301. Tacchino in gelatina. Prendete un grosso tacchino, lardellatelo con prosciutto, mettetelo in una casseruola adattata involtandolo in fette di lardo, con una buona fetta di vitello tagliata in piccoli pezzi, un soffritto (n. 162), e fette di limone senza scorza nè semi: aggiungete metà brodo e metà vin bianco; copritelo quasi ermeticamente: e a lento fuoco fatelo cuocere pel corso di quattr'ore: quando sia cotto non lo levate dall'umido finchè non sia un poco raffreddato: passate quest'umido per colatojo, e se è troppo liquido fatelo concentrare; per conoscere quando è al suo punto, versatene una goccia sopra un piatto, ed osservate se quando, fredda se ne forma gelatina. Se volete che questa gelatina sia trasparente, gettatevi una chiara d' uovo sbattuta quando sia tepida: sbattete bene il tutto: quando la gelatina abbia alzati diversi bollori, passatela per un tovagliuolo; lasciatela rappigliare nel raffreddarsi, e contornatene il piatto sul quale servirete il tacchino.
finchè non sia un poco raffreddato: passate quest'umido per colatojo, e se è troppo liquido fatelo concentrare; per conoscere quando è al suo punto
443. Uova a bere. Perchè sieno al loro vero punto, mettetele nell'acqua mentre questa alza il bollore, e nello stesso tempo ritiratela dal fuoco lasciandovi le uova per quattro o cinque minuti. Allora si rompe l'uovo battendolo un poco sulla punta e togliendogli qualche pezzetto del suo guscio, e si beve per il buco praticatovi. Vi si può introdurre un poco di sale ed agitarlo con uno stecco da denti o col manico d'un cucchiaino, per renderlo più saporito, o si può beverlo così naturale. In ogni caso le uova a bere devono essere freschissime.
443. Uova a bere. Perchè sieno al loro vero punto, mettetele nell'acqua mentre questa alza il bollore, e nello stesso tempo ritiratela dal fuoco
446. Uova affrittellate. Mettete un pezzo di burro nella padella, fatelo struggere e lasciategli prendere un colore dorato; allora gettate nella padella il solo tuorlo dell'uovo, e subito sopra la sua chiara che avrete ben montata avanti con un poco di sale. Avendo parecchie uova bisogna prima romperle tutte e mettere i tuorli intieri in un piatto in modo che non si rompano, e le chiare in una scodella, dove le monterete con una forchetta o con un mazzetto di fuscelli; poi, quando il burro è al punto di cottura indicato sopra, vi si mette un tuorlo d'uovo che si prende dal piatto con un cucchiajo operando delicatamente a fine di non romperlo, e subito dopo vi si mette sopra con un grosso cucchiajo una proporzionata dose di chiara montata, ricoprendo il tuorlo. Appena cotto l'uovo levatelo con una mestola forata di latta, e seguitate a cuocere una ad una le altre uova finchè ne avete, mantenendole ben calde. Servitele con una salsa piccante di vostro gusto.
un mazzetto di fuscelli; poi, quando il burro è al punto di cottura indicato sopra, vi si mette un tuorlo d'uovo che si prende dal piatto con un
469. Castrato. La coscia del castrato dà un eccellente arrosto, ma bisogna che sia molto stagionata e frolla. Si deve perciò conservare il più lungo tempo possibile, tenendo però calcolo della temperatura e della stagione: così, nell'inverno, con un tempo asciutto e bello, si può conservarla dai 5 agli 8 giorni, nella estate, invece, solo due o tre giorni. L'osservazione e l'esperienza poi, devono bastarvi per giudicare il momento più favorevole per arrostire la carne di castrato. Essendo adunque frollata la carne a dovere, infilzatela nello spiede e fatela arrostire a gran fuoco in maniera che ne sia invasa da ogni parte, e possa per tal modo conservare tutto il suo succo. Basta solo un'ora di cottura, e l'indizio che fa conoscere facilmente che la coscia è cotta al suo punto consiste in quei sbuffi di fumo che n'escono, e in alcune gocce di succo che incominciano a cadere nella sottoposta ghiotta.
