutriente e che si digerisce meglio passata allo staccio e spoglia di buccia. Roques dopo aver date molte ricette a cucinar le lenti, finisce eoll'assicurare il prossimo che egli preferisce « une purèe de lèntilles, on repose mollement un morceau de pètit lard salè et tendre ». Ma alla lente era preparata una gloria assai maggiore di quella di servire di soffà ad un anitra o ad una salsiccia. L'inglese Warton inventò la famosa Ervalenta (dal suo nome ervum lens) e la fè passare come un prodotto di pianta forastiera ed il pubblico credenzone correva a pagare 10 lire al chilogrammo la farina di lenti che valeva 20 centesimi. Poi dai Du-Barry disputatisi coi Warton nel 1854 il privilegio di gabbare il mondo, ne venne la Revalenta o Revalescère, la famosa Revalenta arabica, che guarisce da tutti i mali. Sottoposta dal Consiglio di Sanità di Londra e dall'illustre Payen di Parigi a conscenziosa analisi risultò composta per la massima parte di farina di lenti scorticate, coll'aggiunta in varie proporzioni di quella di piselli, di melica, sorgo, avena, orzo e una centesima parte di sale di cucina. Pure il Du-Barry continua l'allegro commercio colle più belle trovate di ciarlataneria.
essere stato quello che era. Borc pretende che gli antichi prima di cocerle lasciassero loro subire un principio di germinazione, onde svilupparne
Pianticella gramignacea annuale, originaria delle Indie. Se ne contano 3 varietà, secondo il colore del seme, bianco gialliccio e nero. Da noi si coltiva solamente il gialliccio e vuol terreno sciolto, pingue, solatio. Si semina raro in Giugno e Luglio, dopo la messe. Si chiama miglio dai mille semi che produce. Anche il miglio dà farina per alimento. Lo stesso nome antico di panicum indica che serviva a far pane. Da noi si dice ancora pan de mej perchè una volta anche da noi se ne usava, onde il sonetto del Burchiello: Perchè a Milan si mangia pan di miglio? Plinio al lib. 28 cap. 10 dice: Milio campania gaudet præcipuo, pultemque candidam ex eo facit: fit et panis prœdulcis. Appare da qui che ai tempi di Plinio si coltivava la varietà bianca, e che fino d' allora il miglio serviva per chicche da offelleria. In Asia se ne fà una certa polenta che si mangia con olio e grasso di porco. Del resto era usato come farina da pane nell'Etiopia, nell'Egitto, Persia, Siria e nell'Arabia. I semi del miglio si possono cocere in minestra col brodo e massime col latte, se ne fà torte. Ridotto in farina è buono a far polenta e pane che appena uscito dal forno è saporitissimo e non isdegnato dai gusti più delicati. La farina serve pure in pasticceria. Col miglio si alimentano i pulcini, le galline, il pollame e molti uccelli. I selvaggi lo arrostiscono. In Tartaria se ne compone una specie di birra e una certa aquavite che chiamano Bysa. Il miglio dev'essere conservato in luogo assai asciutto e dura così più d'ogni altro grano.
mej perchè una volta anche da noi se ne usava, onde il sonetto del Burchiello: Perchè a Milan si mangia pan di miglio? Plinio al lib. 28 cap. 10 dice
Il Nasturzio, o Lepidio, è pianticella annuale indigena, conosciuta e coltivata nei giardini e negli orti pei suoi fiori giallo-scuri e rossi. Nel linguaggio dei fiori: Mi importuni. Si moltiplica seminando i suoi frutti a primavera, fiorisce fino all'Ottobre, ama terreno grasso e inaffiamenti. Avvi una varietà a larghe foglie (lepidium latifolium) che si coltiva come la precedente. Il nome di lepidio da lepis squama, perchè si usava a rimedio delle impettigini squamose. Anche presso di noi il volgo lo usò molto tempo per distruggere i vermi ai ragazzi. La pianta è diuretica, i fiori si mangiano colla insalata, che rendono più allegra e saporita per un certo acre tra il rafano e la senape che gli comunica. I semi possono supplire ai capperi, conservansi verdi nell'aceto e se ne fa salse. I Greci la chiamavano Cardamon, lo mangiavano principalmente colla lattuga. Egineta e Zenofonte asseriscono che serviva di companatico ai Persiani. I latini lo chiamarono Nasturtium, a nasi tormento, oppure da nasus tortus, dice Plinio, perchè fa arricciare il naso ed eccita le papille nasali come la senape. Ne dissero mirabilia Dioscoride, Galeno, Avicenna. Gli antichi gli assegnarono la virtù di infondere coraggio, e di chiarificare le idee, onde il precetto: homines secordes et somnolentes nasturtium edere jubeamus. l milanesi ad indicare piedi lunghi e larghi alla moda inglese chiamano le scarpe dei loro fortunati possessori: cassett de Nasturzi.
