La farina, per quest'uso, è bene sia macinata grossa; se no è meglio ricorrere al semolino fine di granturco, che ora trovasi in commercio. Salate l'acqua e, quando bolle, versate colla mano sinistra la farina un po' per volta e col mestolo nella destra, mescolate continuamente. È necessario che questa farina bolla molto, e quando essa è ristretta in modo da reggere bene sul mestolo, gettatela, con un coltello da tavola, a tocchettini entro a un vassoio e ad ogni strato conditela con cacio, burro, sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua. Colmatene il vassoio e mandatela calda in tavola.
La farina, per quest'uso, è bene sia macinata grossa; se no è meglio ricorrere al semolino fine di granturco, che ora trovasi in commercio. Salate l
Fate, come dicono i Francesi, un roux o, come io direi, un intriso con grammi 30 di burro e una cucchiaiata di farina e quando avrà preso sul fuoco il color biondo, versate nel medesimo la carne tritata e il suo sugo, aggiungendo altri 30 grammi di burro e l'odore della noce moscata; poi con quest'intingolo e con parmigiano condite la minestra. Non mi rimproverate se in queste minestre v'indico spesso l'odore della noce moscata. A me pare che ci stia bene; se poi non vi piace sapete quello che avete a fare.
il color biondo, versate nel medesimo la carne tritata e il suo sugo, aggiungendo altri 30 grammi di burro e l'odore della noce moscata; poi con quest
Eccettuata quest'ultima piegatura, procurate di dare alla pasta, ogni volta che la tirate, la forma rettangolare, tre volte più lunga che larga, e se apparissero delle gallozze, per aria rimasta, bucatele con uno spillo.
Eccettuata quest'ultima piegatura, procurate di dare alla pasta, ogni volta che la tirate, la forma rettangolare, tre volte più lunga che larga, e se
Prendete mele grosse, di buona qualità, non troppo mature; levatene il torsolo col cannello di latta fatto a quest'uso, che lascia il buco in mezzo, sbucciatele e tagliatele a fette grosse poco meno di un centimetro. Mettetele nella pastella N. 156 quando siete per friggerle e se non vi dispiace l'odor degli anaci, che qui sta bene, mettetene un pizzico. Spolverizzatele di zucchero a velo e servitele calde.
Prendete mele grosse, di buona qualità, non troppo mature; levatene il torsolo col cannello di latta fatto a quest'uso, che lascia il buco in mezzo
Prendete un fegatino, o due, di pollo, qualche animella e, se lo avete, un ventriglio di pollo o di tacchino, che non guastano; ma quest'ultimi, che sono duri, lessateli prima a metà e levatene il tenerume. Tritate il tutto colla lunetta, mettetelo al fuoco con un battutino di cipolla, prosciutto, un pezzetto di burro e conditelo con poco sale, pepe, e odore di noce moscata o di spezie. Quando comincia a grillettare versate un cucchiaino scarso di farina, mescolate perchè s'incorpori e poi bagnatelo con sugo di carne o col brodo. Fate bollire e quindi versateci dentro a poco per volta un uovo frullato e, rimestando sempre, lasciate che il composto assodi. Ritiratelo dal fuoco, aggiungete un pizzico di parmigiano e versatelo in un piatto.
Prendete un fegatino, o due, di pollo, qualche animella e, se lo avete, un ventriglio di pollo o di tacchino, che non guastano; ma quest'ultimi, che
Tagliate a modello della carta bianca grossettina per quante sono le costolette, ungetela col burro o coll'olio da ambedue le parti e con essa involtatele strette con l'osso della costola fuori. Ora ponetele in gratella a fuoco leggero avvertendo che la carta non bruci e mandatele in tavola, per più pulizia, con l'estremità della costola fasciata di carta bianca smerlata. Possono servire a quest'uso anche le costolette d'agnello se sono grandi.
più pulizia, con l'estremità della costola fasciata di carta bianca smerlata. Possono servire a quest'uso anche le costolette d'agnello se sono grandi.