facilmente che la coscia è cotta al suo punto consiste in quei sbuffi di fumo che n'escono, e in alcune gocce di succo che incominciano a cadere nella
Pel giallo si adopera un'infusione carica di zafferano nell'acqua. Pel violetto si fa uso di carminio in pochissima dose, sciolto in una cucchiajata d'acqua, aggiungendovi qualche goccia d'una soluzione di carbonato di potassa. Pel color rosa si scioglie un grano di carminio in poca acqua, in cui siasi prima sciolta un po' di gomma arabica. Per l'azzurro si prende l'indaco ben macinato, e mezza goccia d'acido solforico; si tiene in luogo caldo finchè abbia avuto luogo la dissoluzione, e si aggiunge mezzo bicchier d'acqua; s'inzuppa in questo liquore della lana ben lavata e pulita, agitandovela per un quarto d'ora, si ritira, e si sciacqua in acqua fresca: poi si fa bollire in poca quantità d'acqua per circa un quarto d'ora; e l'azzurro, abbandonando la lana, colorirà l'acqua. Si ritira allora la lana, si strizza fortemente e coll'acqua che ne sorte si dà il color azzurro agli spumanti, senza renderli punto nocivi. Pel verde si piglia un po' della suddetta acqua azzurra, e vi si aggiunge dell'acqua gialla ottenuta collo zafferano, come abbiam detto sopra.
, senza renderli punto nocivi. Pel verde si piglia un po' della suddetta acqua azzurra, e vi si aggiunge dell'acqua gialla ottenuta collo zafferano
Ponete le chiare dell'uova coi loro gusci infranti in una calderuola da confettiere, ed aggiungetevi l'acqua successivamente sbattendo con un mazzetto di giunghi. Allorchè tutta l'acqua si sarà combinata colla chiare d'uovo, ed il miscuglio sarà tutto coperto di schiuma, mettetevi dentro lo zucchero e passate la calderuola sul fornello, rimestando di tratto in tratto e schiumando allorchè comincerà a bollire. Dopo alcuni bollori lo zucchero si solleverà tanto da essere lì per straboccare dal recipiente; allora aggiungetevi un poco d'acqua fredda, e continuate a schiumare, osservando però di non togliere la schiuma mentre lo zucchero bolle, ma di aspettare che si sollevi, gettarvi allora l'acqua fredda come abbiam detto, e subito dopo schiumarlo, cioè appena l'acqua aggiunta gli avrà fatto perdere il bollore. Quando lo zucchero siasi ben chiarificato, non lo si vedrà più sollevarsi verso l'orlo del recipiente, e non produrrà che una fitta schiuma leggera e bianchiccia. A questo punto ritirate dal fuoco la calderuola e versate lo zucchero in un vaso di terra verniciato, facendolo passare a traverso un pannolino.
l'orlo del recipiente, e non produrrà che una fitta schiuma leggera e bianchiccia. A questo punto ritirate dal fuoco la calderuola e versate lo
Cottura a giulebbe è quando lo zucchero, presane una goccia fra le dita e poi distaccando queste, forma un filo le cui estremità aderiscono alle dita stesse: se questo filo è sottilissimo quasi da non potersi vedere, allora dicesi che lo zucchero è cotto a piccolo giulebbe. Proseguendo la cottura, se il filo si allunga molto senza rompersi, si dice che lo zucchero è cotto a perla; se non si allunga troppo si dice che è cotto a piccola perla: questo grado di cottura si distingue anche da ciò, che il bollore produce come tante perle, le quali sembra che rotolino le une sopra le altre. Spingendo ancora più oltre la cottura, e ritirando la schiumarola dopo averla scossa battendola sull'orlo del recipiente, se, soffiando ne' buchi n'escono come tante bolle, si dice che lo zucchero è cotto a vento. Quando, continuando l'ebullizione, invece delle perle si formano tante bolle, le quali, appena alzatesi, scoppino e mandino molto vapore, si dice che lo zucchero è cotto a piuma; al qual punto s'immerge la schiumarola nella massa e si ritira scuotendola forte in aria; se lo zucchero s'innalza a guisa d'una leggiera piuma, un poco larga, si dice cotto a piccola piuma; se si forma in filamenti volanti, si dice cotto a gran piuma. Si dice cotto a conserva allorchè, immergendovi le dita bagnate d'acqua frescate poi stropicciandole, lo zucchero che vi è aderente si rompe producendo uno schricchiolio, e posto sotto ai denti, vi si attacca fortemente. Si chiama cottura a caramella quando, posto lo zucchero sotto ai denti, si rompe senza attaccarvisi: è però necessario farne spesso la prova, giacchè, per poco che s'indugi a ritirarlo dal fuoco, lo zucchero corre pericolo di abbruciare.
