230. Testa di vitello al naturale. Prendete una testa di vitello benissimo pulita, mettetela in acqua bollente per più di mezz'ora; levatela e immergetela in acqua fredda: toglietele la mascella superiore fino all'occhio e l'osso della sommità: ridate alla testa la sua forma; involgetela in un pannolino bianco e legate questo con spago: sarà bene prima di involtarla nel pannolino, fregarla con mezzo limone per bianchirla. Per cuocerla, stemperate nell'acqua un pugno di farina o fecola di patate, butirro, cipolle, carote, erbe aromatiche, sale, pepe sodo, le scorze dei limoni che hanno servito a fregare la testa, e la polpa de' medesimi, ma senza semi. Mettete la testa in quest'acqua; quando sarà bollente schiumatela, e quando sarà cotta toglietela dal pannolino e servitela con una salsa piccante di vostro gusto.
a fregare la testa, e la polpa de' medesimi, ma senza semi. Mettete la testa in quest'acqua; quando sarà bollente schiumatela, e quando sarà cotta
244. Fegatelli, o fegato fasciato. Prendete alquante fette di fegato (il migliore per quest'uso è quello di majale), unite ad ognuna un piccolo pezzo di buon grasso o di lardo, mettendo fra un pezzo e l'altro, pepe, sale e un poco di finocchio: rinvoltateli in reticella di majale e formatene così tante polpette; infilzatele in stecchi di canna sottili, ponendo fra l'una e l'altra una foglia di alloro; mettetele a cuocere con olio, sale e un poco di vino. Quando i fegatelli siano cotti, serviteli o nello stesso sugo, o con agro di limone spremuto, o con salsa piccante di vostro gusto.
244. Fegatelli, o fegato fasciato. Prendete alquante fette di fegato (il migliore per quest'uso è quello di majale), unite ad ognuna un piccolo pezzo
280. Coniglio in fricassea. Ponete un pezzo di burro in una casseruola, e quando sia liquefatto aggiungete un pugillo di farina; agitate con mestolo e lasciate prendere a questo unto un colore dorato. Allora mettete nella casseruola la carne del coniglio, che avrete pulita e fatta in pezzi, unitamente ad alcuni pezzetti riquadrati di pancetta di majale salata. Fate rosolare alcun poco la carne; indi bagnate con metà brodo e metà vin bianco, aggiungete qualche cipollina, alcuni funghi, un mazzetto d'erbe aromatiche, del pepe e del sale. Mantenete sotto alla casseruola un fuoco gagliardo, affinchè quest'umido sia presto ridotto, e quando siete per servire in tavola, legate l'intingolo con due uova frullate insieme al succo di mezzo limone, mescolate bene il tutto, accomodate in un piatto, e servite.
, affinchè quest'umido sia presto ridotto, e quando siete per servire in tavola, legate l'intingolo con due uova frullate insieme al succo di mezzo limone
301. Tacchino in gelatina. Prendete un grosso tacchino, lardellatelo con prosciutto, mettetelo in una casseruola adattata involtandolo in fette di lardo, con una buona fetta di vitello tagliata in piccoli pezzi, un soffritto (n. 162), e fette di limone senza scorza nè semi: aggiungete metà brodo e metà vin bianco; copritelo quasi ermeticamente: e a lento fuoco fatelo cuocere pel corso di quattr'ore: quando sia cotto non lo levate dall'umido finchè non sia un poco raffreddato: passate quest'umido per colatojo, e se è troppo liquido fatelo concentrare; per conoscere quando è al suo punto, versatene una goccia sopra un piatto, ed osservate se quando, fredda se ne forma gelatina. Se volete che questa gelatina sia trasparente, gettatevi una chiara d' uovo sbattuta quando sia tepida: sbattete bene il tutto: quando la gelatina abbia alzati diversi bollori, passatela per un tovagliuolo; lasciatela rappigliare nel raffreddarsi, e contornatene il piatto sul quale servirete il tacchino.