Guarnite i piccioni con foglie di salvia intere, poneteli in un tegame o in una cazzaruola sopra a fettine di prosciutto grasso e magro e conditeli con olio, sale e pepe. Quando essi avranno preso colore, aggiungete un pezzo di burro e tirateli a cottura con brodo. Prima di ritirarli dal fuoco spremeteci sopra un limone e adoperate il loro sugo per servirli con fette di pane arrostito postevi sotto. Avvertite di salarli pochissimo a motivo del prosciutto e del brodo. Al tempo dell'agresto potete usare quest'ultimo invece del limone, seguendo il dettato:
prosciutto e del brodo. Al tempo dell'agresto potete usare quest'ultimo invece del limone, seguendo il dettato:
Volete un piatto di carne della cucina bolognese e dei più semplici che si possano immaginare? Fate il garetto. Così chiamano a Bologna il girello, che è quel pezzo di carne di manzo, senz'osso, situata quasi alla estremità della coscia, tra il muscolo e lo scannello, che può essere del peso di grammi 700 all'incirca ed è il solo che si presti per quest'uso. Mettetelo al fuoco senz'altro condimento che sale e pepe; niente acqua e niun altro ingrediente. Chiudete la bocca della cazzaruola con un foglio di carta a diversi doppi, tenuto fermo dal suo coperchio, e lasciatelo cuocere molto lentamente. Vedrete che getta una copiosa quantità di sugo che poi riassorbe a poco a poco; quando lo avrà ritirato tutto levatelo e servitelo. È quasi migliore diaccio che caldo.
grammi 700 all'incirca ed è il solo che si presti per quest'uso. Mettetelo al fuoco senz'altro condimento che sale e pepe; niente acqua e niun altro
Eccovi un piatto di tipo tutto fiorentino. La scamerita è quella parte del maiale macellato ove, finita la lombata, comincia la coscia; essa è marmorizzata di magro e grasso, quest'ultimo in quantità tale che piace senza nauseare.
marmorizzata di magro e grasso, quest'ultimo in quantità tale che piace senza nauseare.
Gli sformati ripieni di bracioline o di rigaglie si fanno ordinariamente di erbaggi, di riso o di semolino; se di quest'ultimo, servitevi della ricetta N. 230, mescolate tutto il burro e il parmigiano entro al composto, versatelo in una forma liscia, oppure col buco in mezzo, che avrete prima imburrata, coprendone il fondo con carta unta egualmente col burro. Il ripieno di carne, che porrete in mezzo al semolino o nel buco dello stampo, tiratelo a sapor delicato con odore di tartufi o di funghi secchi. Cuocetelo a bagno-maria e servitelo caldo con alquanto sugo sopra, per dargli migliore apparenza.
Gli sformati ripieni di bracioline o di rigaglie si fanno ordinariamente di erbaggi, di riso o di semolino; se di quest'ultimo, servitevi della
Pestate prima tutta la carne della lepre nel mortaio, bagnandola di quando in quando per renderla più pastosa, ma non troppo liquida, col resto della marsala e con brodo e passatela; poi pestate le ossa e procurate che passi di queste tutto quel che più potete, avvertendovi però occorrervi a quest'uopo uno staccio di fil di ferro.
marsala e con brodo e passatela; poi pestate le ossa e procurate che passi di queste tutto quel che più potete, avvertendovi però occorrervi a quest
Gli zucchini per farli ripieni si possono tagliare o a metà per il lungo, o a metà per traverso, o anche lasciarli interi. Io preferisco quest'ultimo modo come più elegante e perchè gli zucchini fanno di sè bella mostra. Comunque sia, vanno vuotati per far posto al ripieno. Per vuotarli interi meglio è il servirsi di un cannello di latta che si fa passare dal basso all'alto; ma se, per la maggior grossezza dello zucchino, il vuoto non paresse grande a sufficienza, allargatelo con un coltellino sottile.
