E torniamo alla nostra gelatina. Mettiamo la casseruola con tutti gli ingredienti su fuoco non troppo vivo, e sbattendo con una forchetta, o meglio con una piccola frusta di ferro stagnato, portiamo il liquido all'ebollizione. L'acqua, scaldandosi, scioglie l'estratto di carne e nello stesso tempo coagula man mano il bianco dell'uovo, chiarificando contemporaneamente la gelatina. Appena il liquido bollirà coprite la casseruola, naturalmente cessando di sbattere, e lasciate che la gelatina bolla insensibilmente sull'angolo del fornello per altri quattro o cinque minuti. Vedrete che negli interstizi lasciati dalla chiara stracciata, apparirà il liquido limpidissimo e di un bel color d'oro. Non dovrete fare altro dunque che prendere una salvietta, bagnarla, strizzarla, appoggiarla sopra un colabrodo e passare dalla salvietta la gelatina, la quale, essendo fatta con estratto di carne che non contiene grasso, passerà subito e non richiederà nessun altro lavoro. Se volete rendere la gelatina ancora più gustosa aggiungeteci, dopo passata, un cucchiaio di marsala. Sentite se sta bene di sale e, all'occorrenza, aggiungetene una presina. Poi mettete la gelatina in una stampa o, più semplicemente, in un paio di tazze grandi e tenetela in luogo fresco o su un po' di ghiaccio fino a che sia rappresa. Quando sarà rappresa, sformatela sopra una salvietta leggermente bagnata e tagliatela in fette a seconda della decorazione che vorrete fare.
interstizi lasciati dalla chiara stracciata, apparirà il liquido limpidissimo e di un bel color d'oro. Non dovrete fare altro dunque che prendere una
Tagliate in dadi 250 gr. di lardo fresco, 250 gr. di magro di vitello e 250 gr. di fegato di vitello. Mettete in una padella un pezzetto di burro e quando il burro sarà sciolto aggiungete i dadi di lardo facendo prendere loro un leggerissimo colore. Con una cucchiaia bucata estraete il lardo dopo averlo lasciato sgocciolare, e nella padella stessa, gittate i pezzi di vitello. Ravvivate il fuoco e fate colorire la carne. Da ultimo aggiungete il fegato, il quale dovrà essere semplicemente scottato, poichè una prolungata cottura non avrebbe altro ufficio che quello di renderlo duro. Se avete a vostra disposizione dei fegati di tacchino, di gallina o di pollo potrete usarli assai convenientemente. In questo caso la quantità di fegato di vitello va diminuita di un peso uguale a quello rappresentato dai fegatini di pollame. Per intenderci, se
quando il burro sarà sciolto aggiungete i dadi di lardo facendo prendere loro un leggerissimo colore. Con una cucchiaia bucata estraete il lardo dopo
Secondo l'uso cui essa è destinata, se cioè occorre più o meno densa, variano le proporzioni dei componenti: burro, farina e latte. Il procedimento per fare la salsa è molto semplice. Si mette il burro in una casseruolina su fuoco moderato. Quando il burro è liquefatto si aggiunge la farina e si fa cuocere senza farle prendere colore e mescolandola continuamente con un cucchiaio di legno. Dopo un paio di minuti si versa nella casseruola il latte, si stempera bene il composto di farina e burro, si condisce con sale, e un nonnulla di noce moscata, e, senza smettere mai di mescolare, si fa addensare la salsa. Molti la chiamano balsamella. Ciò è improprio. Il nome francese della salsa è «béchamelle» perchè attribuita al marchese di Béchamel, maggiordomo del Re Luigi XIV. Volendo quindi italianizzare il nome, ci sembra più logico tradurlo con besciamella anzichè con balsamella, parola che non significa nulla. Le proporzioni della salsa verranno date volta per volta, secondo i casi. Generalmente le dosi per una salsa di media densità sono le seguenti: burro cinquanta grammi, farina due cucchiaiate (cinquanta grammi) e un bicchiere e mezzo di latte, pari alla terza parte di un litro.
cuocere senza farle prendere colore e mescolandola continuamente con un cucchiaio di legno. Dopo un paio di minuti si versa nella casseruola il latte
«Aggiungete a ciò molto prezzemolo, sedano, rosmarino, salvia, ben tritati e fate prendere a tutto questo un po' di colore. Unite pomodoro fresco (o, in mancanza, della salsa di Napoli), mescete mezzo bicchiere di vin bianco, fate riscaldare, senza bollire, coprite la padella e mettete in disparte.
«Aggiungete a ciò molto prezzemolo, sedano, rosmarino, salvia, ben tritati e fate prendere a tutto questo un po' di colore. Unite pomodoro fresco (o
Per seicento grammi di pasta, sufficienti a sei persone, occorrono tre alici salate e un ettogrammo di tonno sott'olio. Mettete in una padella mezzo bicchiere d'olio, con uno spicchio d'aglio, che toglierete non appena l'olio si sarà scaldato. L'olio deve appena prendere il sapore dell'aglio e non impregnarsene, ciò che avviene quando si fa soffriggere l'aglio fino a che diventa scuro. Tolto l'aglio, mettete nella padella le alici, lavate, spinate e fatte a pezzetti, e appena queste avranno leggermente soffritto, aggiungete un barattolino di salsa di pomodoro, o un chilogrammo e mezzo di pomodori spellati, privati dei semi e fatti in pezzi. Quando la salsa sarà sufficientemente addensata aggiungete nella padella il tonno che avrete tagliuzzato sul tagliere. Condite con un po' di sale, abbondante pepe e una pizzicata d'origano; e fate dare ancora qualche bollo. Avrete intanto messo a cuocere in abbondante acqua salata gli spaghetti. Quando saranno cotti, scolateli, conditeli coll'intingolo preparato e mandateli prontamente in tavola.
bicchiere d'olio, con uno spicchio d'aglio, che toglierete non appena l'olio si sarà scaldato. L'olio deve appena prendere il sapore dell'aglio e non
Per sei persone basteranno una grossa seppia, o due di media grandezza. Giova ricordare che le seppie contengono nell'interno una vescica con una tinta nera, la quale va gettata via, mentre l'altra vescichetta, posta più in alto, e contenente un liquido vischioso, giallo-scuro, va conservata e serve a dare maggior sapore alla pietanza. Dopo aver tolto via la pelle alle seppie, si aprono, si nettano bene e si tagliano in listerelle sottili. Si dividono anche le zampe, si gettano via gli occhi e si lava il tutto abbondantemente finchè le seppie saranno bianchissime. Si mette in una casseruola un po' d'olio, una mezza cipolla tagliata fina e un pezzetto d'aglio e si fa prendere leggero colore al soffritto. Quando la cipolla sarà bionda si aggiunge una cucchiaiata o due di salsa di pomodoro e si fa cuocere qualche minuto. Per questo piatto è specialmente adattata la conserva nera casalinga, che si diluisce con un pochino di acqua. Si aggiungono allora le seppie, si condiscono con sale e pepe e si lasciano cuocere, mescolandole di quando in quando. Non appena l'intingolo sarà ben denso, bagnate le seppie con mezzo bicchiere di vino, e quando anche il vino si sarà asciugato, versate nella casseruola un ramaiolo o due d'acqua, coprite il recipiente, diminuite un po' il fuoco e lasciate cuocere adagio. Le seppie sono in generale un po' durette, ed è bene preparare la pietanza un po' prima, affinchè ci sia tutto il tempo di farle cuocere bene. La caratteristica di questo piatto è che il sugo deve essere molto scuro e denso. Venti minuti prima di mangiare mettete giù il riso ben mondato, fatelo insaporire un po', mescolando con un cucchiaio di legno, e poi bagnatelo con acqua bollente e terminate la cottura come al solito. Cotto che sia, verificate il condimento, versate il riso in un piatto e fatelo portare in tavola. Non c'è bisogno di dire che desiderando un piattino di seppie in umido, che sono gustosissime, seguirete punto per punto la ricetta per tutto ciò che riguarda la confezione e la cottura. Servendo le seppie da sole potrete accompagnarle con dei crostini di pane fritto, tagliati a triangolo, che disporrete intorno intorno al piatto.