finchè non sia un poco raffreddato: passate quest'umido per colatojo, e se è troppo liquido fatelo concentrare; per conoscere quando è al suo punto
406. Totani. Si toglie prima loro, tirandolo forte a sè, l'osso sottilissimo della schiena, poi colle forbici si taglia per lo lungo il loro involucro cartilaginoso fendendolo nel mezzo dalla parte di sotto, che è quella più bianca, si puliscono del nero che contengono, di un osso che hanno nella testa, chiamato dente, e degli occhi; quindi si tagliano a pezzi non troppo piccoli, servendosi di preferenza delle forbici, che sono meglio atte e quest'uso; si lavano a più acque, si fanno bene sgocciolare ed asciugare lasciandoli per qualche tempo distesi sur una tavola messa in pendio; indi s'infarinano e si friggono.
quest'uso; si lavano a più acque, si fanno bene sgocciolare ed asciugare lasciandoli per qualche tempo distesi sur una tavola messa in pendio; indi s
445. Uova affogate. Ponete dell'acqua a bollire in una pentola, e quando bolle ben forte gettatevi le ova già rotte ad una alla volta col loro tuorlo intiero, lasciandole bollire finchè la chiara sia ben rappresa, il che richiede quattro o cinque minuti di tempo. Per far bene quest'operazione, sarà buona cosa rompere le uova prima in un bicchiere, sempre ad una per volta, e poi dallo stesso bicchiere rovesciarle in un sol colpo nell'acqua bollente. Quando dunque le uova saranno cotte, ritiratele con una mestola forata, onde fare scolare l'acqua; ponetele in un piatto, che terrete sopra la stessa pentola a fine di mantenerlo caldo, e condite con buon butirro, formaggio parmigiano grattato, cannella in polvere, sale e poco pepe. Si servono ben calde, e perciò le terrete coperte al vapore dell'acqua bollente fino al momento di portarle in tavola.
intiero, lasciandole bollire finchè la chiara sia ben rappresa, il che richiede quattro o cinque minuti di tempo. Per far bene quest'operazione, sarà
471. Majale. La miglior parte di quest'animale per arrostirsi, è 1' arista (così vien chiamata la schiena con la lombata). Si stecca con rosmarino, sale e pepe, e si fa arrostire allo spiede dopo averla alquanto digrassata; ma meglio riesce in una casseruola, cotta al forno, come abbiam già detto al num. 261.
471. Majale. La miglior parte di quest'animale per arrostirsi, è 1' arista (così vien chiamata la schiena con la lombata). Si stecca con rosmarino
509. Condimento delle insalate. Abbiamo detto al numero precedente (508), che l'insalata si reca in tavola in apposita insalatiera, o nel piatto stesso in cui vien servito l'arrosto, come guarnimento di questo, non però condita. Nel primo di questi casi, ciò quando viene servita a parte nell'insalatiera (quantunque contemporaneamente all'arrosto), uno dei convitati, o la padrona di casa nei pranzi famigliari; ovvero un servo nei grandi banchetti, s'incaricano di condire l'insalata per tutti nella stessa insalatiera. Ecco come si procede per fare meglio quest'operazione. Prendete o fatevi dare, se non l'aveste già a vostra disposizione, un piatto alquanto fondo; ponetevi del sale a sufficienza che prenderete colla punta del coltello dalla saliera che lo contiene, ed un poco di pepe se gli altri convitati lo gradiscono; indi verserete nello stesso piatto olio ed aceto, regolandone la dose, come per il sale a seconda della quantità dell'insalata, ed agitate e mescolate bene questo condimento sbattendolo con una forchetta pulita. Quando l'avrete bene assimilato, e che l'olio sarà quindi, non più separato, ma amalgamato coll'aceto, versate detto condimento sull'insalata nella sua insalatiera, e rivoltate bene con due forchette di legno apposite, che devonsi per solito trovarsi a lato dell'insalatiera. Questo modo di condire l'insalata è preferibile all'altro che consiste nel versarvi sopra addirittura 1' olio, e l'aceto, e il sale, senza prima mescolare a parte fra di loro questi tre ingredienti; per cui ne risulta spesso che si trova poi il sale non disciolto accumulato su alcune foglie d'insalata, le quali perciò riescono molto disgustuse a quelli cui toccano.
