Merluzzo. Modo di dissalarlo. Si deve sceglierlo di carne spessa e morbida, bianco ed esente da odore analogo a quello dell'olio rancido, odore che contrae allorquando è troppo vecchio e mal conservato. Si sospende in un locale arieggiato esente da umidità, inaccessibile agli animali corrodenti attratti da lungi dall'odore del merluzzo. Per sospendere i merluzzi, val meglio servirsi di grossi fili di ferro, anzichè di spago; perchè i sorci sanno perfettamente salire e scendere lungo uno spago; un filo di ferro non può servir loro di passaggio per attingere il merluzzo. Per dissalarlo, si taglia trasversalmente a pezzi nella sua lunghezza, e si pratica nel suo spessore tagli di distanza in distanza. Dodici ore d'immersione nell'acqua fredda, rinnovata tre o quattro volte, basta ordinariamente per dissalarlo; talvolta però occorrono due o tre giorni, e allora si rinnova l'acqua mattina e sera. In ogni caso, i pezzi che s'immergono in tal modo nell'acqua devono essere posti colla pelle per di sopra.
, rinnovata tre o quattro volte, basta ordinariamente per dissalarlo; talvolta però occorrono due o tre giorni, e allora si rinnova l'acqua mattina e
Lo zucchero di buona qualità dev'essere brillante, sonoro quando si picchia, rompersi di botto, e sciogliersi nell'acqua senza lasciarle alcuna trasparenza. Di più, deve avere un sapore schietto, esente da qualsiasi altro miscuglio. Lo zucchero noto sotto il nome di zucchero regio di Olanda, è notevole per la sua durezza, trasparenza e cristallizzazione; è quello che di preferenza s'impiega per l'acqua inzuccherata, e per l'apparecchio degli sciloppi e delle gelatine: è sempre ad un prezzo un po' più elevato delle altre qualità. Per gli altri usi ordinarî di famiglia, lo zucchero bianco un po' meno bello e meno caro del precedente può essere sufficiente. Quello non raffinato, giallo, di buona qualità, inzucchera molto, e di più, siccome è meno caro del raffinato, si può adoprarlo vantaggiosamente per qualche uso domestico, principalmente per quello di cucina. In una famiglia non conviene far grandi provvisioni di zucchero in una volta, poichè non si conserva tutto al più che un solo anno. Devesi tenerlo ben coperto, e al riparo da qualunque umidità e da ogni odore estraneo, che contrae facilmente. Vale meglio preparare in casa sua lo zucchero in polvere, anzichè comperarlo già preparato, perchè in quest'ultimo caso è talvolta mescolato con qualche sostanza eterogenea.
preparato, perchè in quest'ultimo caso è talvolta mescolato con qualche sostanza eterogenea.
Per abbrustolire o tostare, come si dice, il caffè, s'adopera un cilindro attraversato da un fusto, le cui due estremità si appoggiano sopra un fornello. La scelta del combustibile non è indifferente, e bisogna sempre preferire il carbone di legna, perchè manda un calore più eguale e sostenuto. È però meglio non abbrustolire i caffè gialli e verdi, essendochè questi sono sempre meno asciutti dei primi; nel tostarli separatamente si ottengono migliori risultati. Non si empia mai il cilindro che per metà, in modo che il fusto che l'attraversa non ne sia coperto, e che il caffè, gonfiandosi a misura che si scalda, non sia mai pigiato, e possa muoversi e venir facilmente agitato. Il fuoco devesi sempre mantenere eguale, dev'essere moderato specialmente in principio della operazione. Bisogna girare e rigirare il cilindro, ora da destra ora da sinistra, fino al momento in cui il caffè manda assai fumo; allora si leva di frequente l'ordigno dal fuoco per iscuoterlo ed agitarlo in ogni senso. Quando l'operazione è presso al suo termine, ed esige, per lo meno, tre quarti d'ora, se trattasi d'una media quantità di caffè, il fumo scappa dal cilindro con maggiore abbondanza, il grano scoppietta, diventa umido, di color bruno, e spande un gradevole profumo: è quello il momento di ritirare dal fuoco il cilindro, per lasciare che la cottura si compia da sè medesima, mercè il vapore concentrato nell'apparecchio che si agita per alcuni minuti. Si versa allora il caffè in un caseggio o tondo, per poi immediatamente stenderlo in largo sopra una piana superficie, come, per esempio, una tavola, un asse, e di preferenza sopra una pietra o sul marmo, più la superficie è fredda, e meglio si concentra l'aroma del grano tostato. È soltanto dopo che il caffè è completamente freddato che si può ventilarlo onde liberarlo dalle pellicole, nonchè dai corpi estranei, che talvolta vi sono frammischiati; ma questa è un'operazione di cui spesso si può fare a meno, specialmente se si ebbe cura di mondarlo innanzi che sia abbrustolito. Il caffè, tostato con ogni cura e al punto voluto, non deve mai aver perduto, dopo questa operazione, più del 18 o 20 per cento, vale a dire più del quinto del suo peso.
