È innegabile che da qualche tempo in qua un grande progresso si è verificato anche in cucina. I nuovi metodi di riscaldamento, il diffondersi di utensili pratici ed igienici e sopratutto il salutare ritorno di molte signore alla immediata direzione della casa, hanno portato un evidente risveglio in questa parte tanto importante dell'azienda domestica, da cui principalmente dipende — non ci stancheremo mai di ripeterlo — il benessere e la prosperità della famiglia. La cucina, intesa nella sua vasta complessività, è arte e scienza insieme. E l'affermazione non sembrerà esagerata quando per cucina non s'intenda solamente il fatto più o meno meccanico di allestire qualche pietanza alla buona, ma quell'insieme di cognizioni tecniche che concorrono a fare dell'alimentazione una materia importante, quanto ad esempio, la conoscenza delle lingue o lo studio di uno strumento musicale. Conoscere la cucina non vuol dire mettersi alla stregua di una donna di servizio o di una cuoca, le quali generalmente sono appunto quelle che di cucina s'intendono meno, ma avere anche delle nozioni precise di igiene, di chimica elementare e di disegno: sapere, in altre parole, come si preparano nel miglior modo i cibi più svariati o la buona pasticceria, come si decora un piatto di cucina o una torta, come si fanno i liquori, i gelati, come si conservano le sostanze alimentari d'ogni specie, quali sono le cure da usarsi ai vini, e magari come si disegna un «menu» o si infiora una tavola. Accade spesso in famiglia, che una pietanza la quale generalmente vien bene, riesce qualche volta immangiabile. Come pure accade che un giorno la carne è troppo cruda, un altro troppo cotta; ora c'è troppo condimento, ora ce n'è troppo poco ecc. ecc. Tutto ciò dipende dal fatto semplicissimo che, in genere, si cucina a casaccio, e senza il più elementare raziocinio. Domandate a una donna di cucina perchè prepara una pietanza in quella data maniera; ed ella, novanta volte su cento, non saprà dirvene la ragione, o vi risponderà che fa così, come potrebbe fare in un altro modo. Tutto ciò, retaggio di una cucina empirica, deve scomparire. Se una pietanza riesce una volta, deve riuscire sempre; e la persona che sta al fornello, o per lei chi la dirige, deve sapere e perchè si cucina in quel dato modo, e perchè non si può cucinare che in quel modo. Come tutte le arti, come tutti i mestieri, anche la gastronomia ha le sue leggi, dalle quali non si può e non si deve derogare.
la cucina non vuol dire mettersi alla stregua di una donna di servizio o di una cuoca, le quali generalmente sono appunto quelle che di cucina s
Il pesce va mangiato freschissimo o per lo meno perfettamente conservato con mezzi tecnici modernissimi; caso contrario non solo perde le sue doti nutritive e il suo squisito sapore, ma può arrecare gravi disturbi. Parlando di pesce conservato intendiamo però accennare a quella breve conservazione che permette al pesce di giungere da lontani punti di pesca ai mercati delle città non marittima, essendo noi, per la lunga esperienza fattane, contrari alle lunghe conservazioni in frigorifero, le quali tolgono al pesce qualsiasi sapore quando non sono causa di altre sorprese.
, contrari alle lunghe conservazioni in frigorifero, le quali tolgono al pesce qualsiasi sapore quando non sono causa di altre sorprese.
Le seppie, le quali pur non essendo un cibo molto ricercato sono invece ottime e molto nutrienti, si riconoscono dal loro aspetto lucido, dalla durezza della carne e sopratutto da certi riflessi verdastri che facilmente conservano quando vengono nettate dal nero che generalmente le ricopre. Quando le seppie passano di freschezza perdono il loro aspetto brillante e diventano opache, mentre pian piano appaiono qua e là delle sfumature rosse.
Le seppie, le quali pur non essendo un cibo molto ricercato sono invece ottime e molto nutrienti, si riconoscono dal loro aspetto lucido, dalla
Anche il polipo, alimento non finissimo ma molto appetitoso, presenta allo stato di prima freschezza dei caratteri che vanno ricordati; e cioè: tentacoli contratti, sacco turgido, occhi lucidi. Il colore, secondo le varietà di polipi, potrà essere bianco sporco o grigio e sempre cosparso di riflessi azzurrognoli. Ci sono poi i polipi di scoglio, i così detti polipi veraci, i quali hanno due file di ventose anzichè una ed un mantello che tende al bruno caldo. Sono questi i polipi da impiegarsi per quella preparazione così detta «alla Luciana» e per la quale debbono preferirsi i grossi soggetti. La rilassatezza del sacco e dei tentacoli, il calo del peso e il diffondersi di una tinta rossastra, sono sintomi di decomposizione. I calamari e i calamaretti partecipano degli stessi caratteri esposti per le seppie ed i polipi.
riflessi azzurrognoli. Ci sono poi i polipi di scoglio, i così detti polipi veraci, i quali hanno due file di ventose anzichè una ed un mantello che tende al
Volendo fare delle chenelle da zuppa ancor più eleganti si può procedere in un altro modo. Si imburra una teglia piuttosto larga, si mette la farcia preparata in una tasca di tela con bocchetta di latta spizzata e premendo sulla tasca si fanno uscire sul fondo imburrato della teglia, le chenelle, le quali avranno l'aspetto di piccole pastine da tè. Quando ne avrete fatto il numero necessario versate nella teglia acqua bollente e lasciate che le chenelle possano rassodarsi.
, le quali avranno l'aspetto di piccole pastine da tè. Quando ne avrete fatto il numero necessario versate nella teglia acqua bollente e lasciate che le
Allo stesso modo, è inutile in famiglia pensare alla preparazione ugualmente lunga e noiosa della salsa vellutata, composta di burro e farina, ai quali si aggiunge del brodo, lasciando bollire per lunghissime ore. Dalla vellutata si ottiene poi l'alemanna, aggiungendo alla salsa ultimata dei rossi d'uovo e della crema di latte.
quali si aggiunge del brodo, lasciando bollire per lunghissime ore. Dalla vellutata si ottiene poi l'alemanna, aggiungendo alla salsa ultimata dei rossi
Comprenderete benissimo che vi sarà facile preparare sollecitamente una «vellutata» con burro e farina operando come per una besciamella, e sostituendo al latte un po' di brodo; e che aggiungendo a questa salsa uno o due rossi d'uovo e una cucchiaiata di crema avrete ottenuto in pochi minuti la alemanna. Ci si potrà obiettare che la estrema finezza delle salse classiche non sarà raggiunta; e su questo possiamo anche essere d'accordo; ma il risultato che si otterrà senza eccessiva perdita di tempo sarà ugualmente buono, in ispecie ove si tenga presente che la preparazione classica di queste salse deve essere fatta molto in grande, ciò che esorbita dai bisogni limitatissimi di una piccola cucina. Dunque delle quattro grandi salse fondamentali, la sola che dal nostro punto di vista ha una reale importante è la salsa besciamella, che troverete più appresso. Le stesse ragioni, di praticità ci hanno consigliato a non includere nel presente capitolo un elenco interminabile di salse, le quali differiscono per particolari insignificanti. Abbiamo solamente notato le più utili, e ne abbiamo inserite altre man mano che una data ricetta richiedeva una speciale salsa.