un po' d'olio, una mezza cipolla tagliata fina e un pezzetto d'aglio e si fa prendere leggero colore al soffritto. Quando la cipolla sarà bionda si
Per sei persone, calcolate 500 grammi di riso. Mettete sul fuoco una casseruola con un ettogrammo di burro e un po' meno di mezza cipolla tagliata sottilmente, aggiungete un ettogrammo abbondante di fegatini di pollo, mezzo ettogrammo di prosciutto in listerelle, due ettogrammi di animelle di abbacchio ritagliate in due, un pugno di funghi secchi già fatti rinvenire in acqua fresca, e fate cuocere su fuoco moderato affinchè il tutto possa rosolare dolcemente ma senza prendere un eccessivo colore. Bagnate allora con mezzo bicchiere di vino bianco e mezzo bicchiere di marsala, aggiungete il riso, e, insieme al riso un ettogrammo abbondante di piselli sgranati, teneri e di buona qualità, e mezzo ettogrammo di tartufi neri tagliati in dadini. Mescolate fino a che l'umidità dei vini non sia evaporata. Bagnate allora il riso con del brodo e con un ramaiolo di sugo di carne senza pomodoro o, in mancanza di questo, con un buon cucchiaino di estratto di carne in vasetti. Condite con sale, un pizzico di pepe bianco e lasciate che il riso cuocia pian piano per il tempo necessario alla sua completa cottura. A questo punto ultimatelo con un altro mezzo ettogrammo abbondante di burro e un ettogrammo e mezzo di parmigiano grattato. Date un'ultima mescolata, versate il riso sul piatto e fatelo portare immediatamente in tavola. Nella ricetta originale figurano anche delle creste di pollo. Ma siccome queste sono generalmente un po' dure, sarà bene prelessarle e metterle poi giù insieme ai fegatini durante la prima fase dell'operazione. Nelle stagioni in cui non ci sono piselli freschi, ci si può servire efficacemente di piselli conservati in scatola, purchè si abbia l'avvertenza di scegliere una buona marca. Abbiamo pubblicato la ricetta nella sua tipica integrità. Noi non consigliamo modificazioni od economie. Questo risotto è squisito a patto che sia eseguito così. Certo non è piatto molto economico da eseguirsi tutti i giorni, ma in occasione di qualche solennità, o avendo degli ospiti, avrete la certezza di farvi onore e di portare sulla mensa una preparazione veramente gustosa, che predisporrà lietamente i commensali al resto del pranzo
rosolare dolcemente ma senza prendere un eccessivo colore. Bagnate allora con mezzo bicchiere di vino bianco e mezzo bicchiere di marsala, aggiungete il
Bisogna anzitutto preparare della pasta sfogliata, adoperando cento grammi di burro e cento di farina. Rompete in una terrinetta cinque o sei uova, sbattetele bene e fate con esse una frittata, tenendola piuttosto molletta. Questa frittata potrete farla con burro o con strutto. Avrete preparato un mezzo ettogrammo di formaggio fresco, tre o quattro alici salate, lavate e spinate e ritagliate in filettini e un cucchiaio di prezzemolo trito. Quando la frittata sarà un po' rassodata versateci in mezzo il formaggio, le acciughe e il prezzemolo, condite con un pizzico di pepe, ripiegate la frittata su sè stessa rinchiudendo dentro il ripieno e cercate di dare alla frittata una forma ovale il più possibilmente corretta. Fatta la frittata lasciatela raffreddare completamente. Stendete la pasta sfogliata e da essa ritagliate due ovali uguali, alquanto più grandi della frittata. Su uno di questi ovali adagiate la frittata. Con uovo sbattuto o con acqua inumidite il bordo, che dovrà sporgere dalla frittata due o tre dita, e coprite con l'altro ovale. Passate ancora intorno intorno la punta del coltellino per pareggiare bene i due ovali, dorate l'ovale superiore passandovi su una penna o un pennello bagnati in un po' d'uovo sbattuto; mettete la frittata cosi avviluppata su una lastra da pasticceria leggermente imburrata e date una quindicina di minuti di forno ben caldo affinchè la pasta sfogliata possa cuocere, gonfiare e prendere un bel colore biondo. Fate sdrucciolare la frittata in un piatto lungo, e mandatela in tavola. La troverete gustosissima.
quindicina di minuti di forno ben caldo affinchè la pasta sfogliata possa cuocere, gonfiare e prendere un bel colore biondo. Fate sdrucciolare la frittata in
aggiungete un pizzico di pepe e fate insaporire un poco la salsa. Prendete una teglia grande in cui il baccalà possa stare allineato in un solo strato; versateci sopra la salsa, che dev'essere abbondante e non molto ristretta, coprite la teglia con un coperchio e mettete a stufare il baccalà con un poco di brace sotto e sopra, in modo che possa prendere buon sapore e la salsa possa addensarsi. In meno di mezz'ora il baccalà sarà pronto, e constaterete che cucinato così è veramente appetitoso.
poco di brace sotto e sopra, in modo che possa prendere buon sapore e la salsa possa addensarsi. In meno di mezz'ora il baccalà sarà pronto, e
Prendere dunque l'aragosta, tagliarle da prima le zampe, tagliarle poi la coda in cinque o sei pezzi e spaccare la carcassa in due parti in lungo, togliere gli intestini e il budellino terroso. Mettere in una casseruola un po' d'olio, e soffriggere in esso per qualche minuto un quarto di cipolla, un pochino di sedano, un po' di carota gialla, una puntina d'aglio, un pezzettino di lauro, il tutto tritato. Aggiungere allora l'aragosta e far cuocere fino a che i pezzi abbiano preso un bel color rosso. Sgocciolar via una metà dell'olio, e bagnare con un bicchiere di vino bianco. Aggiungere una cucchiaiata o due di salsa di pomodoro, un pizzico di pepe e un po' di sale. Coprire e lasciar cuocere circa un quarto d'ora. Accomodare i pezzi di aragosta nel piatto, passare la salsa da un setaccino e finirla con qualche pezzetto di burro. Versare la salsa sull'aragosta e ultimare la vivanda con una cucchiaiata di prezzemolo trito. Per sei persone occorrono un paio di aragoste del peso di circa mezzo chilogrammo l'una.