ventilarlo onde liberarlo dalle pellicole, nonchè dai corpi estranei, che talvolta vi sono frammischiati; ma questa è un'operazione di cui spesso si
Soltanto osserveremo che le arselle si pongono intere, ben inteso dopo levato loro il guscio; delle ostriche non si pone che la polpa, tagliandola in due se sono grosse, e lasciandole intere se piccole; talvolta alcuni vi lasciano il solo callo, ch'è tra la polpa e la barba. Quanto ai granciporri o gamberi si pongono sole le code ben sguciate. Per gli astachi si usa tagliarli in piccole fette rotonde od ovali, sottilissime e grandi come un soldo. Prima di servire in tavola si aggiunge ai gamberi il burro di gamberi, e agli astachi il burro di astaco.
due se sono grosse, e lasciandole intere se piccole; talvolta alcuni vi lasciano il solo callo, ch'è tra la polpa e la barba. Quanto ai granciporri o
Guarniture di creste e arnioni di gallo. Le creste che si devono tagliare hanno ad essere novelle, di un colore rosa, doppie e con lunghe barbe. Dopo averle mondate e approntate con cura, s'immergono in un'acqua quasi bollente; poi le si ritirano, si sgocciolano soffregandole colle dita per liberarle dalla pelle che le ricopre. Mano mano si gettano nell'acqua fresca, e si lasciano colà guazzare per più ore. Quando sono divenute bianchissime, si stillano, e, per farle cuocere, si schierano in una casseruola con burro finissimo, succo di limone e un po' di sale, versandovi sopra alquanto brodo. Quanto agli arnioni del gallo, dopo averli lasciati in molle nell'acqua fredda, si uniscono alle creste in ebollizione e si ritirano quasi subito, poichè se si lasciassero bollire si scioglierebbero in pezzetti: talvolta si aggiunge agli arnioni di gallo delle animelle d'agnello che vengono ammannite al modo stesso.
, poichè se si lasciassero bollire si scioglierebbero in pezzetti: talvolta si aggiunge agli arnioni di gallo delle animelle d'agnello che vengono
Storione. Lo storione è pesce marino che risale i fiumi e le correnti, e talvolta raggiunge una proporzione di volume considerevole. Non descriveremo i varî modi di prepararlo, ma ci basterà dire che la sua carne, la più consistente quasi di tutti i pesci, può cuocersi egualmente allo spiedo o con marinata, e prestarsi a tutti i modi di cozione come le carni del vitello.
Storione. Lo storione è pesce marino che risale i fiumi e le correnti, e talvolta raggiunge una proporzione di volume considerevole. Non descriveremo
Grongo o anguilla di mare. Egli è questo un pesce poco stimato nelle grandi tavole; nondimeno, quando sia ben grasso e fresco, non è da disprezzarsi, specialmente se v'abbia mancanza di pesci più delicati. Il modo più comune di cuocerlo, se allesso, gli è di porlo in una caldaia con alquanto sale, un pizzico di prezzemolo e alquante foglie di lauro. Tosto che sia cotto, lo si copre con una salsa al burro resa piccante con capperi o citriuoli affettati. Talvolta, nei giorni di magro, si fa una zuppa eccellente col brodo ristretto del grongo misto ad altre erbe aromatiche, oppure si fa cuocere il pesce entro una zuppa d'erbe, tagliato in più larghe fette, il che rende eccellente il pesce, ed ottiene il sapore della zuppa.
affettati. Talvolta, nei giorni di magro, si fa una zuppa eccellente col brodo ristretto del grongo misto ad altre erbe aromatiche, oppure si fa cuocere
Pesce d'acqua dolce. In generale, il modo migliore di ammannire il pesce di acqua dolce è di farlo cuocere stufato, vale a dire, entro vino bianco e rosso con aromi, come timo, lauro, chiovi di garofano, mazzolini di prezzemolo, cipollette e qualche spicchio d'aglio. Con essi, tosto che siano cotti, si forma la salsa, alla quale si aggiunge talvolta un pezzettino di burro d'acciughe per unirla assieme. La carne del pesce d'acqua dolce naturalmente è scipita, esige una salsa piuttosto piccante, vale a dire, che sia dosata di alquante spezierie.