Gli zucchini per farli ripieni si possono tagliare o a metà per il lungo, o a metà per traverso, o anche lasciarli interi. Io preferisco quest'ultimo
a Infarinatelo, immergetelo nella pastella N. 156 e friggetelo nello strutto o nell'olio; oppure, che è meglio, dopo averlo infarinato, immergetelo nell'uovo, panatelo e friggetelo. Quest'ultima cucinatura de' sedani si presta più delle altre per contorno agli umidi di carne coll'intinto dei quali li bagnerete.
nell'uovo, panatelo e friggetelo. Quest'ultima cucinatura de' sedani si presta più delle altre per contorno agli umidi di carne coll'intinto dei quali
Eccovi tre maniere diverse per cucinarlo; per le prime due sarà bene che diate ai pezzi la lunghezza di 10 centimetri, e per la terza di 5 soltanto. Il gambo dopo averlo sbucciato, tagliatelo in croce, e lasciatelo unito alla costola, poi fate bollire quest'ortaggio in acqua alquanto salata non più di cinque minuti e levatelo asciutto:
. Il gambo dopo averlo sbucciato, tagliatelo in croce, e lasciatelo unito alla costola, poi fate bollire quest'ortaggio in acqua alquanto salata non più
Così chiamansi a Firenze i carciofi cucinati semplicemente nella seguente maniera: levate loro soltanto le piccole e inutili foglie vicine al gambo tagliando quest'ultimo. Svettate col coltello la cima e allargate alquanto le foglie interne. Collocateli ritti in un tegame, insieme coi gambi sbucciati e interi; conditeli con sale, pepe e olio, il tutto a buona misura. Fateli soffriggere tenendoli coperti, e, quando saranno ben rosolati, versate nel tegame un po' d'acqua e con la medesima finite di cuocerli.
tagliando quest'ultimo. Svettate col coltello la cima e allargate alquanto le foglie interne. Collocateli ritti in un tegame, insieme coi gambi
I gusci delle conchiglie marine per quest'uso devono essere, nella parte concava, larghi quanto la palma di una mano onde ognuno, col contenuto suo, possa bastare a una persona. Appartengono al genere Pecten Iacobaeus, Pettine, detto volgarmente cappa santa perchè si usava dai pellegrini. La carne di questa conchiglia, buona a mangiarsi, è molto apprezzata pel suo delicato sapore.
I gusci delle conchiglie marine per quest'uso devono essere, nella parte concava, larghi quanto la palma di una mano onde ognuno, col contenuto suo
Questo pesce (Tinca vulgaris) della famiglia dei ciprinoidi, ossia dei carpi, benchè si trovi anche ne' laghi e ne' fiumi profondi, abita di preferenza, come ognuno sa, le acque stagnanti dei paduli ma ciò che ignorasi forse da molti si è che esso, nonchè il carpio, offrono un esempio della ruminazione fra i pesci. Il cibo arrivato nel ventricolo è rimandato nella faringe coi movimenti antiperistaltici e dai denti faringei, speciali a quest'uso, ulteriormente sminuzzato e triturato.
ruminazione fra i pesci. Il cibo arrivato nel ventricolo è rimandato nella faringe coi movimenti antiperistaltici e dai denti faringei, speciali a quest'uso
Prendete tinche grosse (nel mercato di Firenze vendonsi vive e sono, nella loro inferiorità fra i pesci, delle migliori), tagliate loro le pinne, la testa e la coda: apritele per la schiena, levatene la spina e le lische e dividetele in due parti per il lungo. Infarinatele, poi tuffatele nell'uovo frullato, che avrete prima condito con sale e pepe; involgetele nel pangrattato, ripetendo per due volte quest'ultima operazione. Cuocetele nella sautè col burro e servitele in tavola con spicchi di limone e con un contorno di funghi fritti, alla loro stagione.
frullato, che avrete prima condito con sale e pepe; involgetele nel pangrattato, ripetendo per due volte quest'ultima operazione. Cuocetele nella
C'è anche quest'altra maniera per togliere all'aringa il sapore troppo salato. Mettetela al fuoco con acqua diaccia, fatela bollire per tre minuti, poi tenetela per un momento nell'acqua fresca; asciugatela, gettatene via la testa, apritela dalla parte della schiena e conditela come la precedente.