Prendere dunque l'aragosta, tagliarle da prima le zampe, tagliarle poi la coda in cinque o sei pezzi e spaccare la carcassa in due parti in lungo
Si raccorcia l'osso del manico del coscetto, e possibilmente si toglie l'osso intero. Si lega il coscetto e si mette in una casseruola in cui entri giusto, si copre d'acqua fredda, si condisce con due cipolle — in ognuna delle quali si innesta un chiodo di garofano — prezzemolo, carota gialla, un paio di costole di sedano e sale a sufficienza. Fare prendere l'ebollizione e mantenerla regolare e lenta sull'angolo del fornello per un paio di ore, fino a completa cottura. Si libera il coscetto dallo spago, si accomoda in un piatto e si manda in tavola accompagnandolo con una salsa di menta.
paio di costole di sedano e sale a sufficienza. Fare prendere l'ebollizione e mantenerla regolare e lenta sull'angolo del fornello per un paio di ore
Queste costolettine, le quali sono sempre assai gradite in una colazione o in un pranzo, godono presso talune mammine una ingiustificata nomea di difficoltà. Niente di più esagerato! Seguendo le nostre semplicissime istruzioni, ognuna delle lettrici riuscirà a preparare in modo impeccabile queste appetitose costolette. Per sei persone occorrono sei costolette doppie di abbacchio, cioè comprendenti due costole, oppure dodici costolette semplici. Il negoziante stesso è quello che generalmente prepara le costolette, quindi fatele tagliare da lui. L'operazione è del resto molto semplice. Si tratta di dividere col coltello le costole, una per una, o due per due, a seconda si desiderano delle cotolette semplici o doppie, di fare col coltello un piccolo intacco nella parte superiore della costola e tirare giù la pelle per mettere a nudo l'ossicino, avvolgendo poi questa pelle intorno all'altra estremità carnosa, quella che costituisce la costoletta. Una energica spianata con lo spianacarne e la costoletta è pronta. Ma, ripetiamo, chi trovasse l'operazione troppo difficile, la faccia fare direttamente dal negoziante. Mettete un pezzo di burro o una cucchiaiata di strutto in una teglia; ponetela sul fuoco e in essa cuocete le costolette. Regolatevi che il fuoco non sia troppo forte. Condite con sale e pepe, e quando saranno cotte spruzzateci sopra un bicchierino di marsala. Quest'addizione è facoltativa, ma noi la consigliamo perchè comunica un più gradevole sapore alla pietanza. Quando il marsala si sarà asciugato, estraete le costolette, e mettetele sul marmo di cucina — che avrete ben pulito in antecedenza — tutte coll'osso nel centro, in modo che formino una rosa. Copritele con un coperchio, e su questo mettete un paio di ferri da stiro o qualunque altro peso a vostro piacere. Mentre le costolette si freddano sotto peso, preparate una salsa besciamella. Fate liquefare in una casseruolina la metà di un panino di burro da un ettogrammo e mettete poi nel burro liquefatto due cucchiaiate colme di farina. Mescolate, badando di non far prendere colore alla farina, e dopo un paio di minuti versate nella casseruolina un bicchiere e mezzo di latte. Condite con sale, pepe e un nonnulla di noce moscata, e mescolate sempre, finchè avrete una salsa spessa, vellutata e senza grumi. Toglietela allora dal fuoco e amalgamateci prestamente un torlo d'uovo e una cucchiaiata di parmigiano grattato. Le costolette, freddandosi sotto il peso, saranno rimaste ben spianate. Prendetele una alla volta tenendole per l'ossicino e immergetele nella salsa calda in modo che si rivestano da ambo le parti di uno strato di crema. Tornate ad appoggiare man mano le costolette sul marmo e lasciatele freddare così. Dopo un'oretta, e quando sarà il momento di andare in tavola, con una lama di coltello staccate le costolette col loro involucro di salsa rappresa, passatele nella farina, nell'uovo sbattuto, e quindi nel pane grattato. Con la lama stessa del coltello procurate di dar loro una bella forma, e, delicatamente, immergetele in una padella con abbondante strutto od olio. La padella dovrà essere molto calda, poichè essendo le costolette già cotte, non si tratta che di riscaldarle, e di fissare colla panatura la salsa intorno ad esse. Se la padella fosse troppo fredda, la panatura scoppierebbe e la salsa andrebbe a passeggio per la padella. La salsa besciamella dovrà essere di giusta consistenza, non troppo liquida ma nemmeno troppo elastica, perchè in questo caso non si attaccherebbe sulla costoletta. Deve avere la densità di una crema ben rappresa. Se vorrete fare una Villeroy ancor più fine, potrete unire nella salsa dei dadini piccolissimi di prosciutto o di lingua, od anche di tartufa neri.
un ettogrammo e mettete poi nel burro liquefatto due cucchiaiate colme di farina. Mescolate, badando di non far prendere colore alla farina, e dopo un
Prendete un pezzo di prosciutto fresco — per dieci persone ne occorrerà da un chilo a un chilo e trecento grammi — mettetelo in una terrinetta in cui vada giusto, e versateci sopra un bicchiere abbondante di Marsala. Lasciate il maiale nel vino per una giornata, avendo cura di voltarlo di tempo in tempo perchè possa da ogni parte impregnarsi di Marsala. Quando dovrete cucinarlo estraetelo dal bagno, lasciatelo sgocciolare, legatelo per assicurarne la forma e mettetelo in una casseruola, nella quale avrete posto una cucchiaiata di strutto, qualche cotenna fresca e uno strato di legumi tagliuzzati: cipolla, carota gialla, sedano, prezzemolo. Condite il maiale con sale e pepe e fatelo rosolare dolcemente, in modo che i legumi non brucino, ma rimangano soltantobiondi. A questo punto bagnate la carne — una cucchiaiata di quando in quando — con la marsala della marinata: poi bagnate ancora la carne con dell'acqua — anche questa in quantità non eccessiva, perchè la carne possa rimanere ben saporita — e continuate la cottura, voltando spesso il maiale, per un'ora e più. Al momento del pranzo togliete la carne dalla casseruola, levate lo spago e accomodatela in fette regolari in un piatto ovale. Con un cucchiaio! sgrassate accuratamente il sugo rimasto, diluitelo con un po' d'acqua o di brodo, e fate dare un bollo. Il sugo dovrà essere un bicchiere abbondante, quindi regolatevi nell'aggiungere il brodo o l'acqua. Prendete un mezzo cucchiaino di fecola di patate e stemperatela in una tazzina con un dito d'acqua fredda. Gettate un po' alla volta questa fecola diluita nel sugo in ebollizione, mescolando col cucchiaio di legno; e appena vedrete che la salsa si sarà leggermente addensata, toglietela dal fuoco, versateci dentro un bicchierino di Marsala e un pezzo di burro come una noce che avrete fatto friggere a parte in un tegamino, fino a fargli prendere un bel colore biondo. Mescolate ogni cosa, mettete un paio di cucchiaiate di salsa sulla carne e inviate il resto nella salsiera.
noce che avrete fatto friggere a parte in un tegamino, fino a fargli prendere un bel colore biondo. Mescolate ogni cosa, mettete un paio di cucchiaiate
È questa una rinomatissima specialità della scuola francese. Calcolate mezzo piede a persona. Fiammeggiateli, raschiateli, lavateli bene, e metteteli a cuocere in acqua e sale con sedano, carota gialla, una cipolla con due chiodi di garofano, mezza foglia d'alloro, e quattro o cinque granelli di pepe. Cotti che siano, lasciateli freddare nella stessa pentola, poi estraeteli, liberateli dai legumi, divideteli in due per lunghezza e spalmateli leggermente di mostarda. Questa mostarda può essere, o della senape inglese sciolta con un pochino di acqua, o della mostarda francese che si vende già pronta per l'uso in vasi di vetro a forma di bariletto. Secondo noi la senape è preferibile, purchè naturalmente, non se ne abusi. Grattate della mollica di pane non troppo rafferma: grattate piano affinchè le bricioline risultino uguali e piccole. Rotolate in questa mollica di pane i mezzi piedi, badando che la panatura aderisca da per tutto. Ungeteli allora, di burro o di strutto liquefatti, e metteteli sulla gratella. Cuoceteli per una ventina di minuti con un fuoco moderato, affinchè possano prendere calore e colorirsi leggermente all'esterno. Non c'è bisogno di dire che quando saranno cotti da una parte bisognerà voltarli. Fateli servire caldi, accompagnandoli con una purè di patate; li troverete squisiti. Sainte-Menehould è celebre per i suoi piedi di porco, specialità insuperata del paese. E per finire ricorderemo l'aneddoto di un noto commediografo francese, il quale si era acquistata fama così per il suo ingegno, come per la incredibile trascuratezza della sua toilette. Un amico, fine buongustaio e arguto motteggiatore, lo incontra.