alzatesi, scoppino e mandino molto vapore, si dice che lo zucchero è cotto a piuma; al qual punto s'immerge la schiumarola nella massa e si ritira
608. Cedri canditi. Mondate alcuni cedri di mediocre grossezza, chiari, lisci e freschi; dalla parte del gambo fate con un coltello un buco del diametro d'una noce, e gettateli di mano in mano nell'acqua fresca. Intanto fate bollire a parte altr'acqua; fatevi lessare i cedri, e quando siano cotti in modo che vi possa facilmente insinuare uno stecco appuntato, ritirateli dal fuoco e metteteli di nuovo nell'acqua fresca, lasciandoveli per due giorni e rinnovando spesso l'acqua, ma sempre fresca. Indi ritirateli, e col manico d'un cucchiaio, che introdurrete pel buco praticatovi, vuotate i cedri della polpa e del succo che conterranno; poi immergeteli nello zucchero cotto a perla e tiepido, e lasciateveli per otto giorni, avvertendo ogni giorno di ritirare i cedri, per cuocere di nuovo lo zucchero a perla, e di rimetter- veli quando il sciroppo sia tornato tiepido. L'ottavo giorno farete nuovamente cuocere a perla il sciroppo, e vi immergerete i cedri fecendoveli bollire lentamente, fino a che il sciroppo stesso presone un poco, fattolo raffredare e indi comprimendolo, si riduca come in farina. A questo punto, con molta prestezza, ritirate i vostri cedri con una forchetta od altro; poneteli sur un graticcio, affinchè scolino e prendano aria da ogni lato, e finalmente fateli prosciugare alla stufa. Invece di lasciarli intieri, potrete tagliare i cedri a spicchi prima di candirli.
raffredare e indi comprimendolo, si riduca come in farina. A questo punto, con molta prestezza, ritirate i vostri cedri con una forchetta od altro
641. Conserva di ribes. Prendete 4 ettogr. di ribes rosso sgranellato, ponetelo sul fuoco in una calderuola, e dopo averlo ridotto alla metà, premetelo sur uno staccio per estrarne il succo, che rimetterete sul fuoco, rimestando incessantemente. Intanto avrete fatto disciogliere 6 ettogr. di zucchero e lasciatolo cuocere a conserva. Versatelo dunque sul ribes, e rimestate in modo da non lasciare aderire il miscuglio alle pareti della calderuola. Rimettete questa sul fuoco, e continuate a rimestare fino a che il composto cominci a bollire. A questo punto la conserva sarà fatta.
. Rimettete questa sul fuoco, e continuate a rimestare fino a che il composto cominci a bollire. A questo punto la conserva sarà fatta.
