La gelatina, la quale è l'accompagnamento indispensabile dei piatti freddi, è 'altra di quelle preparazioni che spaventano un poco le signore. E pure non c'è nulla di più facile e di meno faticoso. Si mettono in una casseruola dei legumi tagliuzzati, come carote, sedano, cipolla e prezzemolo, uno o due chiodi di garofano, mezza foglia di lauro, un pizzico di pepe nero in granelli, qualche fettina di prosciutto e qualche cotenna di lardo. Si aggiungono poi dei ritagli di carne cruda di vitello o di bue — la cosidetta polpa di stinco è preferibile, perchè ricca di principii gelatinosi — e, se si hanno, dei pezzi di carcassa di pollame, o ossa, o colli, spezzati col coltello. Si mette un dito d'acqua, un po' di sale e si fa cuocere a fuoco moderato finchè le carni e i legumi siano «tirati» e leggermente biondi. Si versa allora abbondante acqua nella casseruola, si fa bollire schiumando accuratamente e poi si aggiungono un paio di piedi di vitello — ben nettati a parte in acqua bollente — o della testina. Fate bollire adagio e regolarmente, per circa sei ore, passate il brodo e mettetelo a raffreddare, senza però coprirlo perchè, specie se nella stagione calda, potrebbe guastarsi con facilità. È buona norma fare la gelatina un giorno prima per avere il tempo di sgrassarla bene. Infatti, quando questo brodo aromatico e colloso che avrete preparato sarà freddo, vi riuscirà molto facile toglier via tutto il grasso rappreso alla superficie. Nel caso che non aveste tempo disponibile, sgrassate la gelatina mentre è ancora calda adoperando un cucchiaio, e poi qualche lista di carta asciugante bianca, che assorbirà ogni più piccola traccia di grasso. Uno dei pregi della gelatina è la limpidità. Occorre dunque, dopo averla sgrassata, chiarificarla. Per un litro di gelatina versate in una casseruola due chiare d'uovo e un bicchierino di Marsala; aggiungete la gelatina «fredda», o per le meno appena tiepida, mettete sul fuoco, e con una frusta di ferro sbattete il tutto, fino a che il liquido starà per levare il bollore. Vedrete allora che la chiara d'ovo si straccerà e negli interstizi apparirà limpidissimo il brodo. Coprite allora la casseruola e lasciatela vicino al fuoco per un buon quarto d'ora, in modo che la gelatina bolla e non bolla. Appoggiate intanto sul tavolo di cucina una seggiola rovesciata, e sui quattro piedi che rimangono in alto legate una salvietta bagnata e spremuta, mettendoci sotto una insalatiera o un tegame. Rovesciate allora la gelatina nella salvietta e raccoglietela nella insalatiera, passatala una seconda volta, sentite come sta di sale, e poi, quando sarà fredda, travasatela in una stampa e mettetela in ghiaccio a rassodare. Invece dei piedi o della testa di vitello, si può usare la gelatina «marca oro», che, prima di essere adoperata va tenuta un quarto d'ora in bagno nell'acqua fresca. Un litro di gelatina fatta senza piedi o testa di vitello, ha bisogno per solidificarsi di almeno 35 grammi di colla, ossia circa 15 foglietti. È buona precauzione provare prima la forza della gelatina mettendone un pochino sul ghiaccio in un cucchiaio. Se vedrete che è troppo molle bisognerà correggerla con qualche foglietto di colla. Quando la gelatina sarà ben rappresa si immerge per qualche secondo la stampa nell'acqua tiepida e si rovescia sulla tavola sopra una salvietta bagnata, dove si taglia a piacere per guarnire galantine, arrosti freddi, pasticci, ecc. Se la gelatina serve per ammalati si diminuiscono o si eliminano del tutto gli aromi e si abbonda invece nella carne di vitello, di manzo o di pollo, dipendendo il valore nutritivo della gelatina esclusivamente dalla quantità di carne impiegata. Generalmente per una buona gelatina se ne adoperano dai 700 ai 1000 grammi bagnandoli con circa due litri e mezzo d'acqua. Ciò che, dopo la prolungata ebollizione e la successiva chiarificazione permette di ottenere, su per giù, un litro di gelatina.
rovescia sulla tavola sopra una salvietta bagnata, dove si taglia a piacere per guarnire galantine, arrosti freddi, pasticci, ecc. Se la gelatina serve per
Moltissime sono le maniere di preparare il composto interno, pel quale si possono adoperare: carni di bue, di vitello, di maiale, di pollo ecc., amalgamate con rossi d'uovo, con ricotta, cervelli ecc. ecc., un'infinità di piccole varianti, a seconda delle regioni, dei gusti, e della spesa che si vuol fare. Noi non seguiremo nè una formula nè un'altra; e come abbiamo sempre fatto, insegneremo la nostra ricetta che è, secondo il nostro programma, facile, gustosa e di mite costo. Le dosi che vi fisseremo saranno sufficienti per quattro ed anche cinque persone. Cuocere in una padellina con un poco di burro duecento grammi di fettine di maiale o di manzo o di vitello, a vostra scelta. Se avete della carne già cotta avanzata, potrete, naturalmente, servirvi di questa. Tritate sul tagliere questa carne o passatela nella macchinetta tritatutto, raccoglietela in una scodella ed unitele un pugno di spinaci lessati, spremuti bene e tritati, una cucchiaiata di parmigiano grattato, un rosso d'uovo, una fettina di prosciutto in pezzettini o due o tre fette di salame di Fabriano in minuscoli dadini, un cucchiaio di marsala, un pizzico di sale e pepe, e un pochino di noce moscata grattata. Impastate bene tutti questi ingredienti con un cucchiaio di legno, e fatto così il ripieno, preparate la pasta all'uovo, per la quale adopererete due uova intere, la chiara che vi è restata, una cucchiaiata d'acqua e circa trecento grammi di farina. Con questa pasta tirerete due foglie piuttosto sottili, che non farete asciugare. Su una di queste sfoglie, ponete con un cucchiaino, alla distanza di un dito, tante pallottole del composto, grosse come una nocciola o poco più. Coprite con l'altra sfoglia. Con le dita pigiate intorno intorno alle pallottoline di composto, cercando di chiuderle bene, poi con un tagliapaste a rotella o con una lama di coltello infarinata, dividete gli agnolotti, che vi risulteranno in pezzi di circa 4 centimetri. Se la pasta è fresca, le due sfoglie si attaccheranno con la semplice pressione delle dita, in caso contrario sarà bene pennellare la sfoglia inferiore con un po' d'uovo o d'acqua, affinchè gli agnolotti rimangano ben chiusi. Con questa dose ne verranno circa un'ottantina. Disponendo le pallottole sulla sfoglia, fate attenzione di metterle bene in fila: cosi vi sarà molto facile, con pochi tagli diritti, ottenere degli agnolotti uguali. Credo che tutti sappiano che cosa è un tagliapaste a rotella. È un istrumento comune nelle famiglie, formato da una rotella dentata di ottone che può rotare intorno al suo asse ed è imperniata su un manico. Questa rotella, fatta scorrere sulla pasta, la taglia facendovi una piccola spizzatura. Mettete ad asciugare gli agnolotti su dei tovaglioli leggermente infarinati. Fate bollire vivacemente abbondante acqua salata, gettateci dentro gli agnolotti e lasciateli cuocere per una diecina di minuti. Scolateli, bene e poi conditeli con sugo d'umido e parmigiano, oppure, più semplicemente, con burro e parmigiano. Copriteli e lasciateli stufare un momento prima di mangiarli affinchè possano insaporirsi perfettamente. Torniamo a raccomandare di lasciar scolare bene gli agnolotti, altrimenti l'acqua di cui s'impregnano cuocendo, diluirà inopportunamente il condimento e la pietanza risulterà scipita. L'acqua della cottura degli agnolotti non va gettata via. È una specie di brodo leggero, ma profumato, che potrà servire per minestroni, risotto ecc.