di minuti con un fuoco moderato, affinchè possano prendere calore e colorirsi leggermente all'esterno. Non c'è bisogno di dire che quando saranno
La beccaccia trova nello spiede uno dei modi più felici per mettere in valore tutta la sua finezza e il profumo della sua carne. Spiumate la beccaccia, fiammeggiatela e poi toglietele tutte le interiora che vanno serbate a parte e serviranno per fare degli appetitosissimi crostini che accompagneranno la delicata selvaggina. Risciacquate la beccaccia, asciugatela, conditela nell'interno con un pizzico di sale, cucitela per mantenerla in bella forma e attraversatene il corpo col becco, che deve passare vicino all'attaccatura delle cosce. Poi con due fette larghe e sottili di lardo fasciatele il petto assicurando il lardo con qualche passata di spago. Spolverizzate la beccaccia di sale e infilatela nello spiedo. Con un pennello ungetela di burro liquefatto o strutto o olio e esponetela alla fiamma del girarrosto, fiamma che deve essere piuttosto brillante, poichè la beccaccia non deve cuocere a lungo ma colorirsi esternamente per rimanere appena sanguinante nell'interno. Dovrete tenerla al fuoco da venticinque a trenta minuti non più, sempre che il fuoco sia abbastanza gaio da poter assicurare la cottura. Le beccacce vanno cotte all'ultimo momento e vanno servite ben calde, quindi regolatevi nel metterle a cuocere affinchè non abbiano ad attendere troppo. Un'operazione che invece richiede un pochino più di tempo è quella dei crostini, che, come sapete, accompagnano deliziosamente la beccaccia. Con le interiora di ogni beccaccia vengono sei crostini. Quindi regolatevi in conseguenza a seconda del numero delle beccacce che dovrete cucinare. Da un pane a cassetta possibilmente raffermo, ritagliate delle fette di pane spesse un centimetro scarso e della grandezza di una carta da giuoco. Prendete una teglia in cui i crostini possono stare allineati in un solo strato, mettete del burro in questa teglia, fatelo soffriggere e quando sarà ben sciolto e fumante friggete i crostini da una sola parte avvertendo che il pane non dovrà abbrustolirsi ma prendere una leggerissima colorazione bionda: quindi i crostini debbono stare pochissimo al fuoco. Quando avrete fritto tutte le fette di pane, estraetele e lasciate il burro nella teglia perchè servirà ancora. Mettete adesso sul tagliere tutte le interiora della beccaccia e cioè i polmoni, il cuore, il fegato e le budelline, mettete anche sul tagliere due fegatini di pollo o tre se sono piccini e tritate il tutto grossolanamente. Mettete adesso un po' di burro in una padellina, passateci il trito di fegatini di pollo e interiora di beccaccia, condite con sale e pepe, mezza foglia di lauro, un ramoscello di timo e un pizzico di maggiorana. Fate cuocere mescolando e quando i fegati saranno ben cotti, passate il tutto in un mortaio e pestate ogni cosa. Dopo pestato passate il composto attraverso un setaccio, forzando con un cucchiaio di legno e raccogliete la farcia in una scodella. Mettete adesso sul fuoco una piccola casseruolina o un tegamino con un dito d'acqua e nell'acqua sciogliete un cucchiaino scarso di estratto di carne in vasetti. Mettete in un bicchiere un dito d'acqua fredda e in essa sciogliete mezzo cucchiaino di fecola di patate. Quando l'acqua della casseruolina bollirà e l'estratto di carne si sarà ben sciolto versate in questo sugo un po' della farina di patate disciolta, fino a che la salsa diventerà molto spessa. Mescolatela e quando vedrete che è bene infittita, toglietela dal fuoco e mischiateci una cucchiaiata di buon marsala. Ripetiamo che questa salsa deve essere molto densa. Travasate questa salsa ottenuta nella scodella della farcia, aggiungete un rosso d'uovo e mescolate bene per amalgamare ogni cosa. Con un cucchiaio distribuite in parti uguali questa farcia sui crostini appoggiandola sulla parte del pane che è stata fritta. Con una lama di coltello pareggiate bene la farcia dandole una forma bombata e poi allineate i crostini nella teglia che avrete lasciata in disparte, dove deve esserci ancora del burro avanzato dalla prima cottura dei crostini. Se questo burro non fosse in quantità sufficiente aggiungetene un altro pochino. Dieci minuti prima di servire la beccaccia, infornate la teglia affinchè la parte inferiore del pane possa colorirsi a sua volta, e nello stesso tempo, la farcia possa rassodarsi e colorirsi leggermente. Al momento di mandare in tavola, togliete dallo spiede la beccaccia, liberatela dalle fettine di lardo poste sul petto, e ai lati del piatto, accomodate i crostini guarnendo la vivanda con qualche ciuffo di crescione, risciacquato, bene asciugato e non condito. Se i crostini fossero molti, li farete servire in un altro piatto, a parte. La dose che noi abbiamo dato è per la interiora di una sola beccaccia. Regolatevi quindi in proporzione.
dovrà abbrustolirsi ma prendere una leggerissima colorazione bionda: quindi i crostini debbono stare pochissimo al fuoco. Quando avrete fritto tutte le
Nella galantina, come in tutte le vivande molto lavorate, entra un coefficiente non trascurabile: quello che potrebbe definirsi la questione della fede. Infatti, in gran parte delle galantine che si vendono sotto il titolo pomposo di galantine di pollo, il pollo — povera bestia calunniata — entra soltanto nominalmente. Eseguendo la galantina in casa, non solamente sarete sicuri di quello che mangerete, ma spenderete la metà di quello che dovreste spendere dal salsamentario o al restaurant, col vantaggio di avere un prodotto sceltissimo e di gusto infinitamente superiore. Praticamente la galantina consta di tre elementi principali: il mosaico, ossia quell'insieme di dadi di petto di pollo, tartufi, prosciutto, lingua, ecc., che danno alla galantina il suo caratteristico aspetto; il pesto o, come si dice in linguaggio di cucina, la farcia, che serve a cementare i vari pezzi del mosaico, e finalmente la pelle del pollo, che racchiude tutta la preparazione. Prendete un pollo o una gallina non troppo vecchia, badando che non abbia lacerazioni sulla pelle, fiammeggiatela per liberarla dalla peluria e poi collocatela sul tagliere col petto in giù. Tagliate il collo a due dita dalla attaccatura e spuntate le ali e le zampe. Poi con un coltellino a punta fate una lunga incisione sul mezzo del dorso, dal collo fino alla estremità opposta. Sollevate la pelle e aiutandovi con le dita e col coltellino, staccatela pian piano dalla cassa, prima da un lato e poi dall'altro. Arrivate che sarete alle ali rovesciate la pelle e cercate di farla uscire nè più nè meno si trattasse di un corpetto a maglia, e ugualmente fate per le cosce. Per far ciò facilmente, aiutatevi col coltellino, staccando man mano i piccoli nervi che trattengono la pelle. Continuate il vostro lavoro fino a che avrete tolto per intero la pelle. Prendete allora una terrinetta, arrotolate la pelle e mettetela dentro, bagnandola con un bicchierino di marsala e in questa terrinetta col marsala metterete anche i seguenti ingredienti che comporranno il mosaico interno della galantina: 1° Tutto il petto del pollo, staccato dalla cassa e tagliato in dadi. 2° Un ettogrammo di prosciutto — solo magro — tagliato in una sola fetta spessa e ritagliato in dadi. 3° Un ettogrammo di lingua allo scarlatto, anche tagliata in dadi; 4° Un pizzico di pistacchi, che terrete in bagno in un po' d'acqua tiepida, sbuccerete e lascerete interi. 