Coprite il fondo di una cazzaruola con fettine sottili di lardone o di carne secca (quest'ultima è da preferirsi) e sopra alle medesime trinciate una grossa cipolla, una carota e una costola di sedano. Aggiungete qua e là qualche pezzetto di burro, e sopra questi ingredienti distendete carne magra di manzo a pezzetti o a braciuoline. Qualunque carne di manzo è buona; anzi per meno spesa si suol prendere quella insanguinata del collo o altra più scadente che i macellai di Firenze chiamano parature. Aggiungete ritagli di carne di cucina, se ne avete, cotenne o altro, chè tutto serve, purchè sia roba sana. Condite con solo sale e due garofani e ponete la cazzaruola al fuoco senza mai toccarla.
grossa cipolla, una carota e una costola di sedano. Aggiungete qua e là qualche pezzetto di burro, e sopra questi ingredienti distendete carne magra
Mi trovavo a Livorno al tempo delle bagnature l'anno di grazia 1855 e il colèra, che serpeggiava qua e là in qualche provincia d'Italia, teneva ognuno in timore di un'invasione generale che poi non si fece aspettare a lungo. Un sabato sera entro in una trattoria e dimando: — Che c'è di minestra? — Il minestrone, mi fu risposto. — Ben venga il minestrone, diss'io. — Pranzai e, fatta una passeggiata, me ne andai a dormire. Avevo preso alloggio in Piazza del Voltone in una palazzina tutta bianca e nuovissima tenuta da un certo Domenici; ma la notte, cominciai a sentirmi una rivoluzione in corpo da fare spavento; laonde passeggiate continue a quel gabinetto che più propriamente in Italia si dovrebbe chiamar luogo scomodo. — Maledetto minestrone, tu non mi buscheri più! — andavo spesso esclamando pieno di mal animo contro di lui che era forse del tutto innocente e senza colpa veruna.
Mi trovavo a Livorno al tempo delle bagnature l'anno di grazia 1855 e il colèra, che serpeggiava qua e là in qualche provincia d'Italia, teneva
Collocate la polenta in una teglia o in un vassoio che regga al fuoco, conditela a suoli con parmigiano, queste salsicce e qualche pezzetto di burro sparso qua e là, poi mettetela fra due fuochi e quando sarà ben calda servitela, specialmente per primo piatto di una colazione alla forchetta. La detta polenta si può fare anche dura per tagliarla a fette.
sparso qua e là, poi mettetela fra due fuochi e quando sarà ben calda servitela, specialmente per primo piatto di una colazione alla forchetta. La
Fate una polenta soda di farina di granturco cotta nel latte. Salatela prima di ritirarla dal fuoco e versatela sopra la spianatoia, alta due dita circa. Diaccia che sia, tagliatela a mandorle grosse mezzo centimetro, che disporrete in questa guisa in un vassoio di metallo o di porcellana che regga al fuoco. Fate un intingolo come quello per condire i maccheroni alla bolognese N. 58 o consimile e fate un poco di balsamella N. 89, spolverizzate il fondo del vassoio con parmigiano grattato e distendete un suolo di polenta; conditela con parmigiano, l'intingolo e la balsamella; poi sopra questo ponete un altro suolo di polenta e conditela egualmente; e così di seguito finchè avrete roba. Anche qualche pezzettino di burro qua e là non ci farà male; però mettetene poco se non volete che stucchi per soverchio condimento.
ponete un altro suolo di polenta e conditela egualmente; e così di seguito finchè avrete roba. Anche qualche pezzettino di burro qua e là non ci farà
Prendete un piatto ovale di metallo o di porcellana che regga al fuoco e sul medesimo distendete a strati, uno sopra all'altro, prima la metà del piccione e della vitella, poi la metà del presciutto e della lingua, la metà del burro sparso qua e là a pezzettini e la metà ossia quattro spicchi dell'uovo; condite con pochissimo sale, pepe e odore di spezie, e ripetete l'operazione col rimanente in modo che tutto l'insieme faccia la colma. Per ultimo annaffiate col brodo suddetto, ma diaccio, che vedrete galleggiare sul primo orlo del piatto e che rimarrà in gran parte dopo la cottura.
