Impanare una costoletta è cosa facilissima. Tuttavia molti per mancanza di diligenza ottengono una frittura dura e bruciacchiata che rovina la carne. Vi insegniamo un piccolo segreto che vi riuscirà utilissimo. Senza ricorrere alla mollica di pane grattata, che è la panatura adottata nelle grandi cucine, passate, più economicamente, il pane pesto da un setaccio in modo da eliminare i pezzi più grossi e ottenere un pane uguale e piuttosto fino. Prendetene la quantità che stimerete necessaria, ammonticchiatela con le mani e fateci un buco in mezzo; e poi versate in questo buco qualche cucchiaiata di acqua. Impastate allora il pane stropicciandolo tra le mani per scioglierlo bene, e otterrete un'impanatura morbida, la quale comunicherà maggior gusto al vostro fritto. È un piccolo lavoro che vale la pena di fare, visto il buon risultato che se ne ottiene.
. Prendetene la quantità che stimerete necessaria, ammonticchiatela con le mani e fateci un buco in mezzo; e poi versate in questo buco qualche
Dovendo friggere col burro è necessario fargli subire un trattamento che gl'impedisca di diventar nero e di comunicare quindi un brutto aspetto alla frittura. Quest'operazione si chiama «chiarificare il burro», cioè privarlo della parte lattiginosa, che durante la cottura va in fondo alla padella e annerisce. Prendete dunque, secondo la quantità di frittura da fare, uno o più ettogrammi di burro. Mettete questo burro in una casseruolina o in una padellina, e fatelo fondere su fuoco leggero. Quando sarà fuso tirate la casseruolina sull'angolo del fornello e lasciatelo cuocere per una diecina di minuti, ma piano, in modo che non si colorisca. Vedrete che il burro si decomporrà in due elementi: una parte liquida limpidissima, e una parte formata di piccoli flocchi grassi. Passate il burro chiarificato da un setaccino finissimo, o meglio a traverso una salviettina, e usatalo per friggere. Il burro così preparato si conserva molto più lungamente del burro fresco.
annerisce. Prendete dunque, secondo la quantità di frittura da fare, uno o più ettogrammi di burro. Mettete questo burro in una casseruolina o in una
Nell'arte della cucina si chiamano chenelle delle piccole preparazioni fatte con farcia. Ottenuta la farcia, servendosi di un cucchiaino se ne prende una piccola quantità e si mette a rassodare nell'acqua bollente: qualche cosa di simile a quello che accade per i gnocchi; ed infatti questi piccoli gnocchi di carne appena rassodati vengono tolti dall'acqua con una cucchiaia bucata e servono a guarnire le pietanze. Notiamo qui incidentalmente che le chenelle possono anche farsi entro piccole stampe imburrate. Ma di ciò a suo tempo, non avendo voluto intanto che spiegare alle lettrici quel che s'intende con la parola chenella. E a questo proposito ci sia consentito di sfiorare una piccola questione linguistica.
una piccola quantità e si mette a rassodare nell'acqua bollente: qualche cosa di simile a quello che accade per i gnocchi; ed infatti questi piccoli
A questo scopo prendetene una piccola quantità — un pezzo come una noce — rotolatelo delicatamente sulla tavola leggermente infarinata e tuffatelo nell'acqua bollente. Dopo pochi minuti tiratelo su, potendo così verificare se la farcia si è ri-stretta al punto giusto e se il condimento non difetta in nulla. Se la farcia alla prova dell'acqua bollente risultasse leggiera bisognerà aggiungerci un rosso d'uovo in più. In caso contrario se cioè la farcia vi sembrasse soverchiamente compatta, bisognerà alleggerirla con qualche cucchiaiata di crema sciolta o anche di salsa besciamella fredda. Dopo questa verifica necessaria, raccoglierete la farcia in una piccola terrina, la coprirete con un foglio di carta imburrata e la terrete in luogo fresco fino al momento di adoperarla.
A questo scopo prendetene una piccola quantità — un pezzo come una noce — rotolatelo delicatamente sulla tavola leggermente infarinata e tuffatelo
Tagliate in dadi 250 gr. di lardo fresco, 250 gr. di magro di vitello e 250 gr. di fegato di vitello. Mettete in una padella un pezzetto di burro e quando il burro sarà sciolto aggiungete i dadi di lardo facendo prendere loro un leggerissimo colore. Con una cucchiaia bucata estraete il lardo dopo averlo lasciato sgocciolare, e nella padella stessa, gittate i pezzi di vitello. Ravvivate il fuoco e fate colorire la carne. Da ultimo aggiungete il fegato, il quale dovrà essere semplicemente scottato, poichè una prolungata cottura non avrebbe altro ufficio che quello di renderlo duro. Se avete a vostra disposizione dei fegati di tacchino, di gallina o di pollo potrete usarli assai convenientemente. In questo caso la quantità di fegato di vitello va diminuita di un peso uguale a quello rappresentato dai fegatini di pollame. Per intenderci, se
vostra disposizione dei fegati di tacchino, di gallina o di pollo potrete usarli assai convenientemente. In questo caso la quantità di fegato di
Pestate nel mortaio la carne, condita con sale e pepe, aggiungendo di quando in quando un pochino di chiara d'uovo. Quando la carne sarà ben pestata passatela dal setaccio, raccogliendo la farcia in una casseruola, che porrete sul ghiaccio per un paio d'ore. Trascorso questo tempo, e sempre tenendo la casseruola sul ghiaccio, condite la carne col sale e pepe necessari e poi incominciate a sciogliere la farcia, aggiungendo poca alla volta la crema di latte e mescolando adagio adagio con un cucchiaio di legno. L'aggiunta della crema va fatta in piccole quantità e con grande delicatezza, come se si trattasse di unire delle chiare montate a un composto dolce. Quando tutta la crema sarà assorbita la farcia sarà fatta. Oltre che col pollame e col pesce questa farcia, si può confezionare con carni diverse, selvaggina e specialmente con crostacei, come gamberi, aragoste, ecc. ecc.
crema di latte e mescolando adagio adagio con un cucchiaio di legno. L'aggiunta della crema va fatta in piccole quantità e con grande delicatezza, come se
Talvolta occasionalmente, nella esecuzione di qualche speciale piatto freddo si può usare una maionese resa più consistente con l'aggiunta di qualche cucchiaiata di gelatina di carne appena fusa e che si incorpora in piccole quantità alla maionese. Si raggiunge più semplicemente lo stesso scopo unendo pochi fogli di gelatina marca oro (colla di pesce) tenuti prima a rinvenire in acqua fredda, strizzati tra le mani e poi fatti sciogliere vicino al fuoco in un tegamino.
cucchiaiata di gelatina di carne appena fusa e che si incorpora in piccole quantità alla maionese. Si raggiunge più semplicemente lo stesso scopo
Per dare bell'aspetto alla maggior parte degli antipasti si ricordi che serve assai efficacemente un po' di salsa maionese o anche della gelatina. La gelatina si può adoperare sia ritagliata a triangoli o a rombi, o anche tritata sotto forma di cordone. Per ottenere un cordoncino di gelatina trita se ne prende una certa quantità su un panno bagnato e spremuto, si trita con un coltello e si introduce in un piccolo cartoccio di carta spessa. Si chiude il cartoccio, se ne mozza la punta e premendo nella parte superiore si fa uscire questo cordone di gelatina che servirà a decorare elegantemente «canapés», barchette, salumerie, ecc.
se ne prende una certa quantità su un panno bagnato e spremuto, si trita con un coltello e si introduce in un piccolo cartoccio di carta spessa. Si
Grattate sulla grattugia un pezzo di rafano, e a questo rafano grattato unite una uguale quantità di burro. Condite con un pizzico di sale, e con una lama di coltello impastate bene il tutto. Tagliate adesso in fette sottili del pane scuro e da queste fette, per mezzo di un tagliapaste rotondo di cinque centimetri di diametro ricavate tanti dischi. Spalmate sulla metà di questi dischi il composto di burro e rafano, ricopriteli con gli altri dischi in modo da ottenere delle specie di sandwichs rotondi. Possono anche servirsi come contorno di costolette arrostite. In questo caso si mandano in tavola in un piccolo piatto, a parte.