, s'incaricano di condire l'insalata per tutti nella stessa insalatiera. Ecco come si procede per fare meglio quest'operazione. Prendete o fatevi dare
588. Cialdoni. Stemperate della farina ed altrettanto zucchero con buon latte, od acqua ed un poco di burro liquefatto, riducendo l'impasto alla densità d'una polenta. Aggiungete un uovo o più secondo la densità della pasta, ed aromatizzate con un poco d'acqua di fior d'arancio. Preparata così la vostra pasta, fate scaldare a fuoco gagliardo le forme di ferro fatte appositamente a quest'uso: ponetevi nel mezzo una cucchiajata di pasta, chiudete subito la forma, e rimettetela al fuoco per un momento, rivoltandola acciò la pasta prenda egual colore da ambe le parti; aprite la forma, staccatene il cialdone cotto, ed accartocciatelo intanto che è caldo, ponendolo poi in disparte in luogo asciutto. Rinnovate la stessa operazione finchè vi rimane della pasta, e se avete più forme, adoperatele alternativamente, ponendo la pasta in una, mentre l'altra sta sul fuoco, e viceversa. Osservate che le forme internamente sieno sempre un poco untuose, senza però essere umide.
vostra pasta, fate scaldare a fuoco gagliardo le forme di ferro fatte appositamente a quest'uso: ponetevi nel mezzo una cucchiajata di pasta, chiudete
595. Chiarificazione del miele. Se volete adoperare il miele invece dello zucchero, dovete prima chiarificarlo nel medesimo modo (n. 593). Quando è bianco e puro, basta farlo sciogliere in un poco d'acqua a lento calore, e indi schiumarlo. Se la schiuma prosegue a formarsi, bisogna aggiungervi altr'acqua e chiarificarlo coll'albumina come abbiam detto per lo zucchero. Tuttavia non bisogna dimenticare in quest'operazione, che più si fa cuocere il miele, e più esso perde del suo zucchero, diventa nero, amaro ed agro. Quand'è schiumato, sarebbe pertanto miglior partito, invece di chiarificarlo coll'albumina, gettarvi dentro carboni accesi, ritirarli in capo a cinque minuti, e passare il miele allo staccio o per pannolino.
'acqua e chiarificarlo coll'albumina come abbiam detto per lo zucchero. Tuttavia non bisogna dimenticare in quest'operazione, che più si fa cuocere il
603. Sciroppo di capelvenere. Prendete 50 gram. di capelvenere, il più odoroso, e ponetelo in un vaso di terraglia con un litro d'acqua bollente, coprendo e lasciando infondere per due ore. Colate indi e spremete quest'infusioni a traverso un pannolino, e fatevi disciogliere un chil. di zucchero. Ponete il tutto al fuoco in una calderuola; chiarificate con albumina, e continuate la cottura sino a che il sciroppo sia alla perla. Versatelo tosto su nuovo capelvenere grossamente tritolato, che avrete posto sopra uno staccio, ed allorchè il sciroppo sarà passato, lasciatelo freddare e serbatelo in bottiglie.
, coprendo e lasciando infondere per due ore. Colate indi e spremete quest'infusioni a traverso un pannolino, e fatevi disciogliere un chil. di zucchero
618. Marmellata di pere. Si fa con ogni specie di pere zuccherose. Si mondano, si tagliano in quattro spicchi, se ne toglie via il torsolo, e si pongono in una calderuola con tant'acqua che basti a ricoprirle. Si fanno cuocere a fuoco gagliardo fino a che siansi rammollite, e quando si ritirano colla schiumarola, si pongono sullo staccio, si comprimono, e se ne riceve la polpa in un vaso di terra. Durante quest'operazione, si sarà messa nell'acqua in cui si sono cotte una quantità di zucchero in ragione di 6 ettogr. per ogni chilogr. di pere. Appena questo zucchero è disciolto ed alquanto schiumato, vi si aggiunge la polpa delle pere e si termina la cottura, che si protrae più o meno a lungo, secondo che si vuol dare più o meno consistenza alla marmellata.
colla schiumarola, si pongono sullo staccio, si comprimono, e se ne riceve la polpa in un vaso di terra. Durante quest'operazione, si sarà messa nell
634. Composta d'arance. Togliete la scorza e raschiate tutta la parte bianca a sei belle arance; dividetele in quarti, e toglietene i semi; fatele scottare nell'acqua bollente, e indi immergetele nell'acqua fredda, fate cuocere a giulebbe 180 gram. di zucchero, e mettetevi dentro le arance dopo averle scolate. Quando avranno bollito alquanto, ritirate dal fuoco la calderuola; lasciate un poco raffreddare; indi rimettete al fuoco e fate bollire per altri cinque o sei minuti. Dopo di che ritirate le arance, che porrete in una compostiera, e fate condensare il sciroppo da solo. Terminata quest'operazione, lasciate raffreddare il sciroppo, versatelo sulle arance nella compostiera e servite.