ci hanno consigliato a non includere nel presente capitolo un elenco interminabile di salse, le quali differiscono per particolari insignificanti
Cappelletti in brodo alla romana. Questi squisiti cappelletti, i quali costituiscono la più gradita minestra, sono una variante del tortellini bolognesi, con la differenza che sono più grandi, e che nei cappelletti romani il ripieno è crudo ed occorre prepararlo soltanto un giorno prima. Si mettono sul tagliere i seguenti ingredienti: un paio di fette di mortadella di Bologna, una fetta di prosciutto, la metà di un filetto di maiale, un pezzo di tacchino e si trita il tutto finemente. Avendo la macchinetta l'operazione resta molto semplificata e si ottiene un pesto assai più omogeneo. Si raccoglie il trito in una terrinetta e si condisce con un uovo intero, un po' di noce moscata, sale, pepe, una buona cucchiaiata di formaggio grattato, aggiungendo in ultimo un bicchierino di marsala. Si impasta bene il tutto e si mette da parte. Si fa poi una pasta all'uovo, si stende piuttosto sottile e con un tagliapasta rotondo, di cinque centimetri di diametro, o con la bocca di un bicchierino da marsala si tagliano tanti dischi circolari sui quali si dispone un po' del composto di carne. Si ripiega il disco su sè stesso in modo da chiudere dentro la carne, si pigia intorno con le dita e poi si riavvicinano e sovrappongono le due estremità fermandole col dito, e dando così all'insieme la forma di un piccolo cappello. I ritagli si rimpastano e si procede così fino ad utilizzare completamente tutta la pasta all'uovo. Ultimati tutti i cappelletti, si dispongono in un vassoio sul quale si appoggia una salvietta leggermente spolverizzata di farina, e si lasciano così fino all'ora del pranzo. Si passa il brodo, e quando bolle si mettono giù i cappelletti dando circa una ventina di minuti di cottura. Il pesto crudo ha il vantaggio di dare maggiore sapidità al brodo, che riesce squisito. Generalmente si calcolano dai dieci ai quindici cappelletti a persona. Il numero e la qualità degli ingredienti del pesto può essere semplificato a piacere, secondo la spesa che si vuole incontrare. Ma certo con la formula da noi esposta si ottiene un risultato ottimo.
Cappelletti in brodo alla romana. Questi squisiti cappelletti, i quali costituiscono la più gradita minestra, sono una variante del tortellini
Per quattro persone, ad esempio, nettate e tagliate in filettini — come tanti fiammiferi di legno — due belle carote gialle, alle quali avrete tolto la parte centrale che è legnosa. Tagliate nello stesso modo due o tre patate. Sbollentate a parte la metà di un cavolo piuttosto piccolo, rinfrescate le foglie e tagliatele in fettuccie sottili. Affettate anche sottilmente mezza cipolla, un porro, una costola di sedano, un pochino di lattuga o d'indivia e mettete tutto ciò in una casseruola con una cucchiaiata di burro e un pizzico di sale. Potrete aggiungere anche due o tre cucchiaiate di pisellini sgranati. Mettete la casseruola su fuoco debole, copritela e lasciate che i legumi stufino lentamente per circa mezz'ora. Rammentatevi che non debbono assolutamente colorirsi ma solo appassire nel burro.
Per quattro persone, ad esempio, nettate e tagliate in filettini — come tanti fiammiferi di legno — due belle carote gialle, alle quali avrete tolto
Tra la minestra in brodo e i maccheroni, di cui taluni fanno un uso eccessivo, c'è tutta una varietà di minestre e di minestroni generalmente a base d'erbe, i quali costituiscono un cibo raccomandabilissimo anche dal lato igienico, tenuto conto che il tanto decantato brodo, a meno che si tratti di «consommés» ristrettissimi, ha un valore nutritivo quasi nullo. Tutte le città, si può dire, hanno un loro particolare minestrone, i quali su per giù si rassomigliano. Esamineremo i minestroni più tipici come quello genovese, quello milanese, quello toscano, per chiudere con qualche ricetta di minestre romane e napoletane: un breve, ma interessante viaggio gastronomico a traverso il fumo e il profumo delle zuppiere di qualcuna delle principali regioni italiane.
d'erbe, i quali costituiscono un cibo raccomandabilissimo anche dal lato igienico, tenuto conto che il tanto decantato brodo, a meno che si tratti di
Roma è l'«Alma mater» anche delle minestre «col battuto», delle quali si confezionano infinite varietà, come: pasta e broccoli, pasta e lenticchie, pasta e fagioli, riso e patate, ecc. Il procedimento è sempre il medesimo, ed ognuno può da sè studiare le combinazioni che più gli gustano.
Roma è l'«Alma mater» anche delle minestre «col battuto», delle quali si confezionano infinite varietà, come: pasta e broccoli, pasta e lenticchie
Il minestrone alla milanese si può fare con l'acqua o col brodo e si può mangiare caldo o freddo. Nel minestrone si mettono ordinariamente sedano, carote gialle, patate, zucchine, il tutto tagliato a dadini, e poi fagioli freschi sgranati, o fagioli secchi tenuti in bagno nell'acqua fredda, cavolo, e secondo la stagione, fave, piselli, ecc. La regola consiste nel mettere a cuocere, in una casseruola, prima i legumi pei quali è necessaria una più lunga cottura e successivamente gli altri. Una mezz'ora prima di andare in tavola, aggiungete nella casseruola una cucchiaiata di salsa di pomodoro e un pesto di lardo, prezzemolo e un pezzetto d'aglio. Fate bollire un poco e poi versate una quantità di riso proporzionata al numero delle persone, sentite se sta bene di sale, e finite il minestrone — che dev'essere piuttosto asciutto — con qualche cucchiaiata di parmigiano.