Grattate sulla grattugia un pezzo di rafano, e a questo rafano grattato unite una uguale quantità di burro. Condite con un pizzico di sale, e con una
Per sei persone rompete in una terrinetta tre uova intere, e aggiungete un pizzico di sale, tre cucchiaiate di semolino fino e tre cucchiaiate di parmigiano grattato. Versate, a poco a poco, nella terrinetta un ramaiolo di brodo freddo, e con una forchetta o una piccola frusta di ferro stagnato sciogliete bene ogni cosa. Intanto avrete passato e messo sul fuoco la quantità di brodo necessario per sei scodelle. Quando il brodo bollirà, versatevi dentro d'un colpo il composto preparato, agitandolo o sbattendo forte con la forchetta o con la frusta. Lasciate bollire due o tre minuti dolcemente, sempre agitando o sbattendo, e otterrete una «stracciatella» a piccoli fiocchi leggerissimi.
sciogliete bene ogni cosa. Intanto avrete passato e messo sul fuoco la quantità di brodo necessario per sei scodelle. Quando il brodo bollirà, versatevi
Questa zuppa, veramente sana, appartiene a quel tipo che la cucina francese chiama «paysanne». Il principio su cui si basano questa e le altre preparazioni consimili è quello di far subire ai legumi che compongono la zuppa una lentissima cottura col burro: e per favorire la evaporazione dell'acqua di vegetazione, e per ottenere il massimo profumo dai legumi, che s'impregnano di burro. Per la quantità dei legumi da adoperarsi regolatevi a secondo del numero delle persone. In questo caso un po' più o un po' meno non ha nessuna importanza.
di vegetazione, e per ottenere il massimo profumo dai legumi, che s'impregnano di burro. Per la quantità dei legumi da adoperarsi regolatevi a secondo
Il minestrone alla milanese si può fare con l'acqua o col brodo e si può mangiare caldo o freddo. Nel minestrone si mettono ordinariamente sedano, carote gialle, patate, zucchine, il tutto tagliato a dadini, e poi fagioli freschi sgranati, o fagioli secchi tenuti in bagno nell'acqua fredda, cavolo, e secondo la stagione, fave, piselli, ecc. La regola consiste nel mettere a cuocere, in una casseruola, prima i legumi pei quali è necessaria una più lunga cottura e successivamente gli altri. Una mezz'ora prima di andare in tavola, aggiungete nella casseruola una cucchiaiata di salsa di pomodoro e un pesto di lardo, prezzemolo e un pezzetto d'aglio. Fate bollire un poco e poi versate una quantità di riso proporzionata al numero delle persone, sentite se sta bene di sale, e finite il minestrone — che dev'essere piuttosto asciutto — con qualche cucchiaiata di parmigiano.
un pesto di lardo, prezzemolo e un pezzetto d'aglio. Fate bollire un poco e poi versate una quantità di riso proporzionata al numero delle persone
Procuratevi anzitutto dei ceci di buona qualità — per sei persone calcolatene mezzo chilogrammo — e metteteli fin dal giorno prima a rammollire in acqua. Il giorno dopo fateli cuocere in abbondante acqua, mettendo nella pentola sale a sufficienza e un ramoscello di rosmarino. Quando i ceci saranno cotti prendete una casseruola e metteteci mezzo bicchiere di olio, un paio di spicchi d'aglio tritati e tre alici lavate, spinate e fatte in pezzettini. La ricetta romana esige questa abbondanza d'aglio; voi potrete usarne una quantità minore, ma certo il risultato finale non sarà più lo stesso. Fate soffriggere il pesto e poi aggiungete una cucchiaiata di salsa di pomodoro, diluite con un poco d'acqua, fate cuocere un poco e quando la salsa sarà pronta travasate nella casseruola i ceci con tutta l'acqua, badando però che questa non sia in quantità sproporzionata, nel qual caso ne toglierete prima una parte. Travasando i ceci togliete via il rametto di rosmarino. Appena l'acqua avrà rialzato il bollore gettate nella casseruola 300 grammi di piccoli cannolicchi. Fate finire di cuocere, sentite se la minestra va bene di sale, aggiungete una buona pizzicata di pepe e scodellatela.
pezzettini. La ricetta romana esige questa abbondanza d'aglio; voi potrete usarne una quantità minore, ma certo il risultato finale non sarà più lo stesso
Per sei persone occorrono due chilogrammi di fave fresche e quattro bei cespi di lattuga. Fate in una casseruola un soffritto con un pochino di strutto o di olio, una puntina d'aglio schiacciata, una mezza cipolla sottilmente tagliata, e una cucchiaiata di prezzomolo trito. Mondate la lattuga, tagliatela in pezzi e lavatela bene in molta acqua; sbucciate le fave e raccoglietele in una piccola insalatiera con acqua fresca. Quando il soffritto sarà pronto mettete nella casseruola la lattuga, fatela insaporire un poco e poi bagnatela con quella quantità d'acqua che giudicherete sufficiente per sei minestre. Dopo pochi minuti di cottura aggiungete le fave, condite con sale, coprite la casseruola e fate finir di cuocere dolcemente. Se durante la cottura il bagno si asciugasse troppo aggiungete altra acqua. Preparate in ogni scodella delle fettine di pane abbrustolito o dei dadini di pane fritti, scodellate la minestra e, se credete, finitela con un poco di formaggio.
sarà pronto mettete nella casseruola la lattuga, fatela insaporire un poco e poi bagnatela con quella quantità d'acqua che giudicherete sufficiente per
Mettete in un tegame qualche cucchiaiata d'olio, un pezzetto d'aglio e fare soffriggere un pochino. Prima che l'aglio si colorisca toglietelo via e aggiungete una cucchiaiata di salsa di pomodoro che diluirete con un po' d'acqua. Naturalmente se invece della conserva potrete adoperare dei pomodori freschi la zuppa ne guadagnerà. Quando il pomodoro sarà cotto gettate nel tegame quella quantità di fagiolini proporzionata al numero delle minestre — mezzo chilogrammo per quattro persone — condite con sale, un pizzico di pepe e lasciate cuocere. Preparate intanto delle scodelle con qualche fettina di pane abbrustolito e quando i fagiolini saranno cotti distribuiteli nelle varie scodelle col loro sugo, il quale non deve essere molto abbondante.
freschi la zuppa ne guadagnerà. Quando il pomodoro sarà cotto gettate nel tegame quella quantità di fagiolini proporzionata al numero delle minestre
Con un pezzo di maiale, si fa un buon sugo di umido ben tirato. Si cuociono in abbondante acqua salata quelle larghe fettucce di pasta, dette «lasagne», e intanto, in una terrinetta, si lavora con un mestolo di legno una certa quantità di ricotta — ne occorrono circa 300 grammi per ogni chilogrammo di pasta — stemperandola con qualche cucchiaiata d'acqua bollente, in modo da averla come una crema densa. Quando le lasagne saranno cotte, si condiscono col sugo d'umido, la ricotta e parmigiano grattato. Prima di mandarle in tavola si lasciano stufare, coperte, vicino al fuoco, per una diecina di minuti.
