Impastatura. Il lievito, giunto al grado richiesto di fermentazione, viene deposto entro un foro aperto nella massa della farina che riempie la madia; s'incomincia collo stemperarlo con metà dell'acqua, avendo cura di non lasciarvi alcun granello, poi si aggiunge il rimanente dell'acqua e vi s'incorpora la totalità della farina. Allora, colle pugna chiuse si praticano fori nella pasta e si procede senza interruzione e con forza all'impastatura. La pasta è a varie riprese stesa su tutta la lunghezza del fondo della madia, battuta, compressa, ripiegata su sè medesima, distesa di nuovo, in maniera che tutte le parti sieno bene assimilate. Allora soltanto vi si aggiunge il sale entro una piccola quantità di acqua fredda che si serba a tale effetto. Più la pasta sarà manipolata, e più il pane sarà migliore e più bello; l'impastatura non deve essere nè lenta nè precipitata; deve eseguirsi il più regolarmente possibile, senza affrettare l'operazione, ma senza tregua.
maniera che tutte le parti sieno bene assimilate. Allora soltanto vi si aggiunge il sale entro una piccola quantità di acqua fredda che si serba a tale
Salatura mediante liscivia. Certi pizzicagnoli fanno uso da tempo immemorabile di un processo di salatura assai speditiva, applicabile alla preparazione del porco salato per la provvisione nelle famiglie. Dopo avere affettato il porco, come dicemmo, dispongono i pezzi, non in un barile, ma sì in un mastello di legno forato nella sua estremità inferiore di un buco che si tura con un rotolo di paglia, come si farebbe di un tinello da bucato. I pezzi di carne sono collocati fra strati alterni di sale e di aromi, e l'ultimo strato si compone di timo, di lauro e di salvia. Prese queste disposizioni, si versa nel mastello un poco d'acqua, sufficiente solo a far stemperare il sale a formare una salamoja densa, nella quale s'immerge tutta la carne. A misura che la salamoja cola per il buco inferiore del mastello, la si raccoglie entro un vaso disposto a tale uopo, e si riversa sulla carne.
. A misura che la salamoja cola per il buco inferiore del mastello, la si raccoglie entro un vaso disposto a tale uopo, e si riversa sulla carne.
Si pone in una caldaja o marmitta piena d'acqua una marmitta più piccola, nella quale sta il grasso che devesi liquefare; alcuni pezzi di legna posti nel fondo del più grande dei recipienti impediscono che il fondo del più piccolo sia in contatto col fuoco: in tal modo il grasso non può mai venir riscaldato al di là del grado dell'acqua bollente. Quando la liquefazione è completa quanto può esserlo a quella temperatura, si passa il grasso attraverso un pannolino. La sugna o il grasso così ottenuto si versa entro vasi di terra, o mastelletti di legno bianco, oppure vesciche a tale scopo preparate. Quello che rimane nel pannolino può venir rimesso al fuoco colle raschiature del lardo, e sottoposto all'azione di un fuoco lento. Questo secondo grasso, che contiene una forte parte di lardo stemperato, si consuma pel primo, nè devesi mai mescolare il grasso liquefatto col bagno-maria.
attraverso un pannolino. La sugna o il grasso così ottenuto si versa entro vasi di terra, o mastelletti di legno bianco, oppure vesciche a tale scopo
Accade talora che, in capo a qualche tempo il grasso conservato assume un certo sapore di rancido, in tale caso è necessario di farlo liquefare di nuovo. Ma se la rancidezza è troppo pronunziata, bisogna procedere nel modo seguente: Si fa liquefare il grasso sopra fuoco lento, e tosto che paja limpido, si decanta con precauzione in un altro vaso empiuto di acqua fresca, onde ben separarlo, s'impasta quindi accuratamente, rinnovando più volte l'acqua, fino a che questa scorra chiara. Il grasso è allora posto di nuovo al fuoco. Quando è in completa fusione, vi si getta dentro carbone animale polverizzato grossolanamente. Questo miscuglio, dopo un quarto d'ora di ebollizione, si passa caldo attraverso un pannolino od uno staccio che trattiene il carbone e lascia colare il grasso spoglio del suo cattivo sapore.
Accade talora che, in capo a qualche tempo il grasso conservato assume un certo sapore di rancido, in tale caso è necessario di farlo liquefare di
I legumi secchi si custodiscono in granajo, meglio entro sacchi che non distesi sul pavimento. In campagna il modo migliore di conservazione dei legumi secchi consiste nel lasciare i piselli, le fave, le lenticchie e i fagiuoli nelle loro buccie disseccate per non sbucciarli o batterli che allorquando s'hanno da adoperare. In città, se si fa provvisione di fagiuoli secchi, bisogna sempre preferire quelli di miglior qualità bianchi e rossi. Questa preferenza è fondata su ciò che invecchiando i fagiuoli bianchi perdono quel lucido che li distingue nello stato di recente raccolta, ed è per tale ragione assai facile di riconoscere, a prima vista, la mescolanza dei vecchi fagiuoli con quelli dell'ultimo raccolto. Le specie di colore non presentano questo vantaggio; la differenza fra i vecchi e i nuovi è sì poco sensibile che agevolmente si cade in inganno.