, e secondo la stagione, fave, piselli, ecc. La regola consiste nel mettere a cuocere, in una casseruola, prima i legumi pei quali è necessaria una più
Uno dei modi migliori di cucinare i legumi per minestra è la purè, che ha il pregio di essere molto digestiva. Tanto vero che nell'alimentazione dei bambini la purè da qualche anno occupa un posto notevolissimo. Molti sono contrari alla purè, per partito preso, immaginando chi sa quali complicazioni di cucina. È invece niente di più facile: basta che in cucina vi sia un setaccio che non è poi un utensile molto costoso. I fagioli, le lenticchie, i ceci si cuociono in acqua e sale, calcolandone circa cento grammi a persona. Quando i legumi saranno cotti, si scolano, e si passano dal setaccio, forzandoli con un cucchiaio di legno. La purè si può insaporire col burro, con l'olio e con lo strutto.
bambini la purè da qualche anno occupa un posto notevolissimo. Molti sono contrari alla purè, per partito preso, immaginando chi sa quali
Dopo una diecina di minuti aggiungete, sempre un po' alla volta, un dito d'acqua e una pizzicata di sale, e continuate a lavorare il semolino tra le palme, senza mai smettere, fino ad ottenerlo completamente sciolto e leggermente gonfiato. Non devono esserci grumi, ma deve risultare fluido come della rena grossolana. Questa operazione preliminare richiede almeno una mezz'ora, e, se bene eseguita, costituirà uno dei coefficienti per la riuscita della pietanza. Preparato il semolino prendete una grossa pentola. In talune città, dove l'elemento ebraico predomina, si trovano delle speciali pentole per preparare il cuscussù, dette appunto cuscussiere; e diciamo subito la ragione per la quale si richiede uno speciale utensile. Il semolino del cuscussù, infatti, non deve cuocere nell'acqua o nel brodo, ma in una pentola ermeticamente chiusa al di sopra dell'acqua o del brodo in ebollizione in modo che la cottura si faccia solo col vapore. Appunto per questo ci sono delle speciali pentole piuttosto alte, le quali nella parte superiore hanno una specie di colabrodo nel quale si mette il semolino, che poi si ricopre col coperchio della pignatta.
modo che la cottura si faccia solo col vapore. Appunto per questo ci sono delle speciali pentole piuttosto alte, le quali nella parte superiore hanno
È una piccola ricetta pratica che, confidiamo, sarà utile a tante mammine, che, non hanno sempre tempo disponibile per lunghe preparazioni di cucina. I maccheroni eseguiti così sono molto igienici e gustosi, e per il loro valore nutritivo possono venire somministrati con profitto anche ai bambini ai quali spesso può nuocere l'abituale sugo a base di pomodoro e di grassi. Nè la ricetta è molto costosa. Quando si pensi al costo di un vasetto di estratto di carne, che basta per parecchie volte, e a quello di un sugo ben fatto, si troverà che l'estratto di carne è molto più conveniente. Lessate dunque i maccheroni come al solito, scolateli e conditeli con un po' di burro e parmigiano. Prendete poi, per quattro persone, un cucchiaino di estratto di carne e stemperatelo in un tegamino con poche gocce di acqua bollente. Versate l'estratto di carne sui maccheroni, mescolate e mandate in tavola. Sarete piacevolmente sorprese dello squisito gusto acquistato dai vostri maccheroni e acquistato con una perdita di tempo così insignificante.
ai quali spesso può nuocere l'abituale sugo a base di pomodoro e di grassi. Nè la ricetta è molto costosa. Quando si pensi al costo di un vasetto di
Per sei persone, lessate la quantità di maccheroni che siete soliti fare: generalmente dai cento ai centoventi grammi a persona. Mentre i maccheroni cuociono, mettete in una terrinetta trecento grammi di ricotta, un paio di cucchiaiate di zucchero e un cucchiaino di cannella in polvere. Stemperate il tutto con qualche cucchiaiata d'acqua calda, e quando i maccheroni saranno cotti scolateli e conditeli con la ricotta preparata. Questi maccheroni sono sani e nutrienti e sono specialmente adattati per bambini ai quali in genere piacciono moltissimo.
sono sani e nutrienti e sono specialmente adattati per bambini ai quali in genere piacciono moltissimo.
Prendete delle acciughe, lavatele bene e dividetele in due. I filetti ottenuti li risciacquerete ancora e poi li allineerete in un piatto. Conditeli con olio e prezzemolo trito e lasciateli da parte. Prendete poi un pezzo di tonno sott'olio e con un coltello tagliente dividetelo in tanti dadini, i quali dovranno avere su per giù circa un centimetro abbondante di lato. Preparate anche una pastella con acqua e farina avendo l'avvertenza di tenerla piuttosto densa. Pochi minuti prima di mangiare prendete un dadino di tonno, fasciatelo con un paio di filetti d'acciuga, passate il tutto nella pastella e poi in padella in cui sia dell'olio ben caldo. Friggete a fuoco forte e appena le frittelline avranno preso un bel color d'oro estraetele, accomodatele in un piatto con salvietta e mangiatele calde.
quali dovranno avere su per giù circa un centimetro abbondante di lato. Preparate anche una pastella con acqua e farina avendo l'avvertenza di tenerla
Prendete una o più cipolle, preferendo quelle napolitane, e non molto grandi. Sbucciatele, spuntatele all'estremità e con un coltello tagliatele orizzontalmente in fette di mezzo centimetro. Queste fette risulteranno composte di tanti anelli concentrici, che voi gitterete in una casseruola contenente acqua in ebollizione. Fate bollire per cinque minuti, poi scolate le cipolle, e passatele in una catinella con acqua fresca, dove le lascerete qualche minuto. Fatto ciò scolate di nuovo le cipolle e raccoglietele in una salvietta per asciugarle delicatamente. Prendete pochi di questi anelli alla volta, infarinateli e friggeteli in abbondante olio o strutto finchè abbiano preso un leggiero colore d'oro pallido. All'uscita dalla padella spolverizzateli leggermente di sale. Questo fritto di cipolla ha il pregio di non tradire affatto la sua origine plebea; è squisito, e può rimpiazzare assai vantaggiosamente i filetti di zucchine, i quali forse perdono al confronto. Gli anelli di cipolla vanno fritti con una certa bravura e debbono risultare sostenuti, ricordando un po' una frittura di calamaretti. Due piccole piramidi di questi anelli dorati messi, ad esempio, alle due estremità di un piatto ovale contenente dell'arrosto, formeranno una guarnizione piena di vaporosità e — ciò che non è punto disprezzabile — gradevolissima al palato.
vantaggiosamente i filetti di zucchine, i quali forse perdono al confronto. Gli anelli di cipolla vanno fritti con una certa bravura e debbono
Le uova bruillées o strapazzate, a patto di essere fatte a regola d'arte, sono tra le preparazioni più fini di cui siano suscettibili le uova. La vecchia cucina, per raggiungere un maggior grado di finezza, cuoceva le uova bruillées a bagno maria; ma si possono cuocere ugualmente bene su fuoco nudo, purchè sia debolissimo e purchè il recipiente sia a fondo molto spesso, per impedire che i colpi di fuoco facciano solidificare delle particelle di uovo sotto forma di grumi. Le uova bruillées ben fatte debbono essere perfettamente liscie e come una crema densa. Mettete in una casseruola a fondo spesso mezzo ettogrammo di burro e quando sarà liquefatto versateci sei uova sbattute come per frittata, alle quali avrete aggiunto un po' di sale e un pizzico di pepe bianco. Mescolate con un cucchiaio di legno e quando le uova saranno rapprese, tirate via la casseruola dal fuoco e aggiungete ancora qualche pezzettino di burro e una cucchiaiata di crema, se ne avete. La ricetta è semplice: richiede solamente un po' d'attenzione e di diligenza.