«lasagne», e intanto, in una terrinetta, si lavora con un mestolo di legno una certa quantità di ricotta — ne occorrono circa 300 grammi per ogni chilogrammo
Per sei persone, lessate la quantità di maccheroni che siete soliti fare: generalmente dai cento ai centoventi grammi a persona. Mentre i maccheroni cuociono, mettete in una terrinetta trecento grammi di ricotta, un paio di cucchiaiate di zucchero e un cucchiaino di cannella in polvere. Stemperate il tutto con qualche cucchiaiata d'acqua calda, e quando i maccheroni saranno cotti scolateli e conditeli con la ricotta preparata. Questi maccheroni sono sani e nutrienti e sono specialmente adattati per bambini ai quali in genere piacciono moltissimo.
Per sei persone, lessate la quantità di maccheroni che siete soliti fare: generalmente dai cento ai centoventi grammi a persona. Mentre i maccheroni
Molti cuochi napolitani consigliano una più grande quantità di filetti di pomodoro — fino a due chilogrammi per la dose da noi data. Ci sembra una esagerazione. Tutto questo pomodoro nuoce secondo noi alla finezza della pietanza, tanto più che qui il pomodoro non deve avere che un ruolo secondario, dovendo predominare la mozzarella e il prosciutto.
Molti cuochi napolitani consigliano una più grande quantità di filetti di pomodoro — fino a due chilogrammi per la dose da noi data. Ci sembra una
Prendete, secondo il numero delle persone, una certa quantità di fegatini. Se fossero molto grossi divideteli in due. Sciacquateli, asciugateli e scottateli in un tegamino con un po' di burro. Conditeli con sale e pepe e, appena cotti, il che avviene subito, spruzzateli con un nonnulla di marsala.
Prendete, secondo il numero delle persone, una certa quantità di fegatini. Se fossero molto grossi divideteli in due. Sciacquateli, asciugateli e
Sempre mescolando fate addensare il composto, e quando vedrete che i dadini di formaggio si sono completamente liquefatti, togliete la casseruolina dal fuoco e lasciate raffreddare. Quando il composto sarà freddo uniteci, uno alla volta, due rossi d'uovo, e, quando i rossi saranno bene amalgamati, un uovo intero. Prendete adesso una piccola stampa liscia da budino proporzionata alla quantità del composto, stampa che potrà essere con o senza buco in mezzo, fate liquefare un po' di burro in un tegamino e con questo burro liquefatto ungete bene l'interno della stampa. Fatto questo infarinate l'interno della stampa stessa, e versateci il composto di crema di formaggio.
, un uovo intero. Prendete adesso una piccola stampa liscia da budino proporzionata alla quantità del composto, stampa che potrà essere con o senza buco
Mettete il filetto in una terrinetta, conditelo con una cipolla e una carota gialla tagliata a pezzetti, un bel ciuffo di prezzemolo, un ramoscello di timo, una foglia di alloro, una forte pizzicata di pepe in granelli, uno spicchio d'aglio, un bicchiere di vino bianco e un dito d'aceto. Lasciate stare così la carne almeno per una giornata, voltandola di quando in quando affinchè non si asciughi e possa bene impregnarsi della marinata. Una mezz'ora prima del pranzo estraete la carne dal bagno, asciugatela, passateci intorno qualche po' di spago per mantenerla in forma, mettetela in una teglia imburrata, conditela con sale e fatela cuocere in forno piuttosto caldo. Mentre la carne è in forno preparate la salsa. Mettete in una casseruola un pezzo di burro come una grossa noce, e quando sarà liquefatto aggiungete un cucchiaio di farina. Fate cuocere un pochino, mescolando, e poi bagnate con la metà della marinata avanzata e un'eguale quantità di brodo. Aggiungete un nonnulla di zucchero e lasciate cuocere pian piano sull'angolo del fornello. Quando il filetto sarà cotto, scioglietelo dallo spago, affettatelo e innaffiatelo con qualche cucchiaiata della salsa, alla quale avrete aggiunto all'ultimo momento e fuori del fuoco dei pezzettini di burro. Questo burro va aggiunto in piccole quantità, mescolando sempre, ciò che dà alla salsa del corpo e alcunchè di vellutato, gradevolissimo. Volendo, potrete aggiungere anche una puntina di pepe rosso, detto pepe di Caienna e mezzo cucchiaino di estratto di carne. La salsa rimasta la verserete in una salsiera, che accompagnerà in tavola il filetto di bue.
con la metà della marinata avanzata e un'eguale quantità di brodo. Aggiungete un nonnulla di zucchero e lasciate cuocere pian piano sull'angolo del
In possesso di una certa quantità di lumache, preferibilmente di vigna, si raccolgono in un grande recipiente, che può essere anche un cesto di vimini, e si copre il recipiente badando che l'aria possa comodamente circolare. In questo recipiente, o nel cesto, si mettono dei pezzi di mollica di pane bagnata nell'acqua e spremuta e, avendone a disposizione, qualche foglia di vite. Si lasciano così in riposo le lumache per due giorni, trascorsi i quali si procede alle prime operazioni. Si versano le lumache in una grande catinella contenente acqua con un pugno di sale e un bicchiere d'aceto e s'incomincia con le mani a mescolare le lumache, che sotto questo lavaggio caveranno abbondantissima schiuma. Lavate a lungo, rinnovando un paio di volte l'acqua con l'aceto e il sale, fino a che constaterete che le lumache non fanno più schiuma. Risciacquatele allora accuratamente in acqua fresca, che cambierete più volte, e poi mettete le lumache così nettate in un piccolo caldaio con acqua fredda. Ponete il caldaio su fuoco debole. Man mano che l'acqua intiepidisce, le lumache incomincieranno a metter fuori la testa dalla loro casetta. È questo il momento di intensificare il fuoco, affinchè le bestiole possano passare a miglior vita senza rientrare nel guscio. Raggiunta l'ebollizione lasciate bollire le lumache per una diecina di minuti, poi prendetele su con una grossa mestola bucata e passatele nuovamente nella catinella con acqua fredda, per un definitivo ed ultimo lavaggio. Prendete ora un largo tegame di terraglia, metteteci dell'olio e qualche spicchio d'aglio e quando l'aglio avrà soffritto, toglietelo via, aggiungendo tre o quattro alici lavate, spinate e fatte a pezzetti. Appena le alici saranno sfatte mettete nel tegame una quantità di pomodoro proporzionato alla quantità delle lumache, ricordando che per questa pietanza il sugo deve essere piuttosto abbondante. Il pomodoro va spellato, privato dei semi e fatto in pezzi. Quando la salsa avrà preso un bel colore conditela con sale, abbondante pepe e un pizzico di foglie di menta dei campi, conosciuta a Roma col nome di mentuccia. Generalmente si usa rendere più piccante la salsa aggiungendo anche qualche pezzetto di peperoncino. Se la salsa sarà troppo spessa diluitela con un pochino di acqua. Mettete nel tegame le lumache e lasciatele insaporire su fuoco moderato per una buona mezz'ora.