5° Due o tre tartufi neri di buona qualità. Se adopererete tartufi in scatola basterà tagliarli in pezzi secondo la loro grossezza. Se invece adopererete tartufi freschi, dovrete prima spazzolarli accuratamente con un spazzolino e dell'acqua tiepida per poterli liberare bene dalla terra e poi toglier via anche qualche po' di corteccia dove la terra non si fosse potuta snidare perfettamente. 6° Un ettogrammo di lardo imbianchito. Per imbianchire il lardo farete così. Ne prenderete una fetta spessa del peso di un ettogrammo e la metterete sull'angolo del fornello in acqua bollente per una ventina di minuti. Trascorso questo tempo, l'estrarrete, la passerete in acqua fresca, l'asciugherete e la taglierete in dadi come il prosciutto e la lingua. Il lardo così preparato perde il suo sapore grasso e fa inoltre migliore effetto nel mosaico. Preparata tutta questa roba, conditela con pochissimo sale, un pizzico di pepe e un nonnulla di noce moscata e poi mescolate ogni cosa affinchè tutti gli ingredienti possano essere bagnati dal marsala. Coprite la terrinetta e lasciatela da parte. Ottenuto così il mosaico, passiamo alla confezione della farcia, ossia, come abbiamo già detto, al pesto che deve riunire i vari pezzi del mosaico. Prendete 400 grammi di vitello magro e tritatelo minutamente sul tagliere insieme con 400 grammi di lardo di buona qualità, e sopratutto non rancido. A questo pesto unirete tutta la carne rimasta attaccata al pollo e che staccherete accuratamente, privandola dei nervi e dei tendini, che abbondano specialmente nelle cosce. Pestate il più fino possibile e impastate col coltello in modo che carne e lardo non formino che un tutto unico, perfettamente amalgamato. Per maggiore economia od opportunità, potrete mettere nel trito metà carne di vitello e metà carne magra di maiale. Ma in questo caso, essendo la carne di maiale un poco più grassa, converrà fare quattro parti di carne mista e tre parti di lardo: ossia, nel nostro caso, duecento grammi di vitello, duecento di maiale e trecento di lardo. La farcia ben tritata sul tagliere può essere sufficientemente adatta per la galantina. Chi però volesse eseguire la preparazione a perfetta regola d'arte, dovrebbe dopo il tritamento sul tagliere, prendere un po' di farcia alla volta, pestarla in un mortaio di pietra, e dopo averla tutta pestata, passarla dal setaccio. È un supplemento di lavoro non assolutamente necessario in una cucina di famiglia, ma che permette di ottenere una lavorazione finissima e perfetta. Ultimata anche la farcia, estraete dalla terrinetta la pelle del pollo e tenetela da parte. Mettete allora nella terrinetta la farcia e impastando con le mani fate che i dadi di petto di pollo, lingua, prosciutto, ecc., vadano a distribuirsi nella carne trita. Non vi preoccupate del marsala rimasto nella terrinetta, perchè verrà assorbito nell'impasto. Svolgete sul tavolo la pelle del pollo, allargatela e su essa ponete l'impasto, al quale cercherete di dare una forma leggermente allungata come un polpettone. Tirate su i lembi della pelle, racchiudete l'impasto, e poi con un ago e del filo cucite intorno intorno la pelle sempre cercando di dare alla galantina una forma corretta. Se qualche pezzetto di pelle si fosse lacerata riprendetela con un punto. Per ultimo date coll'ago cinque o sei punzecchiature alla pelle, qua e là. Prendete adesso un tovagliolo e avvolgete in esso la galantina. Attorcigliate le due estremità del tovagliolo, come se doveste incartare una grossa caramella, e nei due punti di torsione fate due legature con lo spago, una di qua e una di là. Finalmente, fate un altro paio di legature nel mezzo della galantina. La parte più difficile del lavoro è fatta.
tagliere, prendere un po' di farcia alla volta, pestarla in un mortaio di pietra, e dopo averla tutta pestata, passarla dal setaccio. È un supplemento di
Per quattro persone mettete a lessare mezzo chilogrammo di patate, e quando saranno cotte, sbucciatele e infrangetele in modo da ridurle in purè. Condite questa purè mentre è ancora calda con un pezzo di burro come una grossa noce, una cucchiaiata colma di parmigiano grattato, un uovo intero, sale, pepe, noce moscata. Impastate bene ogni cosa e lasciate raffreddare. Preparate in una scodella un paio di provature in pezzetti o mezzo ettogrammo di mozzarella, una cucchiaiata di dadini di formaggi, gruyère, un paio di fette di prosciutto ritagliate in pezzettini, e condite ogni cosa con un po' di parmigiano grattato, sale, pepe e qualche foglia tagliuzzata di basilico fresco. Ungete di burro una stampa da budino senza buco in mezzo, o in mancanza di questa, una piccola casseruola della capacità di circa tre quarti di litro, e sul burro fate aderire del pane pesto finissimo, girando la stampa in tutti i versi e capovolgendola poi per togliere il superfluo del pane. Prendete un poco di composto di patate alla volta e delicatamente appoggiatelo sul fondo e intorno alle pareti della stampa in modo da avere una specie di calotta. Nel vuoto di essa disponete il ripieno, che chiuderete superiormente con un altro poco di composto di patate, serbato per quest'uso. Chiuso il budino spolverizzatene la parte superiore con un po' di pane pesto, mettendoci anche qua e là tre o quattro pezzettini di burro. Cuocete il budino in forno di moderato calore per circa tre quarti d'ora, per dar modo al pane di prendere una bella tinta dorata; poi capovolgetelo su un piatto e fatelo portare in tavola, dove sarà molto gustato. Questo budino si può anche cuocere in una teglia, dandogli la forma di una torta. In questo caso, la cottura può farsi con fuoco sotto e sopra. Per apprezzare come si conviene questa pietanza semplice, ma nutriente e sana, conviene mangiarla calda.
al pane di prendere una bella tinta dorata; poi capovolgetelo su un piatto e fatelo portare in tavola, dove sarà molto gustato. Questo budino si può
Per sei persone, sbucciate, dividete in due e cuocete in acqua e sale dodici carciofi avvertendo di tenerli piuttosto duri di cottura. Quando saranno pronti scolateli. Mettete in una casseruolina un poco d'olio e una mezza cipolla tagliata sottilmente, fate imbiondire la cipolla e poi aggiungete tre alici lavate, spinate e fatte in pezzi. Schiacciatele con un cucchiaio di legno per ridurle in poltiglia, e poi mettete nella casseruola un ettogrammo e mezzo di riso. Conditelo con sale e pepe, e bagnatelo con acqua fino a completa cottura. Travasatelo in un piatto e lasciatelo freddare un poco. Mettete allora una cucchiaiata di riso in ogni mezzo carciofo, cercando con le mani e poi con la lama di un coltello di fargli prendere una forma bombata. Man mano che riempirete i carciofi li allineerete in una teglia in modo che stiano tutti in un solo strato. Quando li avrete preparati tutti, spolverizzateci sopra un poco di pane pesto, mettete nella teglia tre o quattro cucchiaiate di acqua, una cucchiaiata di olio e poi sgocciolate un altro pochino d'olio su ogni carciofo. Mettete la teglia in forno per una diecina di minuti per dar modo al pane di colorirsi, oppure, senza ricorrere al forno, mettete la teglia su un po' di brace, copritela con un coperchio e mettete un altro po' di brace sul coperchio stesso.