. Questa preferenza è fondata su ciò che invecchiando i fagiuoli bianchi perdono quel lucido che li distingue nello stato di recente raccolta, ed è per tale
Pera secche e cotte nel forno. Per convertirle in pera essiccate nel forno, si scelgono di preferenza le specie di pera che sono le più zuccherine e meno acquose, però tutte le pera che abbiano una pasta consistente e dolce a sufficienza, possono del pari subire tale preparazione. Si mondano le pera lasciando ad esse il manico, e si schierano simmetricamente entro piatti, rivolti all'ingiù, in modo che formino come una piramide. Si cuoprono colle loro corteccie, e si pongono in forno, dopo che ne fu ritirato il pane. Quando il forno è affatto freddo, si ritirano le pera per comprimerle una ad una fra le dita, stiacciarle, e immergerle nel succo che trovasi in fondo del piatto. Quindi, le une strette alle altre si dispongono sopra graticci che si pongono di nuovo in forno, ma ad una temperatura meno elevata della prima volta. Questa operazione deve essere rinnovata fino a che le pera abbiano assorbito tutto il succo e assunto un bel colore bruno, e in pari tempo una bella consistenza. Si conservano entro scatole di legno bianco, o in corbelli di vimini foderati di carta.
meno acquose, però tutte le pera che abbiano una pasta consistente e dolce a sufficienza, possono del pari subire tale preparazione. Si mondano le
Zucchero. Generalmente si preferisce quello di canna all'altro di barbabietole, senza bene rendersi conto del motivo di tale preferenza. A tale proposito bisogna fare una osservazione.
Zucchero. Generalmente si preferisce quello di canna all'altro di barbabietole, senza bene rendersi conto del motivo di tale preferenza. A tale
Zucchero acidulato per bevande. Il succo di certe frutta, come ribes, ciliegie, lamponi, aranci, limoni, misto con acqua e zucchero, porgono una bibita aggradevole e refrigerante. Bisogna supplirvi con zuccheri acidulati, che hanno il vantaggio di conservarsi per tutto l'anno, e di fornire in ogni stagione le bibite che non si ottengono coi succhi delle frutta se non al momento in cui sono in piena maturità. Ecco in qual modo si procede per preparare gli zuccheri acidulati. Il ribes, a mo' d'esempio, bisogna sgranarlo, stiacciarlo, e, dopo averne raccolto il succo, si passa e si mescola con quattro o cinque volte il suo peso di zucchero ridotto in polvere. Con tale miscuglio si forma una pasta granita che si fa poco a poco asciugare entro una stufa moderatamente riscaldata, e che in seguito si polverizza per conservarla entro fiasche di vetro bene tappate. Quando si vuol far uso di questo zucchero ben acidulato, se ne diluisce due cucchiai da caffè in un bicchiere d'acqua e si ottiene una bibita tanto gradevole come quella che si può ottenere dal succo di ribes fresco. Si segue presso a poco lo stesso processo col lampone, colle ciliegie, gli aranci e i limoni. Soltanto che alle ciliegie, prima di stiacciarle, bisogna levare i noccioli; si sofirega un pezzo di zucchero sull'esterna scorza degli aranci e dei cedri, e poi si pesta questo zucchero per aggiungerlo a quello polverizzato che fosse stato frammisto al succo degli aranci o dei cedri, e che si fosse, come già dicemmo, essiccato in una stufa.
quattro o cinque volte il suo peso di zucchero ridotto in polvere. Con tale miscuglio si forma una pasta granita che si fa poco a poco asciugare entro
Le caffettiere, o vasi, o macchine che sieno, filtranti, specialmente quelle di latta, esigono una minuziosa cura di pulizia. Non solo non si deve mai lasciarvi freddare e rimanere più o meno tempo il liquido, ma è indispensabile nettarle dopo ogni singola infusione. A tale effetto si scompongono tutte le parti diverse di cui è formata la macchina o caffettiera, si lavano in molt'acqua, si fa asciugare all'aria, avendo cura che i fori del graticolato siano sempre mondi.
mai lasciarvi freddare e rimanere più o meno tempo il liquido, ma è indispensabile nettarle dopo ogni singola infusione. A tale effetto si scompongono
L'uso dei tè neri è preferibile a quello dei verdi. La infusione dei primi è più leggiera, più delicata, e il profumo n'è più soave. Sono i tè neri quelli che generalmente si adoprano per le colazioni, e specialmente il tè Souchong, misto col tè Pecco, a punte bianche. Per ottenere un buon risultato nell'infusione dei tè occorrono certe condizioni. È importante dapprima non servirsi che di un vaso esclusivamente destinato a tale uopo, e quelli di metallo inglese sono preferibili a qualunque altro. Questo metallo, che congiunge alla solidità la lucidezza dell'argento, conserva più lungamente il calore dell'acqua al suo più alto grado. Quanto alla quantità di tè da infondere nel vaso, è generalmente di un cucchiajo da caffè per ogni tazza che si voglia apparecchiare. Prima di porre il tè nel vaso, bisogna aver cura di riscaldare questo con acqua bollente, che vi si lascia per pochi minuti: giova del pari fare altrettanto colle tazze, nelle quali dev'essere versata l'infusione. Dopo bene sgocciolato il vaso, vi si pone la quantità conveniente di tè, nella proporzione sopra indicata. Quando l'acqua è bollente, se ne versa una quantità media sul tè per facilitarne lo svolgimento della fogliuzza incartucciata: si lascia infondere per alcuni minuti, si aggiunge l'altra quantità d'acqua, sempre mantenuta in istato bollente, poi si versa l'infusione sullo zucchero nelle tazze, mescolandovi, se si vuole, per ogni tazza, alquanta crema fredda, ovvero un liquore spiritoso, come rhum, kirsch o acquavite.
risultato nell'infusione dei tè occorrono certe condizioni. È importante dapprima non servirsi che di un vaso esclusivamente destinato a tale uopo, e quelli
Per far cuocere il cioccolatte coll'acqua o col latte se ne rammollisce prima una tavoletta entro due o tre cucchiaî d'acqua, e si diluisce nella cocoma mediante un bastoncino o frullo, si aggiunge quindi gradatamente la quantità conveniente d'acqua e di latte ( una misura o tazza per ogni tavoletta di cioccolatte); si fa bollire agitandola assiduamente col frullo, che si rotola colle mani, e quando è bene spumante si mesce il cioccolatte in una tazza. Se si brama più denso, si può aggiungervi un cucchiajo da tavola di farina di riso, si agita allo stesso modo, lasciandolo bollire per alcuni minuti, e si ottiene in tale modo un preparato di sapore gradevole, che ha l'aspetto di fiore di latte lievemente sbattuto.
minuti, e si ottiene in tale modo un preparato di sapore gradevole, che ha l'aspetto di fiore di latte lievemente sbattuto.