piccione e della vitella, poi la metà del presciutto e della lingua, la metà del burro sparso qua e là a pezzettini e la metà ossia quattro spicchi dell
La pasta frolla suppongo l'abbiate già pronta, avendo essa bisogno di qualche ora di riposo. Per questa servitevi della intera dose del N. 356 ricetta A, dandole odore colla scorza di limone; ed ora che avete preparato ogni cosa, cominciate ad incassare il vostro pasticcio, il che si può fare in più modi; io, però, mi attengo a quello praticato in Romagna ove si usano piatti di rame fatti appositamente e bene stagnati. Prendetene dunque uno di grandezza proporzionata ed ungetelo tutto col burro; sgrondate i maccheroni dal sugo superfluo e distendetene un primo suolo che condirete con parmigiano grattato, con pezzetti di burro sparsi qua e là e con qualche cucchiaiata di balsamella e rigaglie: ripetete la stessa operazione finchè avrete roba, colmandone il piatto.
parmigiano grattato, con pezzetti di burro sparsi qua e là e con qualche cucchiaiata di balsamella e rigaglie: ripetete la stessa operazione finchè avrete
Gli uccelli dunque, sieno tordi, allodole o altri più minuti, non vuotateli mai e prima d'infilarli acconciateli in questa guisa: rovesciate loro le ali sul dorso onde ognuna di esse tenga ferme una o due foglie di salvia; le zampe tagliatele all'estremità ed incrociatele facendone passar una sopra il ginocchio dell'altra forando il tendine e in questa incrociatura ponete una ciocchettina di salvia. Poi infilateli collocando i più grossi nel mezzo, ponendo al di qua e al di là di ogni uccello una fettina per lato, sottile quanto la carta, di carnesecca o, meglio, di lardone colore roseo e tramezzando gli uccelli con un crostino ossia una fettina di pane di un giorno grossa un centimetro e mezzo, oppure, se trovasi, un bastoncino tagliato a sbieco.
mezzo, ponendo al di qua e al di là di ogni uccello una fettina per lato, sottile quanto la carta, di carnesecca o, meglio, di lardone colore roseo e
Prendete un cosciotto o un quarto d'agnello, conditelo con sale, pepe, olio e un gocciolo d'aceto. Bucatelo qua e là colla punta di un coltello e lasciatelo in questo guazzo per diverse ore. Infilatelo nello spiedo e con un ramoscello di ramerino ungetelo spesso fino a cottura con questo liquido, il quale serve a levare all'agnello il sito di stalla e a dargli un gusto non disgradevole. Piacendovi più pronunziato l'odore del ramerino potete steccare il pezzo con alcune ciocche del medesimo levandole prima di mandarlo in tavola.
Prendete un cosciotto o un quarto d'agnello, conditelo con sale, pepe, olio e un gocciolo d'aceto. Bucatelo qua e là colla punta di un coltello e
Fatene una pasta piuttosto soda, lavoratela colle mani sulla spianatoia e formatene delle pallottole grosse quanto una piccola noce. Ponetele alla stiaccia nel ferro da cialde a una debita distanza l'una dall'altra e, voltando di qua e di là il ferro sopra al fornello ardente, levatele quando avranno preso colore.
stiaccia nel ferro da cialde a una debita distanza l'una dall'altra e, voltando di qua e di là il ferro sopra al fornello ardente, levatele quando
Raccontavano i nostri nonni che quando, sullo scorcio del secolo passato, i Tedeschi invasero l'Italia avevano nei loro costumi qualche cosa del bruto; e facevano inorridire a vederli preparare, ad esempio, un brodo colle candele di sego che tuffavano in una pentola d'acqua a bollore, strizzandone i lucignoli; ma quando nel 1849 sfortunatamente ci ricascarono addosso, furono trovati assai rinciviliti e il sego non era visibile che ne' grandi baffi delle milizie Croate col quale li inzafardavano, facendoli spuntare di qua e di là dalle gote, lunghi un dito e ritti interiti. Però, a quanto dicono i viaggiatori, una predilezione al sego predomina ancora nella loro cucina, la quale dagl'Italiani è trovata di pessimo gusto e nauseabonda per untumi di grasso d'ogni specie e per certe minestre sbrodolone che non sanno di nulla. Al contrario tutti convengono che i dolci in Germania si sanno fare squisiti e voi stessi potrete, così alto alto, giudicare del vero, da questo che vi descrivo e dagli altri del presente trattato che portano il battesimo di quella nazione.
baffi delle milizie Croate col quale li inzafardavano, facendoli spuntare di qua e di là dalle gote, lunghi un dito e ritti interiti. Però, a quanto