. Mettete allora una cucchiaiata di riso in ogni mezzo carciofo, cercando con le mani e poi con la lama di un coltello di fargli prendere una forma
Si conservano benissimo per una settimana e più, e sono eccellenti tanto se mangiate sole, come se usate per accompagnare un pezzo di bollito o una bistecca ai ferri. Si spuntano le zucchine alle due estremità, si lavano, e si tagliano obliquamente in fette — come un salame. È bene scegliere delle zucchine non tanto piccole. Le fette devono aver lo spessore di circa mezzo centimetro. Friggete queste fette, poche alla volta in una padella con olio, e senza infarinarle, facendo prendere loro un color d'oro scuro. Poi disponetele a strati in una terrinetta o, meglio ancora, in una zuppiera, mettendo su ogni strato un poco d'aglio a pezzettini, qualche foglia di basilico fresco, e abbondante prezzemolo tritato. Quando avrete accomodato tutte le fette nella zuppiera mettete a bollire in un tegame di terra, una quantità d'aceto sufficiente per ricoprire le zucchine, aggiungendo un pizzico di sale e un pizzico di pepe. Appena l'aceto bollirà, versatelo sulle zucchine e coprite la zuppiera col suo coperchio. Prima di mangiarle, lasciate che le zucchine possano bene insaporirsi.
olio, e senza infarinarle, facendo prendere loro un color d'oro scuro. Poi disponetele a strati in una terrinetta o, meglio ancora, in una zuppiera
Le dosi di questo budino sono fissate per sei persone. Prendete sei zucchine di media grandezza. Il peso complessivo dev'essere di 800 gr. Si preferiscano zucchine piuttosto piccole perchè non è necessario togliere loro l'anima ossia la parte centrale. Tagliate queste zucchine in fette dello spessore di una moneta da due soldi e cuocetele in una padella con una cucchiaiata di strutto o di burro, sale e pepe, avvertendo di tenerle piuttosto dure di cottura in modo che non abbiano a sfarsi. Appena cotte togliete la padella dal fuoco e preparate una salsa besciamella con mezzo panino di burro, due cucchiaiate di farina e un bicchiere di latte. Mescolate e lasciate finire di cuocere in modo che la salsa riesca liscia e vellutata. Lasciate raffreddare un poco la salsa e poi aggiungeteci due uova intere, sbattute come per frittata, e due cucchiaiate di parmigiano grattato. Versate questa salsa nella padella dove sono le zucchine, e con un cucchiaio amalgamate bene ogni cosa, facendo attenzione di mescolare con garbo per non schiacciare le zucchine, le cui fettine devono restare possibilmente intere. A questo punto voi potrete cuocere il budino in due modi: o al forno o a bagnomaria, secondo vi farà più comodo. Se vorrete cuocerlo al forno prendete una stampa liscia della capacità di tre quarti di litro, o in mancanza di questa una casseruola della stessa capacità, imburratela e gettatevi dentro un pugno di pane pesto finissimo che farete aderire in ogni parte della stampa, versandone poi il superfluo. Mettete nella stampa le zucchine, battete un poco la stampa stessa affinchè non rimangano vuoti, poi spolverizzate superiormente il budino con un po' di pane grattato, e metteteci qualche pezzetto di burro. Cuocetelo al forno per una buona mezz'ora finche si sia rassodato e il pane dell'involucro abbia potuto prendere una bella colorazione dorata. Estraete la stampa dal forno e prima di sformare il budino aspettate quattro o cinque minuti per evitare che il budino possa rompersi. Se invece desiderate di fare la cottura a bagnomaria, ciò che dà forse un risultato più fine, dovrete imburrare e infarinare la stampa, escludendo il pane pesto. Immergete la stampa in un tegame o in una casseruola grande, contenente acqua bollente e mettete ogni cosa su fuoco moderato in modo che l'acqua non levi mai il bollore, pur mantenendosi vicina all'ebollizione. Coprite la stampa e mettete qualche pezzetto di brace sul coperchio. Quando il budino si sarà rassodato toglietelo dal bagnomaria, fatelo riposare qualche minuto e poi capovolgetelo in un piatto. Il budino di zucchine può essere servito solo, oppure come accompagnamento di un piatto di carne.
pane dell'involucro abbia potuto prendere una bella colorazione dorata. Estraete la stampa dal forno e prima di sformare il budino aspettate quattro o
Il trionfo dell'ovolo è la frittura, che in qualunque altro modo questo delizioso fungo non può sviluppare tutte le sue qualità di sapore e di profumo. Scegliete degli ovoli ben chiusi e sodi, nettateli accuratamente, tagliateli in spicchi, risciacquateli, asciugateli in una salvietta, passateli nella farina, nell'uovo sbattuto e friggeteli a padella non molto calda — nell'olio o nello strutto — affinchè possano cuocere completamente e prendere un bel colore d'oro chiaro. Accomodateli in un piatto con salvietta e fateli servire con degli spicchi di limone.
nella farina, nell'uovo sbattuto e friggeteli a padella non molto calda — nell'olio o nello strutto — affinchè possano cuocere completamente e prendere
Per sei persone prendete tre cipolle, di quelle dette napolitane, le quali sono le più dolci. Calcoleremo mezza cipolla a persona, considerando questo piatto come piatto di mezzo. Chi invece volesse servirlo come primo piatto o come piatto forte, non avrà che a raddoppiare le dosi, calcolando invece una cipolla a persona. Spellate le cipolle, spuntatele leggermente alle estremità e poi tagliatele in due con un taglio orizzontale. Mettete una casseruola con acqua sul fuoco e quando l'acqua bollirà gettatevi dentro le mezze cipolle che farete bollire per una diecina di minuti. Dopo di che le passerete nell'acqua fresca, le sgocciolerete e le metterete ad asciugare su un tovagliolo. Togliete dal centro di ogni mezza cipolla tre o quattro sfoglie in modo da far restare tante scodelline, sulle quali spruzzerete un po' di sale. La metà delle sfoglie levate le triterete, le passerete in una casseruolina con un po' di burro e le farete cuocere sull'angolo del fornello senza far prendere colore. Poi le metterete da parte. Prendete poi un bel pezzo di mollica di pane, tanta che possa stare in un pugno. Mettetela in una casseruolina, bagnatela con due dita d'acqua e lasciatela da parte. Quando dopo qualche minuto, la mollica avrà assorbito tutta l'acqua, mettete la casseruolina sul fuoco e con un cucchiaio di legno lavorate energicamente la mollica, finchè diventerà una pasta elastica e si staccherà facilmente dal cucchiaio. Rovesciate questa mollica su un piatto, stendetela, spianatela un po' e lasciatela raffreddare. Questa preparazione della mollica di pane, si chiama nell'arte della cucina «panata». Quando dovrete fare polpette di carne o di pesce, o qualsiasi altro ripieno, ricordatevi di adoperare sempre la mollica preparata così, ciò che vi permetterà di ottenere i più fini risultati. La panata va adoperata completamente fredda. Prendete adesso un ettogrammo di carne magra di manzo o di vitello, tritatela sul tagliere e poi pestatela nel mortaio aggiungendo man mano un pezzo di burro come una grossa noce, la panata, un buon pizzico di sale, un pizzico di pepe e un rosso d'uovo. Aggiungete questi ingredienti a poco a poco, sempre pestando, in modo da ottenere una pasta molto fine. A regola d'arte, questa pasta, che, come vi abbiamo detto più volte, si chiama farcia, dovrebbe poi essere passata dal setaccio, ma in questo caso non è necessario. Quando gli ingredienti saranno bene amalgamati, raccogliete la pasta in una scodella unendole una buona cucchiaiata di prezzemolo trito e la cipolla trita che avete già fatto cuocere nel burro. Con un cucchiaio distribuite il ripieno di carne in ogni cipolla e poi lisciatelo con la lama di un coltello. Ungete una teglia con del burro versandoci poi anche un paio di cucchiaiate di olio. Allineate nella teglia le cipolle, una vicina all'altra, seminate su ognuna un po' di pane grattato finissimo, e su ognuna sgocciolate un pochino di burro liquefatto. Mettete la teglia in forno di moderato calore e lasciate cuocere le cipolle a lungo, per circa un'ora. Il fuoco non deve essere molto violento, perchè le cipolle dovranno appassire lentamente nel forno. Possiamo assicurare che le cipolle preparate così sono digerite facilmente anche dagli stomachi più delicati, e non lasciano nell'alito traccie poco simpatiche.