infondere coraggio, e di chiarificare le idee, onde il precetto: homines secordes et somnolentes nasturtium edere jubeamus. l milanesi ad indicare
La Pastinacca, dal latino pastus, nutrimento, per le sue qualità alimentari è una radice che somiglia la carota, carnosa, bianchiccia, aromatica, biennale. Si semina in Marzo, Aprile, Maggio, in terreno sostanzioso e lavorato profondamente. Ama essere inaffiata d'estate. Si conserva benissimo anche in terra, non teme il gelo. Fiorisce nel Luglio ed Agosto del secondo anno che è stata seminata. Cresce naturalmente nei prati, nei pascoli e tappeti erbosi. Si coltiva negli orti ad alimento. In Italia è poco coltivata. La radice grossa della pastinacca coltivata è saporitissima, si usa cotta in minestra, accomodata col burro ed in insalata. Oltre le radici che sono molto nutritive si mangiano pure le foglie che sono assai buone ed aromatiche. Mérat dice: C' est a notre avis la racine la plus nourissante, celle qui approche le plus de la substance animale sous ce rapport. - Gli Inglesi vogliono che le pastinacche troppo vecchie cagionino il delirio e la follia, onde le chiamano allora Pastinacche matte. Questa gustosissima radice è appunto quella che tagliata a piccoli pezzetti, comunica quel gusto così particolare ed aggradevole che à la Julienne, miscela di vari legumi e verdure disseccate per uso di zuppa che proviene dalla Francia. Se ne fà in Francia una marmellata, che inzuccherata eccita l'appetito, ed è assai propria per i convalescenti. L'imperatore Tiberio amava la pastinacca ed ogni anno ne faceva venire dalla Germania, precisamente da Gelder località renana ove era prelibata, e dove la si pagava come tributo ed imposta. Dioscoride la dichiarò delicata - origratam, ed eccitante l'appetito. Così Plinio ed altri eruditi, la dichiararono utile ai convalescenti e agli ubbriachi - ad vinum transeuntibus. È buon foraggio per le mucche ed il bestiame, ma indebolisce i cavalli e gli asini e fà perdere la vista ai muli.
vogliono che le pastinacche troppo vecchie cagionino il delirio e la follia, onde le chiamano allora Pastinacche matte. Questa gustosissima radice è
Il suo nome dal greco Selidon, o, secondo altri, da Petrosselene, pietra di luna, avendo i semi la forma d'una luna nascente. Vuolsi originario della Sardegna, dove cresce naturalmente, ma oggi è comune a tutti i paesi. Il prezzemolo non teme nè il caldo nè il freddo, non è niente delicato riguardo al terreno, amando però meglio quello leggero, ricco ed umido. Si semina a primavera e se ne à tutto l'anno. Avvi la varietà riccia, o prezzemolo crespo, le cui foglie sono frastagliate; la varietà grossa, o prezzemolo sedanino di Napoli, le cui radici voluminose sono buone a mangiarsi fritte ed accomodate. L'antico petroselinon è quello detto di Macedonia che alligna fra le pietre e fra le roccie (da cui il nome, quasi apium petrinum), à foglie più ampie ed è più dolce. La semente invece è più aromatica e d'un sapore che si avvicina a quello del cumino. Questo ama i terreni sabbiosi e teme il freddo. Avvi quello di palude e quello di montagna selvatico. Il prezzemolo comune somiglia molto alla cicuta che nasce spontanea negli orti, si riconosce però all'odore, perchè quest'ultima puzza tagliandola, e tramanda un odore disgustoso di sorcio. Tutta la pianta del prezzemolo à odore e sapore aromatico, rende i cibi più sani e più aggradevoli, eccita l'appetito e favorisce la digestione. Entra gradito ospite nelle minestre, nelle zuppe, pietanze, guazzetti e salse. Ercole, dopo aver ucciso il Leone Nemeo, si cinse la tempia con una corona di prezzemolo, da qui la consuetudine d'incoronare i vincitori nei giuochi nemei. I poeti pure s'incoronarono di prezzemolo, onde Virgilio: « Floribus atque apio crine ornatus amaro. » Plinio dice che non solo il prezzemolo è un cordiale per gli uomini, ma lo è anche per i pesci: « Pisces quoque, si ægrotant in piscinis, apio viridi recreantur » il che vuol dire: se ti si ammalassero i pesci nella piscina, mettivi delle erborine verdi che guariranno. Le lepri