693. Caffè, tostatura, infusione. La principale cura che debbesi avere per ottenere un eccellente caffè, oltre alla scelta della sua qualità, consiste nel farne bene abbrustolire o tostare i chicchi; perocchè se troppo abbrustolito, il caffè si carbonizza e perde tutto il suo olio essenziale, che è l'aroma gradito che lo distingue; se troppo crudo, l'infusione ne risulta acida e disgustosa. Tutti conoscono l'ordigno di cui si fa uso per tostare il caffè, ed il quale consiste in un cilindro di lamiera attraversato nel suo asse da una bacchetta di ferro, le cui estremità posano su due forcelle fermate ai lati opposti d'un apposito fornello, sul quale il detto cilindro può per tal modo girare su sè stesso per il movimento che gli vien dato mediante un manubrio disposto ad una delle estremità della bacchetta di ferro che lo attraversa. La scelta del combustibile non è indifferente, e bisogna sempre preferire il carbone alla legna, perchè il primo manda un calore più uniforme e non produce fumo. Non si empia mai il cilindro che per metà, in modo che la bacchetta di ferro che l'attraversa non ne sia coperta, e che il caffè, gonfiandosi per l'effetto del calore, non rimanga troppo pigiato, e possa muoversi e venire facilmente agitato. Il fuoco devesi sempre mantenere eguale e moderato. Bisogna girare e rigirare il cilindro ora da destra ora da sinistra, fino al momento in cui il caffè manda assai fumo: allora si leva di frequente l'ordigno dal fuoco per scuoterlo ed agitarlo in ogni senso; e si termina di tostarlo quanto si vede che il fumo scappa dal cilindro in maggiore abbondanza. A questo punto il grano scoppietta, diventa lucido e come untuoso, di color cannella bruno, e spande un gradevole profumo: è questo il momento di ritirare dal fuoco il cilindro, per lasciare che la cottura si compia da sè medesima, mercè il vapore concentrato nell'apparecchio, che si continua a girare e ad agitare fuori del fuoco per alcuni altri minuti. Si apre allora il cilindro, si versa il caffè sur una tavola, vi si distende uniformemente, e dopo che si è alquanto raffreddato si passa a ventilarlo per farne escire le pellicole ed anche i corpi estranei che talvolta vi sono frammischiati; ma quest'operazione si può evitare se si sarà ben mondato il caffè prima di tostarlo. Il tempo che ordinariamente il caffè deve stare sul fuoco per giungere al punto giusto di tostatura, trattandosi d'una media quantità, varia da' 40 ai 50 minuti, a seconda del fuoco più o meno ardente che è nel fornello. Il caffè tostato con cura ed al punto voluto, non deve mai aver perduto, dopo quest'operazione, più del 18 o 20 per cento, vale a dire il quinto circa del suo peso.
ogni senso; e si termina di tostarlo quanto si vede che il fumo scappa dal cilindro in maggiore abbondanza. A questo punto il grano scoppietta, diventa
701. Gelato al pistacchio. Per un litro e mezzo di buon fior di latte si prendono 4 ettogr. di pistacchi, si mondano si mettono man mano nell'acqua fresca. Si lasciano poi sgocciolare e si asciugano con un tovagliuolo; indi si pongono in un mortajo e si pestano, aggiungendovi di quando in quando un po' di fior di latte e la raschiatura d'un limone. Quando i vostri pistacchi sono ben pesti, poneteli in una calderuola con 12 tuorli d'uova ben fresche e 4 ettogr. di zucchero in polvere, mescolando bene insieme il tutto. Mettete poscia il miscuglio al fuoco per farlo cuocere lentamente, rimestate senza posa, e lasciatelo condensare, avvertendo che non levi mai il bollore locchè farebbe indurare le uova. A questo punto aggiungete un poco di decozione forte di spinaci per dare al vostro gelato un bel colore verde. Passate il tutto per istaccio, e quando sarà raffreddato, diacciatelo.