spesso mezzo ettogrammo di burro e quando sarà liquefatto versateci sei uova sbattute come per frittata, alle quali avrete aggiunto un po' di sale e un
Lessate e sgusciate sei uova. Appena sgusciate le rimetterete in caldo in acqua tiepida. Preparate intanto dei funghi freschi o secchi, che cuocerete con olio e prezzemolo e dei gamberetti che lesserete in acqua e sale e ai quali toglierete le code, mettendole a nudo. Preparate ora una salsa fatta con un pezzetto di burro come una grossa noce, un cucchiaino di farina e mezzo bicchiere di brodo. Per intenderci, una specie di besciamella fatta col brodo invece che con il latte. In questa salsa mescolate le code dei gamberi e i funghi e tenete in caldo. Preparate per ultimo dei piccoli anelli di pane fritto, del diametro di cinque o sei centimetri. Ponete ogni uovo sul piccolo anello di pane fritto in modo che l'uovo possa tenersi ritto e disponete le uova intorno al piatto. Nel mezzo versate la guarnizione di funghi e gamberetti e fate portare in tavola. Volendo ancora arricchire di più la pietanza, potrete spuntare leggermente l'estremità superiore di ogni uovo per appoggiarvi una fettina di tartufo nero.
con olio e prezzemolo e dei gamberetti che lesserete in acqua e sale e ai quali toglierete le code, mettendole a nudo. Preparate ora una salsa fatta
Per quattro persone prendete mezzo chilogrammo di vongole, risciacquatele abbondantemente, scolatele e poi mettetele sul fuoco in una padella con un nonnulla d'olio. Quando, per il calore, tutte le vongole saranno aperte estraetele dal guscio e raccoglietele in una scodella. Travasate in un tegamino il sugo delle vongole badando di non far cadere anche la parte terrosa che è rimasta nel fondo della padella. Mettete intanto sul fuoco una padellina con un pochino d'olio e fate soffriggere in esso uno spicchio d'aglio che leverete appena imbiondito. Mettete nell'olio un paio di cucchiaiate di salsa di pomodoro che diluirete col sugo delle vongole e farete addensare. Pochi minuti prima di mangiare rompete otto uova in una terrinetta, conditele con un pizzico di sale e sbattetele bene. Prendete una grande padella con dell'olio e versateci le uova. Appena la frittata sarà rassodata, ma non troppo, metteteci nell'interno le vongole alle quali aggiungerete un po' di salsa di pomodoro e una cucchiaiata di prezzemolo. Ripiegate sollecitamente la frittata in due e rovesciatela su un piatto ovale. Ricopritela con la salsa di pomodoro densa, circondatela con un cordoncino di prezzemolo trito, ultimatela con un pizzico di pepe e mandatela in tavola.
troppo, metteteci nell'interno le vongole alle quali aggiungerete un po' di salsa di pomodoro e una cucchiaiata di prezzemolo. Ripiegate sollecitamente
Si tratta di fare delle frittatine sottilissime e di sovrapporle, intercalandole con una guarnizione ben condita. Non è certo la scoperta dell'America, ma una cosina la quale, se eseguita a dovere, non manca però di produrre il suo effetto. Per quattro persone potrete calcolare sei uova, le quali vanno sbattute in una terrinetta e condite con sale e pepe. Prendete poi una padella non molto grande — del diametro di una quindicina di centimetri — metteteci un pezzetto di burro o di strutto come una nocciola e quando il grasso sarà caldo, versate nella padella tre cucchiaiate delle uove sbattute. Inclinando la padella, fate che le uova ne coprano tutto il fondo, e quando vedrete che questa sottilissima frittata si è rassodata, rovesciatela in un piatto senza farla cuocere dall'altra parte, come si usa generalmente per tutte le altre frittate. Continuate così a fare frittatine mettendo ogni volta nella padella un pezzettino di grasso. Otterrete un discreto numero di dischi d'uovo, che potrete preparare anche qualche tempo prima del pranzo. Per la guarnizione potrete impiegare quello che più vi aggrada: dalle cose più semplici alle cose più complicate. Un quarto d'ora prima di mangiare, prendete una piccola teglia, o meglio un piatto di porcellana che possa andare liberamente nel forno, ungetene di burro il fondo e mettete su questo qualche cucchiaiata di salsa di pomodoro, che avrete preparato in precedenza. Sulla salsa appoggiate una frittatina, spalmatela con un altro po' di salsa e seminateci su un pochino di parmigiano grattato e qualche foglia di basilico fresco tagliuzzata. Continuate così a fare strati di frittatine e di sugo, ultimando con abbondante salsa e parmigiano. Mettete ancora qua e là qualche pezzetto di burro, e ponete la teglia in forno per una diecina di minuti. Mandate in tavola senza travasare, appoggiando semplicemente la teglia o il piatto di porcellana su un altro piatto più grande, con salvietta. Invece della modesta salsa di pomodoro è in facoltà vostra l'adoperare una salsa besciamella, in cui potrete aggiungere funghi, qualche regaglia di pollo ecc. coi quali potrete fare anche un elegante cordone al millefoglie prima d'inviarlo in tavola; oppure adoperare besciamella e sugo di carne senza pomodoro, nel qual caso delle fettine di tartufo disposte qua e là avrebbero un impiego ideale.
'America, ma una cosina la quale, se eseguita a dovere, non manca però di produrre il suo effetto. Per quattro persone potrete calcolare sei uova, le quali
I quali versi significano «Orazio, se tu l'avessi gustato, invece di averlo disprezzato, gli avresti accordato la tua amicizia. Avresti preferito avere il capo cinto di una corona d'aglio che di lauro».
I quali versi significano «Orazio, se tu l'avessi gustato, invece di averlo disprezzato, gli avresti accordato la tua amicizia. Avresti preferito
Come sapete, la zuppa alla marinara viene nell'Adriatico chiamata col nome di brodetto, e si può dire che ogni città, ogni cittadina del litorale hanno un loro modo caratteristico di preparare questa zuppa. Il brodetto all'anconitana si distingue dagli altri per una piccola aggiunta d'aceto, che comunica alla pietanza uno speciale sapore. Sono da preferirsi per questa preparazione i pesci di scoglio, ai quali si aggiungono spigolette, triglie e calamari. Generalmente i pesci si lasciano intieri. Si mette in un tegame della cipolla tagliuzzata e quando questa sarà imbiondita si mettono giù i calamaretti e dopo un poco gli altri pesci. Si condisce con sale, pepe, prezzemolo tristo e pomodoro, e finalmente si aggiungono due dita di aceto. Si copre il tegame, si fa levare il bollore e dopo un minuto o due di ebollizione si tira indietro il recipiente lasciandolo così fuori del fuoco qualche tempo per fare evaporare un poco l'odore dell'aceto. Dopo qualche minuto si ricopre il tegame e si mette su della brace leggera facendo stufare il pesce per circa mezz'ora. Il brodetto deve risultare assai denso, e si accompagna con delle fette di pane non abbrustolito.
comunica alla pietanza uno speciale sapore. Sono da preferirsi per questa preparazione i pesci di scoglio, ai quali si aggiungono spigolette, triglie e
Per questa preparazione sono da preferirsi le triglie piccole. Si nettano accuratamente, si risciacquano e si asciugano in una salvietta. Si mette un po' d'olio in una teglia e vi si allineano le triglie in un solo strato. Si condiscono con sale, pepe, qualche pezzetto di pomodoro senza pelle e senza semi, una puntina d'aglio, prezzemolo trito, un pizzico di coriandoli, una presina di zafferano, un rametto di timo e una mezza foglia di alloro. Bagnare con un bicchiere di vino bianco, e lasciar cuocere insensibilmente per cinque o sei minuti. Lasciar freddare le triglie nella teglia. Estrarle, accomodarle in un piatto e poi passare la cottura, da un setaccio o da un colabrodo e versarla sulle triglie. Guarnire il piatto con delle mezze fettine di limone, alle quali si toglieranno la buccia e i semi.
fettine di limone, alle quali si toglieranno la buccia e i semi.