C'è anche quest'altra maniera per togliere all'aringa il sapore troppo salato. Mettetela al fuoco con acqua diaccia, fatela bollire per tre minuti
Siccome quest'animale si ciba di ogni sudiceria in cui si abbatte, la sua carne, se è mal nutrito, acquista talvolta un gusto nauseante, ma diviene ottima e saporosa se alimentato di granturco e di pastoni caldi di crusca. Si può cucinare in tutti modi: a lesso, in umido, in gratella e arrosto; la carne della femmina è più gentile di quella del maschio. Dicono che il brodo di questo volatile sia caloroso, il che può essere, ma è molto saporito e si presta bene per le minestre di malfattini, riso con cavolo o rapa, gran farro e farinata di granturco aggraziate e rese più gustose e saporite con due salsicce sminuzzate dentro. La parte da preferirsi per lesso è l'anteriore compresa l'ala, che è il pezzo più delicato. Per l'arrosto morto e per l'arrosto allo spiede si prestano meglio i quarti di dietro. Trattandosi del primo è bene steccarlo leggermente di aglio e ramerino e condirlo con un battuto di carnesecca o lardone, un poco di burro, sale e pepe, sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua, onde poter rosolare nel suo intinto delle patate per contorno. Arrosto allo spiede si unge coll'olio e, piacendo, si serve con un contorno di polenta fritta. Il petto poi, spianato alla grossezza di un dito e condito qualche ora avanti a buona misura, con olio, sale e pepe, è ottimo anche in gratella, anzi è un piatto gradito ai bevitori, i quali vi aggiungono, conciati nella stessa maniera, il fegatino e il ventriglio tagliuzzato perchè prenda meglio il condimento.
Siccome quest'animale si ciba di ogni sudiceria in cui si abbatte, la sua carne, se è mal nutrito, acquista talvolta un gusto nauseante, ma diviene
Coprite il fondo di una cazzaruola con fettine sottili di lardone o di carnesecca (quest'ultima è da preferirsi) e sopra alle medesime trinciate una grossa cipolla, una carota e una costola di sedano. Aggiungete qua e là qualche pezzetto di burro, e sopra a questi ingredienti distendete carne magra di manzo a pezzetti o a bracioline. Qualunque carne di manzo è buona; anzi per meno spesa si suol prendere quella insanguinata del collo o altra più scadente che i macellari in Firenze chiamano parature. Aggiungete ritagli di carne di cucina, se ne avete, cotenne o altro, che tutto serve, purchè sia roba sana. Condite con solo sale e due chiodi di garofani e ponete la cazzaruola al fuoco senza mai toccarla.
Coprite il fondo di una cazzaruola con fettine sottili di lardone o di carnesecca (quest'ultima è da preferirsi) e sopra alle medesime trinciate una
Dividetelo in tre o quattro parti formandone delle palle e ponete ognuna di esse in una teglia sopra un foglio di carta che ne superi l'orlo, unta col burro, ove stia ben larga; e siccome via via che si aumenta la dose degli ingredienti, la fermentazione è più tardiva, l'ultima volta, se volete sollecitarla, ponete le stiacciate a lievitare in caldana e quando saranno ben gonfie e tremolanti spalmatele con un pennello prima intinto nell'acqua di fior di arancio, poi nel rosso d'uovo. Cuocetele in forno a temperatura moderatissima, avvertendo che quest'ultima parte è la più importante e difficile perchè, essendo grosse di volume, c'è il caso che il forte calore le arrivi subito alla superficie, e nell'interno restino mollicone.
fior di arancio, poi nel rosso d'uovo. Cuocetele in forno a temperatura moderatissima, avvertendo che quest'ultima parte è la più importante e
Servitevi della pasta frolla N. 589 nel quantitativo della ricetta A, distendetela col matterello alla grossezza di uno scudo e tagliatela collo stampo rotondo e smerlato come quello segnato nella pagina precedente; un disco sotto e un disco sopra, quest'ultimo tirato col matterello rigato, e in mezzo la marmellata, umettando gli orli perchè si attacchino. Dorate le offelle col rosso d'uovo e mandatele al forno, spolverizzandole dopo di zucchero a velo.