Crema russa alla Nesselrode. — Si apparecchia prima di tutto un mezzo litro di sciloppo bianco, di media consistenza, con zucchero di prima qualità e uno spicchio di vaniglia. Dall'altra parte si fa cuocere nell'acqua bollente, senza alcun condimento, quaranta o cinquanta bei marroni. Quando sono cotti perfettamente, si schiacciano con un cucchiajo di legno e si passano attraverso un fino colatojo. Ottenuto in tale modo, il succo delle castagne viene diluito nello sciloppo di zucchero, cui si aggiunge un litro di crema fresca e dodici tuorli d'uovo scelti fra i più possibilmente freschi. Si fa poi scaldare questo miscuglio al bagno-maria e si mescola costantemente fino a che sia inspessito e consistente come una crema. Vi si aggiunge allora un limone confettato tagliato a pezzetti, 50 grammi d'uva secca, cui si levano gli acini, e un bicchiere di maraschino. Questo miscuglio si allunga allora entro un secondo litro di fior di latte sbattuto, con tre albumi d'uovo, che si sbattono fino a che sieno spumanti. Quando il tutto si è bene agitato, si versa entro uno stampo, e si conserva la crema in luogo freschissimo, oppure in un vaso circondato di ghiaccio fino al momento che s'ha da servire in tavola.
cotti perfettamente, si schiacciano con un cucchiajo di legno e si passano attraverso un fino colatojo. Ottenuto in tale modo, il succo delle castagne
Dopo rotte le uova e separato il tuorlo dall'albume, si sbatte il rosso soltanto per otto o dieci minuti, aggiungendovi in piccolissime porzioni zucchero in polvere, poi bella farina bianca o fecole di patate nella proporzione di metà del peso dello zucchero adoperato. Dall'altra parte gli albumi delle uova vengono sbattuti separatamente in una spuma assai consistente e incorporati al miscuglio, ma senza più agitarlo; bisogna limitarsi di smuovere la pasta soltanto quanto basti perchè vi s'incorpori l'albume delle uova. Manipolata in tale modo, la pasta si versa in una forma internamente spalmata di fresco burro, e posta in un forno moderatamente riscaldato, non dovendo però rimanervi più di un quarto d'ora: in mancanza di forno, è facilissimo far cuocere questo biscotto, collocando la forma in mezzo alle ceneri ben calde di un focolajo, e coprendolo di un coperchio di ferro carico di ceneri pur calde aggiungendovi inoltro alcune brage.
smuovere la pasta soltanto quanto basti perchè vi s'incorpori l'albume delle uova. Manipolata in tale modo, la pasta si versa in una forma internamente
Seguendo esattamente il processo testè indicato, si può, a seconda che le mandorle tostate vengono gettate nella casseruola, aggiungere all'ultima metà dello zucchero un po' di vaniglia e alcune goccie di tintura di cocciniglia, in tale modo si ottengono le mandorle tostate di rosa alla vaniglia.
metà dello zucchero un po' di vaniglia e alcune goccie di tintura di cocciniglia, in tale modo si ottengono le mandorle tostate di rosa alla vaniglia.
Pastiglie. Le pastiglie sono nel numero dei dolciumi da famiglia i più facili ad essere apparecchiati, perchè si fanno tutte allo stesso modo, mediante una piccola padella a manico corto e prolungato a guisa di grondaja. Non conviene adoperare che lo zucchero di prima qualità, pesto e passato per uno staccio ordinario; questo zucchero deve essere soltanto inumidito e rimanersene solido; per tale effetto si bagna con acqua o succo di frutta, presso a poco nelle proporzioni di un mezzo decilitro di acqua o di succo di frutta ogni 300 grammi di zucchero. Si colano le pastiglie in istato di semiliquidezza sopra certi fogli di carta lievemente unti con olio di mandorle dolci. Tostochè le pastiglie, raffreddandosi, sono divenute solide, si staccano dai fogli sia di latta che di carta, si fanno asciugare all'aria aperta e si conservano al riparo dell'umidità. Pastiglie di cedro. Si grattugia la corteccia di un cedro sopra un pezzo di zucchero dai 300 ai 350 grammi, si pesta questo zucchero, si passa per lo staccio, e vi si versa sopra il succo di un cedro e una stilla d'acqua. Dopo aver bene operato questo miscuglio mediante una spatola, si pone presso a poco la metà di questo zucchero nella padella, che viene collocata sopra una fiamma moderata; si scalda, agitandolo, fino a che sia alquanto liquido, ma non interamente stemperato, e allora lo si cola in piccole porzioni eguali sugli stampi di latta, ovvero su fogli di carta oleosi, inclinando per ciò il beccuccio della padella. Nella medesima maniera si procede anche per l'altra porzione dello zucchero. Le pastiglie sono più o meno grosse secondo la quantità dello zucchero liquido che si lascia mano mano cadere, ma, per renderle tutte eguali, bisogna servirsi di un ordigno col quale si taglia lo zucchero a misura che cola dalla padella; a ciò basta anche un sottile filo di ferro.
uno staccio ordinario; questo zucchero deve essere soltanto inumidito e rimanersene solido; per tale effetto si bagna con acqua o succo di frutta
Quando le vostre carni hanno emesso tutto il loro succo, che questo incomincia a circondare la vivanda, vale a dire, allorquando, coll'evaporazione delle parti umide che contenevano le carni o i legumi, non rimane più che la parte osmazomica della carne, che ne è la sostanza nutritiva, intendete come un crepitìo: è un leggiero rumore che si fa in quel momento, e che nel linguaggio del cuciniere si traduce col dire: il succo incomincia a cantare. Allora diminuite il fuoco, attenuate il calore del fornello con cenere, lasciate lievemente incrostarsi quelle sostanze sopra lo strato sottoposto delle cipolle. Da tale combinazione si formerà un gelatinoso, il cui aroma venendo a solleticare gradevolmente il vostro odorato, deve tenere desta la vostra attenzione sull'operazione che questi segni indicatori annunziano dover ben presto essere terminata.