In possesso di una certa quantità di lumache, preferibilmente di vigna, si raccolgono in un grande recipiente, che può essere anche un cesto di
Prendete quel numero di rane occorrenti e che siano state naturalmente spellate e accuratamente risciacquate. Staccate tutte le coscie e mettetele da parte in acqua fredda. Il resto delle carcasse avanzate serviranno a preparare la salsa. Prendete dunque una casseruola, metteteci un dito d'olio, un po' di cipolla tritata fina e un pezzettino d'aglio schiacciato. Quando la cipolla sarà bionda bagnatela con un dito di vino bianco e quando l'umidità del vino sarà evaporata, aggiungete le carcasse delle rane, sale, pepe e un pizzico di funghi secchi. Bagnate tutto ciò con sufficiente acqua e — avendolo a disposizione — del brodo di pesce; coprite la casseruola e lasciate bollire per circa un'ora a fuoco moderato in modo da avere un brodo gustoso ed aromatico. Passate questo brodo da un colabrodo e raccoglietelo in un'altra casseruola, regolandovi che il liquido non sia però eccessivo, nel qual caso usatene meno della intiera quantità. In questo brodo mettete le coscie delle rane; dopo averle asciugate e infarinate e fatele cuocere su fuoco moderatomescolando di quando in quando. A cottura completa aggiungete nella salsa una cucchiaiata di prezzemolo e poi, fuori del fuoco, uno o due rossi d'uovo che avrete sciolto con un pochino d'acqua. Mescolate e tenete in caldo vicino al fuoco. Avrete preparato intanto dei crostini di pane fritti o anche tostati sulla gratella. Accomodate i crostini nel piatto di servizio e su essi versate le coscie delle rane col loro intingolo il quale, ripetiamo, non deve essere troppo liquido, nè troppo abbondante, ma deve formare una gustosa salsa piuttosto legata, e in quantità tale da bagnare i crostini. Invece di sciogliere i rossi d'uovo con la sola acqua si possono sciogliere anche con il sugo di mezzo limone.
qual caso usatene meno della intiera quantità. In questo brodo mettete le coscie delle rane; dopo averle asciugate e infarinate e fatele cuocere su
Scegliete una bella pollastrina giovane e grassoccia, nettatela, bruciacchiatene la peluria, risciacquatela e mettetela in una casseruola in cui vada quasi giusta. Ricopritela d'acqua e mettetela sul fuoco. L'acqua non deve essere troppa, allo scopo di conservare alla gallina il massimo sapore. Su per giù ne dovrete impiegare un litro; ed è per questo che bisogna scegliere un recipiente in cui la gallina non stia troppo larga. Man mano che l'acqua si riscalda schiumate accuratamente la casseruola e quando il bollore si sarà dichiarato condite la gallina con del sale, una cipolla in cui avrete conficcato un chiodo di garofano, una carota gialla, un nonnulla di sedano e un ciuffo di prezzemolo. Coprite la casseruola, diminuite il fuoco e fate bollire pian piano fino a cottura della gallina, la quale non dovrà essere sfatta ma cotta a punto giusto. In meno di un'ora la pollastrina sarà pronta e voi la lascerete in caldo vicino al fuoco coperta del suo brodo. Una ventina di minuti prima della colazione mettete in una casseruola una mezza cipolla tritata sottilmente e una cucchiaiata di burro e fate cuocere questa cipolla su fuoco debolissimo, in modo che non abbia a colorirsi, ma si disfaccia quasi nel burro. A questo punto aggiungete il riso mondato; lasciatelo insaporire un momento, mescolandolo perchè non si attacchi, e poi bagnatelo col brodo del pollo. Portate adesso la cottura a fuoco brillante, fino alla fine. Verificate la sapidità, e se credete aggiungete al risotto un nonnulla di noce moscata grattata, per finirlo poi con un altro po' dì burro e abbondante parmigiano. Tagliate in pezzi regolari la pollastrina, che avrete tenuto sempre in caldo in un po' di brodo, accomodate ì pezzi in un piatto e circondateli col riso. Tenete presente che il risotto ha qui solo il compito di accompagnare la pollastrina. Non ne dovrete fare quindi una quantità eccessiva, poichè la quantità andrebbe necessariamente a scapito della bontà del risultato finale. Il brodo della pollastrina che serve per cuocere COME SI CUCE UN POLLO
il compito di accompagnare la pollastrina. Non ne dovrete fare quindi una quantità eccessiva, poichè la quantità andrebbe necessariamente a scapito
Si procede in tutto come si è detto sopra, solamente invece di aggiungere la salsa di pomodoro o il sugo di umido si insaporiscono le budelline con un cucchiaino di estratto di carne in vasetti. Quando le budelline sono cotte si sbattono in una scodella uno o due rossi d'uovo, secondo la quantità delle budelline, si diluiscono con una cucchiaiata d'acqua o di brodo, ci si aggiunge il sugo di mezzo limone e una cucchiaiata di prezzemolo trito. Si tira la casseruola contenente le budelline sull'angolo del fornello; vi si versano le uova, si mescola, si copre la casseruola e si lascia riposare vicino al fuoco per cinque minuti.
un cucchiaino di estratto di carne in vasetti. Quando le budelline sono cotte si sbattono in una scodella uno o due rossi d'uovo, secondo la quantità
Prendete del fegato di vitello, tagliatelo a fette spesse circa mezzo centimetro, infarinatele, immergetele nell'olio, e cuocetele sulla gratella. Appena cotte da una parte, voltate le fette dall'altra e conditele con sale e pepe. Avrete intanto preparato dei piccoli pomodori, cotti anche sulla gratella, con sale, pepe, olio e prezzemolo e avrete anche fritto una certa quantità di anellini di cipolla.
gratella, con sale, pepe, olio e prezzemolo e avrete anche fritto una certa quantità di anellini di cipolla.
Il taglio di carne da preferirsi per questa preparazione è il petto; e siccome è vivanda che si conserva parecchio tempo è opportuno prepararne una discreta quantità, anche perchè in questo modo si ottiene un risultato migliore. Prendete un grosso pezzo di petto di bue al quale toglierete le ossa, il tenerume e una parte del grasso e mettetelo per dieci o quindici giorni — a seconda della quantità della carne — in una salamoia speciale che ora vi descriveremo. La quantità di questa salamoia deve essere proporzionata al volume della carne, la quale deve rimanere completamente sommersa nel bagno. Mettete una pentola sul fuoco con dell'acqua, tenendo presente che per ogni litro di essa dovrete adoperare 100 grammi di sale, 50 grammi di zucchero greggio, detto anche zucchero biondo, una dozzina di grammi di salnitro, un ramoscello di timo, uno o due foglie di lauro e qualche pezzetto di macis, che come sapete, è l'involucro della noce moscata e si vende in tutte le drogherie ben fornite, o dagli erboristi. Fate bollire questa salamoia per cinque minuti e lasciatela raffreddare completamente, per travasarla poi in un grande catino di terraglia o altro recipiente adatto, ma, preferibilmente di terraglia, di porcellana, o anche di legno. Nella salamoia fredda immergete il petto di bue, e affinchè rimanga ben sommerso copritelo con una tavoletta di legno ben netta, sulla quale potrete appoggiare un grosso ciottolo. Di quando in quando — una volta al giorno è sufficiente — voltate la carne e allorchè sarà trascorso il tempo necessario perchè il sale abbia compiuto perfettamente il suo ufficio, estraete la carne dal bagno, risciacquatela diligentemente e mettetela a cuocere.