per altri cinque o sei minuti. Dopo di che ritirate le arance, che porrete in una compostiera, e fate condensare il sciroppo da solo. Terminata quest
693. Caffè, tostatura, infusione. La principale cura che debbesi avere per ottenere un eccellente caffè, oltre alla scelta della sua qualità, consiste nel farne bene abbrustolire o tostare i chicchi; perocchè se troppo abbrustolito, il caffè si carbonizza e perde tutto il suo olio essenziale, che è l'aroma gradito che lo distingue; se troppo crudo, l'infusione ne risulta acida e disgustosa. Tutti conoscono l'ordigno di cui si fa uso per tostare il caffè, ed il quale consiste in un cilindro di lamiera attraversato nel suo asse da una bacchetta di ferro, le cui estremità posano su due forcelle fermate ai lati opposti d'un apposito fornello, sul quale il detto cilindro può per tal modo girare su sè stesso per il movimento che gli vien dato mediante un manubrio disposto ad una delle estremità della bacchetta di ferro che lo attraversa. La scelta del combustibile non è indifferente, e bisogna sempre preferire il carbone alla legna, perchè il primo manda un calore più uniforme e non produce fumo. Non si empia mai il cilindro che per metà, in modo che la bacchetta di ferro che l'attraversa non ne sia coperta, e che il caffè, gonfiandosi per l'effetto del calore, non rimanga troppo pigiato, e possa muoversi e venire facilmente agitato. Il fuoco devesi sempre mantenere eguale e moderato. Bisogna girare e rigirare il cilindro ora da destra ora da sinistra, fino al momento in cui il caffè manda assai fumo: allora si leva di frequente l'ordigno dal fuoco per scuoterlo ed agitarlo in ogni senso; e si termina di tostarlo quanto si vede che il fumo scappa dal cilindro in maggiore abbondanza. A questo punto il grano scoppietta, diventa lucido e come untuoso, di color cannella bruno, e spande un gradevole profumo: è questo il momento di ritirare dal fuoco il cilindro, per lasciare che la cottura si compia da sè medesima, mercè il vapore concentrato nell'apparecchio, che si continua a girare e ad agitare fuori del fuoco per alcuni altri minuti. Si apre allora il cilindro, si versa il caffè sur una tavola, vi si distende uniformemente, e dopo che si è alquanto raffreddato si passa a ventilarlo per farne escire le pellicole ed anche i corpi estranei che talvolta vi sono frammischiati; ma quest'operazione si può evitare se si sarà ben mondato il caffè prima di tostarlo. Il tempo che ordinariamente il caffè deve stare sul fuoco per giungere al punto giusto di tostatura, trattandosi d'una media quantità, varia da' 40 ai 50 minuti, a seconda del fuoco più o meno ardente che è nel fornello. Il caffè tostato con cura ed al punto voluto, non deve mai aver perduto, dopo quest'operazione, più del 18 o 20 per cento, vale a dire il quinto circa del suo peso.
a ventilarlo per farne escire le pellicole ed anche i corpi estranei che talvolta vi sono frammischiati; ma quest'operazione si può evitare se si sarà
Durante quest'operazione devesi aver cura di far gocciolare di quando in quando, dal buco apposito di cui abbiamo parlato sopra, l'acqua che si sarà raccolta sul fondo del secchio, riponendo in sua vece nel secchio stesso altrettanto ghiaccio e sale. Quando il gelato è perfetto, si distribuisce in bicchieri o piattini adattati per servirlo. Se non devesi servire all'istante, bisogna lasciarlo nella sorbettiera, seguitando ogni tanto a rimestare, affinchè non si formino diacciuoli. Volendo dare ai gelati la forma d'un frutto o d'altro, si pongono in forme di latta o di stagno, le quali poi si chiudono e si mettono nel ghiaccio. Allorchè si vogliono servire tali gelati, s'immerge la forma nell'acqua calda, la si ritira prontamente perchè il gelato non si fonda, si asciuga con un pannolino, si apre e si rovescia sopra un piattino, lasciandovi cadere il gelato per servirlo all'istante.