senza posa, e lasciatelo condensare, avvertendo che non levi mai il bollore locchè farebbe indurare le uova. A questo punto aggiungete un poco di
34. Sugo semplice di carne. Mettete in una casseruola una quantità di bracioline di vitella, aggiungetevi della carne avanzata se ne avete, una cipolla trinciata, un pezzo di butirro, erbe odorose, funghi secchi, carote, ecc. Aggiungetevi due ramajoli di brodo senza sale, lasciando in tal guisa cuocere il tutto, e rinfrescandolo ogni poco con detto brodo fino al punto della sua cottura. Allora fate condensare, e per fargli prendere un bel colore o sapore vi aggiungerete del sugo di pomidoro (n. 36); quando dette braciuole avranno bollito ancora per lo spazio di una mezz'ora, aggiungetevi altro brodo e un buon pezzo di butirro, e lasciate bollire fino a tanto che non vedrete la carne quasi disfarsi: allora passate il tutto per colatojo di latta bagnandolo con brodo acciocchè venga ben lavato tutto ciò che resta in detto colatojo; e per meglio spremere potrete comprimere con mestolo di legno. Ponete allora di nuovo al fuoco ciò che è passato, acciocchè si condensi al punto di una sciolta farinata, e procurate che sia giusto di sale, poichè nel farlo restringere poche granella possono renderlo molto salato.
cuocere il tutto, e rinfrescandolo ogni poco con detto brodo fino al punto della sua cottura. Allora fate condensare, e per fargli prendere un bel colore
35. Sugo composto. Prendete delle braciolette di manzo o vitello, aggiungetevi carne avanzata se ne avete, molta cipolla trinciata, un pezzo di butirro, funghi secchi, carote, ec. ec. Aggiungetevi due ramajoli di brodo poco salato, lasciate in tal guisa cuocere il tutto fino al punto che resti prosciugato per far prendere un poco di colore. Allora aggiungetevi del sugo di pomidoro (n. 36). Poi aggiungetevi altra ramajolata di brodo, e lasciate cuocere moltissimo in tal guisa la vostra carne, onde estrarne tutta la sostanza. Di poi levatela dalla casseruola, e dopo avere scolato il sugo, pestate il tutto in un mortajo, riducete quasi in polenta, mettetela in un colatojo di latta e passatevi sopra del brodo, acciocchè lavi bene quei fili che vi restano e ne tolga tutto il sugo; comprimete con mestolo di legno, e gettate il passato nella casseruola coll'altro sugo che era già spremuto, e mettetelo al fuoco a condensarsi unendovi un buon pezzo di butirro e poca farina stemperata. Quando vedete che è venuto alla consistenza di una leggiera farinata, servitevene per i bisogni, cioè salse, crostate, ripieni, ecc.
butirro, funghi secchi, carote, ec. ec. Aggiungetevi due ramajoli di brodo poco salato, lasciate in tal guisa cuocere il tutto fino al punto che resti
36. Sugo di pomidoro. Prendete dei pomidoro, tagliateli per metà, metteteli in un calderotto a bollire finchè non siano disfatti, passateli per colatojo di latta con forza mediante un mestolo di legno, prendete il liquido, aggiungetevi del buon brodo di sostanza e qualche droga pestata; mettete il sugo sul fuoco, e fatelo condensare al punto di una farinata. Questo sugo è eccellente per qualunque siasi minestra, Se volete averlo più semplice potrete adoperarla tale quale esce dal colatojo: main questa guisa conserva un poco l'acido, ed è sempre meglio farlo concentrare, acciocchè perda alquanto di acidità.
sugo sul fuoco, e fatelo condensare al punto di una farinata. Questo sugo è eccellente per qualunque siasi minestra, Se volete averlo più semplice
44. Purè di marroni. Prendete dei marroni e arrostiteli un poco, tanto che li possiate ben mondare; metteteli in una casseruola con un poco di butirro, una ramaiolata di buon brodo e del vino bianco; fateli cuocere a piccolo fuoco, fino a tanto che non sieno bene sfarinati, e passateli per colatoio di latta; potrete, se vorrete, aggiungervi un poco di zucchero, secondo il gusto, e farete restringere la salsa fino al punto di una giusta farinata.
di latta; potrete, se vorrete, aggiungervi un poco di zucchero, secondo il gusto, e farete restringere la salsa fino al punto di una giusta farinata.