ed i conigli ne sono avidissimi, anzi il darlo loro fa bene e li fa guarire. Le galline e i papagalli ne soffrono ed anche muoiono. Ma se il prezzemolo è un aroma sano, non se deve abusare, perchè è eccitante, la sua radice è più stimolante delle foglie. Del resto i medici gli assegnano virtù diuretica, dà rimedio nelle malattie d'occhi, è febbrifugo e risolvente, vulnerario e narcotico nelle contusioni, nelle echimosi, negli ingorghi lattei. Le famose pillole galattifughe arcana preparazione della farmacia di Brera, constano principalmente di estratto di prezzemolo. Il seme del prezzemolo triturato in polvere serve di cipria per distruggere i pidocchi. Se si prende una certa quantità di prezzemolo e lo si pone nell'aqua per 48 ore e poi se ne spruzzi il suolo e le lettiere si è certi di essere liberati dalle pulci. Impropriamente da noi si chiamano erborinn quelle piccole macchie che troviamo nello stracchino di Gorgonzola, le quali sono ne più nè meno che muffa. In un'antica Cronica milanese troviamo che « Menina Briancea fu l'inventrice della salsa verde che fassi ottima a Milano nel Monistero Maggiore da quelle sante mani di Donna Anastasia Cotta. »
'incoronare i vincitori nei giuochi nemei. I poeti pure s'incoronarono di prezzemolo, onde Virgilio: « Floribus atque apio crine ornatus amaro. » Plinio dice
L'etimologia del sambuco è a desumersi dal nome dell'istrumento a cui servì primamente. Il greco sambuke ed il latino sambuca era istrumento musicale fatto a triangolo, forse la synphonia biblica, citata dal Calmet; in sostanza, la cornamusa, la nostra tiorba fatta di cannuccie di sambuco, quella stessa che adoperava Orfeo, uno dei primi Sambuciarii, per far ballare i sassi. Onde Sambucistria la ballerina, e sambucam cothurno aptare, che era l'operetta d'allora. Anche oggi i ragazzi ciuffolano come Orfeo entro la canna del sambuco. Il sambuco è un arboscello perenne delle nostre siepi, che cresce in ogni terreno. Nel linguaggio dei fiori: Umiltà, riconoscenza. Dà fiori piccoli, bianchi, ad ombrella di odore delizioso, da noi chiamati panigada. La parola panigada alcuni vogliono venga dal greco pana gatos che vuol dire ottimo - altri da panis gaudium, per il gratissimo sapore che dona al pane. I fiori cedono il posto ai frutti a forma di bache verdi in principio, nere quando sono mature, grosse quanto i frutti del ginepro ed in gran numero. I suoi fiori servono al cuoco che li frigge, al fornajo che li mescola col pane, al pasticciere che ne aromatizza le leccornie, al cantiniere che con quelli dà un sapore di moscatello al vino, principalmente il bianco, e all'aceto. Con essi si aromatizzano altresì le acque. I frutti quando sono maturi e neri servono a tingere le acque e vini senza pericolo alcuno. La polvere stessa di essi frutti disseccati, comunica ai liquidi grato sapore. Le bacche nere si mangiano talora preparate con zuccaro e droghe. Il sambuco è adoperato in medicina in molti modi. Se ne prepara un roob diaforetico, un infuso teiforme. L'odore aromatico dei fiori finisce col diventare nauseoso e nocevole aspirandolo lungamente. Plinio dice: E Sambuco vertigines sonnusque profundus. - Dal Sambuco vertigini e sonno profondo. Colle bache nere fino da' suoi tempi, le donne usavano tingersi i capelli, forse con minore risultato, ma certo con minori pericoli che oggi. In Norvegia si mangiano infuse su aceto come i citrioli. In Inghilterra se ne fa una specie di vino. I frutti sono alquanto purgativi e gradito pascolo dei merli. I rami del sambuco, scrive il cardinal Simonetta, sono preziosissimi, per fare orinare i cavalli battendo loro coi rami sotto la pancia. L'odore graveolente del sambuco, scaccia le mosche, le farfalle e gli scarafaggi. Il sugo delle cime del sambuco unito a grasso di maiale, ungendone i cavalli e gli asini allontana da loro le zanzare. Mettendone dei rami fra i cavoli si liberano dalle gatte, al qual uso servirebbe meglio l'altra specie puzzolente detta sambucus ebulus o sambuco nano, da noi conosciuto sotto il nome di ughetta, la quale scaccia pure i topi.