stampo rotondo e smerlato come quello segnato nella pagina precedente; un disco sotto e un disco sopra, quest'ultimo tirato col matterello rigato, e in
Per crostate io intendo quelle torte che hanno per base la pasta frolla e per ripieno le conserve di frutta o la crema. Prendete la dose intera della ricetta del B N. 589, o la metà della ricetta A, e in ambedue servitevi, come si è detto, di un uovo intero e un torlo; ma prima di metterli nella pasta frullateli a parte e, per risparmio, lasciate indietro un po' d'uovo che servirà per dorare la superficie della crostata. Alla pasta frolla che deve servire a quest'uso sarà bene dare un qualche odore come quello di scorza di limone o d'acqua di fior di arancio; il meglio sarebbe servirsi esclusivamente della ricetta C.
deve servire a quest'uso sarà bene dare un qualche odore come quello di scorza di limone o d'acqua di fior di arancio; il meglio sarebbe servirsi
Ponete sopra un fornello ardente il ferro da cialde e quando è ben caldo apritelo e versatevi sopra ogni volta mezza cucchiaiata della detta pastella; stringete le due parti del ferro insieme, passatelo sul fuoco da una parte e dall'altra, levate le sbavature con un coltello ed apritelo quando conoscerete che la cialda ha preso il color nocciuola. Allora distaccatela alquanto da una parte col coltello e subito così calda sopra il ferro medesimo o sopra a un canovaccio disteso sul focolare arrotolatela con un bocciuolo di canna o semplicemente colle mani. Quest'ultima operazione bisogna farla molto svelti perchè se la cialda si diaccia non potrete più avvolgerla su sè stessa. Se le cialde restassero attaccate al ferro ungetelo a quando a quando col lardo, e se non venissero tutte unite, aggiungete un po' di farina.
o sopra a un canovaccio disteso sul focolare arrotolatela con un bocciuolo di canna o semplicemente colle mani. Quest'ultima operazione bisogna farla
Lavorate prima il burro da solo, poi aggiungete i rossi ad uno ad uno, girando il mestolo sempre per un verso; indi versate lo zucchero, poi il cognac e l'agro di limone; dopo le farine e, per ultimo, il bicarbonato di soda e le chiare montate; ma di quest'ultime versatene prima due cucchiaiate per rammorbidire il composto, e mescolate adagio il restante. Versate il composto in una teglia proporzionata, unta col burro e spolverizzata di zucchero a velo e farina, e cuocetelo in forno o nel forno da campagna, a moderato calore. Un'ora di cottura potrà bastare.
cognac e l'agro di limone; dopo le farine e, per ultimo, il bicarbonato di soda e le chiare montate; ma di quest'ultime versatene prima due cucchiaiate per
Molta gente mangia più con la fantasia che col palato e però guardatevi sempre dal nominare, almeno finchè non siano già mangiati e digeriti, que' cibi che sono in generale tenuti a vile per la sola ragione che costano poco o racchiudono in sè un'idea che può destar ripugnanza; ma che poi, ben cucinati o in qualche maniera manipolati, riescono buoni e gustosi. A questo proposito vi racconterò che trovandomi una volta ad un pranzo di gente famigliare ed amica, il nostro ospite, per farsi bello, all'arrosto, scherzando, uscì in questo detto: «Non potrete lagnarvi che io non vi abbia ben trattati quest'oggi; perfino tre qualità di arrosto: vitella di latte, pollo e coniglio.» Alla parola coniglio diversi dei commensali rizzarono il naso, altri rimasero come interdetti, ed uno di essi, intimo della famiglia, volgendo lo sguardo con orrore sul proprio piatto, rispose: «Guarda quel che ti è venuto in capo di darci a mangiare! almeno non lo avessi detto! mi hai fatto andar via l'appetito.»
trattati quest'oggi; perfino tre qualità di arrosto: vitella di latte, pollo e coniglio.» Alla parola coniglio diversi dei commensali rizzarono il naso
Prendete una teglia proporzionata ove il composto non riesca più alto di un dito, ungetela col burro o col lardo, e con una sfoglia sotto ed un'altra sopra, quest'ultima tirata col matterello rigato, chiudetelo in mezzo.
sopra, quest'ultima tirata col matterello rigato, chiudetelo in mezzo.