Durante quest'operazione devesi aver cura di far gocciolare di quando in quando, dal buco apposito di cui abbiamo parlato sopra, l'acqua che si sarà
715. Piante aromatiche. La carota, sebbene sia cibo sano e nutriente, ha un sapore troppo pronunciato, e non conviene a tutti gli stomachi: devesi quindi preferibilmente adoperarla come condimento, perchè si addice meglio a quest'uso che come alimento. Il sedano cotto è di facilissima digestione; crudo resta un poco pesante. L'aglio, la cipolla, il porro, lo scalogno, sono anch'esse sostanze da adoperarsi più come condimento che come cibi, perchè irritano facilmente lo stomaco e sono poco digeribili.
quindi preferibilmente adoperarla come condimento, perchè si addice meglio a quest'uso che come alimento. Il sedano cotto è di facilissima digestione
12. Vitello ad uso del tonno marinato. Si prende una fetta di vitello di sei settimane, si taglia in pezzi e si getta nell'acqua bollente, e vi si aggiungono delle foglie di lauro e del sale che provengano dalla salagione del merluzzo, delle aringhe o d'altro pesce salato. Quando la carne è stata in fusione per due ore in quest'acqua, si fa sgocciolare, s'impolvera con sale macinato e si batte con un pala di legno affinchè il sale penetri. Nel fondo del vaso nel quale si vuole conservare si mettono due alici, e poscia i pezzi di carne di vitello, indi si riempie d'olio d'oliva di buona qualità.
in fusione per due ore in quest'acqua, si fa sgocciolare, s'impolvera con sale macinato e si batte con un pala di legno affinchè il sale penetri. Nel
Desiderando di conservare più lungamente il latte, conviene fare uso del processo Appert. Consiste questo nel concentrarlo a bagnomaria, e schiumarlo più volte. Quando è ridotto a due terzi, si passa per uno staccio, si chiude in bottiglie ermeticamente, e si sottopone al calore del bagnomaria per un'ora. Noi osserviamo che l'operazione di concentrare il latte a bagnomaria e schiumarlo, è indispensabile, giacchè ha per iscopo di conservare le sue parti sostanziose diminuendone il volume. Il latte può essere messo in bottiglie anche appena munto, senza bisogno di concentrazione, e solo deve essere esposto al bagnomaria come di sopra si è detto. Dopo di un certo tempo la crema o fior di latte si separa; quindi per adoperare il latte devesi levare dalla bottiglia, e farlo bollire, affinchè il fiore si rimescoli nuovamente alla massa. Quest'operazione Si sopporta benissimo dal latte senza che soffra menomamente. Il latte conservato in tal guisa fu trovato proprio dopo due anni a tutti gli usi della vita, meno quello di fare il burro.
levare dalla bottiglia, e farlo bollire, affinchè il fiore si rimescoli nuovamente alla massa. Quest'operazione Si sopporta benissimo dal latte senza
Ecco un altro metodo. Prendi funghi morecci o porcini sani e giovani; nettali bene dalla terra separando il cappello dal gambo; metti al fuoco una pignatta con acqua e aceto, due terzi dell'una e un terzo dell'altro; condisci con un poco di sale, e quando bolle mettici i funghi: dopo un bollore levali, e falli sgocciolare. Abbi allora un vaso di terra verniciato; colloca in fondo al medesimo un testo, e sopra questo disponi a suoli i funghi, spruzzandoli via via con sale comune. Quando il vaso è quasi pieno, poni sopra i funghi un peso, che li tenga pressati, e copri il vaso. In questo modo si conservano anche un anno; nè ti prender pensiero se l'acqua che fanno i funghi è nera ed anche d'ingrato odore: quest'acqua è quella che li mantiene. Quando vuoi servirtene togline dal vaso quella quantità di cui hai bisogno, lavali in due acque molto calde, tenendoli nella seconda almeno dieci minuti; poi cambia quest'acqua con altra acqua fredda, nella quale lascerai i funghi 4 ore; tornerai allora nuovamente a cambiar l'acqua sempre fredda, lascerai i funghi circa un'altr'ora, e togliendoli da questa, e facendoli sgocciolare, potrai poi friggerli in pezzi, infarinandoli e indorandoli con uovo sbattuto, per servirli.
si conservano anche un anno; nè ti prender pensiero se l'acqua che fanno i funghi è nera ed anche d'ingrato odore: quest'acqua è quella che li mantiene
Questo nostro libro non ha quindi rapporto con queste due specie di cucina. Esso insegnerà, alle persone che si dedicano a quest'uffizio interessante, a preparare, comporre, condire una quantità di vivande che sieno ad un tempo semplici e buone, gradite e sane, delicate senza eccessiva raffinatezza, da poter servire alla mensa delle famiglie come a quella dei più sontuosi conviti.