delle cipolle. Da tale combinazione si formerà un gelatinoso, il cui aroma venendo a solleticare gradevolmente il vostro odorato, deve tenere desta la
Le carni bianche, come il vitello, l'agnello il tacchino e l'altro pollame, si trattano in modo affatto diverso. Esigono esse sino dal principio della cottura un fuoco lento, che dev'essere tale mantenuto sino alla fine. Di tratto in tratto vogliono pure essere spalmate di burro, perchè non mandano, come le carni rosse, tanto succo, e facilmente si rasciugano e abbrustoliscono. Si conosce che le carni bianche sono giunte al punto di perfetta cottura quando diventano tenere sotto la pressione del dito e lasciano traspirare alquanto fumo. Del resto, basta avere acquistata un po' di esperienza per saper fare arrostire convenientemente le carni bianche. Il vero talento di chi arrostisce si rivela nel modo con cui sa cuocere queste carni, le quali devono conservare tutto il loro succo fino al momento in cui compariscono in tavola, e si separano sotto l'azione del coltello senza stento in pezzi morbidi e succulenti.
della cottura un fuoco lento, che dev'essere tale mantenuto sino alla fine. Di tratto in tratto vogliono pure essere spalmate di burro, perchè non mandano
Mescolanze alla francese. I piattellini noti sotto un tale nome, che i Francesi chiamano canapés, sono pezzi di mollica di pane tagliata a forma quadrilatera oppure a cuore, in modo che, riunendosi colle punte, empiono il fondo della conchiglia. Si fanno friggere, e poi con un coltello si rendono alquanto cavi empiendoli d'insalata d'acciughe bell'e condite. Nel disporre questa mollica di pane sul piatto se ne copre un pezzo con prezzemolo, un altro con tuorlo d'uovo, il terzo con fette di barbabietola, il quarto con albume d'uovo cotto o sbattuto, il tutto ben finamente tritato, componendo in tal modo un apparecchio che riesce gradito insieme e alla vista e al palato.
Mescolanze alla francese. I piattellini noti sotto un tale nome, che i Francesi chiamano canapés, sono pezzi di mollica di pane tagliata a forma
Guarniture di funghi. I funghi destinati a tale uopo devono essere di mezzana grandezza, bianchi e ben rotondi; nell'approntarli si deve lasciar loro una parte del manico. Si ammaniscono nel succo di limone misto ad un poco d'acqua; tosto che sono in ordine vi si aggiunge sale e burro e si lasciano cuocere lentamente e sopra una tenue fiamma per cinque soli minuti.
Guarniture di funghi. I funghi destinati a tale uopo devono essere di mezzana grandezza, bianchi e ben rotondi; nell'approntarli si deve lasciar loro
Quanto a noi, d'accordo pienamente con tale opinione, incomincieremo anzi dal parlare non solo della zuppa, ma bensì del suo recipiente o pentola d'allesso che si voglia chiamare, consistendo in parte anche da tale arnese la riuscita delle vivande che si hanno ad apparecchiare; quindi insegneremo ai nostri lettori le ricette più piane e semplici e di facile esecuzione per approntare ottime zuppe e minestre.
Quanto a noi, d'accordo pienamente con tale opinione, incomincieremo anzi dal parlare non solo della zuppa, ma bensì del suo recipiente o pentola d
Guardatevi pure, una volta che i bifteks sono sulla graticola, di voltarli e rivoltarli più volte. Basta avere un poco di esperienza e di buon senso per astenersi da tale procedere; il risultato può compromettere la cottura. Seguite anche in ciò il metodo che abbiamo indicato.
per astenersi da tale procedere; il risultato può compromettere la cottura. Seguite anche in ciò il metodo che abbiamo indicato.
Petto di vitello infarcito (alla triestina). Levate dapprima gli ossi che si trovano sul petto, disossandolo fino a due dita dal tenerume. Dopo aver fatto quindi una incisione fra la carne di sopra e quella delle costole, introducetevi sia una infarinatura di crostata, sia carne in salsiccia, sia finalmente un infarcito composto di carne di vitello, che triturerete colla medesima quantità di lardo, ponendovi pepe, sale, qualche cipollina, prezzemolo tritato o un uovo intero. Cucite con un grosso ago e spago le carni che contengono il farcito, affinchè questo, cuocendosi, non esca. Fate cuocere il petto allo stesso modo che le altre carni di vitello alla borghese, oppure anche in ispiedo, e aggiungetevi tale salsa o guernimento che meglio vi convenga. Potete pure con un piccolo cucchiajo di farina e burro comporre un legame di salsa e spargerlo sulle vivande in cottura.
cuocere il petto allo stesso modo che le altre carni di vitello alla borghese, oppure anche in ispiedo, e aggiungetevi tale salsa o guernimento che meglio
La carne di castrato è considerata come un alimento salutare, nutritivo e di facile digestione. I quarti davanti, la coscia, il filetto ed il collo sono le parti migliori; bisogna sceglierli di una carne che abbia il colore chermisino, brunita e coperta di fascie di grasso bianco. I quarti davanti hanno sempre da essere più o meno battuti secondo le stagioni: in tale guisa acquistano tutta la delicatezza di cui sono suscettibili.
hanno sempre da essere più o meno battuti secondo le stagioni: in tale guisa acquistano tutta la delicatezza di cui sono suscettibili.