discreta quantità, anche perchè in questo modo si ottiene un risultato migliore. Prendete un grosso pezzo di petto di bue al quale toglierete le ossa
La carne deve cuocere «a corto», cioè deve essere messa in un recipiente in cui possa stare quasi esattamente, di modo che non ci sia bisogno di mettere che la quantità d'acqua strettamente necessaria. Si potrà aggiungere all'acqua qualche aroma, come sedano, carote gialle, cipolla e garofani. Il «pressed beef» si può mangiare caldo, accompagnandolo di preferenza con una salsa di rafano, ma generalmente viene servito freddo, dopo averlo fatto freddare sotto un forte peso. In questo caso si accompagna con gelatina e costituisce un magnifico piatto di carne per colazione o per buffet.
mettere che la quantità d'acqua strettamente necessaria. Si potrà aggiungere all'acqua qualche aroma, come sedano, carote gialle, cipolla e garofani. Il
Ottima è anche la maionese di aragosta, nel quale caso converrà lessare i crostacei per una ventina di minuti, poi aprirli, estrarne la polpa, tagliarla in fette e condirla con olio, sugo di limone, sale e pepe. Per sei persone occorreranno circa 500 grammi di pesce crudo; ma non si possono dare in proposito che delle norme approssimative potendo la quantità del pesce variare col variare della qualità adoperata. È chiaro che di un pezzo di pesce netto, potrà essere sufficiente una quantità minore di quella che sarebbe necessaria se il pesce avesse una grossa testa o molte spine, ecc. Preparata l'insalata e preparato il pesce, fate una salsa maionese, adoperando un paio di rossi d'uovo, o meglio due rossi crudi e un rosso d'uovo sodo passato a setaccio. Finita la salsa ne metterete un paio di buone cucchiaiate nell'insalata di legumi, e mischierete il tutto. Guardate che l'insalata sia ben condita, senza tuttavia che i legumi nuotino nell'olio e nell'aceto. Prendete poi il piatto scelto per la maionese, mettetevi nel fondo uno strato di legumi; su questo disponete il pesce, facendone anche uno strato regolare, e finite col rimanente dei legumi, ai quali con un cucchiaio di legno cercherete di dare forma arrotondata. Su questa piccola cupola versate il rimanente della salsa, e, servendovi di una lama di coltello, fate che si distenda regolarmente su tutto. Se la salsa è ben riuscita dovrà rimanere aderente senza sgocciolare sull'orlo del piatto. In quanto alla decorazione accontentatevi di cose semplici. Adattando il famoso detto del marchese Colombi potrebbe dirsi che le decorazioni si fanno o non si fanno; ed è molto meglio una cosa senza pretese che una decorazione goffa o troppo... futurista. Del resto con qualche spicchio d'uovo sodo messo in giro sul piatto, qualche filetto di acciuga, qualche cuore di lattuga e qualche pezzetto di barbabietola, cetriolini, olive e capperi si può fare una decorazione sufficientemente simpatica nella sua semplicità.
proposito che delle norme approssimative potendo la quantità del pesce variare col variare della qualità adoperata. È chiaro che di un pezzo di pesce
È un'insalata molto graziosa a vedersi e molto semplice a prepararsi Dovrete provvedervi di una bella pianta di scarola di cui utilizzerete le foglie più bianche. Risciacquatela accuratamente e poi trinciatela grossolanamente col coltello. Provvedetevi anche di un'eguale quantità di radicchio rosso che risciacquerete e taglierete come la scarola. Mescolate le due verdure, accomodatele in un'insalatiera di cristallo e conditele con sale, olio e pochissimo aceto. Prendete ora un arancio, sbucciatelo e ritagliatelo in fette orizzontali. Con la punta di un coltello portate via accuratamente tutti i semi e poi fate sulla insalata una corona di queste fette d'arancio. Il sugo dell'arancio comunica a questa insalata uno speciale, caratteristico sapore.
più bianche. Risciacquatela accuratamente e poi trinciatela grossolanamente col coltello. Provvedetevi anche di un'eguale quantità di radicchio rosso
Su questi carciofi c'è tutta una leggenda di difficoltà, assolutamente immaginarie, poichè non c' è forse una preparazione più semplice. Uno solo è il punto su cui si basa la riuscita: la quantità d'olio necessaria per friggere. Chi ha paura di mettere olio nella padella rinunzi a fare i carciofi «alla giudìa» in casa, e si accontenti di andarli a mangiare in uno dei tanti locali romani che la moda ha consacrato. I carciofi vengono mondati, leggermente battuti sulla tavola per allargarne un po' le foglie, spolverizzati di sale nell'interno, e messi in padella, col torsolo in alto, in modo che l'olio li ricopra quasi interamente. Man mano che cuociono si schiacciano leggermente, e se ce n'è bisogno, si voltano. Debbono diventare color d'oro scuro, e ben croccanti all'esterno. Come vedete, una cosa di una semplicità primordiale. Del resto la questione dell'olio è in gran parte apparente. Adoperando infatti una discreta quantità d'olio, questo non si brucierà come accade quando ce n'è troppo poco ma vi servirà per molte volte, permettendovi, a rigor di logica, di realizzare anzi una piccola economia.
il punto su cui si basa la riuscita: la quantità d'olio necessaria per friggere. Chi ha paura di mettere olio nella padella rinunzi a fare i carciofi
Si calcolano uno o due carciofi a persona. Si taglia loro il torsolo in modo che possano tenersi ritti e si privano delle foglie più dure. Se ne spunta l'estremità e in ogni carciofo si introduce qualche pezzettino di aglio, un pizzico di mentuccia, sale e pepe. Si dispongono uno vicino l'altro in una casseruola vi si versa uno o due bicchieri di acqua — secondo la quantità dei carciofi — e un mezzo bicchiere scarso di olio, si copre la casseruola e si mette un peso sul coperchio. Si lasciano cuocere i carciofi su fuoco moderato per circa un'ora. Cotti che siano si accomodano in un piatto e se il bagno fosse ancora troppo diluito si fa restringere e si versa sui carciofi prima di mandarli in tavola.
una casseruola vi si versa uno o due bicchieri di acqua — secondo la quantità dei carciofi — e un mezzo bicchiere scarso di olio, si copre la
Come per l'ovolo si adatta meglio la frittura, il porcino ha la sua preparazione tradizionale: il tegame. Ed è questo uno dei pochi casi in cui si consiglia il tegame classico di terraglia, il quale trova qui la sua migliore applicazione. Mettete dunque in un tegame un poco d'olio e in esso fate liquefare, secondo la quantità dei funghi da cuocere, una o due acciughe lavate e spinate. Aggiungete allora i funghi, accuratamente mondati, tagliati in fette grandi e lavati, uno o due spicchi d'aglio intieri, un paio di pomodori senza semi, o un cucchiaio di salsa, un pizzico di mentuccia, sale e pepe. Coprite il tegame e fate cuocere i funghi a fuoco piuttosto brillante, mescolandoli di quando in quando. Togliete poi l'aglio, versate i funghi nel piatto e contornateli con crostini di pane fritti.
liquefare, secondo la quantità dei funghi da cuocere, una o due acciughe lavate e spinate. Aggiungete allora i funghi, accuratamente mondati, tagliati
I broccoli così preparati sono molto saporiti, ma non sono adatti a tutti gli stomachi. Prendete quella quantità di broccoli relativa al numero delle persone e mondateli come si usa abitualmente, conservando anche qualcuna delle foglie più tenere. I broccoli dovranno essere tagliati in pezzi piuttosto piccoli e i gambi delle varie cimette dovranno essere ritagliati in forma di croce in tutta la loro lunghezza. Tenete foglie e cimette in acqua fresca fino al momento di cuocerle. Mettete un po' d'olio in una padella o in un tegame, aggiungendo un paio di spicchi d'aglio tritati. Fate soffriggere leggermente senza però far colorire l'aglio e poi mettete giù le foglie ben sgocciolate. Condite con sale e pepe e quando le foglie si saranno ammalvate, aggiungete il restante dei broccoli, anch'essi ben sgocciolati. Condite con un altro po' di sale e pepe e dopo un poco bagnate con un bicchiere o due di vino secco, più o meno secondo la quantità dei broccoli. Coprite il recipiente e lasciate cuocere pian piano, mescolando di quando in quando con attenzione per non frantumare i broccoli. A cottura completa accomodateli nel piatto e fateli servire come piatto di legume a sè o come contorno di carni bollite o arrostite.
