Per seguire la moda gli italiani — salvo le debite eccezioni — scrivono l'ordine del pranzo in francese, quasi che il nostro idioma non avesse termini appropriati alla bisogna. E ciò non solo è prova di deficienza di quell'alto senso di amor proprio e di decoro che dovrebbe essere il carattere principale di nostra gente, ma è vera e propria onta alla nostra Patria, la quale — anche nell'arte della tavola — fu maestra al mondo. È onta, è offesa all'Italia, codesto deplorevole vezzo, all'Italia nostra, brivido jeri, oggi e sempre, del mondo, che essa potente ha dominato col braccio e con la mente; che essa, schiava, ha dominato coll'intelletto e le inumerevoli invenzioni geniali dei suoi figli. Abituati ad essere servi, ancor oggi non sappiamo farla da padroni... nemmeno a casa nostra. Eppure, i nostri soldatini dicono col loro valore di tenacia, di coraggio, di intelletto all'universo attonito:
sappiamo farla da padroni... nemmeno a casa nostra. Eppure, i nostri soldatini dicono col loro valore di tenacia, di coraggio, di intelletto all'universo
Nella casseruola oblunga e profonda o nel padelott milanese, mettete un etto (100 grammi) di burro, una foglia di lauro, due o tre fogliette di rosmarino, un ramoscello di prezzemolo, un pizzico di pepe e sale, quanto occorre per saporire al gusto dei padroni. Appena il burro si è sciolto, si pone il tacchino nella casseruola, si gira e si rigira due o tre volte di seguito, e coperto
rosmarino, un ramoscello di prezzemolo, un pizzico di pepe e sale, quanto occorre per saporire al gusto dei padroni. Appena il burro si è sciolto, si pone