al suo asse ed è imperniata su un manico. Questa rotella, fatta scorrere sulla pasta, la taglia facendovi una piccola spizzatura. Mettete ad asciugare
Per quattro persone mettete sulla spianatoia di legno, o sulla tavola di marmo della cucina — ciò che è preferibile — 300 grammi di farina (ricordatevi di passare sempre dal setaccio qualunque specie di farina per evitare sgradevoli sorprese), due uova intiere e un guscio d'acqua. Impastate, dividete la pasta in due parti uguali e fatene due sfoglie piuttosto sottili. Passate dal setaccio, o in mancanza di questo stemperate in una terrinetta con un cucchiaio di legno trecento grammi di ricotta. Conditela poi con un uovo, una cucchiaiata di parmigiano grattato e un pizzico di sale. Mettete questa specie di crema in un cartoccio di carta solida, chiudete il cartoccio, spuntatene l'estremità in modo da lasciare un'apertura come due centesimi. Premendo sulla sommità del cartoccio fate uscire su una delle sfoglie tante palline di ricotta della grossezza di una noce, avvertendo di disporle bene allineate, e alla distanza di due dita una dall'altra. Vi consigliamo l'uso del cartoccio perchè si fa più presto; ma se qualcuno trovasse la cosa complicata — ciò che non è affatto — disponga le palline di ricotta in fila servendosi di un cucchiaino da caffè. Messa la ricotta in mucchietti bene allineati sulla prima sfoglia, ricopritela con l'altra, e pigiando con le dita intorno ai monticelli di ricotta fate che le due sfoglie si attacchino perfettamente. Se si adoperano le sfoglie appena fatte, senza dar loro il tempo di asciugarsi, i ravioli si chiudono benissimo con la semplice pressione delle dita. Ma se la pasta è troppo dura o troppo asciutta converrà inumidire gli spazi tra i mucchietti di ricotta con un pochino d'uovo diluito con acqua. Con la lama di un coltello leggermente infarinata, o meglio ancora col taglia paste a rotella, dividete i ravioli, che risulteranno come tanti quadratini di circa tre dita di lato. Con le dosi da noi date ne otterrete una cinquantina. Mettete sul fuoco abbondante acqua salata, e quando bollirà forte gettateci i ravioli, fateli cuocere, versateli in una scolamaccheroni, aspettate che sgocciolino bene, passateli in un piatto grande e conditeli con sugo d'umido e parmigiano, oppure con burro e parmigiano. In questo caso potrete mettere il burro — mezzo panino abbondante — in un tegamino e farlo friggere di color biondo leggero, ciò che comunica un maggior profumo alla pietanza. Coprite il piatto e prima di mangiare i ravioli, attendete qualche minuto affinchè abbiano il tempo di insaporirsi.
con acqua. Con la lama di un coltello leggermente infarinata, o meglio ancora col taglia paste a rotella, dividete i ravioli, che risulteranno come
Il tradizionale piatto di ogni giovedì nelle piccole trattorie romane e il piatto che molti buoni romani prediligono in occasione di qualche riunione famigliare: i gnocchi. Tra coloro che ne sono ghiottissimi e coloro i quali ritengono che sia un peccato sprecare l'abbondante sugo e formaggio necessario per condire... delle patate, noi rimarremo neutrali, limitandoci a dare la ricetta, non certo per le abbonate romane, ma per quelle di altre città. Si mettono a lessare delle patate piuttosto grosse e di qualità farinosa, calcolandone due chilogrammi per sei persone. Appena cotte si sbucciano, si schiacciano e si lasciano un po' raffreddare. S'impastano allora le patate con un po' di farina. È difficile dare dosi esatte di farina perchè alcune qualità assorbono più, altre meno farina; in genere però ne occorreranno circa 200 grammi per ogni chilogrammo di patate. Amalgamate bene le patate con la farina e ottenuta una pasta morbida, si taglia a pezzi, e d'ogni pezzo, sulla tavola infarinata, se ne foggiano dei cannelli della grossezza di un dito, che si ritagliano poi in tanti pezzetti di un paio di centimetri. Si rotola alla svelta ognuno di questi pezzetti tra il tavolo e le dita e per ultimo ci si appoggia la punta del medio facendo su ogni gnocco una piccola fossetta. Si allineano man mano su una tovaglia infarinata e intanto si mette sul fuoco un recipiente con acqua e sale. Quando l'acqua bolle si mettono giù un po' di gnocchi alla volta e appena tornano a galla si estraggono con una cucchiaia bucata, si lasciano sgocciolare bene, e si dispongono a strati in una zuppiera, condendo ogni strato con abbondante sugo d'umido e parmigiano grattato.
patate con la farina e ottenuta una pasta morbida, si taglia a pezzi, e d'ogni pezzo, sulla tavola infarinata, se ne foggiano dei cannelli della grossezza
È questa la famosa Soupe à l'oignon, una delle istituzioni della Paris qui s'amuse. Ciò non vuol dire che invece di degustarla nei varii restaurants notturni parigini non la si possa mangiare tranquillamente in casa propria, e senza attendere il pallido sorriso dell'alba. È una zuppa squisita, sana e nutriente. Si sbucciano e si tagliano in fette sottili due cipolle di media grandezza, si mettono in una casseruola con mezzo panino abbondante di burro, e quando la cipolla incomincia ad imbiondirsi leggermente si aggiunge un cucchiaino da caffè di farina. Si fa cuocere un minuto o due, e si bagna con un litro di acqua. Si condisce con sale, una presina di pepe bianco e si fa bollire adagio per mezz'ora. Intanto si taglia in fette un filoncino di pane, si abbrustoliscono le fette sul fuoco, e si grattano un po' di gruyère e un po' di parmigiano. Si prende una zuppiera, si fa uno strato di fette di pane, si cospargono di formaggio grattato, e si continua a fare degli strati di pane e formaggio, a seconda del numero dei commensali. Fatto questo, e trascorsa la mezz'ora di bollore regolare, si versa piano piano il brodo di cipolle nella zuppiera facendolo passare da un colabrodo, si copre e si lascia stufare per una diecina di minuti prima di mangiare. Con le dosi da noi date, e con un filoncino di pane, si possono avere tre buone zuppe.
bagna con un litro di acqua. Si condisce con sale, una presina di pepe bianco e si fa bollire adagio per mezz'ora. Intanto si taglia in fette un
Si taglia la provatura in spicchi non tanto piccini, che si infarinano, si passano nell'uovo sbattuto, nel pane grattato e poi di nuovo nell'uovo sbattuto e nel pane grattato. Si friggono a padella caldissima e appena l' impanatura sarà diventata bionda, si tolgono dalla padella, si aggiustano in un piatto con salvietta e si inviano subito in tavola. È necessario che questa frittura sia preparata all'ultimo momento, altrimenti l'umidità rammollisce il pane e la provatura si liquefa nella padella.