I broccoli così preparati sono molto saporiti, ma non sono adatti a tutti gli stomachi. Prendete quella quantità di broccoli relativa al numero delle
Dopo l'alto costo raggiunto dalla vainiglia si è sempre più esteso nella pasticceria l'uso della vainiglina, prodotto chimico che la sostituisce perfettamente. È una polvere bianca, di profumo penetrante, che si vende in tutte le farmaceutiche e presso i negozianti di prodotti chimici. Assolutamente innocua, serve mirabilmente a profumare creme, zucchero al velo, liquori, frutta sciroppate, ecc. Soltanto non bisogna esagerare nella quantità, poichè ne basta un nonnulla per comunicare agli zuccheri o alle creme un eccellente profumo. Acquistatene qualche grammo, che conserverete in un vasetto di vetro ben chiuso.
. Assolutamente innocua, serve mirabilmente a profumare creme, zucchero al velo, liquori, frutta sciroppate, ecc. Soltanto non bisogna esagerare nella quantità
Imparate a far bene questa torta, che vi riuscirà utilissima in una grande quantità di casi. È buona, costa poco, e fa figura; ha, in una parola, tutti i requisiti per essere tenuta in considerazione. Mettete in un tegame o in un caldaino sei cucchiaiate ben colme di zucchero in polvere (180 grammi), e rompete sullo zucchero sei uova intere, aggiungendo anche un pezzo di buccia di limone raschiata. Per evitare inconvenienti è bene abituarsi a rompere sempre le uova una alla volta in un piatto. Se c'è un uovo guasto si getta via così soltanto quello, e non si corre il pericolo di gettarli tutti. Ponete il caldaino su brace leggerissima, o anche su una piccola fiamma a gas, e tenendolo inclinato da un lato, sbattete energicamente uova e zucchero con una frusta di ferro.
Imparate a far bene questa torta, che vi riuscirà utilissima in una grande quantità di casi. È buona, costa poco, e fa figura; ha, in una parola
Passate al setaccio quattro o cinque cucchiaiate di fragole piccoline e profumate ed unite alla purè un'eguale quantità di panna montata («Chantilly») condita con zucchero vainigliato. Da un pane rettangolare di quelli detti a cassetta, ritagliate tante fettine spesse un mezzo centimetro e della grandezza di un «sandwich» ordinario, cioè tre centimetri per sette. Ottenute queste fettine, contatele e lasciatene una metà da parte, mentre sulle altre stenderete il composto di fragola e crema. Ricoprite le fette spalmate con le altre tenute in disparte ed avrete ottenuto tanti cuscinetti ripieni. Sbattete uno o due uova con una cucchiaiata di rhum, intingete un cuscinetto alla volta nell'uovo, passatelo nel pane finissimo, pareggiando la panatura con la lama di un coltello, e friggete questi «sandwichs» dolci nell'olio o nello strutto, pochi alla volta ed a padella caldissima. Appena diventati di un bel color d'oro estraeteli dalla frittura, lasciateli sgocciolare, accomodateli in un piatto con salvietta, cospargeteli abbondantemente di zucchero vainigliato e mangiateli subito.
Passate al setaccio quattro o cinque cucchiaiate di fragole piccoline e profumate ed unite alla purè un'eguale quantità di panna montata («Chantilly
Parecchi sono i sistemi per fare lo zabaione, ma il miglior metodo, purchè trattisi di piccole quantità, è sempre quello antico, del frullo di legno. Prendete un «bagnomaria per salse», o, in mancanza di questo, un secchietto comune da latte, e per ogni rosso d'uovo metteteci un cucchiaio di zucchero e due di marsala o di vino bianco. Dovendo fare uno zabaione col frullino è consigliabile di non fare più di tre o quattro rossi d'uovo alla volta. Per maggiori quantità è meglio adoperare una frusta in fil di ferro. Si mette il recipiente in un altro recipiente più grande che contenga acqua calda. Si porta ogni cosa sul fuoco e girando il frullino fra le mani s'incomincia a lavorare lo zabaione. Per l'azione del fuoco e del frullo, l'uovo diventa dapprima spumoso, poi monta e finalmente si rapprende in una massa soffice e leggera. Non avendo il frullino potrete servirvi di una piccola frusta di fil di ferro. In questo caso è necessario lavorare in un recipiente più largo, ma sempre immerso nell'acqua calda. C'è chi fa anche lo zabaione a fuoco nudo, lavorandolo direttamente sulla brace, ma il bagnomaria è preferibile. Lo zabaione può essere aromatizzato con vainiglia, liquori forti, corteccia di arancio e di limone grattate, ecc.
Parecchi sono i sistemi per fare lo zabaione, ma il miglior metodo, purchè trattisi di piccole quantità, è sempre quello antico, del frullo di legno
riuscendo a creare quelle squisitezze che vanno sotto il nome di gelati leggeri. Generalmente noi siamo soliti di dividere i gelati in: gelati di crema o di frutta, da lavorarsi nella sorbettiera, e in gelati leggeri, cui accennavamo poc'anzi, e che comprendono i diversi biscuits, le bombe, le mousses, i puddings, i soufflés. C'è poi un'altra categoria di gelato che nei grandi pranzi viene servito a metà tavola, la cui formula tipo è il sorbetto, che si suddivide in granite, marquises, punchs e spooms. Il gelato alla sorbettiera, come si faceva fino a pochi anni addietro, va sempre più perdendo terreno. Il lavoro è piuttosto complicato, e non è certo in una famiglia che si può lavorare una certa quantità di gelato col primitivo e piuttosto costoso impianto di una sorbettiera e tutti i suoi accessori. Per le signore che amano fabbricare con le loro mani del gelato è indispensabile una di quelle macchinette americane a manovella, già imperniate nel loro secchio di legno. Queste macchinette costano relativamente poco e danno dei risultati certi, senza richiedere troppo tempo e troppa fatica. Non si deve fare altro che mettere la composizione da gelare, nel vaso centrale di ferro zincato, rimettere a posto le spatole interne, chiudere col coperchio, calcare tutt'intorno del ghiaccio pesto, mescolato col sale e girare la manovella. Dopo pochi minuti una resistenza un po' sensibile vi avverte che il composto è congelato ed attende di essere servito ai vostri ospiti. Tecnicamente parlando, i gelati possono essere magri o grassi, intendendo che nella composizione da gelare entra una minore o una maggiore quantità di zucchero. Anche qui «est modus in rebus». Infatti, un gelato troppo magro, cioè scarso di zucchero, riuscirà insipido e granuloso, mentre al contrario, un composto troppo grasso stenterà molto a congelarsi.
perdendo terreno. Il lavoro è piuttosto complicato, e non è certo in una famiglia che si può lavorare una certa quantità di gelato col primitivo e piuttosto
Prendete quella quantità di peperoncini che desiderate conservare, spuntatene con le forbici l'estremità del gambo, stendeteli su delle cestine o su dei setacci ed esponeteli per un paio di giorni al sole, affinchè l'umidità che contengono possa evaporare il più possibile. Accomodateli poi in vasi di terraglia, e gettate su essi dell'aceto bollente nel quale avrete messo abbondante sale. Lasciateli stare così una quarantina di giorni, poi scolate l'aceto, che in contatto con l'acqua di vegetazione dei peperoni si sarà molto diluito, e sostituitelo con dell'altro aceto di buona qualità non bollito. Coprite i vasi con carta pergamenata, e riponeteli in dispensa. I peperoni saranno buoni a mangiarsi dopo un paio di mesi.