stessa che adoperava Orfeo, uno dei primi Sambuciarii, per far ballare i sassi. Onde Sambucistria la ballerina, e sambucam cothurno aptare, che era l
Il sedano o selino è pianticella erbacea, biennale, indigena à radice tuberosa, di sapor forte, piccante, odore aromatico, nasce naturalmente nelle paludi torbose del Po, si semina in primavera, si trapianta. Ama bona esposizione, terra grassa, copiosi inaffìamcnti. S'imbianchisce rivestendolo e rincalzandolo di terra, si difende dal freddo coprendolo collo strame. Diverse varietà, le migliori il bianco e violetto a costa ripiena, il sedano rapa (apium radice rapacea) à la radice che si gonfia e raggiunge ragguardevoli proporzioni. Il sedano è della famiglia del prezzemolo e serve tanto la foglia che la radice, a condire convesso e a dar sapore a legumi, verdure, carni, ecc. entra in molte salse. Lo si mangia crudo con pepe sale ed olio ed in insalata. Lo si frigge, massime il sedano rapa, (del quale si mangia solo la radice), lo si cuoce in stufato, se ne fà un delicatissimo purè. A Napoli lo si chiama accio (da Appio). Il sedano e massime il seme è eccitante e per alcuni indigesto. In Oriente è usato il seme contro il mal di mare. Fino dal tempo di Ippocrate, veniva usato per soffumigi contro l'emicrania: in nares cerebro bile infestato. In Grecia, teste Galeno, lo si mangiava in insalata: oleo et aceto confecto: ma da molti veniva creduto produrre epilessia e cecità. Plutarco ci ricorda era proverbio, — abbisognare di sedano quelli che sono male in gamba: qui deplorata sunt valetudine. I Romani s'incoronavano di sedano nei conviti onde preservarsi dall'ebbrezza. Oggi il sedano nei conviti si mangia per antipasto. Colla polvere del seme di sedano, meglio del selvatico, se ne fà un unguento contro i pidocchi.