Per sei persone prendete mezzo chilogrammo di sarde. Togliete loro la testa, nettatele, risciacquatele in più acque e mettetele ad asciugare in uno strofinaccio. Prendete poi una teglia di rame o di ferro stagnato della grandezza sufficiente perchè le sarde vi possano stare allineate in un solo strato, e versateci un po' d'olio in modo che tutto il fondo ne rimanga bagnato. Accomodateci le sarde. Conditele con sale e pepe piuttosto in abbondanza, prezzemolo trito, una forte pizzicata di origano secco e disponete qua e là una diecina di filetti di pomodoro, ai quali avrete tolto la buccia e i semi. Fate cadere ancora sulle sarde un filo d'olio e mettete la teglia su fuoco piuttosto vivace. Dopo due o tre minuti voltate con precauzione le sarde e dopo pochi altri minuti servitele ben calde, nella stessa tarderà.
, prezzemolo trito, una forte pizzicata di origano secco e disponete qua e là una diecina di filetti di pomodoro, ai quali avrete tolto la buccia e i
Calcolate una sogliola a persona. Togliete via la pelle nera, infarinate le sogliole e cuocetele nel burro. Intanto cuocete delle tagliatelle all'uovo (calcolando un uovo e un centinaio di grammi di farina per ogni sei persone) e conditele con burro e parmigiano. Lesserete anche un mazzo di sparagi grossi di giardino, ai quali taglierete le punte alla lunghezza di un paio di centimetri. Queste punte le passerete un momento in una padellina con un po' di burro e un pizzico di sale. E finalmente fate un pochino di salsa besciamella piuttosto liquida, con un pezzetto di burro, un cucchiaino di farina e mezzo bicchiere di latte. Mettete nel mezzo del piatto le tagliatelle disposte a cupola, sulle tagliatelle le punte di asparagi e intorno intorno le sogliole sulle quali verserete un pochino di salsa. Fate cadere su tutto delle fettine di tartufo nero e mandate in tavola.
grossi di giardino, ai quali taglierete le punte alla lunghezza di un paio di centimetri. Queste punte le passerete un momento in una padellina con
Come le nostre lettrici sanno, vengono dette «ciriole» delle piccole anguille del Tevere, le quali hanno in Roma ammiratori fanatici. Le abbonate non romane potranno eseguire la ricetta con qualsiasi altra qualità di anguille, ma certo non otterranno il caratteristico piatto caro a molti buongustai romani.
Come le nostre lettrici sanno, vengono dette «ciriole» delle piccole anguille del Tevere, le quali hanno in Roma ammiratori fanatici. Le abbonate non
I tournedos sono delle bistecchine di filetto tagliate non nel mezzo del filetto stesso, ma alle estremità, in modo da presentare una larghezza di un pezzo d'argento di cinque lire di tipo antico. Lo spessore di queste bistecchine deve essere almeno di un dito, tanto meglio se le terrete spesse un paio di centimetri. Tagliate le bistecchine, delle quali se ne calcolano generalmente due a persona, ci si fa intorno, nel verso dello spessore, una legatura circolare con un pezzo di spago, in modo che cuocendo conservino la loro forma rotonda. Per ogni tournedos si prepara anche un crostino di pane rotondo, della stessa grandezza della carne, alto un centimetro e fritto nell'olio, nel burro o nello strutto. Si ricavano assai facilmente questi crostini adoperando uno di quei pani detti a cassetta, preferibilmente raffermo. Preparate anche tante rotelline di prosciutto crudo per quanti sono i tournedos e tante fettine di cervello (di maiale o di abbacchio) per quanti sono i pezzi da montare. Il cervello va prima messo a dissanguare qualche minuto in acqua fredda in una casseruolina. Si versa poi l'acqua, si sostituisce con altra acqua pulita, si mette la casseruolina sul fuoco e si porta fino all'ebollizione. Si fa bollire un minuto, dopo di che si passa di nuovo il cervello nell'acqua fredda, si estrae, si asciuga e si taglia in escaloppes le quali vanno poi infarinate e fritte. Al momento di preparare la pietanza mettete del burro in una teglietta, e a fuoco vivace cuocete i tournedos, che condirete con un po' di sale. Ricordate di tenere la carne piuttosto rosea nell'interno; quindi non spingete troppo la cottura. Quando avrete cotta tutta la carne, versate nella teglia un altro pezzetto di burro, un cucchiaio o due d'acqua e un bicchierino di marsala, e con un cucchiaio di legno staccate bene il fondo della cottura, così da avere una salsetta. Intingete alla svelta i crostini di pane in questa salsetta e allineateli sul piatto di servizio. Il quale piatto sarà preferibilmente di forma allungata in modo da permettere di disporre i crostini allineati due per due. Su ogni crostino appoggiate un tournedos, al quale avrete tolto lo spago, versate sulla carne la rimanente salsa, e su ogni tournedos mettete una fettina di prosciutto e una escaloppe di cervello.
paio di centimetri. Tagliate le bistecchine, delle quali se ne calcolano generalmente due a persona, ci si fa intorno, nel verso dello spessore, una
Si raccorcia l'osso del manico del coscetto, e possibilmente si toglie l'osso intero. Si lega il coscetto e si mette in una casseruola in cui entri giusto, si copre d'acqua fredda, si condisce con due cipolle — in ognuna delle quali si innesta un chiodo di garofano — prezzemolo, carota gialla, un paio di costole di sedano e sale a sufficienza. Fare prendere l'ebollizione e mantenerla regolare e lenta sull'angolo del fornello per un paio di ore, fino a completa cottura. Si libera il coscetto dallo spago, si accomoda in un piatto e si manda in tavola accompagnandolo con una salsa di menta.