Costolette panate. Dopo aver stiacciato le costolette che avrete scelte, le approntate tagliando l'osso sino in prossimità della carne, e levando quella pellicola nervosa che lo attornia, gli date una forma come arrotondata. Condite le costolette con pepe e sale, le passate in burro tiepido e le ravvolgete nella mollica di pane. Fate cuocere sulla graticola a fuoco lento; in tale maniera la mollica di pane conserverà il succo, che le carni tramandano durante la cottura. A queste costolette aggiungete, sia un succo, sia una salsa di pomidoro, di cipolline, di erbe ecc. ecc.
ravvolgete nella mollica di pane. Fate cuocere sulla graticola a fuoco lento; in tale maniera la mollica di pane conserverà il succo, che le carni
Essendo adunque frollata la carne a dovere, infilzatela nello spiedo e fatela cuocere a fuoco vivo, in maniera tale che ne sia invasa da ogni parte, e possa per tal modo conservare tutto il suo succo. Basta solo un'ora per la cottura, e gl'indizî che fanno conoscere facilmente che la coscia è cotta in punto sono quei lievi buffi di fumo che n'escono e alcune goccie di sugo che incominciano cadere nella lecarda.
Essendo adunque frollata la carne a dovere, infilzatela nello spiedo e fatela cuocere a fuoco vivo, in maniera tale che ne sia invasa da ogni parte
Soppressata di pollo d'india. Tagliate il collo e le zampe dell'animale, fate rientrare le coscie per di dentro, e lasciate le ali che disosserete fino alla pinna. Collocate allora il pollo sopra una salvietta, rivolto sul suo ventre; fendetelo per il dosso, e incominciate a disossarlo senza fare il menomo guasto alla pelle; a tale uopo bisogna far uso di un apposito coltello da cucina. Levate i nervi delle coscie il meglio che potete, tagliando via parte delle carni del petto e dei grossi pezzi delle coscie. Introducete col lardatoio pezzetti fini di lardo nella parte magra dell'animale così disossata e condite di sale, pepe e spezierie.
il menomo guasto alla pelle; a tale uopo bisogna far uso di un apposito coltello da cucina. Levate i nervi delle coscie il meglio che potete, tagliando
Dopo avere bene mondate e abbruciacchiate le oche destinate a tale uso, si fanno arrostire allo spiedo, ma in modo da non cuocerli che per due terzi, e si raccoglie accuratamente tutto il grasso che da essi cola. Si lasciano poi freddare e si staccano quindi acconciamente le ali e le coscie. Si può, volendo, riserbarsi le ale per approntarle e mangiarle, ovvero prepararle come le coscie. In quest'ultimo caso, non rimarrà che il carcame di cui si può trarre immediatamente profitto. Si schiera entro una terrina od un vase di terra le coscie o le ali le une sulle altre, senza troppo pigiarle, e gettandovi sopra ad intervalli sale trito e qualche foglia di lauro. Così si lasciano per dodici o quindici ore, affinchè convenientemente si asciughino. Si mescola poi il grasso che le oche colarono con del buon grasso bianco, e si fa colare versandolo sulle coscie e sulle ali, in modo che ne sieno coperte almeno per un pollice. Si lascia che il grasso si rapprenda, e cuopresi accuratamente la terrina od il vaso con pergamena bene assicurata e legata con ispago.
Dopo avere bene mondate e abbruciacchiate le oche destinate a tale uso, si fanno arrostire allo spiedo, ma in modo da non cuocerli che per due terzi
La carne del fagiano non è veramente apprezzata dagli amatori che quando è stagionata; allora essa carne si profuma dell'aroma desiderato; ma bisogna bene scegliere il momento; bene spesso un giorno di più diventa un giorno di troppo, e allora le emanazioni non sono più così gradite all'odorato come al palato. Ecco quello che ne dice un competentissimo giudice, Brillat Savarin: “Il fagiano, quando è mangiato tre giorni dopo la sua morte non ha nulla che lo renda pregiato: non è nè così delicato come le pollastre, nè così delizioso all'olfatto come la quaglia. Adoprato a tempo opportuno in vece, gli è di una carne tenerissima, squisita e di egregio sapore, perchè partecipa in pari modo del volatile e della selvaggina. Questo così desiderabile momento è quello in cui la carne del fagiano incomincia decomporsi; allora si sviluppa il suo aroma e si paragona ad un olio che, per esalarsi, avea duopo di alquanta fermentazione, come l'olio del caffè che ottiensi solo colla tostatura. Giunto a tale stadio il fagiano si spenna, ma non prima, e si lardella punzecchiandolo col lardatoio, scegliendo però il migliore ingrediente e che sia fresco e massiccio. Non è mica indifferente cosa lo spennare più presto il fagiano; poichè esperienze certe insegnarono che quelli fra i detti animali che si conservano colle penne sono più profumati di quelli che rimasero lungamente nudi. „
, avea duopo di alquanta fermentazione, come l'olio del caffè che ottiensi solo colla tostatura. Giunto a tale stadio il fagiano si spenna, ma non prima, e
Il fagiano, giunto a tale punto di decomposizione da far andare in solluchero i veri ghiottoni, non va forse a grado di tutti, e noi pure crediamo che un fagiano sarebbe del pari degnissimo di comparire ad una tavola senza aspettare che abbia il ventre completamente azzurrognolo o verde; ma non è men vero che questo volatile, per essere buono ha d'uopo d'essere mortificato. Si conserverà pertanto cinque o sei giorni, e perfino anche otto, secondo la stagione, e consultando la temperatura.