Prendete quella quantità di peperoncini che desiderate conservare, spuntatene con le forbici l'estremità del gambo, stendeteli su delle cestine o su
Le uova preparate così sono appetitose e si conservano parecchi giorni. Mettete delle uova in una casseruola con acqua fredda. Portate la casseruola sul fuoco e quando l'acqua bollirà contate dieci minuti. Trascorso questo tempo passate le uova in acqua fredda, estraetele, sgusciatele e accomodatele in un vaso di terraglia o di vetro. Mettete sul fuoco in una casseruolina una quantità d'aceto proporzionato al numero delle uova aggiungendo del pepe nero grossolanamente pestato, un pezzetto di peperoncino, un pizzico di sale, uno spicchio d'aglio e un piccolo rametto di rosmarino. Portate all'ebollizione che manterrete lenta e regolare per una diecina di minuti, trascorsi i quali versate l'aceto così bollente sulle uova passandolo da un colabrodo per togliere gli aromi. Lasciate freddare completamente, poi coprite il vaso ermeticamente e aspettate almeno un paio di giorni prima di mangiare le uova. È necessario che queste uova rimangano sommerse nell'aceto. Esse acquistano un sapore gustoso e piccante che le rende molto accette.
accomodatele in un vaso di terraglia o di vetro. Mettete sul fuoco in una casseruolina una quantità d'aceto proporzionato al numero delle uova aggiungendo del
Si sbucciano i piselli procurando il più possibile che risultino tutti della stessa grandezza. È appunto secondo il criterio della grandezza che i piselli conservati dalle grandi case commerciali vengono distinti con i numeri 1, 2, 3, 4, oppure coll'indicazione extra-fins, mi-fins, fins, ecc. Si mette sul fuoco in un piccolo caldaio una certa quantità d'acqua, e quando l'acqua bolle si gettano giù i piselli, contando da tre a cinque minuti d'ebollizione: tre minuti per i piselli più piccini, e cinque per i grandi. Trascorso il tempo stabilito i piselli si scolano e si mettono a raffreddare in acqua molto fredda; si scolano di nuovo e se ne riempiono, ma non fino all'orlo, delle scatole di latta della capacità di un litro.
mette sul fuoco in un piccolo caldaio una certa quantità d'acqua, e quando l'acqua bolle si gettano giù i piselli, contando da tre a cinque minuti d
Si versa poi in ogni scatola una soluzione ottenuta facendo bollire dell'acqua con sale e zucchero in queste proporzioni: acqua litri uno, sale grammi 20 e zucchero grammi 20, cioè un cucchiaio scarso da tavola di sale e di zucchero. Aumentate la quantità di questo bagno secondo il numero delle scatole e distribuitelo in esse per mezzo di un ramaiolo. Questa soluzione va messa nelle scatole quando è completamente fredda. Fate stagnare le scatole dallo stagnaio, mettetele in un caldaio pieno di acqua fredda, e quando l'acqua bollirà, contate una mezz'ora di ebollizione, trascorsa la quale, togliete il caldaio dal fuoco, aspettate che le scatole si siano freddate nell'acqua, tiratele su, asciugatele bene e riponetele in luogo fresco. Giova avvertire che i piselli, così preparati, perdono un po' del loro colore e risultano piuttosto giallognoli. È per questo che nelle grandi case si pratica il così detto rinverdimento. Il processo è identico a quello già descritto, solamente si fanno cuocere i piselli in una soluzione molto diluita di solfato di rame, che in piccola quantità è, come sapete, permesso dai regolamenti sanitari. Noi non sapremmo consigliarvelo troppo. Ad ogni modo per chi volesse praticare questa conservazione, insegnamo il modo di eseguirla. Dopo sbucciati e scelti i piselli si pesano; e per ogni cinque chilogrammi di piselli si mettono sul fuoco cinque litri di acqua. Appena l'acqua bollirà vi si gettano i piselli, e dopo il primo bollore si aggiunge nel caldaio una soluzione ottenuta, sciogliendo in un dito d'acqua (50 grammi) grammi 5 di solfato di rame. Mescolate con un cucchiaio di legno e, trascorsi i minuti stabiliti per la cottura, gettate i piselli nell'acqua fresca, risciacquandoli accuratamente, passandoli poi per un po' di tempo — una mezz'ora — ad acqua corrente, affinchè ogni traccia di solfato di rame, non combinato col pisello, possa venire eliminata. I piselli riacquistano il loro verde primitivo. Il resto dell'operazione è in tutto simile a quella descritta più sopra.
grammi 20 e zucchero grammi 20, cioè un cucchiaio scarso da tavola di sale e di zucchero. Aumentate la quantità di questo bagno secondo il numero delle
La mostarda di Cremona, è una preparazione speciale che si distacca dalle consuete mostarde. Bisogna provvedersi di una discreta quantità di frutta, come pere, mele, ciliegie, fichi immaturi, zucca, corteccia d'arancio, ecc., e cuocere separatamente ogni qualità di frutta in un po' di acqua e zucchero. La cottura dev'essere portata in modo da non far spappolare la frutta, che deve invece rimanere piuttosto dura. Cotta tutta la frutta si riuniscono i vari sciroppi che hanno servito a cuocere ogni qualità, si aggiunge dell'altro zucchero e si fa restringere sul fuoco in modo da ottenere uno sciroppo piuttosto denso nel quale si aggiunge della farina di senape sciolta in un pochino d'acqua. Si riunisce tutta la frutta in un recipiente, si ricopre con lo sciroppo preparato e si lascia qualche giorno in riposo prima dell'uso.
La mostarda di Cremona, è una preparazione speciale che si distacca dalle consuete mostarde. Bisogna provvedersi di una discreta quantità di frutta
Ulive brune di Gaeta. — Ancora più semplice è la preparazione delle ulive brune. Occorre un recipiente piuttosto alto che largo, preferibilmente di terraglia. Mettete cinque chilogrammi di ulive brune in questo recipiente e ricopritele di acqua. La quantità di acqua occorrente sarà di circa 5 litri. Ad ogni modo tenete conto dell'acqua che mettete per ricordarne esattamente la quantità. Lasciate le ulive così, e dopo quattro giorni scolate l'acqua, e mettete nelle ulive tanti ettogrammi di sale, per quanti erano i litri dell'acqua. Supponendo di averne impiegati cinque litri occorreranno 500 grammi di sale. Mescolate bene e lasciate le ulive sotto sale per ventiquattro ore. Trascorse le ventiquattro ore, riversate sulle ulive la stessa quantità d'acqua che avevate messo in principio per ricoprirle. Portate il recipiente in dispensa e non vi occupate più delle vostre ulive per quaranta giorni. La parte oleosa delle ulive forma alla superficie dell'acqua una specie di velo che protegge le ulive e ne permette la completa «maturazione». Dopo i quaranta giorni le ulive sono pronte e si possono accomodare in barattoli ricoprendole di una salamoia fresca fatta come si è detto precedentemente per le ulive verdi.