Si taglia la provatura in spicchi non tanto piccini, che si infarinano, si passano nell'uovo sbattuto, nel pane grattato e poi di nuovo nell'uovo
La migliore qualità di pane da adoperare è il così detto pane a stampa o a cassetta. In mancanza di questo si può ricorrere a qualunque qualità di pane purchè fresco e senza troppi buchi. Si toglie via tutta la corteccia al pane, lo si taglia in fette di mezzo centimetro e si ritagliano le fette in tanti quadrati di circa quattro centimetri di lato, preparando anche delle fettine di mozzarella della stessa grandezza del pane. Mettete ogni fetta di formaggio tra due fette di pane in modo da ottenere tanti cuscinetti, che, a mano a mano, passerete di taglio nella farina allo scopo di formare intorno intorno una specie di argine che impedisca alla mozzarella di liquefarsi e di uscir fuori quando più tardi verrà messa in padella. Ripetiamo: l'infarinatura deve essere fatta soltanto intorno ai cuscinetti. Dopo aver preparato tutti i pezzi mettete un po' di acqua tiepida in una scodella e bagnate di ogni cuscinetto la sola parte infarinata, disponendo man mano i vari pezzi in un piatto piuttosto grande, in cui possano stare in un solo strato e senza toccarsi. Sbattete in una scodella uno o più uova, secondo la quantità della frittura, aggiungete un pizzico di sale e con queste uova sbattute ricoprite i cuscinetti allineati nel piatto grande. Lasciate così per un po' di tempo (un'ora o più) per dar modo al pane di assorbire tutto l'uovo. Pochi minuti prima del pranzo prendete delicatamente uno alla volta i cuscinetti, e servendovi di una palettina fateli sdrucciolare dolcemente nella padella in cui sarà dello strutto o dell'olio bollente. Friggete a padella calda, e man mano che i crostini prenderanno un bel color d'oro, estraeteli e lasciateli sgocciolare.
pane purchè fresco e senza troppi buchi. Si toglie via tutta la corteccia al pane, lo si taglia in fette di mezzo centimetro e si ritagliano le fette in
Mettete sulla tavola cinque cucchiaiate colme (150 grammi) di farina, un pezzo di burro come una grossa noce, un pizzico di sale, e impastate con un po' d'acqua tiepida, così da avere una pasta di giusta consistenza. Fatene una palla, copritela con un tovagliolo infarinato e lasciatela riposare per un'oretta. Poi stendetela piuttosto sottile e dividetela in tanti rettangoli di circa 12 centimetri per 6. In ogni rettangolo mettete mezza cucchiaiata di ricotta impastata con uovo e parmigiano, poi inumidite i bordi con uovo sbattuto o con acqua, e ripiegate ogni rettangolo in due, racchiudendo nell'interno la ricotta. Se avete il taglia paste a rotella passatelo sugli orli; oltre ad assicurare meglio la chiusura darete uria maggiore eleganza ai cuscinetti. Friggeteli nell'olio o nello strutto fino a che avranno preso un bel color d'oro e poi accomodateli m un piatto con salvietta. Se volete fare una cosa ancora più elegante, invece di friggere i cuscinetti così, immergeteli prima nell'uovo sbattuto e poi passateli nel pane pesto o, meglio ancora, nella mollica di pane fresca, grattata finissima.
nell'interno la ricotta. Se avete il taglia paste a rotella passatelo sugli orli; oltre ad assicurare meglio la chiusura darete uria maggiore eleganza
Si taglia un rognone di maiale in fettoline sottili e si mette in una padellina con un nonnulla di olio su fuoco forte in modo da riscaldarlo subito con pochi colpi di fuoco. Il rognone va rosolato leggermente. Fatto questo si versa il rognone in un colabrodo e si lascia scolare per qualche minuto. Il rognone perde così tutto il sangue e la parte acquosa, senza indurirsi come accadrebbe inevitabilmente se si seguisse il metodo empirico usato da molte cuoche, cioè quello di fargli cavare dell'acqua a fuoco lento e di fargliela poi riassorbire, lavoro, questo, perfettamente inutile e che dà un risultato pessimo. Mentre il rognone sta scolando sbattete quattro uova e fate la frittata, che ripiegherete in forma di omelette, ricordando di mettere un pezzetto di burro nell'interno della frittata prima di ripiegarla, ciò che ha per iscopo di far gonfiare bene l'omelette e di comunicarle un maggior sapore. Appena fatta la frittata prendete una padellina pulita con un pochino di burro e a fuoco vivace passate nella padella il rognone scolato. Fate cuocere pochi minuti, condite con sale e pepe e ultimate con un nonnulla di marsala. Disponete l'omelette su un piatto ovale e alle due estremità dell'omelette ponete in due piccole piramidi il rognone.
Si taglia un rognone di maiale in fettoline sottili e si mette in una padellina con un nonnulla di olio su fuoco forte in modo da riscaldarlo subito
Con cinque cucchiaiate di farina, quattro cucchiaiate di acqua, un pizzico di sale e un pezzo di strutto o di burro come una grossa noce, fate una pasta ben lavorata. Foggiatene una palla e lasciatela riposare per una mezz'ora coperta con una salviettina. Mentre la pasta riposa lessate due uova, mettendole sul fuoco come più volte è stato detto, in una casseruolina con acqua fredda, e contando sette minuti dal momento che l'ebollizione si produce. Rinfrescatele in acqua fredda, sbucciatele e tritatele col coltello in modo che vi risultino dei dadini piccolissimi. Mettete poi in una casseruola una noce di burro e quando il burro si è liquefatto aggiungete mezza cucchiaiata di farina, fate cuocere un momento, bagnate con mezzo bicchiere di latte, e quando la salsa, dopo pochi minuti, sarà un po' addensata, conditela con sale, un po' di noce moscata e, fuori del fuoco, mischiateci le uova tritate e una pizzicata di prezzemolo trito. Amalgamate bene il tutto con un cucchiaio e lasciate freddare. Mettete la pasta sul tavolo e con il rullo di legno spianatela all'altezza di due soldi. È necessario che la pasta si sia riposata per poterla stendere bene. Se stendeste la pasta appena fatta vi cimentereste in una noiosissima battaglia con questa pasta irrequieta che per l'elasticità acquistata nella lavorazione tende sempre a ritirarsi. Quando avrete ben steso la pasta tagliatela con la punta di un coltellino in tante striscie verticali della larghezza di circa tre dita e poi ritagliate queste striscie in senso orizzontale con altri tagli larghi sei dita in modo che otterrete un certo numero di rettangoletti di pasta. I ritagli che non saranno venuti tagliati a rettangolo li rimpasterete e li ristenderete fino ad utilizzare completamente tutta la pasta. Otterrete circa una ventina di rettangoletti. Nel mezzo di ogni rettangolo ponete una mezza cucchiaiata del composto di uova e crema, in modo da distribuire l'impasto in parti eguali su tutti i rettangoli. Bagnate con un pennellino o con un dito intriso di acqua gli orli di questi rettangolini e poi ripiegateli su se stessi pigiando con le dita intorno intorno affinchè il composto rimanga ben chiuso nell'interno. Se avete un taglia-paste con la rotella spizzata potrete passarlo in giro sui tre lati riuniti del fagottino ciò che conferirà un aspetto di maggiore eleganza alla vostra preparazione. Quando avrete ultimato tutti > i fagottini friggetene pochi alla volta nello strutto o nell'olio, con fuoco piuttosto moderato affinchè la pasta prenda un bel colore d'oro chiaro e diventi rigonfia e leggera. Accomodateli in un piatto guarnito con una salviettina e mangiateli caldi.