Il fagiano, giunto a tale punto di decomposizione da far andare in solluchero i veri ghiottoni, non va forse a grado di tutti, e noi pure crediamo
Manicaretti di pernici. Fate cuocere allo schidione due pernici, e lasciatele raffreddare. Levatene poi uno ad uno i membri, cioè le ale, le coscie ed il petto, e, dopo averne levata la pelle, poneteli in una casseruola con un poco di burro fresco per tenerli caldi. Gli avanzi saranno triturati colla pelle onde comporre la salsa. A tale uopo prendete una seconda casseruola, entro la quale porrete quegli avanzi con quattro cipollette e uno spicchio d'aglio bene tritati, alcune foglie di prezzemolo, una foglia di alloro, un po' di timo, pepe, sale e un bicchiere di vino bianco. Aggiungete salsa spagnuola in quantità sufficiente all'uopo e fate bollire sopra un buon fuoco. Ridotta che sia la salsa ad un punto conveniente, passatela per uno staccio di crine senza spremerla, in modo da ben cuoprire tutti li membri delle pernici, che terrete caldi, senza però farli bollire. Guarnite un tondo a foggia di piramide, versatevi la salsa, e attorniate il piatto con croste di pane fritto nell'olio. Se si vuole si aggiunga il succo di un limone.
colla pelle onde comporre la salsa. A tale uopo prendete una seconda casseruola, entro la quale porrete quegli avanzi con quattro cipollette e uno
Crediamo inutile di aggiungere altre ricette circa i modi di preparare e cuocere questi animaletti così delicati; variando questi secondo i capricci o i gusti delle persone senza legge fissa, essendo i modi più semplici quelli che rendono sovratutto saporita o gradevole una tale vivanda senz'uopo di ricorrere ad apparecchi ed ingredienti che spettano piuttosto ad animali di più grosso volume e che noi abbiamo già menzionati
o i gusti delle persone senza legge fissa, essendo i modi più semplici quelli che rendono sovratutto saporita o gradevole una tale vivanda senz'uopo
Lepre in ispiedo. Levata la pelle e sventrato il lepre, ne spoglierete le carni anche della seconda pellicola che ricopre i filetti e le coscie, e a tale effetto li ripassate sur un fornello dove arda un buon fuoco; quindi per rendere più ferme le carni e poter più facilmente lardellarle, quando le ritirerete dal fornello, strofinatene le coscie ed il dorso col fegato, il che comunica alle carni una bella vernice.
tale effetto li ripassate sur un fornello dove arda un buon fuoco; quindi per rendere più ferme le carni e poter più facilmente lardellarle, quando le
Dopo averlo accuratamente lavato e nettato in più acque, lo porrete entro una casseruola ovale, con due manate di sale, ed acqua bollente in quantità sufficiente perchè ne sia ben coperto. Lasciatelo cuocere in tale modo dai tre quarti ad un'ora, secondo la sua grossezza.
sufficiente perchè ne sia ben coperto. Lasciatelo cuocere in tale modo dai tre quarti ad un'ora, secondo la sua grossezza.
Asello. L'asello è uno dei pesci di mare li più comuni, il che non toglie che non sia molto stimato e tale da comparire anche alle migliori tavole. Si presta egli, come la sogliola, a tutte le metamorfosi che gli si voglia far subire, e l'arte culinaria sa presentarlo al palato sotto le forme più varie. La qualità dell'asello dipende dalla sua grande freschezza; il che si conosce alle sue squamme argentine, all'occhio vivo e alle carni salde e dure al tatto.
Asello. L'asello è uno dei pesci di mare li più comuni, il che non toglie che non sia molto stimato e tale da comparire anche alle migliori tavole
Conchiglie di S. Giacomo. Queste conchiglie, che si chiamano anche conchiglie pellegrine, trovansi abbondevolmente in tutti i porti di mare nei mesi di febbraio, marzo e aprile. Si ammanniscono nel modo seguente: Prendetene dodici, e apritele come fareste delle ostriche; il mollusco interno si presenta come un piccolo formaggio di crema. Levatene quel fluido giallastro e viscoso che la ravvolge: mondatelo bene lavandolo in acqua fresca, e poi, gittato in acqua bollente con un po' di sale, lasciatevelo alquanto, ripassandolo tosto dopo in acqua fresca. Abbiate in disparte una cinquantina di grosse ostriche dette zampe di cavallo, che ripasserete parimenti dall'acqua bollente nella fredda; prendete di queste soltanto la parte bianca, gettando via il callo e le barbe; tritatele insieme col crostaceo, tanto che sieno grosse come un grano d'uva di Corinto; tritate del pari finamente delle cipolle in quantità eguale alla metà del crostaceo, e mescolate insieme prezzemolo, crescione ed alquanta mollica di pane. Quando avrete preparato il tutto, prendete una casseruola, entro la quale abbiate fatto struggere una libbra e mezzo circa di burro fresco, entro cui deporrete: 1.° Le cipolle; quindi aggiungete, 2.° l'erbe fine (che avrete lavate in acqua fresca e quindi bene asciutte); 3.° li crostacei; 4.° la mollica di pane. Condite di pepe e sale, e mescolate bene affinchè la mollica di pane assorba il burro. Se questo non bastasse aggiungetevene, perchè è duopo che queste vivande, per essere saporite, abbiano assai condimento di burro. In ogni caso poi, quando ritirerete dal fuoco la casseruola, vi aggiungerete 125 o 250 grammi (un quarto od una mezza libbra) di burro. Quest'ultimo comunica quel che di vellutato e di morbido indispensabile a tale vivanda, la quale porrete poi in una fonda terrina coperta di un foglio di carta spalmata pure di burro, per servirsene all'uopo. Potete conservarla sette in otto giorni.
quarto od una mezza libbra) di burro. Quest'ultimo comunica quel che di vellutato e di morbido indispensabile a tale vivanda, la quale porrete poi in
Fagiuoli bianchi secchi. Bisogna sempre, per cuocerli, porli nell'acqua fredda; esigono quindi per essere cotti assai maggior tempo che quelli freschi. Tale osservazione, del resto, si applica egualmente agli altri legumi secchi o freschi, come le lenticchie, i piselli, le fave ecc. ecc. Il mezzo per accertarsi se i legumi sono cotti, è quello di toccarli con un cucchiaio di legno: guardatevi bene dall'adoperare sia lo schiumatoio che qualunque altro cucchiaio di metallo; i legumi s'indurirebbero. L'acqua poi serve, cogli opportuni condimenti, per approntare le zuppe di magro.