45. Purè di funghi. Fate bollire dei funghi ben lavati e puliti; dipoi triturateli più che potete; asciugateli in un panno bianco; metteteli in una casseruola con un pezzo di butirro e il sugo d'un limone: quando il butirro sarà liquefatto mettetevi del sugo (n. 34), un poco di vin bianco, ed alquanto brodo; fateli ben cuocere e dipoi riduceteli al punto di purè schiacciandoli bene con un mestolo di legno, e fate loro prendere una giusta consistenza.
alquanto brodo; fateli ben cuocere e dipoi riduceteli al punto di purè schiacciandoli bene con un mestolo di legno, e fate loro prendere una giusta
49. Conserva di pomidoro. Prendete i pomidoro, fateli bollire in un gran laveggio o caldaja o pajolo senz'acqua; allorchè saranno cotti passateli per colatoio di latta. Mettete sul fuoco in una casseruola o tegame ciò che è passato, e fatelo condensare sino al punto di una densa farinata: dipoi verserete in diversi piatti la conserva all'altezza di un dito scarso e ponendola al sole la farete prosciugare sino alla densità di una polenta durissima. Formatene de' pannetti, involtati in carta unta coll'olio e poi rinchiusi in vasi ben turati. Ve ne servirete disfacendola con brodo caldo. Se la desiderate aromatica, potrete aggiungervi a piacere, quando l'avrete passata pel colatoio, ogni sorta di droghe.
colatoio di latta. Mettete sul fuoco in una casseruola o tegame ciò che è passato, e fatelo condensare sino al punto di una densa farinata: dipoi
96. Zuppa di purè. Preparate in una zuppiera una quantità di fette di pane fresco, naturale o arrostito, o fritto nel butirro, e bagnatele con buon brodo colorato, unendovi del sugo di carne (n. 34); quando siano un poco inzuppate (osservando che sia ben caldo l'umido col quale le bagnate), versatevi sopra quella quantità di purè di grasso (dal n. 37 al 45) che avete fatto, osservando che esso pure sia ben caldo e quasi bollente, avendolo portato a tal punto per mezzo del bagnomaria.
Prendete alquanto riso ben lavato, tenetelo al fuoco con poca acqua, fino al punto che sia ben impregnato, ed abbia prosciugato quasi tutto l'umido; allora fatelo sgocciolare del tutto, stendetelo sopra alcuni fogli di carta, e lasciatelo seccare al sole; quando sarà ben secco pestatelo in un mortaio. Avrete così un'eccellente farina già cotta, la quale basterà soltanto stemperare e legare con brodo bollente per farne quell'uso che desiderate.
Prendete alquanto riso ben lavato, tenetelo al fuoco con poca acqua, fino al punto che sia ben impregnato, ed abbia prosciugato quasi tutto l'umido
112. Farinata d'orzo. Fate ammollare l'orzo nell'acqua fredda; il giorno dopo fatelo bollire con poco brodo, tanto che lo ricopra, fino al punto che sia bene scoppiato, aumentando a poco a poco il brodo; fate aumentare l'ebullizione perchè il brodo abbia luogo di ricevere tutto ciò che è dissolubile dell'orzo; passatelo poscia per un pannolino bianco con molta forza, e rimettete dipoi il passato al fuoco, perchè se è troppo liquido prenda una maggiore consistenza, e in ciò seguite il vostro gusto.
112. Farinata d'orzo. Fate ammollare l'orzo nell'acqua fredda; il giorno dopo fatelo bollire con poco brodo, tanto che lo ricopra, fino al punto che
116. Farinata di tapioca. Prendete una cucchiajata di tapioca, fatela bollire in buon brodo fino al punto che sia disciolta e divenuta come una gelatina; passatela per istaccio se non si fosse disfatta tutta; e servitela come le altre farine gommose, e come il sagù (n. 113). 117. Pan grattato. Quando bolle il brodo vi si pone a poco alla volta alquanta corteccia di pane grattata, o galletta grattata, o pane arrostito secco pestato nel mortaio, agitandolo col mestolo, e portandolo a quella densità che più vi piace, o di una densa o leggerissima farinata. 118. Semolino. Si opera nella stessa guisa che pel pan grattato (n. 117).
116. Farinata di tapioca. Prendete una cucchiajata di tapioca, fatela bollire in buon brodo fino al punto che sia disciolta e divenuta come una