casseruolina con un po' di burro e le farete cuocere sull'angolo del fornello senza far prendere colore. Poi le metterete da parte. Prendete poi un bel
In una casseruolina di rame, possibilmente non stagnata, o meglio in un polsonetto, mettete due torli d'uovo e due cucchiaiate colme di zucchero in polvere. Sbattete le uova con una piccola frusta di ferro finchè diventino rigonfie e spumose, e poi diluitele, a poco a poco, con un bicchiere scarso di latte o, quel che sarebbe meglio, di crema di latte sciolta. Mettete il polsonetto su fuoco debole e, sempre mescolando con un cucchiaio di legno, fate addensare la crema. Evitate in modo assoluto i colpi di fuoco, e badate che la crema non bolla. Nell'uno e nell'altro caso sciupereste tutto. Questa crema, non contenendo farina non potrà certo rapprendersi eccessivamente come una crema pasticcera comune, ma rimarrà morbida e moderatamente legata. La crema può aromatizzarsi con arancio, limone o vainiglia. Basterà tagliare un pezzo di buccia sottile da un limone o da un arancio, oppure prendere una mezza stecca di vainiglia e farla bollire in una casseruolina nel latte o nella panna sciolta, lasciando poi la casseruolina coperta vicino al fuoco per una ventina di minuti affinchè il latte possa ben profumarsi. Al momento di adoperare il latte si levano via le scorze o la vainiglia. Si può anche aromatizzare più semplicemente con un nonnulla di vainiglina. Quando la crema sarà pronta si versa nelle tazze, e si serve calda o fredda.
prendere una mezza stecca di vainiglia e farla bollire in una casseruolina nel latte o nella panna sciolta, lasciando poi la casseruolina coperta vicino al
Grattare o raschiare con una lama di coltello 100 grammi di cioccolato e metterne da parte due o tre cucchiaiate. Versare il cioccolato in polvere in un polsonetto, bagnarlo con un dito d'acqua e lasciarlo ammorbidire vicino al fuoco. Aggiungere allora 300 grammi di zucchero naturale spezzettato nel mortaio e un bicchiere d'acqua. Attendere ancora un poco affinchè lo zucchero possa fondere, e poi mettere il polsonetto sul fuoco e condurre la cottura dello zucchero e del cioccolato fino al grado del «piccolo filo». Questo grado, che è il primo di quelli attraverso i quali passa lo zucchero durante la sua cottura, viene raggiunto assai presto e si riconosce con tutta facilità prendendo tra il pollice e l'indice un tantino di zucchero in cottura. Separando allora pian piano le due dita che tengono lo zucchero, si dovranno formare dei piccoli fili che si spezzeranno con facilità. Avendo portato dunque zucchero e cioccolato a questo grado, al quale — ripetiamo — si arriva dopo breve ebollizione, tirate indietro il polsonetto e versate in una terrinetta le due o tre cucchiaiate di cioccolato che avete tenuto in disparte. Prendete ora un cucchiaio di legno nella mano destra e il polsonetto nella sinistra, e fate cadere poche goccie di cioccolato cotto sulla cioccolata della terrinetta, mescolando con la spatolina. Continuate così a versare adagio adagio lo zucchero nella terrina, e sempre mescolando, come se si trattasse di montare una salsa maionese. Se vi occorrerà molta glace travasate nella terrinetta tutto lo zucchero cotto, altrimenti arrestate l'operazione quando vi parrà di avere sufficiente ghiaccia per il lavoro che dovrete fare. Se si tratta di rivestire dei sospiri o degli éclairs li tufferete uno alla volta in questa copertura tiepida. Se invece vorrete rivestire di ghiaccia al cioccolato una torta dovrete procedere in un altro modo. E cioè dovrete prendere un pochino di marmellata di albicocca, farla ricuocere un momento sul fuoco con un po' di zucchero e poi spalmarla con un pennello su tutta la superficie della torta. Questa operazione preliminare, utilissima se non strettamente necessaria, serve a conservare alla ghiaccia una maggiore brillantezza. Preparata così la torta, mettetela su una griglia da pasticceria e versateci sopra la ghiaccia tiepida. Operando lestamente e servendovi di una lama di coltello, cercate di uguagliare rapidamente lo strato, riportando col coltello la ghiaccia in quei punti che eventualmente rimanessero scoperti. Lasciate sgocciolare il superfluo, fate scivolare la torta su un piatto o su un cartone e aspettate che la ghiaccia si solidifichi. Se nel polsonetto vi rimarrà dello zucchero e del cioccolato cotto, non andranno sprecati. Voi travaserete il tutto in una tazza grande o in una altra terrinetta pulita, e sulla ghiaccia avanzata verserete un pochino d'acqua, la quale conserverà il composto e gli impedirà di fare la crosta. Quando si avrà bisogno di rivestire ancora della pasticceria, basterà di scolare l'acqua, e di aggiungere alla ghiaccia conservata dell'altro zucchero e dell'altro cioccolato, cotti nelle proporzioni date più sopra.
di ghiaccia al cioccolato una torta dovrete procedere in un altro modo. E cioè dovrete prendere un pochino di marmellata di albicocca, farla
Un sistema molto semplice per avere delle ottime essenze di arancio, di cedro e di limone ad uso di pasticceria è quello di prendere dei quadretti di zucchero e stropicciarli sulla corteccia di questi frutti. Lo zucchero si impregna così degli olii essenziali. Si conserva a lungo purchè tenuto in vasetti ben chiusi. Dovendo profumare una crema e non avendo a propria disposizione del cedro, dell'arancio o del limone, si adopera qualche pezzo di questo zucchero profumato.
Un sistema molto semplice per avere delle ottime essenze di arancio, di cedro e di limone ad uso di pasticceria è quello di prendere dei quadretti di
[immagine e didascalia: Stampa per “babà” e “ratan”] [immagine e didascalia: Stampa da “Savarin”] mandorle dolci spellate e tagliate in filettini e rimettete il babà nel forno per pochissimo tempo: tre o quattro minuti, per dar modo alla ghiacchia di asciugarsi e prendere un aspetto brillante. Estraete di nuovo il dolce, lasciatelo raffreddare e poi accomodatelo in un piatto.
rimettete il babà nel forno per pochissimo tempo: tre o quattro minuti, per dar modo alla ghiacchia di asciugarsi e prendere un aspetto brillante
Prendere 500 grammi di farina, 250 grammi di strutto, 125 grammi di zucchero al velo, un cucchiaino scarso di cannella in polvere, tre quarti di un bicchiere comune di vino bianco nel quale si farà bollire una scorza d'arancio. Il vino deve ridursi a metà. Si toglie la buccia e si getta via, e il vino s'impasta con la farina e il resto, fino ad ottenere una pasta omogenea. Senza lavorarla molto, col rullo di legno si riduce all'altezza di un mezzo centimetro e con un tagliapaste rotondo liscio se ne ricavano tanti piccoli dischi. I ritagli si rimpastano e si formano altri dischi fino a consumazione. Finita questa operazione si prende un foglio di carta paglia e su esso si mettono i bollos, che si fanno cuocere a fuoco moderato, spolverizzandoli poi di zucchero al velo quando saranno freddi. Con questa dose ne vengono circa sessanta. Invece dello strutto ci si potrà servire del burro.