Fatele bollire adagio per mezz'ora a cazzaruola coperta, che può bastare, ma prima di toglierle dal fuoco accertatevi se siansi rammorbidite abbastanza, perchè il più o il meno di cottura può dipendere dalla qualità delle frutta. Levatele asciutte collocandole nel vaso dove volete servirle, e lo sciroppo che resta fatelo restringere al fuoco per otto o dieci minuti a cazzaruola scoperta e poi versatelo anch'esso nel vaso sopra le prugne. All'odore della cannella, che mi sembra quello che più si addice, potete sostituire la vainiglia o la scorza di cedro o di arancio. È un dolce che si conserva a lungo e di gusto delicato, aggradito specialmente dalle signore. Non vorrei passare per il sior Todero Brontolon se anche qui tocco il tasto dell'industria nazionale nel vedere che questo frutto si paga L. 1,50 il chilogrammo, ritenendo che si potesse coltivare in Italia la specie di susina che si presta meglio ad essere seccata e messa in commercio a quest'uso.
si presta meglio ad essere seccata e messa in commercio a quest'uso.
Se preferite quest'ultimo, macinate diversi chicchi di caffè tostato; se aggradite l'odore de' coriandoli, che è grato quanto quello di vainiglia, soppestatene un pizzico e, tanto l'uno che gli altri, metteteli a bollire nel latte che poi passerete. Se il latte non è di molta sostanza, fatelo bollire anche un'ora e un quarto.
Se preferite quest'ultimo, macinate diversi chicchi di caffè tostato; se aggradite l'odore de' coriandoli, che è grato quanto quello di vainiglia
I pomodori per quest'uso devono essere molto maturi, polputi e possibilmente rotondi. Metteteli in molle nell'acqua ben calda per poterli sbucciar facilmente, dopo sbucciati, tagliateli per metà e col manico di un cucchiaino levate i semi. Sciogliete lo zucchero al fuoco in due dita (di bicchiere) d'acqua, poi gettateci i pomodori, il sugo del limone e un poco della sua buccia grattata. Durante la bollitura, a fuoco lento e a cazzaruola scoperta, andate rimestando alquanto, e se apparisse qualche seme rimasto levatelo. Per ultimo datele l'odore con zucchero vanigliato e levatela quando sarà giunta alla consistenza delle conserve comuni.
I pomodori per quest'uso devono essere molto maturi, polputi e possibilmente rotondi. Metteteli in molle nell'acqua ben calda per poterli sbucciar
Si dice viva la calce quando, dopo averla leggermente bagnata coll'acqua, in forza di un'azione chimica si screpola, si riscalda, fuma, si gonfia e cade in polvere. È in quest'ultimo suo stato che dovete adoperarla mescolandola alla cenere, poi coll'acqua formatene una poltiglia nè troppo densa, nè troppo liquida. In essa immergete le olive in modo che, con qualche cosa che le prema, restino tutte coperte e tenetecele dalle dodici alle quattordici ore, cioè fino a tanto che si saranno rese alquanto morbide e perciò guardatele spesso tastandole. Alcuni osservano se la polpa si distacca dal nocciolo; ma questa è una norma talvolta fallace.
cade in polvere. È in quest'ultimo suo stato che dovete adoperarla mescolandola alla cenere, poi coll'acqua formatene una poltiglia nè troppo densa, nè
Poichè spesso avviene che dovendo dare un pranzo ci si trovi imbarazzati sulla elezione delle vivande, ho creduto bene di descrivervi in quest'appendice tante distinte di pranzi che corrispondano a due per ogni mese dell'anno, ed altre dieci da potersi imbandire nelle principali solennità, tralasciando in queste il dessert poichè, meglio che io non farei, ve lo suggerisce la stagione con le sue tante varietà di frutta. Così, se non potrete stare con esse alla lettera, vi gioveranno almeno come una scorta per rendervi più facile il cómpito della scelta.