terraglia. Mettete cinque chilogrammi di ulive brune in questo recipiente e ricopritele di acqua. La quantità di acqua occorrente sarà di circa 5 litri
Dove si cucina molto con lo strutto — ad esempio nel Lazio e nel Napoletano — questa provvista casalinga è quasi un dovere. La chimica applicata alle sostanze alimentari ha fatto enormi progressi, e se sapeste che razza di pasticci si manipolano in alcune fabbriche al di là... e al di qua dei mari, non vi lascereste vincere dall'indolenza, la quale, specie nei riguardi dell'alimentazione, è quanto mai biasimevole. Conviene acquistare della sugna di prima qualità, tagliarla in piccoli pezzi e metterla a struggere a fuoco moderato in un caldaio di rame stagnato, o, trattandosi di piccole quantità in una grande padella. Alcuni aggiungono alla sugna una piccola quantità d'acqua che avrebbe per effetto di rendere lo strutto più bianco, ma è cosa controversa, e di cui noi abbiamo sempre fatto a meno. Preparate dei vasi cilindrici di terraglia che immergerete in una catinella piena d'acqua fresca. Quando vedrete che i siccioli hanno preso un bel color biondo, toglieteli, con una cucchiaia bucata, aspettate che lo strutto perda un po' del suo calore, e poi, con un ramaiuolo, versatelo adagio adagio nei vasi preparati. Si mette l'acqua nella catinella per sottrarre un po' di calore ai vasi, e per poter ricuperare il grasso se per un disgraziato accidente il vaso si rompesse. Lasciate che lo strutto si solidifichi tenendolo per una notte all'aria fredda, poi chiudete i vasi con della carta pergamena e riponeteli in dispensa. Dei siccioli avanzati potrete servirvi per fare delle pizze rustiche, adoperandoli come elemento ausiliario nel condimento di minestroni, zuppe d'erbe, ecc.
quantità in una grande padella. Alcuni aggiungono alla sugna una piccola quantità d'acqua che avrebbe per effetto di rendere lo strutto più bianco, ma è
Le alici vanno private della testa e sventrate. Si prende poi un vaso di terraglia, vi si dispone nel fondo uno strato di sale, e su questo si allinea regolarmente uno strato di alici. Questo strato si ricopre con altro sale e si continua così fino a riempire il barattolo, procurando di disporre le alici in modo che non abbiano da restare vuoti. Trattandosi di piccole quantità converrà usare del sale grossolanamente pestato. Potrete disporre qua e là sui vari strati qualche foglia di alloro, che dà profumo alle alici. Riempito il barattolo, poneteci sopra una tavoletta di legno circolare, grande come l'apertura del vaso e su questa ponete un grosso ciottolo. Vedrete che man mano il livello delle alici si abbasserà, per effetto della pressione, e la tavoletta rimarrà sommersa nella salamoia. Lasciate così per circa un mese affinchè questa salamoia possa evaporare in gran parte e le alici abbiano il tempo di conciarsi. Se la salamoia evaporasse troppo presto aggiungetene un'altra piccola quantità. Essa dovrà essere molto densa, e tale che un uovo immerso nel liquido possa galleggiarvi, ciò che si ottiene adoperando pochissima quantità d'acqua per far sciogliere il sale. Trascorso il mese, togliete la tavoletta e il peso, e incominciate ad adoperare le alici. Volendone preparare delle grandi quantità si usano dei bariletti di legno.
alici in modo che non abbiano da restare vuoti. Trattandosi di piccole quantità converrà usare del sale grossolanamente pestato. Potrete disporre qua
Vediamo ora la composizione del «menu» per colazione e per cena. Il «dejeuner» differisce dal «diner» anzitutto per la quantità delle pietanze che si servono, e, — elemento non trascurabile — per la qualità delle pietanze stesse. In una colazione sono adattatissimi gli antipasti freddi assortiti, poichè non essendoci minestra non si corre il rischio di sciuparsi il palato con i vari cibi piccanti che compongono generalmente l'antipasto, e che, secondo alcuni impediscono di apprezzare la finezza del brodo o della zuppa. Troverà qui la migliore applicazione tutto quel complesso di ghiottonerie che va sotto il nome di «Antipasti alla russa». Dopo gli antipasti si serve generalmente un piatto d'uova — caratteristica della colazione. — Ma si possono servire anche risotto, maccheroni, gnocchi di semolino, ecc. C'è poi un piatto forte, un altro piatto con accompagno di verdura o di legumi, dolce, formaggio e frutta. Questo per una colazione fine, di tipo classico. Volendo un «dejeuner» ancora più ricco si potranno introdurre nel «menu» due piatti di carne e uno di pesce. Ma è bene mantenere la colazione su queste basi: Antipasto freddo — uova o farinacei — due piatti di carne oppure uno di carne e uno di pesce — verdura o legumi — dolce — formaggio e frutta. Essendoci due piatti di carne, il secondo piatto potrà essere freddo; vitello, roast-beef, pasticci, galantine, ecc. Anche nella colazione bisogna evitare di ripetersi. Quindi se uno dei due piatti sarà di manzo, o vitello, o agnello, o montone, l'altro sarà di pollame, o di caccia e viceversa. Per dolce si servono di preferenza composte di frutta accompagnate da pasticceria leggera. Il «menu» per una cena è uguale per quantità e disposizione di piatti a quello di una colazione. Soltanto si sostituisce alle uova una tazza di buon brodo ristretto, caldo o freddo. Il «consommé» freddo per una cena deve essere leggermente gelatinoso. Così per i cibi come per la preparazione si procurerà che il «menu» offra un insieme di finezza e di leggerezza, come ad un pasto serale si conviene, Ecco qualche tipo di «menu»:
Vediamo ora la composizione del «menu» per colazione e per cena. Il «dejeuner» differisce dal «diner» anzitutto per la quantità delle pietanze che si
Savories. — I tipi di formaggi descritti più sopra rientrano in quella categoria di piccole preparazioni, dette «Savories», il cui uso, dapprima localizzato in Inghilterra, si è esteso da qualche tempo anche in altre nazioni. In sostanza si tratta di preparazioni fortemente impepate, che vengono servite in fine di tavola, dopo i gelati e la pasticceria, e che servono in un certo modo di pretesto ai convitati per intrattenersi ancora a tavola e stappare qualche altra bottiglia. Di queste «Savories» esistono una quantità di tipi. Possono, ad esempio, servirsi degli «choux» al formaggio, delle ostriche spalmate di mostarda e fritte, delle tartelette guarnite con una puré di latte di aringhe e besciamella, dei canapè di pane abbrustoliti, imburrati e guarniti con alici, sardine all'olio, salmone affumicato ecc.
stappare qualche altra bottiglia. Di queste «Savories» esistono una quantità di tipi. Possono, ad esempio, servirsi degli «choux» al formaggio, delle
Arrosti. — Il «Filetto» il «Lombo», la «Costa», la «Culatta» (o «Pezza») possono adoperarsi o per bistecche, o arrostiti in pezzi grandi. Un buon taglio per grandi quantità di «Roast-beef», usato generalmente dai rosticceri, è lo «Scannello» purchè ben mortificato.
taglio per grandi quantità di «Roast-beef», usato generalmente dai rosticceri, è lo «Scannello» purchè ben mortificato.