quelli che sono male in gamba: qui deplorata sunt valetudine. I Romani s'incoronavano di sedano nei conviti onde preservarsi dall'ebbrezza. Oggi il
La segale è pianticella germinacea, annua indigena. È il cereale dei paesi freddi, montuosi. Si semina in Autunno e raccogliesi nell' estate vegnente. Nel linguaggio dei fiori: bisogno. Matura più presto del frumento, vuole terreno sciolto, viene anche negli sterili, negli alpestri, dove non alligna il frumento. La segale è meno nutritiva del frumento e meno atta a far del pane che riesce umidiccio e di difficile digestione. Viene nullameno usata a far pane nel Belgio, nell'Olanda, nella Germania settentrionale e specialmente in Russia dai poveri contadini. Mista però alla farina di frumento rende il pane più bianco e saporito e lo conserva fresco più a lungo. Viene pure mescolata col melgone. Messa nell'acqua la farina di segale, serve per bevanda rinfrescante e nutriente per il bestiame. La farina di segale è pure adoperata in medicina per uso esterno come mollificante e risolutivo. In Russia se ne fabbrica una specie di birra nazionale, chiamata Quass. In Groenlandia questa birra la chiamano Tollwasser (aqua che fà impazzire. La paglia lunga e forte, per la molta silice che contiene, è utilissima a coprire capanne campestri, tettoje, grondaje, ecc. Una specie di malattia che sopraviene al grano della segale, dà una grande importanza a questa, nella medicina, sia come generatrice di morbi, sia come potentissimo sussidio terapeutico ed ostetrico, ed è quella conosciuta sotto il nome di segale cornuta o chiodo segalino, in francese ergót. Il suo nome dal celtico segai che significa falce, d'onde in latino il nome generico segestes alle biade, che si falciano, mentre i legumi e le frutta si colgono. La segale non pare fosse conosciuta dai Greci, nessuno dei loro scrittori ne parla. Dei Latini il solo Plinio ne fà menzione, ma come di grano infimo e di nessun conto.
significa falce, d'onde in latino il nome generico segestes alle biade, che si falciano, mentre i legumi e le frutta si colgono. La segale non pare
Lo spinaccio o spinace di orto è pianticella erbacea annale, indigena, originaria dell'Asia. Vuol terreno sciolto, sostanzioso, lavorato, si semina da Febbrajo a tutto Settembre per averne l'anno intero. Pongasi cura a coprirlo leggermente dal freddo e a tenerlo pulito dalle erbe selvatiche. Fra le varietà di spinacci notiamo quello d'Inghilterra a semi pungenti, a lunghe foglie, quello d'Olanda a foglie rotonde, di Fiandra, quello a foglie di lattuga larghissime, infine la recente varietà Viroflay, la quale sorpassa in prodotto tutte le altre. Il seme si conserva per 3 anni. Lo spinacelo è cibo leggiero, ma gustoso e sano. Chi lo cuoce asciutto e chi all'aqua, migliore il primo metodo. Si mangia in minestra, triffolato, si frigge, si marina. Se ne fà torte e puree, si marita alla frittata, e colle lumache. Gli spinacci sono leggermente lassativi e non convengono a tutti gli stomaci. Fu portato lo spinacelo dagli Arabi in Spagna e dalla Spagna in Italia, e dapprima erano detti spagnacci d'onde la corruzione spinacci. Serapione invece assevera che in lingua araba sono detti spanacli. Altri invece vogliono il suo nome da spina, perchè la sua semente è a punta spinosa. Opinano alcuni scrittori che lo spinaccio non fosse conosciuto dagli antichi, ma pare che fossero da questi indicati sotto il nome di atriplex e blitum. Greci e Latini convengono che Yatriplex e il blitum erano : olus iners ac sine sapore et acrimonia itila, unde convivium faciunt fwminis, sed nullius in medicina momenti. Pittagora anzi lo accusa facere hydropicos morbosque regiose ecc. I nostri medici del medio evo ordinavano il decotto di spinacci a quelli che tossivano la mattina. Onde i Milanesi anno conservato il proverbio: vess battezza con l'aqua de spinazz.