Poichè spesso avviene che dovendo dare un pranzo ci si trovi imbarazzati sulla elezione delle vivande, ho creduto bene di descrivervi in quest
Il vino da pasteggiare più confacente agli stomachi deboli ritengo sia il bianco asciutto e stimo ottimo, per la sua piacevolezza al gusto e perchè molto digeribile, quello di Orvieto, che può servire anche al dessert e per quest'uso avete il vin santo, il vino d'Asti spumante, la malaga ed altri simili che sono in commercio; ma di questi chi se ne fida? In quanto ai liquori farete bene ad escluderne l'uso dal vostro regime anche perchè dall'uso si può passare all'abuso che sarebbe fatale; si può fare soltanto un'eccezione pel cognac, senza abusarne però, ma di quello che non costa meno di sei o sette lire la bottiglia.
molto digeribile, quello di Orvieto, che può servire anche al dessert e per quest'uso avete il vin santo, il vino d'Asti spumante, la malaga ed altri
Esitata la prima edizione, sempre con titubanza, perchè ancora non ci credevo, misi mano alla seconda, anche questa di soli mille esemplari; la quale avendo avuto smercio più sollecito dell'antecedente, mi diè coraggio d'intraprender la terza di copie duemila e poi la quarta e quinta di tremila ciascuna. A queste seguono, a intervalli relativamente brevi, sei altre edizioni di quattromila ciascuna e finalmente, vedendo che questo manuale, quanto più invecchiava più acquistava favore e la richiesta si faceva sempre più viva, mi decisi di portare le quattro edizioni successive al numero di seimila copie ciascuna e così in tutto al numero di 58,000 quelle date alla luce finora, e quasi sempre con l'aggiunta di nuove ricette (perchè quest'arte è inesauribile); la qual cosa mi è di grande conforto specialmente vedendo che il libro è comprato anche da gente autorevole e da professori di vaglia.
seimila copie ciascuna e così in tutto al numero di 58,000 quelle date alla luce finora, e quasi sempre con l'aggiunta di nuove ricette (perchè quest'arte
Questa zuppa si fa con diverse qualità di ortaggio qualunque. Dato che vi serviate, per esempio, di carote, acetosa, sedano e cavolo bianco, tagliate questo a mo' di taglierini e fategli far l'acqua sopra al fuoco, strizzandolo bene. Le carote e il sedano tagliateli a filetti lunghi tre centimetri circa, e insieme col cavolo e con l'acetosa nettata dai gambi, poneteli al fuoco con poco sale, una presa di pepe e un pezzetto di burro. Quando l'erbaggio avrà tirato l'unto, finite di cuocerlo col brodo. Frattanto preparate il pane, il quale è bene sia di qualità fine e raffermo di un giorno almeno; tagliatelo a piccoli dadi e friggetelo nel burro o anche nell'olio vergine o nel lardo; ma perchè assorba poco unto tenete quest'ultimo abbondante e gettateci il pane quando è bene a bollore altrimenti arrostitelo soltanto a fette grosse mezzo dito e tagliatelo dopo a dadi. Ponete il pane nella zuppiera, versategli sopra il brodo a bollore insieme coll'erbaggio, e mandate la zuppa subito in tavola.