freschi. Tale osservazione, del resto, si applica egualmente agli altri legumi secchi o freschi, come le lenticchie, i piselli, le fave ecc. ecc. Il mezzo
Frittata con erbe. Rompete entro un apposito recipiente dal sette ad otto uova, conditele di pepe e sale, e aggiungetevi alquanto d'acqua, che serve a diluir meglio le uova e a rendere più delicata la frittata; sbattetele ben bene con una forchetta, aggiungetevi l'erbe ben tritate e qualche pezzetto di burro, poi sbattete di nuovo per meglio incorporare il tutto. Ponete nella padella un mezzo quarto di libbra di burro, e tosto che questo sia stemperato, senza però assumere colore, versatevi tosto le uova, rimescolate leggermente e sollecitamente colla forchetta mano mano che si rapprendono; e, tosto che sono a sufficienza indurite, inclinate la padella dal lato opposto al manico, arrotondandola per darle una forma alquanto allungata, avendo però l'avvertenza di tenere il fuoco dal lato verso il manico anzichè nel mezzo; specialmente poi badate di eseguire assai rapidamente tale operazione, perchè, meno le uova sono cotte, più la frittata è morbida e delicata: il che costituisce il principal merito di una frittata veramente in punto.
, avendo però l'avvertenza di tenere il fuoco dal lato verso il manico anzichè nel mezzo; specialmente poi badate di eseguire assai rapidamente tale
Quando si adopera questa pasta, s'ha d'avere cura di tenerla bene distesa collo spianatoio a cilindro appena della grossezza di un tallero, se dovete disporla entro una forma o stampo. Con tal pasta voi potete comporre pasticci caldi, bodini, pasticci freddi, entro stampi destinati a tale uopo, e che abbreviano l'operazione rendendola anche più facile. Così per esempio per pasticci caldi non avrete altro che da stendere questa pasta attorno le pareti dello stampo, che guarnirete prima tutto all'intorno; empirete lo stesso di avena o di crusca o di farina; coprirete il tutto con un coperchio fatto della stessa pasta che potete adornare con una decorazione di vostro gusto e secondo il capriccio, con fogliami, disegni ecc. ecc. Fate cuocere nel forno per una mezz'ora, e allorchè la pasta è cotta, vuotate lo stampo, ritiratelo, e guarnite il pasticcio delle carni od anche dei pesci che abitualmente si adoprano per la confezione dei piatti detti turbantini.
disporla entro una forma o stampo. Con tal pasta voi potete comporre pasticci caldi, bodini, pasticci freddi, entro stampi destinati a tale uopo, e
Frangipane o crema pasticciata. Ponete in una casseruola quattro tuorli d'uovo e due uova intere; incorporatevi altrettanta farina quanta occorre per fare una densa paniccia che diluirete in seguito in un litro di latte. Ponete al fuoco questo miscuglio e rimescolate sempre fino a che bolle; aggiungetevi 125 grammi (un quarto di libbra) di burro chiarificato oppure midolla di bue liquefatta; fate cuocere per un quarto d'ora questo liquido mescolando sempre per tema non si attacchi e solidifichi, benchè debba essere tenuto assai denso. Quando è cotto, versatelo in apposito vase o qualsiasi altro recipiente e lasciatelo freddare. Triturate alquante mandorle (sopra sei ponetene una amara), nonchè alquanti maccheroni e zucchero in sufficiente quantità; riducete il tutto in finissima polvere, e mescolate assieme. Servitevi di questa crema pasticciata o frangipane per comporre, sia torte, sia tortelli di ogni sorta, e dolciumi di fantasia. A tale effetto stendetela sur un ripiano cosparso di burro; tagliatela in forma ovale, rotonda, o a guisa di mezza luna; spalmatela di uova sbattute, aspergetela di mollica di pane grattugiata, poi fatela friggere.
tortelli di ogni sorta, e dolciumi di fantasia. A tale effetto stendetela sur un ripiano cosparso di burro; tagliatela in forma ovale, rotonda, o a
Dobbiamo fare anche osservare che pei formaggi bavaresi, come per le creme in generale, si strofina lievemente le forme con olio di mandorle dolci; con tale mezzo non si ha il disturbo di ammollirli nell'acqua calda.
; con tale mezzo non si ha il disturbo di ammollirli nell'acqua calda.
Mandorlato o Torrone. Prendete una libbra di mandorle dolci, mondatele, lavatele, stillatele bene sopra una salvietta; tagliate poscia ogni mandorla in cinque o sei parti, e fatele abbrustolire leggermente ad un fuoco temperato senza che assumano alcun colore. Ponete in una padella o casseruola tre quarti di libbra di zucchero in polvere, che farete diluire rimescolandolo con un cucchiaio di legno, ma leggermente e solo in quanto s'impedisca di bruciarsi. Quando sarà liquefatto, assumendo un bel colore giallo, gettatevi per entro le mandorle che avrete tenute calde; ritirate dal fuoco la casseruola e mescolate bene le mandorle collo zucchero. Spalmate uno stampo nonchè un coperchio di casseruola; prendete una cucchiaiata di mandorlato, e stendete anche questo sul coperchio della casseruola, stiacciandolo al più possibile sottilmente con un limone, e guarnitene tosto lo stampo; continuate in tale modo fino a che lo stampo sia per intero ripieno. Si può anche versare tutto ad un tempo il mandorlato nello stampo, e disporlo quindi in esso, ma l'operazione riesce più difficile. In questo come nell'altro caso questo lavoro deve eseguirsi assai prontamente e sul caldo, a rischio anche di scottarsi alquanto le dita, perchè il torrone si raffredda assai presto, e quando è freddo non si può più disporlo nella forma. Per levarlo da questa, dovete aspettare che si raffreddi, e quindi decoratelo a vostro piacimento. Potete disporre anche il vostro torrone in piccoli panieri o corbelli che empirete di fior di latte sbattuto incoronandolo di fragole o di lamponi.