pigiando con le dita intorno intorno affinchè il composto rimanga ben chiuso nell'interno. Se avete un taglia-paste con la rotella spizzata potrete
La preparazione, che il vocabolario di cucina classifica col nome di matelotte, si applica ai pesci di acqua dolce. E noi crediamo opportuno parlarne sapendo che spesse volte l'arrivo di un luccio, di una carpa o di una anguilla pone in serio imbarazzo la buona mammina, la quale non sa come cucinarli. Il pesce di acqua dolce ha innegabilmente i suoi meriti, a patto che sia ben cucinato. Consigliando alle nostre lettrici la preparazione alla matelotte siamo certi di togliere loro ogni imbarazzo per il presente e per l'avvenire, poichè è questo certamente il modo migliore per trarsi d'impaccio con poca fatica e con ottimo risultato. Dopo aver diligentemente nettato il pesce, lo si taglia in pezzi regolari piuttosto piccoli, che si accomodano in una terrina con po' di sale, un pochino d'olio, una grossa cipolla tagliuzzata fina, uno spicchio d'aglio schiacciato, qualche dadino di carota gialla, un buon ciuffo di prezzemolo tritato e un pizzico di pepe. Bagnate il tutto con del vino rosso regolandovi che su un chilogrammo e mezzo di pesce ci vorrà un litro di vino. Lasciate stare il pesce in questa marinata per circa un'ora, e un poco prima del pranzo rovesciate il pesce con il vino e tutti gli ingredienti in un grande tegame e mettete sul fuoco. Il pesce cuoce abbastanza presto e generalmente un quarto d'ora di ebollizione lenta è sufficiente. Appena il pesce sarà cotto estraetelo, pezzo per pezzo, appoggiandolo su un piatto, passate la cottura da un colabrodo e rimettete il liquido al fuoco per farlo restringere un poco. Prendete adesso un buon pezzo di burro, circa mezzo ettogrammo, mettetelo sulla tavola e impastatelo, con la mano o con una larga lama di coltello, con un cucchiaio scarso di farina. Mettete questo burro nell'intingolo, mescolate, e vedrete che pian piano la salsa si addenserà e prenderà un aspetto vellutato. Rimettete dentro i pezzi del pesce, lasciate scaldare senza far più bollire e poi travasate il tutto in un piatto, contornando con qualche crostino di pane fritto nel burro e, volendo fare le cose elegantemente, con qualche gambero di acqua dolce cotto a parte in un po' di vino bianco.
con poca fatica e con ottimo risultato. Dopo aver diligentemente nettato il pesce, lo si taglia in pezzi regolari piuttosto piccoli, che si accomodano
I tournedos sono delle bistecchine di filetto tagliate non nel mezzo del filetto stesso, ma alle estremità, in modo da presentare una larghezza di un pezzo d'argento di cinque lire di tipo antico. Lo spessore di queste bistecchine deve essere almeno di un dito, tanto meglio se le terrete spesse un paio di centimetri. Tagliate le bistecchine, delle quali se ne calcolano generalmente due a persona, ci si fa intorno, nel verso dello spessore, una legatura circolare con un pezzo di spago, in modo che cuocendo conservino la loro forma rotonda. Per ogni tournedos si prepara anche un crostino di pane rotondo, della stessa grandezza della carne, alto un centimetro e fritto nell'olio, nel burro o nello strutto. Si ricavano assai facilmente questi crostini adoperando uno di quei pani detti a cassetta, preferibilmente raffermo. Preparate anche tante rotelline di prosciutto crudo per quanti sono i tournedos e tante fettine di cervello (di maiale o di abbacchio) per quanti sono i pezzi da montare. Il cervello va prima messo a dissanguare qualche minuto in acqua fredda in una casseruolina. Si versa poi l'acqua, si sostituisce con altra acqua pulita, si mette la casseruolina sul fuoco e si porta fino all'ebollizione. Si fa bollire un minuto, dopo di che si passa di nuovo il cervello nell'acqua fredda, si estrae, si asciuga e si taglia in escaloppes le quali vanno poi infarinate e fritte. Al momento di preparare la pietanza mettete del burro in una teglietta, e a fuoco vivace cuocete i tournedos, che condirete con un po' di sale. Ricordate di tenere la carne piuttosto rosea nell'interno; quindi non spingete troppo la cottura. Quando avrete cotta tutta la carne, versate nella teglia un altro pezzetto di burro, un cucchiaio o due d'acqua e un bicchierino di marsala, e con un cucchiaio di legno staccate bene il fondo della cottura, così da avere una salsetta. Intingete alla svelta i crostini di pane in questa salsetta e allineateli sul piatto di servizio. Il quale piatto sarà preferibilmente di forma allungata in modo da permettere di disporre i crostini allineati due per due. Su ogni crostino appoggiate un tournedos, al quale avrete tolto lo spago, versate sulla carne la rimanente salsa, e su ogni tournedos mettete una fettina di prosciutto e una escaloppe di cervello.
fino all'ebollizione. Si fa bollire un minuto, dopo di che si passa di nuovo il cervello nell'acqua fredda, si estrae, si asciuga e si taglia in
È necessario rinunciare alla spalla e scegliere un bel coscetto o la parte della rognonata. L'abbacchio va privato delle ossa, o per lo meno, conviene togliergli tutte le ossa più grandi. E poi si taglia la carne in tanti pezzetti quadrati spessi circa un centimetro e della grandezza di una mezza carta da gioco, si condisce con sale e pepe e intanto si tagliano da uno sfilatino o meglio da un pane a cassetta raffermo tanti crostini per quanti sono i pezzi di abbacchio, più uno. Si prende poi uno spiede e s'incomincia con l'infilzare un crostino, una foglia di salvia, una fettolina di prosciutto, una foglia di salvia e un crostino. E così di seguito fino a completo esaurimento della carne. Allestito tutto lo spiede, si unge abbondantemente ogni cosa con olio o con burro o strutto liquefatto, e poi si mettono a cuocere i crostini per una ventina di minuti, girandoli ed ungendoli di quando in quando. Chi possiede il girarrosto semplificherà assai il suo lavoro; ma anche senza il girarrosto, potrà cavarsela ugualmente bene mettendo un po' di cenere sul camino, stendendo su questa della brace bene accesa e appoggiando lo spiede su due ferri da stiro messi diritti. Volendo ancora semplificare la cosa, invece di guarnire un lungo spiede coi crostini, potrete fare tanti spiedini di canna e cuocere i crostini al forno. Però in questo caso non otterrete un risultato così fine come cuocendo i crostini girati. Appena la carne sarà ben colorita e il pane sarà diventato croccante togliete i crostini dallo spiede e mandateli in tavola subito, poichè questa pietanza va mangiata appena fatta, senza attendere un solo minuto.