Prendere 500 grammi di farina, 250 grammi di strutto, 125 grammi di zucchero al velo, un cucchiaino scarso di cannella in polvere, tre quarti di un
Sono ciambelline di poca spesa che potranno tornare utilissime per la colazione o per la merenda dei bambini. Mettete sulla tavola di cucina mezzo chilogrammo di farina, disponetela a fontana, e nel vuote mettete: tre cucchiaiate d'olio, due cucchiaiate di zucchero in polvere, una cucchiaiata di semi d'anaci, una presina di sale, mezzo bicchiere di vino bianco e 20 grammi di lievito di birra sciolti in un bicchiere scarso d'acqua appena tiepida (9 cucchiai). Impastate il tutto e lavorate un poco la pasta che dovrà riuscire piuttosto morbida. Fatene una palla e mettetela a lievitare in luogo tiepido per circa un'ora, fino a che questa pasta incominci a gonfiare. Rovesciatela allora sulla tavola spolverizzata di farina, battetela leggermente con le mani e poi fatene un salsicciotto che taglierete in quattro parti. Prendete un pezzo alla volta, rotolatelo sul tavolo con le dita, in modo da ottenere un lungo cannello della grossezza del dito mignolo. Da questo cannello tagliate tanti pezzi lunghi dai 15 ai 20 centimetri che piegherete a ciambella, pigiando sul punto di unione, affinchè le ciambelle non abbiano ad aprirsi. Quando avrete ultimato il primo pezzo di pasta, stendete il secondo, e poi il terzo ed il quarto. Otterrete circa trentasei ciambelle. Mettete adesso sul fuoco un tegame largo e basso contenente acqua. Appena l'acqua bollirà tirate indietro il tegame in modo che l'ebollizione si mantenga impercettibile o, come si dice in termine di cucina, che l'acqua «frema». Prendete allora poche ciambelline alla volta e tuffatele nell'acqua. Esse cadranno in fondo al recipiente, ma dopo qualche secondo risaliranno alla superficie. Prendetele allora con la cucchiaia bucata e disponetele man mano su un tovagliolo, allineandole una vicina all'altra. Quando tutte le ciambelle avranno subito il loro bagno mettetele in una teglia e date loro un quarto d'ora circa di forno piuttosto brillante. Dovranno prendere un bel color d'oro scuro e diventare leggere. È necessario che l'utensile sul quale s'infornano le ciambelle non sia stagnato, altrimenti col calore del forno, lo stagno si liquefa in tante palline le quali, penetrando nella pasta, diventano dei nemici pericolosissimi per i denti e per lo stomaco. Meglio è usare una lastra da pasticceria, cioè una lamina rotonda o quadrata di ferro non stagnato.
ciambelle avranno subito il loro bagno mettetele in una teglia e date loro un quarto d'ora circa di forno piuttosto brillante. Dovranno prendere un bel
Le dosi sono per sei persone. La charlotte non risulta molto grande, ma poichè si tratta di un dolce sostanzioso, constaterete che sarà sufficiente. Bisogna anzitutto fare una purè densa di castagne. Prendete 400 grammi di castagne — in numero, dalle trenta alle trentacinque — togliete loro la scorza con la punta di un coltellino e mettetele a cuocere nell'acqua leggermente salata. Quando saranno ben cotte estraetele dalla pentola, togliete loro la pellicola e mettetele in una casseruola con un bicchiere e mezzo di latte, due cucchiaiate di zucchero in polvere, e fatele bollire di nuovo infrangendole con un cucchiaio di legno per ridurle in purè, che deve riuscire densa e ben liscia. Se ci fossero ancora qua e là delle particelle di castagne, tornate a schiacciare la purè sulla tavola con uno schiacciapatate. Prendete una stampa da charlotte della capacità di mezzo litro o una piccola casseruola della stessa capacità e foderatela di carta bianca, mettendo cioè un disco di carta sul fondo e una striscia di carta all'intorno. Prendete la purè, mettetela nell'interno della stampa e, aiutandovi con le dita o con un cucchiaio di legno, fate che aderisca alle pareti della charlotte per uno spessore di circa un dito. Per intenderci, dovete modellare una specie di scatola, avvertendo di premere bene con le dita affinchè la purè vada a prendere la esatta forma della stampa senza lasciare vuoti. Preparate intanto in una scodella 150 grammi di ricotta e aggiungeteci un cucchiaio di latte, due cucchiaiate di zucchero, una cucchiaiata di filettini di scorzetta candita, una cucchiaiata di uvetta, qualche filettino tostato di mandorla e mezzo bicchierino di rhum o di altro liquore forte, a vostra scelta. Lavorate bene la ricotta col cucchiaio per scioglierla e per impastarla e di essa riempite l'interno della scatola di castagne. Con una lama di coltello lisciate la superficie pigiando anche qui affinchè la ricotta non lasci vuoti nell'interno. Coprite con un altro disco di carta e mettete in fresco, o meglio, sul ghiaccio per circa un'ora. Trascorso questo tempo, capovolgete la charlotte su un piatto rotondo con salviettina e levate pian piano la carta, che è necessaria per poter sformare facilmente il dolce: dolce di bella apparenza, di gradito sapore e di costo assai moderato.
prendere la esatta forma della stampa senza lasciare vuoti. Preparate intanto in una scodella 150 grammi di ricotta e aggiungeteci un cucchiaio di
Per una omelette per quattro persone mettete in una terrinetta tre rossi d'uovo con tre cucchiaiate di zucchero in polvere e lavorate il tutto con un cucchiaio di legno fino a che le uova siano ben montate, e siano diventate soffici e spumose. Aggiungete allora due cucchiaiate di rhum, e sei chiare, che avrete montate in neve ben ferma. Con molta delicatezza unite il tutto. Prendete un piatto ovale, o di metallo o di porcellana resistente al fuoco e su questo piatto, imburrato e spolverizzato di zucchero, disponete il composto preparato, che metterete giù a cucchiaiate procurando di fargli prendere una forma ovale e rigonfia. Lisciate il composto con una lama di coltello, e con la punta del coltello stesso fate nel mezzo una specie di piccola cavità, ciò che diminuendone un po' lo spessore, facilita la cottura. Cuccete a forno dolce per 25 o 30 minuti. E cinque minuti prima di levare l'omelette dal forno cospargetela di zucchero in polvere, che, fondendo nel forno, ricoprirà l'omelette di un leggero strato caramellato che è la caratteristica di questo dolce. Versate nella cavità della frittata due o tre cucchiaiate di rhum e dopo avergli dato fuoco, fate portare immediatamente in tavola.
prendere una forma ovale e rigonfia. Lisciate il composto con una lama di coltello, e con la punta del coltello stesso fate nel mezzo una specie di
Dopo che i fichi sono stati seccati al sole, senza procedere alla disinfezione, si imbottiscono con delle mandorle leggermente abbrustolite in forno, qualche pezzetto di garofano pesto e filettini di cedro candito. Si richiudono con le dita e si infornano. Appena cominciano a prendere un bel colore d'oro si tolgono dal forno e ancora caldissimi si rotolano in un miscuglio di cioccolato grattato e zucchero in polvere. Oppure, sistema ancora più buono, si immergono i fichi usciti dal forno in una casseruolina nella quale si sarà fatto sciogliere del cioccolato con poca acqua. I fichi al cioccolato si conservano in cassette di legno o di latta.
, qualche pezzetto di garofano pesto e filettini di cedro candito. Si richiudono con le dita e si infornano. Appena cominciano a prendere un bel colore