giusto, si copre d'acqua fredda, si condisce con due cipolle — in ognuna delle quali si innesta un chiodo di garofano — prezzemolo, carota gialla, un
Deponete la galantina così preparata in una casseruola ovale, ricopritela di acqua e poi aggiungete nel recipiente una cipolla, con un chiodo di garofano, una carota gialla, un mazzolino di prezzemolo, tutti i cascami del pollo: testa, collo, zampe e pezzi di carcassa, nonchè un paio di piedi di vitello ben nettati e spaccati in due, i quali ultimi vi serviranno per la gelatina. Mettete la casseruola sul fuoco e schiumate il brodo man mano che ce ne sarà bisogno. Appena il liquido avrà levato il bollore, mettete il recipiente sull'angolo del fornello, salate moderatamente il brodo e lasciate bollire insensibilmente la galantina per un'ora e mezzo. La salatura del brodo è importante perchè, se sarà troppo salato anche la galantina riuscirà salata e viceversa riuscirà insipida se il liquido non avrà quel grado di salatura necessario. Ad ogni modo, è meglio metterne poco in principio e correggere poi man mano, tenendo presente che nella galantina ci sono già il prosciutto e il lardo salati di per sè. Nè meno importante è la questione dell'ebollizione, perchè se essa avverrà troppo tumultuosamente la pelle della galantina con tutta probabilità si romperà, compromettendo la buona riuscita dell'operazione.
vitello ben nettati e spaccati in due, i quali ultimi vi serviranno per la gelatina. Mettete la casseruola sul fuoco e schiumate il brodo man mano che
Si lessano tre grosse patate, colle quali si fa una densa purè con una tazza di latte. Si aggiunge un ettogrammo e mezzo di tonno sott'olio tritato molto fino; si passa il tutto nella macchinetta per avere il composto ben amalgamato. Si accomoda il pastone così ottenuto su un piatto lungo e si copre con salsa maionese. Si mangia freddo. Raccomandabilissimo.
Si lessano tre grosse patate, colle quali si fa una densa purè con una tazza di latte. Si aggiunge un ettogrammo e mezzo di tonno sott'olio tritato
Abbrustolite sulla brace dei bei peperoni gialli onde poterli spellare più facilmente. Apriteli, liberateli dai semi, tagliateli in liste e conditeli con olio, capperi, olive nere di Gaeta — alle quali avrete tolto il nocciolo — un pugno di pane grattato, qualche acciuga in pezzetti, sale e pepe. Ungete adesso con olio una teglia di rame stagnata, e in essa accomodate i peperoni preparati, con tutto il loro condimento. Su essi seminate ancora del pane grattato, aggiungendo qualche altra oliva, e finalmente fate cadere sul pane un filo d'olio. Ponete la teglia su fuoco leggerissimo, copritela con un coperchio, e su esso mettete un po' di brace. Fate cuocere lentamente. Ottimi anche se mangiati freddi.
con olio, capperi, olive nere di Gaeta — alle quali avrete tolto il nocciolo — un pugno di pane grattato, qualche acciuga in pezzetti, sale e pepe
Fate rinvenire in acqua, come d'abitudine, dei fagioli bianchi, secchi, cuoceteli, e quando saranno cotti scolateli. Mettete un pezzo di burro in una casseruola — un po' meno di mezzo ettogrammo per 300 grammi di fagioli — e appena il burro sarà liquefatto mettete giù i fagioli, i quali non debbono essere lasciati freddare, ma passati in casseruola subito dopo scolati dall'acqua. Condite con sale, pepe e una forte cucchiaiata di prezzemolo trito. Mescolate i fagioli affinchè possano bene insaporirsi, tirate indietro la casseruola, spremete sui fagioli un po' di sugo di limone, mescolate ancora e versate in una legumiera. Vanno mangiati subito, ben caldi.
casseruola — un po' meno di mezzo ettogrammo per 300 grammi di fagioli — e appena il burro sarà liquefatto mettete giù i fagioli, i quali non debbono
Quasi tutte le abbonate alla nostra rivista «Preziosa» seguono oramai senza esitazioni questo sistema, ed anche le più timorose alle quali mostrammo praticamente l'innocuità del procedimento, si sono convertite... alla prova del fuoco. Chi poi proprio non volesse tentare l'esperimento, prenda un pochino di zucchero con uno stecchino bagnato e lo trasporti nell'acqua fredda, provando poi la cottura con le dita e questa volta senza timori e senza esitazioni. Però il primo metodo è sempre preferibile perchè permette di accertarsi meglio del punto di cottura a cui lo zucchero è giunto.
Quasi tutte le abbonate alla nostra rivista «Preziosa» seguono oramai senza esitazioni questo sistema, ed anche le più timorose alle quali mostrammo
Si chiama ghiaccia reale un composto di chiara d'uovo e zucchero al velo. Per una chiara si dovranno impiegare circa 200 grammi di zucchero. Si mettono lo zucchero e le chiare in una terrinetta e si lavorano energicamente con un cucchiaio di legno fino ad ottenere un composto elastico, ben montato, bianchissimo e sostenutissimo. Poche goccie di acido acetico contribuiranno ad accelerare la messa a punto di questa ghiaccia. Nella quale, per maggiore economia, può mescolarsi anche un pochino di fecola di patate. La ghiaccia reale serve specialmente per la decorazione di torte rivestite di fondant, tipo torte pasquali. Si mette un po' di ghiaccia in un piccolo cartoccio di carta pergamena, racchiudendovela, si spunta l'estremità del cartoccino e si fa uscire la ghiaccia in fili sottili coi quali si fa la decorazione.
cartoccino e si fa uscire la ghiaccia in fili sottili coi quali si fa la decorazione.
Il Plum-cake (gateau di uva) è un famoso dolce inglese, diffusosi da per tutto, e ricercato in special modo nei five o' clock eleganti. Infatti non c'è forse un genere di pasticceria che sia più gradito, offerto insieme ad una buona tazza di tè. La sua preparazione è facilissima. Il Plum-cake consta dei seguenti elementi, adoperati generalmente in parti uguali: burro, zucchero, farina, uvette secche, canditi, ed un certo numero di uova. Di questo dolce esistono una infinità di formule, le quali non differiscono che in particolari insignificanti. Ma qualunque sia la formula adottata, il procedimento resta sempre il medesimo. Siccome il Plum-cake è un dolce piuttosto compatto, alcuni autori consigliano l'aggiunta di chiare in neve, altri di un pizzico di carbonato d'ammoniaca, che è un sale largamente usato in pasticceria per dare leggerezza ad alcuni generi di paste, altri, infine, vorrebbero si unisse al composto un pochino di lievito di birra sciolto in un dito d'acqua. Ripetiamo: sono piccole differenze insignificanti, che non mutano sostanzialmente il risultato finale. Offriremo dunque alle nostre lettrici non una, ma più formule, dovute ai migliori artisti del genere; e le nostre lettrici potranno sceglierne una, o provarle tutte, una alla volta. Una ottima formula è la seguente:
questo dolce esistono una infinità di formule, le quali non differiscono che in particolari insignificanti. Ma qualunque sia la formula adottata, il
Si lavora il burro, si aggiungono man mano: lo zucchero, le uova, i rossi la farina, l'uvetta, i canditi, e finalmente il carbonato d'ammoniaca. Invece di foderare la stampa con la carta, si può, più semplicemente, imburrare e infarinare. Un'ora e mezzo di forno temperato. Il Manfredi, come si vede, abbonda nell'uva e nei canditi: ciò che ci sembra logico, dato il nome e il carattere del dolce. Con questa dose si ha un Plum-cake per molte persone. Al'occorenza si potrà ridurre, in proporzione. Il carbonato di ammoniaca si può comperare in qualunque farmaceutica. È innocuo. Ricordiamo alle lettrici, le quali non avessero la bilancia, che, su per giù, una cucchiaiata ben colma di farina pesa circa 30 grammi, e una cucchiaiata colma di zucchero ha lo stesso peso. È quindi facile regolarsi.