, conviene togliergli tutte le ossa più grandi. E poi si taglia la carne in tanti pezzetti quadrati spessi circa un centimetro e della grandezza di una mezza
Spellare la lepre è cosa facilissima, pur di seguire l'opportuno procedimento. Si incomincia con l'incidere la lepre all'attaccatura delle zampe anteriori e posteriori. Si fanno cioè quattro tagli circolari su ogni attaccatura di zampa. Sia detto tra parentesi, molte signore amano di avere lo zampino di lepre per la cipria. In questo caso bisognerà spolverizzare abbondantemente le zampe con allume pesto e lasciarle seccare per più giorni. Dopo di che si sgrassano con della benzina e si adoperano. Tornando alla lepre, dopo aver fatto questa incisione sulle zampe si incomincia con l'incidere la coscia destra e poi quella sinistra in modo da metterle a nudo. Ottenuto questo primo risultato si prendono entrambe le zampe posteriori della lepre con la mano sinistra e con la destra si tira giù la pelle, rivoltandola. La pelle verrà via così facilmente, fino al collo. Con qualche altro opportuno taglio sulle zampe davanti si spellerà completamente l'animale. Dopo averlo spellato si mette sulla tavola appoggiato sul dorso, e con un coltello si incomincia ad aprire dal basso ventre fino al petto. Si apre con le mani e si estraggono tutti gli intestini. Allora si incomincia a spezzare. Generalmente la testa e le zampe si scartano. Si taglia nel punto dell'articolazione la zampa anteriore destra e poi quella sinistra, quindi si staccano le due coscie. Si corica il torso rimasto sul fianco, e con un coltello si taglia l'estremità delle costole, che vanno gettate via. Si taglia allora la groppa in due parti uguali, l'anteriore e la posteriore, che si suddivideranno ancora in due pezzi ognuna, e per ultimo si staccherà il collo. Se si trattasse di un lepre molto grosso queste divisioni potranno essere moltiplicate, ma generalmente la lepre si divide nel modo che abbiamo detto. Risciacquate accuratamente i vetri pezzi e asciugateli in un pannolino. Poi accomodateli in una insalatiera e ricopriteli con una cipolla tagliuzzata, un po' di sedano, prezzemolo, carota gialla, il tutto anche tagliuzzato. Aggiungete anche una mezza foglia d'alloro, un rametto di timo, un pizzico di rosmarino e una foglia di salvia, sale, pepe e un bicchiere di vino rosso. Lasciate stare così la lepre per un'ora o due. Preparate una casseruola con un pochino di strutto o d'olio, estraete i pezzi della lepre dalla marinata e fateli rosolare, aggiungendo man mano i vari legumi impiegati nella marinata, che tirerete su con una cucchiaia bucata. Quando i vari pezzi saranno rosolati scuri, spolverizzateli con una mezza cucchiaiata di farina, mescolate, e dopo un minuto versate nella casseruola il vino rosso nel quale ha marinato la lepre. Quando anche il vino si sarà asciugato bagnate la lepre con un ramaiuolo d'acqua, diminuite ;un po' il fuoco, coprite la casseruola e lasciate finire di cuocere dolcemente. Qualche minuto prima del pranzo estraete i pezzi della lepre, staccate il fondo della casseruola con un pochino d'acqua, e passate il tutto da un colabrodo, premendo con un cucchiaio di legno. Rimettete questa salsa nella casseruola con la lepre, fate scaldare bene e poi versate nel piatto e mandate in tavola. Se poi preferiste una salsa un po' piccante, vi regolerete così. Dopo aver staccato il fondo e passato pel colabrodo, rimettetelo in casseruola con la lepre. Mettete allora nel mortaio un paio di acciughe lavate e spinate, una cucchiaiata di prezzemolo, un pizzico di pepe e una puntina di aglio. Schiacciate il tutto e stemperatelo con un dito d'aceto e un dito di vino. Versate questa salsetta sulla lepre, che terrete vicino al fuoco, senza bollire per circa cinque minuti.
. Generalmente la testa e le zampe si scartano. Si taglia nel punto dell'articolazione la zampa anteriore destra e poi quella sinistra, quindi si staccano le
Il tacchino bollito si serve di preferenza caldo. Per poterlo tagliare bene senza che i vari pezzi abbiano a rovinarsi si ricorre ad un piccolo espediente. Cotto che sia si mette in un piatto e si lascia freddare. Allora essendo la carne fredda più compatta, si taglia il tacchino in pezzi regolari, che poi si rimettono vicino al fuoco in una teglia e coperti di brodo, lasciandoli in caldo fino al momento di mandarli in tavola.
espediente. Cotto che sia si mette in un piatto e si lascia freddare. Allora essendo la carne fredda più compatta, si taglia il tacchino in pezzi regolari
Si adoperano di preferenza polli molto giovani, teneri e bene in carne. Si spezza il pollo e si fanno: due pezzi di ogni coscia, due pezzi di ogni ala, quattro pezzi del petto, che si taglia prima in lungo e poi si ridivide trasversalmente a metà, e infine si fanno quattro o cinque pezzi della groppa. Si mettono questi pezzi in una terrinetta, si condiscono con sale, pepe, prezzemolo, olio, sugo di limone, e si lasciano stare così in marinata almeno per un'ora. Poi si asciugano in un pannolino, s'infarinano, si passano nell'uovo sbattuto, e si friggono nell'olio o nello strutto a padella moderata. Debbono cuocere per una diecina di minuti e riuscire di un bel color d'oro.
ala, quattro pezzi del petto, che si taglia prima in lungo e poi si ridivide trasversalmente a metà, e infine si fanno quattro o cinque pezzi della
Tutto il pollame destinato ad essere cotto intiero (arrostito, lessato, ecc.) va cucito allo scopo di mantenerne la forma durante la cottura. Dopo aver vuotato e bruciacchiato il pollo si incide la pelle del collo all'attaccatura della testa, tirando giù la pelle si mette a nudo il collo e si taglia alla sua attaccatura. Si tagliano le zampe molto in alto asportando solamente le dita. Si risciacqua quindi il pollo e si asciuga in una salvietta. Servendosi di un grosso ago e di un po' di spago si procede alla cucitura nel modo seguente:
taglia alla sua attaccatura. Si tagliano le zampe molto in alto asportando solamente le dita. Si risciacqua quindi il pollo e si asciuga in una salvietta
Si taglia il fegato in pezzi non troppo grandi che si condiscono con sale e pepe, s'avvolgono in un pezzetto di rete e si infilzano allo spiede, alternandoli con foglie d'alloro e crostini di pane. Si unge il tutto con strutto liquefatto e si fa cuocere sulla brace bene accesa. Invece che allo spiede, i fegatini si possono cuocere al forno e, in caso disperato, in padella o in teglia.