; continuate in tale modo fino a che lo stampo sia per intero ripieno. Si può anche versare tutto ad un tempo il mandorlato nello stampo, e disporlo quindi in
Cialde con pinocchi. Procedete come nel capitolo precedente e aromatizzate con un bicchierino di kirschwasser; ma, invece di pestare i pinocchi, il che toglierebbe loro buona parte di sapore, li tagliuzzerete, mescolerete colla pasta e farete cuocere entro uno stampo apposito che abbia cavità abbastanza profonda per ricevere i pezzetti del pinocchio. Però s'ha da aver attenzione di non far troppe briciole, e a tale scopo s'ha da adoperare un staccio fino.
abbastanza profonda per ricevere i pezzetti del pinocchio. Però s'ha da aver attenzione di non far troppe briciole, e a tale scopo s'ha da adoperare un
Raccomandiamo sotto tale denominazione tutte le leccornie e dolciumi di pasta asciutta o più o meno dura, conosciuta sotto il nome di Croccanti con mandorle, frittelle croccanti, stinchetti, ecc, ecc.
Raccomandiamo sotto tale denominazione tutte le leccornie e dolciumi di pasta asciutta o più o meno dura, conosciuta sotto il nome di Croccanti con
Pazienze, dette anche bottoni da gambiere. Queste pazienze si fanno anche allo stesso modo che gli stinchetti svizzeri; la sola differenza non è che nello stampo a cartoccio, la cui apertura non deve lasciar passare che un piccolo pisello. Il sacchetto di tela cruda deve essere pure di mezzana grandezza, perchè, se contenesse troppa pasta, vi fareste male al polso nel comporre le vostre pazienze. Affinchè queste si stacchino dallo stampo non avete che a porre la parte dinanzi di questo sopra la piastra. In tale maniera voi tagliate, premendo la pasta, e rimane sulla piastra la sola pazienza nella sua determinata grossezza. Procurerete che la pasta sia un po' più dura che non pegli stinchetti, ed il forno anche più caldo. Quando le pazienze sieno bene ingiallite al di sotto è prova che sono cotte.
avete che a porre la parte dinanzi di questo sopra la piastra. In tale maniera voi tagliate, premendo la pasta, e rimane sulla piastra la sola pazienza
Pasta di mandorle ordinaria. Per ben riuscire a comporre la pasta di mandorle, e specialmente quella dei confetti spugnosi, detti comunemente spumiglie (macarons) importa avvertire: 1. ad avere uova assai fresche, e separare perfettamente il tuorlo dall'albume, perchè la più impercettibile parte del primo riesce nociva; 2. di non fare immergere nell'acqua calda le mandorle che si vogliono mondare, ma sì, potendolo, lasciarle un giorno ed una notte immerse nell'acqua fredda; la qual cosa riesce oltremodo utile, attesochè impedisce alle mandorle di assumere sapore oleoso, o di emettere il proprio. Questo vantaggio verrà tosto apprezzato se si rifletta che, appunto per prevenire tale inconveniente, si aggiunge, tratto tratto, dell'acqua freddissima alle mandorle che si tritano entro il mortaio.
proprio. Questo vantaggio verrà tosto apprezzato se si rifletta che, appunto per prevenire tale inconveniente, si aggiunge, tratto tratto, dell'acqua
Pastiglie di mandorle e farina, per croccanti e crostate. Queste differiscono dalle precedenti solo per l'aggiunta che farete della farina. Il modo di amalgamare questa colle mandorle, lo zucchero, il profumo stabilito, differisce d'ordinario a seconda della preparazione; diremo pertanto che, ad ogni modo, la pasta crostata deve preventivamente formare pezzi di 500 grammi, o di 250, secondo la quantità da prepararsi; che questi pezzi si debbano quindi distendere collo spianatojo o cilindro, di una lunghezza e larghezza tale, da porgere un numero giusto di croccanti senza alcun ritaglio. Per esserne ben certo, bisogna separare la pasta col dosso del coltello. Quindi si collocano sopra piastrelle bene unte, si intridono con uovo, si cucinano in forno ben caldo, quindi, freddati che sieno, vengono conservati al riparo dell'aria, in luogo bene asciutto.
quindi distendere collo spianatojo o cilindro, di una lunghezza e larghezza tale, da porgere un numero giusto di croccanti senza alcun ritaglio. Per
I grissini si formano con una pasta consistente, di farina di avena, acqua distillata e alquanto sale; quando vi si aggiunge burro, essi sono più delicati, ma durano però meno. La pasta si fa con due lieviti onde riesca più sottile e poter facilmente tirarla. I fornaî di Torino hanno in proposito tale abilità, che tirano i grissini della lunghezza di 75 centimetri. Essi tagliano la pasta in piccoli pezzi, li pigliano colle dita d'ambe le mani e li allungano adattandoli alla palla del forno. Essi l'infornano, vale a dire, passano la pala coperta di grissini entro un forno ben caldo, li tengono d'occhio, e li ritirano tosto che abbiano raggiunto il conveniente grado di cottura.
tale abilità, che tirano i grissini della lunghezza di 75 centimetri. Essi tagliano la pasta in piccoli pezzi, li pigliano colle dita d'ambe le mani e
(1) Si pongono 170 grammi (circa un terzo di libbra) di tale per ogni libbra di carne. Così, per salare 30 chilogrammi (sessanta libbre) di carne di majale si adopereranno venti libbre di sale.
(1) Si pongono 170 grammi (circa un terzo di libbra) di tale per ogni libbra di carne. Così, per salare 30 chilogrammi (sessanta libbre) di carne di