Questo nostro libro non ha quindi rapporto con queste due specie di cucina. Esso insegnerà, alle persone che si dedicano a quest'uffizio interessante
139. Pilao di riso colle telline o coll'arselle. Si prendono telline di mare, si pongono in casseruola sul fuoco onde si aprano tutte; si levano dipoi dal guscio, si mettono in una casseruola con erbe odorose trinciate e cipolla, qualche fungo secco, il tutto ben tritato unito ad una quantità di olio proporzionata, facendolo così soffriggere a fuoco leggiero. Quando la cipolla abbia preso un bel color d'oro, vi si mette brodo di pesce, o in mancanza di questo, metà sugo di pesce (n. 47), e metà acqua, ovvero acqua semplice, aggiungendo altro olio e sale in quest'ultimo caso. Gettatevi dentro la quantità di riso necessaria, ed aggiungete umido poco alla volta perchè non resti molto liquido. Allorchè sia cotto ponetelo in una zuppiera e servitelo senza brodo. Si opera egualmente per il pilao con arselle.
mancanza di questo, metà sugo di pesce (n. 47), e metà acqua, ovvero acqua semplice, aggiungendo altro olio e sale in quest'ultimo caso. Gettatevi dentro
145. Semolino. Si fa nella stessa guisa del semolino di grasso (n. 118); ma si adopra acqua e sale, e si condisce con butirro e parmigiano grattato, dopo di avere scodellato, e rossi d'uova ancora se vi piace. Se fate il semolino con la zucca, conditelo, dopo cotto, in quest'ultima maniera, osservando che la zucca sia stata cotta nel butirro. Il semolino è molto buono mescolato, dopo cotto, con qualunque purè di civaje, come lenti, piselli fagiuoli, ecc.
, dopo di avere scodellato, e rossi d'uova ancora se vi piace. Se fate il semolino con la zucca, conditelo, dopo cotto, in quest'ultima maniera
166. Acetosa piccante. Prendete agli, cipolle e scalogni, poneteli in un mortaio con pane inzuppato in acqua; pestate bene il tutto ed aggiungetevi olio, aceto, essenza di condimento (n. 158), sale e pepe in polvere, facendo incorporare il tutto, e quindi un trinciato di acetosa, di prezzemolo, o di peperoni e citriuoli in aceto, a vostro piacere. Mescolate bene il tutto, e se vi aggrada, aggiungete un poco di mostarda forte (n. 167). Si può adoprare ancora, in luogo di aceto semplice, aceto di serpentaria (n. 154), o aceto aromatico (n. 155). Quest'acetosa si serve in salsiera o sopra le vivande a piacere.
adoprare ancora, in luogo di aceto semplice, aceto di serpentaria (n. 154), o aceto aromatico (n. 155). Quest'acetosa si serve in salsiera o sopra le
169. Acciugata piccante. Mettete olio ed acciughe salate, ben pulite e prive di tutte le lische, sul fuoco in una piccola casseruola, e fate scaldare l'olio per poter così disfare bene le acciughe, che si riducono quasi in pasta; osservate però che l'olio non alzi il bollore. Vi si possono aggiungere, volendo, alquanti capperi, o sugo di pomidoro. Quest'acciugata si serve in salsiera o per guarnimento di pesce.
aggiungere, volendo, alquanti capperi, o sugo di pomidoro. Quest'acciugata si serve in salsiera o per guarnimento di pesce.
183. Altra salsa piccante. Mettete al fuoco mezzo bicchiere di brodo e mezzo di vino bianco, fate consumare per metà quest'umido; aggiungetevi due scalogni, uno spicchio d'aglio, un poco di aceto di serpentaria (n. 154), un pugillo di selvastrella, altrettanto cerfoglio, il tutto moltissimo trinciato, pepe, sale e noce moscata grattata; fate bollire questa salsa e legatela con farina impastata con butirro.
183. Altra salsa piccante. Mettete al fuoco mezzo bicchiere di brodo e mezzo di vino bianco, fate consumare per metà quest'umido; aggiungetevi due