Si taglia il fegato in pezzi non troppo grandi che si condiscono con sale e pepe, s'avvolgono in un pezzetto di rete e si infilzano allo spiede
Il fegato di montone, cucinato nel modo che vi descriveremo, perde le tracce della sua umile origine e rassomiglia, sia pure un po' da lontano, al petto della cacciagione. Si taglia il fegato in fettine piuttosto sottili, dello spessore di un mezzo centimetro, e s'infarinano queste fettine, che si fanno cuocere poi bene allinate, in una teglia con un pochino d'olio. Appena cotte da una parte si rivoltano dall'altra, e si condiscono con sale e pepe. La cottura avviene rapidamente, in pochi minuti; anzi è bene non eccedere, perchè altrimenti il fegato si indurisce. Prima di togliere la teglia dal fuoco versate sul fegato una pizzicata di foglie di salvia, e un paio di cucchiaiate di aceto. Lasciate insaporire un momento, accomodate in un piatto e fate portare subito in tavola. Mezzo chilogrammo di fegato può essere sufficiente a sei persone.
petto della cacciagione. Si taglia il fegato in fettine piuttosto sottili, dello spessore di un mezzo centimetro, e s'infarinano queste fettine, che si
Dopo aver spellato la milza, la si taglia in fette, e per eccesso di precauzione, si fanno su queste fette dei tagli in lungo e in largo in modo da sfibrare il più possibile la massa della milza. Fatto questo si mettono le fette in padella con un po' d'olio, uno spicchio d'aglio e una o due alici lavate, spinate e tritate. Si condisce con sale, pepe, e una foglia o due di salvia. Quando la milza avrà perduto il suo colore rossiccio, e sarà ben cotta, si accomoda in un piatto, togliendo via lo spicchio d'aglio. Anche la milza preparata così è buona. A chi piace il gusto dell'aceto potrà, prima di togliere la milza dalla padella, aggiungerne un dito. Otterrà così un intingoletto che lega anche assai bene con la milza.
Dopo aver spellato la milza, la si taglia in fette, e per eccesso di precauzione, si fanno su queste fette dei tagli in lungo e in largo in modo da
Si prende un pezzo di milza di bue — tre ettogrammi — e si taglia aprendola come un libro, in modo che la pelle rimanga tutta al disotto, poi con la lama di un coltello si raschia per separare la polpa dai nervi e dalla pelle. In una casseruolina si mette un pesto ottenuto con una fetta di prosciutto, un'alice lavata e spinata, e una puntina d'aglio, e si fa scaldare con la terza parte di un panino di burro. Si unisce allora la milza raschiata, sale, pepe, due o tre cucchiaiate di brodo o d'acqua, si mescola e si fa cuocere per tre o quattro minuti. Si preparano intanto dei crostini di pane e si fanno abbrustolire. Su ogni crostino, si spalma un po' di milza dando una forma leggermente bombata, si accomodano in un piatto e prima di mandarli in tavola si spruzzano con un po' di sugo di limone. Questi crostini mangiati caldi sono appetitosi, e ricordano un poco i crostini di caccia.
Si prende un pezzo di milza di bue — tre ettogrammi — e si taglia aprendola come un libro, in modo che la pelle rimanga tutta al disotto, poi con la
La trippa alla romana si può fare in due modi: uno, il più costoso, è quello veramente tradizionale, l'altro il più economico, è quello generalmente adottato nelle famiglie, ed è ugualmente buono e raccomandabile In sostanza i due metodi differiscono soltanto in questo: nel primo s'insaporisce la trippa in un buon sugo d'umido di manzo, mentre nel secondo ci si accontenta d'insaporirla in un «sugo così detto «finto». Si scelga il primo o il secondo sistema, l'operazione fondamentale rimane sempre la stessa. Per sei persone si prende un chilogrammo di trippa, si netta bene, si risciacqua abbondantemente, poi si taglia in pezzi piuttosto grandi e si mette a cuocere, in acqua fredda, in una pentola con sale, una mezza cipolla, un po' di sedano e una carota gialla. Si schiuma diligentemente la pentola e si lascia bollire su fuoco moderato fino a cottura, ciò che avverrà in circa cinque ore. Quando la trippa è cotta si taglia in fettuccie larghe circa un dito e s'insaporisce. Se avete del buon sugo d'umido denso non avrete che passare la trippa tagliata in una casseruola per farla sobbollire una mezz'ora nel sugo d'umido. Altrimenti farete così: mettete in una casseruola un po' di cipolla finemente tagliata e un pesto di lardo, prezzemolo e una puntina d'aglio. Aggiungete anche qualche fettina di prosciutto grasso e magro e quando la cipolla sarà imbiondita mettete ancora un paio di cucchiaiate colme di salsa di pomodoro, e un pochino di acqua. Quando il pomodoro sarà cotto e la salsa ristretta mettete giù la trippa tagliata come si disse sopra, lasciatela sobbollire lentissimamente sull'angolo del fornello per una mezz'ora, per darle il tempo d'insaporirsi perfettamente. Verificate se sta bene di sale e mandatela in tavola ben calda, facendo servire insieme del parmigiano grattato, nel quale si saranno poste delle foglioline tagliuzzate di menta romana. L'accompagnamento di parmigiano e menta è obbligatorio, e costituisce una caratteristica di questa famosa pietanza.
abbondantemente, poi si taglia in pezzi piuttosto grandi e si mette a cuocere, in acqua fredda, in una pentola con sale, una mezza cipolla, un po' di
La maionese di grasso si fa con carne di pollo lessata o arrostita. Si disossa il pollo, si libera dalla pelle, si taglia in fettine, si condisce con sale, pepe, olio, aceto e prezzemolo trito, si lascia stare così un paio d'ore e si procede poi come per la maionese di pesce. Una maionese di grasso assai ricca si può confezionare usando dei filetti di tacchino cotti col burro in una teglia, e poi conditi come si disse più sopra.
La maionese di grasso si fa con carne di pollo lessata o arrostita. Si disossa il pollo, si libera dalla pelle, si taglia in fettine, si condisce con
Si calcolano uno o due carciofi a persona. Si taglia loro il torsolo in modo che possano tenersi ritti e si privano delle foglie più dure. Se ne spunta l'estremità e in ogni carciofo si introduce qualche pezzettino di aglio, un pizzico di mentuccia, sale e pepe. Si dispongono uno vicino l'altro in una casseruola vi si versa uno o due bicchieri di acqua — secondo la quantità dei carciofi — e un mezzo bicchiere scarso di olio, si copre la casseruola e si mette un peso sul coperchio. Si lasciano cuocere i carciofi su fuoco moderato per circa un'ora. Cotti che siano si accomodano in un piatto e se il bagno fosse ancora troppo diluito si fa restringere e si versa sui carciofi prima di mandarli in tavola.
Si calcolano uno o due carciofi a persona. Si taglia loro il torsolo in modo che possano tenersi ritti e si privano delle foglie più dure. Se ne
Si taglia la zucca in fette sottilissime, e si ritagliano queste fette in pezzi rettangolari come grandi carte da domino, si passano i pezzi in una pastella leggera fatta con acqua, farina e un po' di sale, e si friggono nell'olio o nello strutto.
Si taglia la zucca in fette sottilissime, e si ritagliano queste fette in pezzi rettangolari come grandi carte da domino, si passano i pezzi in una
Si tolgono via le prime bucce e si fanno cuocere le cipolle in abbondante acqua, per mezz'ora e più, fino a che siano ben cotte. Si scolano, si tagliano in due, si dispongono in un piatto e si condiscono con un pochino di prezzemolo trito o di origano, sale, pepe e un po' d'olio. Le cipolle preparate così sono ottime con il bollito o anche da sole. Particolarmente buone sono per accompagno di tonno sotto olio, che si taglia in fette sottili, si mette nel centro del piatto e si contorna con le cipolle.
preparate così sono ottime con il bollito o anche da sole. Particolarmente buone sono per accompagno di tonno sotto olio, che si taglia in fette sottili, si
Si leva il torsolo alle melanzane e se ne taglia via una calotta di un paio di dita che si lascia da parte. Si vuotano con un coltellino in modo da estrarne la polpa, la quale si spreme con le mani e si mette nell'acqua fresca. Si fa un sugo con olio, aglio, pomodori a pezzi, senza pelle e senza semi, ci si unisce la polpa tritata, sale, pepe, basilico, prezzemolo, e un pizzico di zucchero. E quando questa polpa è cotta vi si mescola un po' di mollica di pane grattata. Col composto ottenuto si riempiono le melanzane, e si ricoprono con i coperchi tenuti in serbo, si mettono ben strette in una casseruola o in un tegame (cuocendo diminuiscono assai di volume e potrebbero cadere e vuotarsi). Si versano nella casseruola due dita di acqua e un po' di olio, vi si aggiungono pomodori a pezzi in abbondanza, e si cuociono le melanzane a fuoco lento. A metà cottura si mette un po' di fuoco anche sul coperchio.