almeno; tagliatelo a piccoli dadi e friggetelo nel burro o anche nell'olio vergine o nel lardo; ma perchè assorba poco unto tenete quest'ultimo abbondante
I malfattini più semplici sono di farina. Intridetela colle uova e lavoratela colle mani sulla spianatoia per formarne un pane ben sodo: tagliatelo a fette grosse mezzo dito e lasciatele esposte all'aria perchè si rasciughino. Tritatele colla lunetta fino a ridurle in minuzzoli minuti quanto la metà di un chicco di riso, facendoli passare da un vagliettino onde ottenerli eguali, oppure grattateli dal pane intero; ma non imitate coloro che li lasciano grossi come il becco dei passerotti se non volete che vi riescano di difficile digestione; anzi, per questo motivo, invece di farina si possono fare di pangrattato semplice, oppure aggraziato con un pizzico di parmigiano e l'odore di spezie. In tutte le maniere, al tempo dei piselli potete, piacendovi, unirli con quelli della ricetta N. 427, oppure colla bietola tritata minuta o cogli uni o coll'altra insieme. A proposito di quest'ortaggio ho notato che, in Firenze, dove si fa grande uso di erbe aromatiche nella cucina, non si conosce l'aneto, che mescolato alla bietola, come si fa in altri paesi, le dà molta grazia. Anzi l'aneto, pel suo grato odore, tentai diverse volte d'introdurlo a Firenze, ma non vi riuscii forse perchè la bietola si vende a mazzetti mentre in Romagna si porta sciolta al mercato e già frammista all'aneto.
, piacendovi, unirli con quelli della ricetta N. 427, oppure colla bietola tritata minuta o cogli uni o coll'altra insieme. A proposito di quest'ortaggio
Mi ricordo che viaggiai una volta con certi Fiorentini (un vecchietto sdentato, un uomo di mezza età e un giovine avvocato) che andavano a prender possesso di una eredità a Modigliana. Smontammo a una locanda che si può immaginare qual fosse, in quel luogo, quaranta e più anni sono. L'oste non ci dava per minestra che tagliatelle, e per principio della coppa di maiale, la quale, benchè dura assai ed ingrata, bisognava vedere come il vecchietto si affaticava per roderla. Era però tale l'appetito di lui e degli altri che quella e tutto il resto pareva molto buono, anzi eccellente; e li sentii più volte esclamare: — Oh se potessimo portarci con noi di quest'aria a Firenze! Poichè siamo in questi paraggi, permettetemi vi racconti che dimorava a Firenze, al tempo che correvano i francesconi, un conte di Romagna, il quale, facendo il paio col marchese di Forlimpopoli del Goldoni, aveva molta boria, pochi quattrini e uno stomaco a prova di bomba. Eran tempi in cui si viveva con poco a Firenze, che fra le città capitali, andava famosa per buon mercato. C'erano parecchie trattorie coll'ordinario di minestra, tre piatti a scelta, frutta o dolce, pane e vino per una lira toscana (84 centesimi). Quelle porzioni, benchè piccole, pure sfamavano chiunque non fosse allupato, e frequentavano tali trattorie anche i signori; ma il conte in queste non si degnava. Che industria credete ch'egli avesse trovato per figurare e spender poco? Andava un giorno sì e un giorno no alla tavola rotonda di uno de' principali alberghi ove con mezzo francescone (lire 2,80) il trattamento era lautissimo, e là, tirando giù a strame, s'impinzava lo stomaco per due giorni facendo dieta in casa, il secondo, con pane, cacio ed affettato. Siavi di esempio e di ricetta.
più volte esclamare: — Oh se potessimo portarci con noi di quest'aria a Firenze! Poichè siamo in questi paraggi, permettetemi vi racconti che dimorava
LA cucina è una bricconcella; spesso e volentieri fa disperare, ma dà anche piacere, perchè quelle volte che riuscite o che avete superata una difficoltà, provate compiacimento e cantate vittoria. Diffidate dei libri che trattano di quest'arte: sono la maggior parte fallaci o incomprensibili, specialmente quelli italiani; meno peggio i francesi: al più al più, tanto dagli uni che dagli altri, potrete attingere qualche nozione utile quando l'arte la conoscete.
difficoltà, provate compiacimento e cantate vittoria. Diffidate dei libri che trattano di quest'arte: sono la maggior parte fallaci o incomprensibili