portato lo spinacelo dagli Arabi in Spagna e dalla Spagna in Italia, e dapprima erano detti spagnacci d'onde la corruzione spinacci. Serapione invece
A' tempi di Svetonio, il bulbo dello zafferano durava 8 anni. Nell'Avignonese oggi limitasi a due soli, nella Sicilia a tre, ad Aquila a quattro. Il bulbo è amato dai topi, gli steli dalle lepri. Quantunque originario dei paesi del mezzodì, è coltivato oramai in quasi tutta Europa, perfino in Inghilterra. In Italia tale cultura è antica specialmente in Sicilia e nel Napoletano, e propriamente nella provincia di Aquila, che per aroma e qualità tintoria dà lo zafferano migliore del mondo. Il suo prezzo medio è di L. 150 al chilogrammo. Lo zafferano si usa dai tintori, dai caffettieri, dai pasticcieri, dai profumieri, dai pittori, pizzicagnoli, maniscalchi e cuochi. Per la cucina si dovrebbe provvederlo in fili e non in polvere, onde evitarne la falsificazione. La frode più innocente è quella di esporlo per qualche tempo in luogo umido, affinchè cresca di peso. Lo si falsifica benissimo coi fiori dello Zaffranone, o falso zafferano (carthamus tintorius) che dà un colore scarlatto, con l'Oricella (rocella tinctoria) che dà pure un color porpora, col Sommaco (rhus coriaria) ecc. I vapori che sparge lo zafferano nei luoghi chiusi, ove non si possano con facilità dissipare; sono all'uomo malsani e talvolta micidiali, perchè à virtù eminentemente narcotica, ed in medicina passa come rimedio stimolante analogo all'oppio. La scoperta dello zafferano si perde nella nebbia dei tempi. La mitologia vuole che abbia avuto origine da un giovinetto chiamato Croco che innamoratosi perdutamente di una ninfa, chiamata Smilace, nè piacendo a Barba Giove tale matrimonio, fu da lui cambiato nella pianta dello zafferano, da qui il suo nome di Crocus. Et in parvos versum cum Smilace flores, et Crocon . (Ovidio, 4, Mctam.). Dioscoride lo raccomanda come apposto. Sappi che le zucche più vuote di questo mondo, possono elevarsi alla più alta aristocrazia culinaria. Tu potresti apprestare a'tuoi amici, un abbondante, gustoso e variato pranzo, quasi colla sola zucca, vale a dire che essa formi d'ogni piatto, se non l'unico, almeno il principale coefficiente. Sono note le minestre di zucca d'ogni specie e fresche e secche. La si fa cuocere nel brodo, nell'aqua e burro, ovvero nel latte. Se ne rileva il sapore con erbuccie, ova, spezie e collo zuccaro. La polpa delle zucche ed anche i fiori si mangiano fritte, ripiene, accomodate, triffolate, in fricassèe, in stufato, ed in polpette. Se ne fanno torte, pasticci, e perfino salami. Colle piccole zucchette lessate o cotte alla brage, o colle tenere cime delle piante bollite nell'aqua si fa dell' insalata che si condisce coll'olio degli stessi semi della zucca. Il sugo di essa fermentato può fornire l'aceto. Colla zucca confettata con miele ed aromi, si provvede il dessert di saporite mostarde e confetture, che si rende ancor più vago abbellendole con piccole zucchettine imitanti le pera, le poma, gli aranci. Il pane si forma colla zucca ben cotta, impastata colla terza parte di farina. Finalmente coi semi di zucca, puoi comporre orzate e simili gustose bevande. Che se questo simposio, vuoi prepararlo a'tuoi amici all'aria aperta, lo potrai gentilmente offrire sotto un pergolato coperto colle foglie di una pianta di zucca. Che ne dirò poi delle zucche vuote? Colla scorza di esse puoi farne bottiglie, bicchieri, piatti, cucchiaj, forcine, coltelli, mestole, saliere, lucerne ove arda l'olio del seme suo, recipienti d'aqua, di vino, di liquori, tabacchiere, pipe e quello che vuoi. Le zucche vuote poi servono mirabilmente a sorreggere i mal pratici o novizi nuotatori. A questo proposito, vo' narrarti un aneddoto di Bellavitis e faccio punto. Bellavitis, mio illustre e celebre collega dell'Università di Padova, ora defunto, veniva un giorno supplicato da uno studente, perchè gli fosse propizio nell'esame: « Veda, professore, insisteva lo studente, se io non passo questo benedetto esame, ò l'inferno in casa mia! Sarei costretto a buttarmi in Brenta. » — A l che Bellavitis: « Oh no xe pericolo per hi, perchè el sa che le zucche i galleggia! » Insomma, io non mi perito a chiamare la zucca la più utile delle verdure ed è ingiusto adoperare il suo nome per insultare alle teste umane. Rispelta dunque le zucche e cava loro tanto di cappello, come lo cavi a tante nullità coperte coi galloni di prefetto, di senatore, di generale! Un bacio e vale. »
pasticcieri, dai profumieri, dai pittori, pizzicagnoli, maniscalchi e cuochi. Per la cucina si dovrebbe provvederlo in fili e non in polvere, onde evitarne