Si leva il torsolo alle melanzane e se ne taglia via una calotta di un paio di dita che si lascia da parte. Si vuotano con un coltellino in modo da
Del panettone, il famoso dolce specialità milanese, esistono numerose ricette, e ci è anche occorso di leggerne alcune, amenissime, a base di cremore e bicarbonato. Vi offriamo, secondo la nostra consuetudine, la ricetta milanese autentica, non nascondendovi che la lavorazione è piuttosto lunga e difficile e che condizione essenziale per la riuscita è di disporre di un forno a mattoni. Le dosi sono le seguenti: Farina kg. 1, lievito di pane gr. 500, burro gr. 250, zucchero gr. 250, sale gr. 9, gialli d'uovo n. 6, uova intiere n. 3, qualche cucchiaiata di uva sultana e cedro candito a dadi. Il panettone di Milano è tra le poche preparazioni nelle quali si impiega il lievito di pane. Il lievito dev'essere tenuto piuttosto forte, perchè la pasta, a causa delle uova, dello zucchero e del burro viene ad essere molto ingrassata. La preparazione del lievito ha un'importanza principale. Si prendono 100 grammi di pasta di pane, si aggiungono un paio di cucchiaiate di farina e di acqua tiepida tanto da ottenere una pasta un po' dura, se ne fa una pallottola sulla quale si tracciano due tagli in croce. Si mette una salviettina infarinata sul fondo di un recipiente, ci si pone sopra la palla di lievito, si copre e si lascia lievitare in un luogo tiepido per circa tre ore. Trascorso questo tempo si pesa il lievito e si rimpasta con una quantità di farina uguale al suo peso, aggiungendo naturalmente acqua tiepida in proporzione. Si lavora bene la pasta, se ne fa nuovamente una palla, si taglia in croce e si rimette a lievitare per altre tre ore, trascorse le quali si ripesa il lievito e si rimpasta con un uguale peso di farina, regolandosi come si è detto prima. Quando il lievito sarà cresciuto per la terza volta è pronto per essere adoperato per il panettone. Si fa la fontana con la farina già pesata (1 chilogrammo) e nel mezzo si mette il sale e 500 grammi del lievito preparato (se vi avanzerà del lievito lo terrete in serbo per altri usi). Sul lievito si versa il burro sciolto vicino al fuoco e s'incomincia ad impastare, aggiungendo i rossi d'uovo e le uova intere, poi lo zucchero sciolto in poca acqua tiepida. Se vedete che c'è bisogno di acqua aggiungetene poca alla volta. Lavorate energicamente la pasta a lungo, in modo che risulti piuttosto dura, lucida ed asciutta. Per ultimo si aggiunge l'uvetta e il cedro candito tagliato in piccoli dadi. Si lascia riposare la pasta per un'ora e poi si taglia in tanti pezzi per quanti panettoni si vogliono fare. Ogni pezzo si rotola con entrambe le mani e se ne fa una palla, che si dispone su carta unta e infarinata. Molti usano circondare il panettone con una striscia alta di carta unta affinchè possa crescere molto in altezza. Si mettono a lievitare i panettoni in luogo tiepido per circa 6 ore e quando essi saranno aumentati di volume e soffici al tatto, si fa su ognuno un leggerissimo taglio in croce e si passano in forno ben caldo. Man mano che prendono colore si portano alla bocca del forno e sollecitamente si sollevano con le dita i quattro angoli dove fu fatto il taglio, mettendo nel mezzo un pezzetto di burro. Si rimettono i panettoni in forno, si chiude, applicando sulla bocca del forno stesso uno strofinaccio bagnato, allo scopo di sviluppare nel forno un po' di vapore, che darà lucentezza al. panettone.
taglia in croce e si rimette a lievitare per altre tre ore, trascorse le quali si ripesa il lievito e si rimpasta con un uguale peso di farina
Se il burro è molto duro si mette prima in una salviettina bagnata, e si maneggia un poco per ammorbidirlo, poi si passa in una terrinetta e si lavora con un cucchiaio di legno finchè diventa morbido come una crema, e ben montato. Vi si aggiunge allora lo zucchero in polvere, e si continua a lavorare col cucchiaio, e poi, uno alla volta, i sei rossi d'uovo, avvertendo di non metterne un altro se il precedente non si è bene amalgamato alla massa. Si mette poi la farina a cucchiaiate sempre mescolando. Infine si uniscono l'uvetta e le scorzette tagliate in filettini, il rhum, e in ultimo le chiare che si saranno montate a parte. Si prende una stampa liscia, o una piccola casseruola, si fodera nel fondo e intorno alle pareti con della carta bianca imburrata, e vi si versa il Plum-cake, facendo attenzione che la pasta arrivi soltanto ai due terzi della stampa. Si cuoce a forno moderato per un'ora e più, fino a che il Plum-cake sia ben colorito. Si conosce il grado giusto di cottura appoggiando un dito sul centro della pasta. Premendo, non si deve sentire nessun rumore. Se invece la pasta sotto la pressione del dito fa un rumore leggero come se friggesse, significa che contiene ancora dell'umidità. Cotto bene, si toglie il Plum-cake dalla stampa, si lascia freddare su una griglia o su un setaccio, e poi si taglia in fette sottili.
dell'umidità. Cotto bene, si toglie il Plum-cake dalla stampa, si lascia freddare su una griglia o su un setaccio, e poi si taglia in fette sottili.