, si forma la salsa, alla quale si aggiunge talvolta un pezzettino di burro d'acciughe per unirla assieme. La carne del pesce d'acqua dolce
Astachi e locuste marine. L'astaco e la locusta marina sono dei gamberi di mare che talvolta raggiungono considerevoli proporzioni; ma non per questo i più grossi sono sempre i migliori. La carne della locusta è più salda di quella dell'astaco; ma tanto questo che quella hanno carne indigesta e pesante, e non conviene che ai temperamenti giovani e robusti. Allora, quando comperate delle locuste o degli astachi, scegliete, non già i più grossi, ma sì quelli che hanno più peso. D'ordinario si vendono in qualche luogo begli e cotti. Se sono crudi, fateli semplicemente cuocere allessi in acqua e sale, e lasciateli bollire da venti a venticinque minuti, secondo la loro grossezza. Sappiamo benissimo che il modo più abituale di farli cuocere, quello cioè che viene indicato in tutti i libri culinari, consiste nel farli cuocere con timo, lauro, basilico, garofani, e noce moscata grattugiata; ma questi aromi, buonissimi per comunicare del sapore al pesce scipito, alterano sensibilmente la delicatezza della carne dell'astaco e della locusta, a tal punto che allora è difficile distinguere l'una dall'altro, benchè abbiano un diverso sapore, che gli amatori sanno benissimo distinguere.
Astachi e locuste marine. L'astaco e la locusta marina sono dei gamberi di mare che talvolta raggiungono considerevoli proporzioni; ma non per questo
Questi pasticci si fanno indistintamente con ogni specie di carni e allo stesso modo. Talvolta non vi s'impiegano che fette di manzo, talvolta di vitello, di castrato o di porco tagliato a pezzi come per gl'intingoli, talvolta anche di selvaggina, e allora il pasticcio assume il nome della carne che racchiude. Finalmente le frattaglie di oche, il collo, il ventriglio, le zampe, le ali ed il fegato, sono del pari adoperati per guernimento di questi pasticci: si fa cuocere per un'ora sul fornello le frattaglie entro una casseruola con brodo od acqua, ponendovi sale, pepe, un mazzolino d'erbe aromatiche (timo, lauro, prezzemolo e cipollette): si assimila questo intingolo con un pezzo di burro, e si versa nella casseruola, il cui fondo sarà stato guarnito come abbiamo indicato nelle precedenti ricette.
Questi pasticci si fanno indistintamente con ogni specie di carni e allo stesso modo. Talvolta non vi s'impiegano che fette di manzo, talvolta di
Pozzetti d'amore. Con un ferro apposito detto tagliapasta, largo 41 millimetri rotondo e unito, dividete in ventiquattro rotelle uno strato di pasta simile a quella, tanto in grossezza che in grandezza, dei turbantini suddetti. Con altro apposito ferro, del diametro di 27 millimetri, vuotate le rotelle nel mezzo, in modo che quei pezzi formino come ventiquattro piccole corone. Stendete un altro strato di pasta, che pure taglierete in ventiquattro altre rotelle, con un ferro scanalato, largo 54 millimetri. Ponetele in piastra analoga, intingetele di uovo sbattuto, e collocatevi quindi sopra le piccole corone, che intingerete del pari con un pennello bagnato di tuorlo d'uovo; indi ponete il tutto entro un forno ben caldo. Dopo la cottura, la sfogliata essendosi rigonfia, questa ciambella presenta l'immagine di un piccolo pozzo, che voi allargherete inoltre col dito, all'uopo di guarnirlo internamente di confetture. Talvolta si può chiudere il picciolo pozzo con una fragola, ananas, una ciliegia candita, una prugna ecc. ecc.
internamente di confetture. Talvolta si può chiudere il picciolo pozzo con una fragola, ananas, una ciliegia candita, una prugna ecc. ecc.