lettrici, le quali non avessero la bilancia, che, su per giù, una cucchiaiata ben colma di farina pesa circa 30 grammi, e una cucchiaiata colma di
Incominciate col lessare 500 grammi di castagne alle quali avrete tolta la buccia. Quando saranno cotte togliete loro la pelle e passatele dal setaccio di fil di ferro. Riducete in polvere un ettogrammo e mezzo di cioccolato. Unite la cioccolata alla purè, aggiungete mezzo ettogrammo di burro, due cucchiaiate di zucchero, una cucchiaiata di liquore a vostra scelta e impastate ben bene. Appena la pasta sarà amalgamata prendetene un pezzetto alla volta e formatene delle palline della grandezza di una piccola noce. Prendete un ettogrammo di mandorle dolci, togliete loro la pelle, facendole bollire un minuto in una casseruolina coperte d'acqua, e tritatele finemente. Queste mandorle tritate le metterete in una teglia e le farete leggermente imbiondire nel forno. Appena le palline saranno pronte rotolatele nella granella di mandorle e accomodate i bonbons in cestelli di carta pieghettata e quindi allineateli su dei vassoi. Con questa dose otterrete una quarantina di bonbons.
Incominciate col lessare 500 grammi di castagne alle quali avrete tolta la buccia. Quando saranno cotte togliete loro la pelle e passatele dal
Mettete in un polsonetto non stagnato o in un tegame di terraglia 150 grammi di ciliege alle quali avrete tolto il nocciolo. Per chi non ricordasse come si fa a snocciolare le ciliege, ne indichiamo il facilissimo procedimento. Si prende un piccolo utensile apposito o, più semplicemente, una piccola forcella di ferro, da capelli, e se
Mettete in un polsonetto non stagnato o in un tegame di terraglia 150 grammi di ciliege alle quali avrete tolto il nocciolo. Per chi non ricordasse
Come il precedente, anche questo dolce appartiene a quella categoria di preparazioni le quali servono a mettere in valore delle chiare d'uovo che non saprebbero essere utilizzate altrimenti. Prendete 170 gr. di mandorle dolci, mettetele in una casseruolina, ricopritele d'acqua e riscaldate l'acqua pian piano fin quasi all'ebollizione. Levate la casseruola dal fuoco e togliete la pelle alle mandorle, operazione che vi riuscirà adesso facilissimamente. Man mano che le mandorle saranno sbucciate passatele in una terrinetta con acqua fredda. Quando le mandorle saranno tutte pronte estraetele dall'acqua, asciugatele in un panno e poi disponetele bene allargate su una teglia per farle asciugare in forno leggerissimo, dopo di che le triterete accuratamente con la lunetta o con un grande coltello. Prendete adesso un peso di zucchero uguale a quello delle mandorle, e cioè 170 grammi. Mettete questo zucchero in un polsonetto di rame non stagnato o in mancanza di questo in una casseruola, purchè ben netta e che non conservi tracce di sughi o di grassi, e fate liquefare lo zucchero su fuoco moderato. A questo punto mettete giù le mandorle tritate, e mescolando continuamente con un cucchiaio di legno lasciate che il composto prenda pian piano un bel colore d'oro molto scuro. Versate questo croccante sul marmo di cucina, spianatelo con una larga lama di coltello e quando sarà ben freddo pestatelo poco alla volta nel mortaio per averlo molto fino. Preparate così le mandorle, montate in neve ben ferma sei chiare d'uovo, alle quali, da ultimo unirete con molta attenzione il croccante pestato. Ungete di burro una stampa liscia da budino, versateci il composto e cuocete a bagno-maria fino a che sarà ben rassodato. Sformatelo su un piatto e mangiatelo freddo.
Come il precedente, anche questo dolce appartiene a quella categoria di preparazioni le quali servono a mettere in valore delle chiare d'uovo che non
Versate queste droghe in una grossa bottiglia in cui avrete messo alcool a 90 grammi 600 e acqua grammi 350. Quest'aggiunta d'acqua è necessaria perche l' alcool dell'infusione deve avere soltanto 60°. Aggiugete e inoltre mezza stecca di vainiglia tagliata in pezzettini. Chiudete la bottiglia e agitate bene la miscela, lasciate così l'infusione per quindici giorni, agitando ogni giorno energicamente la bottiglia. Dopo questo tempo mettete in una terrina 600 grammi di zucchero con mezzo litro d'acqua, e quando lo zucchero sarà completamente sciolto aggiungetelo nell'alcool. Mescolate, lasciate in riposo per una giornata, poi, per mezzo dell'imbuto di vetro e un cono di carta da filtro, filtrate il vostro liquore al quale unirete infine un decilitro d'acqua di rose. Il macis per chi non lo sapesse è l'involucro della noce moscata ed ha lo stesso profumo di questa, ma più delicato. La cocciniglia costituisce la parte colorante; il cardamomo è una droga esotica formata come di tanti grossi pinoli nei quali sono dei semi bruni aromaticissimi. Di questi granelli potrete adoperarne circa una diecina.
cocciniglia costituisce la parte colorante; il cardamomo è una droga esotica formata come di tanti grossi pinoli nei quali sono dei semi bruni
L'arte delle conserve è una delle più utili nell'economia domestica. E noi vorremmo che le nostre lettrici fossero delle manipolatrici instancabili di queste preparazioni, le quali possono arrecare tante piccole soddisfazioni alle previdenti massaie.
di queste preparazioni, le quali possono arrecare tante piccole soddisfazioni alle previdenti massaie.
Prendete dei cetriolini, metteteli sopra uno strofinaccio ruvido di cucina cospargeteli di sale, ripiegate lo strofinaccio e stropicciate in esso i cetriolini, che mediante questo sfregamento perderanno un po' della ruvidità della loro buccia. Distendeteli allora su uno strofinaccio pulito e lasciateli asciugare per qualche ora all'aria aperta. Mettete a bollire dell'aceto, distribuite i cetriolini in una terrina e quando l'aceto avrà levato il bollore, versatelo sopra i cetriolini. Non c'è bisogno di dire che l'aceto deve essere in proporzioni tali da poter ricoprire completamente i cetriolini. Lasciate stare così fino al giorno appresso. Troverete che i cetriolini sono divenuti di un colore giallo verdastro piuttosto antipatico. Non ve ne preoccupate; scolate l'aceto e mettetelo a bollire di nuovo. Appena l'aceto starà per bollire gettate in esso i cetriolini, i quali, come potrete constatare, riprenderanno subito il loro colore verde. Pronunciatasi l'ebollizione tirate indietro il recipiente, tirate su i cetriolini e accomodateli secondo la quantità che ne avrete fatta, in uno o più vasi di terraglia. Aggiungete in ogni vaso qualche granello di pepe, qualche spicchio d'aglio, se credete, e qualche fogliolina di dragoncello, ricopriteli con l'aceto e poi quando i vasi saranno ben freddi, turateli con della carta pergamena e portateli in dispensa. Aspettate almeno una settimana prima di incominciare a consumarli. È vero che i cetriolini così trattati non hanno il colore verde smeraldo di quelli che si vendono nelle salsamenterie. Ma in fatto di conserve all'aceto è meglio andar cauti e rinunziare un po' ai colori troppo vivaci, i quali si ottengono facendo bollire e freddare i cetriolini in recipienti di rame non stagnati. Sicchè quelle incrostazioni di verde vivace rappresentano in ultima analisi una piccola dose di veleno che si immette nell'organismo, il quale, poveretto, ne fa tanto volentieri a meno.
