Salatura mediante liscivia. Certi pizzicagnoli fanno uso da tempo immemorabile di un processo di salatura assai speditiva, applicabile alla preparazione del porco salato per la provvisione nelle famiglie. Dopo avere affettato il porco, come dicemmo, dispongono i pezzi, non in un barile, ma sì in un mastello di legno forato nella sua estremità inferiore di un buco che si tura con un rotolo di paglia, come si farebbe di un tinello da bucato. I pezzi di carne sono collocati fra strati alterni di sale e di aromi, e l'ultimo strato si compone di timo, di lauro e di salvia. Prese queste disposizioni, si versa nel mastello un poco d'acqua, sufficiente solo a far stemperare il sale a formare una salamoja densa, nella quale s'immerge tutta la carne. A misura che la salamoja cola per il buco inferiore del mastello, la si raccoglie entro un vaso disposto a tale uopo, e si riversa sulla carne.
. A misura che la salamoja cola per il buco inferiore del mastello, la si raccoglie entro un vaso disposto a tale uopo, e si riversa sulla carne.
Bue affumicato; oche affumicate. Si consuma, nel Nord dell'Europa specialmente, gran quantità di carni salate oltre quelle di porco, come specialmente carni di bove e di oche tanto selvaggie che domestiche. Il bue affumicato non è buono solamente che allorquando è stato preparato mediante apparecchi di fumigazione che escono dal dominio dell'economia domestica per rientrare in quello dell'industria. Per affumicare un'oca, dopo averla spennata e sventrata, la si fa cuocere per metà nell'acqua salata e aromatizzata, dove perde parte del suo grasso, che si raccoglie per gli usi della cucina; si staccano allora le coscie e la metà inferiore del corpo, di cui si completa la cottura per poi consumarli; il di più, vale a dire, le ali e lo sterno, colla quantità di carne aderente a quella parte della carcassa, viene estratto dall'acqua, sgocciolato e affumicato. L'oca affumicata, come il prosciutto, si conserva, per così dire, indefinitamente. Quando si vuol servirsene bisogna sottoporla ad una cottura assai prolungata con diversi aromi, e trattarla esattamente come il rimanente dei prosciutti.
sventrata, la si fa cuocere per metà nell'acqua salata e aromatizzata, dove perde parte del suo grasso, che si raccoglie per gli usi della cucina; si
Il grasso di porco non è il solo di cui si usa nelle cucine. Nel levare giornalmente il grasso dai cibi allessi o arrosti nelle pentole e casseruole, dai vari arrosti, e dagli intingoli di castrato, si raccoglie una gran quantità di grasso eccellente per la cucina, ma non conviene mai farne provvisione; benchè tanto più sia migliore, in quanto contenga porzioni del succo delle carni da cui proviene, codesto appunto lo dispone a irrancidire in pochissimo tempo. Ben lungi quindi dal procurare di conservarlo, bisogna adoperare nel più breve tempo possibile il grasso estratto dalle varie vivande troppo grasse; poichè sarebbe un esporsi a perderlo volendolo conservare come provvisione.
, dai vari arrosti, e dagli intingoli di castrato, si raccoglie una gran quantità di grasso eccellente per la cucina, ma non conviene mai farne
Maccheroni di mandorle. Si comincia col mondare una certa quantità di mandorle, per esempio, 500 grammi, immergendoli nell'acqua bollente per alcuni minuti, affinchè se ne possa levare facilmente la pellicola. Abitualmente si sostituiscono 25 grammi di mandarle dolci, con altrettante di amare, rimanendo eguale il peso totale, il che dà ai maccheroni un odore e sapore dei più squisiti. Importa però che le mandorle mondate sieno essiccate o all'aria aperta, o in un forno o stufa prima di porle in opera. Si pone allora la metà delle mandorle in un mortajo di marmo col quarto di un albume d'uovo e si pestano, aggiungendovi tratto tratto di esso albume a misura che si procede nella operazione. Quando sono perfettamente peste, si ritirano dal mortajo per porvi, l'altra metà, che si pesta allo stesso modo. Allora si raccoglie il tutto in un mortajo per amalgamarlo perfettamente con 300 grammi di zucchero in polvere, 4 o 5 albumi d'uovo in una spuma abbastanza densa, e, se si vuole, un po' di corteccia di limone grattugiata. Si mescola il miscuglio per qualche minuto, ed allorchè forma una pasta morbida e molle, si versa questa pasta sopra carta dividendola a pezzi della grossezza e forma di una noce; si bagna leggermente colle dita inumidite nell'acqua la superficie dei maccheroni, che tosto vengono posti in forno lasciandoli cuocere dai 25 ai 30 minuti, rimanendo il forno ermeticamente chiuso.
mortajo per porvi, l'altra metà, che si pesta allo stesso modo. Allora si raccoglie il tutto in un mortajo per amalgamarlo perfettamente con 300 grammi
Pasticche di lamponi, di fragole e di ribes. Queste pastiglie ammollienti e rinfrescative, di un uso saluberrimo nella state, si apparecchiano nel modo medesimo. Si stiacciano alcune manate di lamponi, di fragole o di ribes, che si versano quindi in uno staccio; si raccoglie il succo che n'è sgocciato e che serve ad umettare lo zucchero, come abbiamo detto più innanzi. Questo zucchero dev'essere tenuto alquanto allo stato solido. Se ne pone la metà nella padella, e, quanto al rimanente, si opera come per le pasticche di cedro.
modo medesimo. Si stiacciano alcune manate di lamponi, di fragole o di ribes, che si versano quindi in uno staccio; si raccoglie il succo che n'è
Dopo avere bene mondate e abbruciacchiate le oche destinate a tale uso, si fanno arrostire allo spiedo, ma in modo da non cuocerli che per due terzi, e si raccoglie accuratamente tutto il grasso che da essi cola. Si lasciano poi freddare e si staccano quindi acconciamente le ali e le coscie. Si può, volendo, riserbarsi le ale per approntarle e mangiarle, ovvero prepararle come le coscie. In quest'ultimo caso, non rimarrà che il carcame di cui si può trarre immediatamente profitto. Si schiera entro una terrina od un vase di terra le coscie o le ali le une sulle altre, senza troppo pigiarle, e gettandovi sopra ad intervalli sale trito e qualche foglia di lauro. Così si lasciano per dodici o quindici ore, affinchè convenientemente si asciughino. Si mescola poi il grasso che le oche colarono con del buon grasso bianco, e si fa colare versandolo sulle coscie e sulle ali, in modo che ne sieno coperte almeno per un pollice. Si lascia che il grasso si rapprenda, e cuopresi accuratamente la terrina od il vaso con pergamena bene assicurata e legata con ispago.
, e si raccoglie accuratamente tutto il grasso che da essi cola. Si lasciano poi freddare e si staccano quindi acconciamente le ali e le coscie. Si può