Per candire qualunque frutto è indispensabile un pesa-sciroppi, istrumento semplicissimo che assicura la perfetta riuscita. Si tratta di una specie di termometro il quale resta diritto, in equilibrio in uno sciroppo, affondando più o meno in esso a seconda della densità del liquido. Si guarda il punto in cui la superficie dello sciroppo taglia il tubo di vetro numerato del pesa-sciroppi, e il numero che si troverà scritto sulla colonnina di vetro dell'apparecchio segnerà il grado di densità dello sciroppo da esaminarsi. Le nostre lettrici potranno acquistare il pesa-sciroppi sia presso gli ottici, che generalmente vendono anche strumenti di precisione, sia presso qualche negozio di articoli per cucina e pasticceria. Di tutte le frutta le castagne sono le più difficili a candirsi, a motivo della loro friabilità, e nei grandi laboratori ci sono all'uopo apparecchi speciali piuttosto costosi. Ma anche in famiglia, con un po' di diligenza, si può riuscire a fare qualcosa di buono. Prendete un centinaio di belle castagne. Le migliori sono quelle del Viterbese, del Napoletano, del Piemonte, della Toscana e della Provincia di Belluno. Anzi, per dir meglio, se desiderate avere un centinaio di castagne candite, preparatene circa centocinquanta, perchè — non spaventatevi! — parecchie vi si romperanno cuocendo. In un chilogrammo di bei marroni, ne entrano circa una sessantina. Regolatevi, dunque. Sbucciate accuratamente le castagne, e, se l'avete, mettetele in uno di quei cestini di rame in cui si mettono le uova, o si fa scolare l'insalata. Fate bollire dell'acqua in un caldaio e quando bollirà, se avete messo le castagne nel cestino, immergete questo nel caldaio, se no, gettate senz'altro le castagne nell'acqua in ebollizione. L'uso del cestino di metallo è raccomandato per non far muovere troppo le castagne mentre cuociono, ma se ne può anche fare a meno. Comunque sia, mantenete l'ebollizione lenta per impedire alle castagne di ballare una troppo incomposta danza. Quando le castagne, dopo pochi minuti, saranno cotte, ma non troppo, quando cioè potrete trapassarle facilmente con uno spillone, levatele dall'acqua e, accuratamente, con la punta di un coltellino, togliete loro la pellicola. Vedrete che parecchie si saranno rotte o si romperanno man mano che togliete la pellicola; ma voi non preoccupatevene troppo e accogliete l'inevitabile disastro con filosofica rassegnazione. In una teglia bassa e larga preparate uno sciroppo con un litro d'acqua — quattro bicchieri abbondanti — e 900 grammi di zucchero in pezzi. Mettete la teglia sul fuoco e portate lo sciroppo all'ebollizione, schiumandolo se vedrete che farà della schiuma biancastra. Fatto lo sciroppo lasciate che si freddi. Se vorrete verificarlo al pesa-sciroppi vedrete che segnerà circa 25 gradi. Siccome il pesa-sciroppi non potrebbe affondare nella teglia, mettete lo sciroppo in un secchietto o in qualunque altro recipiente alto e stretto. Potrete così verificarne facilmente la densità. Mettete con garbo le castagne nella teglia con lo sciroppo, ponete la teglia sul fuoco, e riscaldate sciroppo e castagne fino all'ebollizione. Al primo bollore togliete la teglia dal fuoco, copritela, e lasciate così le castagne fino al giorno dopo. Il giorno dopo inclinate la teglia e scolate tutto lo sciroppo, travasandolo in una casseruola. Aggiungete allo sciroppo un paio di cucchiaiate ben colme di zucchero e fatelo bollire per qualche minuto. Verificate col pesa-sciroppi la densità del liquido, che deve segnare 30 gradi, e così bollente versatelo nuovamente sulle castagne. Se lo sciroppo non avesse ancora raggiunto il grado necessario aggiungete ancora un po' di zucchero o fatelo bollire ancora. Coprite nuovamente [immagine e didascalia: Pesa sciroppi] la teglia e lasciate le castagne in riposo per un altro giorno. Il terzo giorno scolate di nuovo il liquido e con l'aggiunta di poco altro zucchero e con una leggera ebollizione portatelo a 32 gradi. Versatelo bollente sulle castagne e lasciate questo così fino al giorno successivo. Fatto questo accomodate le castagne in un vaso di vetro e ricopritele col loro sciroppo. Sarà bene, preparando lo sciroppo, di farci bollire insieme una stecca di vainiglia o metterci un pizzico di vainiglina, ciò che comunicherà alle castagne uno squisito profumo; come pure, ad evitare che
punto in cui la superficie dello sciroppo taglia il tubo di vetro numerato del pesa-sciroppi, e il numero che si troverà scritto sulla colonnina di
Condizione essenziale della perfetta conservazione è la pulitura del tartufo. Questo va pulito accuratamente con uno spazzolino leggero ed acqua fredda, indi asciugato in un pannolino. Si sparge poi, sul tartufo asciugato, del sale fino. Ne uscirà un poco di acqua che sarà di nuovo asciugata, togliendo quindi anche l'eccesso del sale. Se si desidera conservare il tartufo soltanto per qualche giorno si taglia a fette sottilissime, si mette in un tegame con abbondante olio d'olivo e un pizzico di sale, e si fa bollire pochi secondi. L'olio che rimarrà è ottimo condimento per varie pietanze, giacchè si appropria di un delicato profumo. Per assicurare invece ai tartufi una conservazione di anni, si procede così. Dopo averli nettati e asciugati come si è detto, si mettono in scatole di latta non troppo grandi. Dagli stagnai sì trovano delle piccole scatole espressamente fabbricate per la conservazione dei tartufi. Queste scatole vanno prima sterilizzate, immerse cioè per un momento in acqua in ebollizione, oppure accuratamente nettate nel loro interno con un batuffolo d'ovatta bagnato in alcool di buona qualità (non quello industriale!). Aggiustati i tartufi nella scatola in modo da lasciare un po' di spazio, si riempie la scatola fino a un dito dall'orlo, con eccellente vino bianco o, meglio ancora, vin santo o marsala. Mettete ad ogni scatola il suo coperchio, e fatelo saldare perfettamente. Immergete le varie scatole confezionate in un piccolo caldaio con acqua fredda e un pugno di sale, scaldate pian piano l'acqua fino all'ebollizione e fate bollire le scatole per quindici minuti, lasciandole freddare nell'acqua stessa. Quando l'acqua sarà fredda estraete le scatole, asciugatele e riponetele in dispensa.
, togliendo quindi anche l'eccesso del sale. Se si desidera conservare il tartufo soltanto per qualche giorno si taglia a fette sottilissime, si mette in un
Per i sandwichs bisogna provvedersi di uno speciale pane rettangolare, detto pane a stampa o a cassetta. È bene che il pane non sia freschissimo, ma sia raffermo almeno di un giorno. Questo per facilitare l'operazione del taglio. Si toglie via tutta la crosta al pane e s'incomincia a spalmare la prima fetta con burro precedentemente impastato con una puntina di senape sciolta in un nonnulla d'acqua; spalmata la fetta, con un coltello largo e ben tagliente, si taglia via dal pane conservandole lo spessore di mezzo centimetro; si ripete l'operazione per la seconda fetta, e così di seguito fino ad esaurire tutto il pane. Contate il numero delle fette ottenute e sulla metà di esse ponete del condimento a vostro piacere che può esser lingua allo scarlatto, prosciutto crudo o cotto, alici, petto di pollo, ecc. Ricoprite ogni fetta guarnita con un'altra fetta semplicemente imburrata, pigiate leggermente con la mano per riunire le due fette e poi con un coltello molto affilato dividete queste grandi fette accoppiate in tanti rettangoletti: i sandwicks. Prendete una salvietta, bagnatela, strizzatela e riapritela e con essa foderate l'interno di una casseruola piuttosto grande, in modo che i lembi della salvietta ricadano al di fuori. Incominciate a disporre i sandwichs bene allineati e a strati regolari nell'interno della casseruola e quando li avrete tutti sistemati ripiegate verso il centro le quattro cocche della salvietta così da chiudere perfettamente i sandwichs. Su questi appoggiate un leggero peso e lasciate così sino al momento di servirli. Con questo sistema i sadwichs acquistano il loro particolare carattere di morbidezza che li differenzia dalla solita fetta di pane e prosciutto.
tagliente, si taglia via dal pane conservandole lo spessore di mezzo centimetro; si ripete l'operazione per la seconda fetta, e così di seguito fino