ne preoccupate; scolate l'aceto e mettetelo a bollire di nuovo. Appena l'aceto starà per bollire gettate in esso i cetriolini, i quali, come potrete
Le uova preparate così sono appetitose e si conservano parecchi giorni. Mettete delle uova in una casseruola con acqua fredda. Portate la casseruola sul fuoco e quando l'acqua bollirà contate dieci minuti. Trascorso questo tempo passate le uova in acqua fredda, estraetele, sgusciatele e accomodatele in un vaso di terraglia o di vetro. Mettete sul fuoco in una casseruolina una quantità d'aceto proporzionato al numero delle uova aggiungendo del pepe nero grossolanamente pestato, un pezzetto di peperoncino, un pizzico di sale, uno spicchio d'aglio e un piccolo rametto di rosmarino. Portate all'ebollizione che manterrete lenta e regolare per una diecina di minuti, trascorsi i quali versate l'aceto così bollente sulle uova passandolo da un colabrodo per togliere gli aromi. Lasciate freddare completamente, poi coprite il vaso ermeticamente e aspettate almeno un paio di giorni prima di mangiare le uova. È necessario che queste uova rimangano sommerse nell'aceto. Esse acquistano un sapore gustoso e piccante che le rende molto accette.
'ebollizione che manterrete lenta e regolare per una diecina di minuti, trascorsi i quali versate l'aceto così bollente sulle uova passandolo da un
Conservazione pneumatica. — La conservazione pneumatica sarebbe certo la più razionale se potesse essere alla portata di tutti. Visto che è proprio il contatto dell'aria quello che fa putrefare le uova, si è pensato di conservare queste in recipienti di cristallo o di terraglia, nei quali si fa il vuoto per mezzo della macchina pneumatica. Questo processo è usato dai grandi negozianti dell'America e dell'Inghilterra, ma non è certo praticabile nelle famiglie o in piccole aziende.
il contatto dell'aria quello che fa putrefare le uova, si è pensato di conservare queste in recipienti di cristallo o di terraglia, nei quali si fa il
Scegliete degli ovoli tra i più piccoli, che siano chiusi e freschissimi; metteteli in un tegame di terraglia, conditeli con un pizzico di sale e ricopriteli d'aceto, lasciandoli bollire pian piano per una ventina di minuti. Estraeteli allora dal bagno, asciugateli in una salvietta e accomodateli in vasi di vetro nei quali metterete anche qualche granello di pepe e un paio di foglie d'alloro. Ricoprite i funghi con olio di buona qualità, chiudete i vasi e aspettate qualche tempo prima di consumarli. Se non poteste avere i funghi piccolissimi, divideteli in due o quattro pezzi, a seconda della loro grandezza.
in vasi di vetro nei quali metterete anche qualche granello di pepe e un paio di foglie d'alloro. Ricoprite i funghi con olio di buona qualità
I funghi migliori da scegliersi per questa preparazione sono gli ovoli, i quali dovranno essere freschissimi, sodi e intieramente chiusi. Nettate i funghi, risciacquateli, asciugateli e poi ritagliateli in grossi spicchi. Mettete una pentola di terraglia sul fuoco con sufficiente aceto bianco e abbondante sale. Appena l'aceto bollirà mettete giù i funghi e fateli bollire per cinque minuti. Trascorso questo tempo togliete la pentola dal fuoco e gettateci dentro un pizzico di pepe in granelli, un pezzetto di cannella, due spicchi d'aglio, un paio di foglie di lauro e quattro o cinque chiodini di garofani. Coprite la pentola e lasciate ogni cosa in riposo per mezz'ora. Scolate allora tutto l'aceto, che potrete destinare ad altri usi, ma che non serve più per la nostra preparazione. Accomodate i funghi in un vaso di vetro o di terraglia togliendo i due spicchi d'aglio e le due foglie d'alloro, ma lasciando il pepe, la cannella e i garofani. Ricoprite con nuovo aceto freddo, chiudete il vaso e riponetelo in dispensa.
I funghi migliori da scegliersi per questa preparazione sono gli ovoli, i quali dovranno essere freschissimi, sodi e intieramente chiusi. Nettate i
Per le famiglie sono consigliabili gli utensili di alluminio e più ancora quelli in porcellana resistente al fuoco i quali, oltre ai pregi tecnici e costruttivi, hanno anche una speciale eleganza che consente di presentarli in tavola. Sono poi indispensabili una scolamaccheroni, un ramaiolo, una cucchiaia bucata e un forchettone.
Per le famiglie sono consigliabili gli utensili di alluminio e più ancora quelli in porcellana resistente al fuoco i quali, oltre ai pregi tecnici e
L'arte ha creato così per i «menus» come per i segna-posti dei piccoli capolavori. Se ne fanno in tutti i generi, dal semplice cartoncino bianco, a costosi esemplari miniati. Per la salvietta, niente forme stravaganti, le quali oltre non essere più di moda, non sono neanche di gusto. Quelle salviette spiegazzate, cacciate nei bicchieri, a foggia d'uccelli o di ventagli, o poste alte sul piatto a mo' di piramide, danno sempre un'idea di trattoria di quarto ordine. Senza considerare che la salvietta, per lo speciale uso cui è destinata, è meglio non subisca, prima di arrivare alla bocca del convitato, lunghi e inopportuni toccamenti. Appoggiatela dunque naturalmente piegata sul piatto e su di essa mettete il pane. Porrete una piccola saliera tra ogni due persone, e lo stesso dicasi per le anforette dell'acqua e del vino comune. Insistiamo nel raccomandare che la disposizione del primo coperto sia rigorosamente, pedantescamente conservata per tutti gli altri, e che piatti, posate, bicchieri, siano diritti, equidistanti e perfettamente allineati. I vini in bottiglia di qualità più fini non si mettono in tavola, ma si servono quand'è il loro turno. In attesa, le bottiglie si dispongono in bell'ordine sul vicino buffet.
costosi esemplari miniati. Per la salvietta, niente forme stravaganti, le quali oltre non essere più di moda, non sono neanche di gusto. Quelle