PER LEGARE LE SALSE. — Abbiamo visto che le salse veramente utili in una cucina casalinga sono le piccole salse da prepararsi al momento. Anche in questo campo ciò che si richiede è un po' di genialità; e voi vedrete che man mano riuscirete con un lavoro minimo a completare le vostre pietanzine con le più appetitose salsette. In altra parte del volume vi abbiamo raccomandato di non mandar sprecato «quel che si trova in fondo alla padella». Vi abbiamo anche detto che dopo aver scolato il grasso basterà bagnare il fondo della cottura con un ramaiolo di brodo o d'acqua, e mescolare, staccando i residui con un cucchiaio di legno, per avere la base di una eccellente salsa. Ma, come sapete, le salse debbono essere un po' dense, o come si dice con parola tecnica «legate». Per legare sollecitamente una salsa ci sono due mezzi: la fecola di patate o il burro maneggiato. Mettete nel primo caso un cucchiaino di fecola di patate in una tazza e scioglietela con un dito d'acqua fredda. Quando la salsa bollirà versateci con la mano sinistra un pochino della fecola disciolta, mentre con un cucchiaio di legno, tenuto nella mano destra mescolerete la salsa. Vedrete che ben presto la salsa si addenserà. Fate dare ancora un bollo e poi toglietela dal fuoco, per finirla, secondo le occorrenze, con del burro, o del Marsala, ecc. Bisogna fare attenzione di mettere poca fecola alla volta, perchè mettendone in eccesso si correrebbe il rischio di avere una salsa troppo densa e di doverla poi risciogliere con altro brodo o acqua. Se volete esperimentare anche il sistema del burro maneggiato procederete così: prendete, a seconda dalla quantità della salsa, un pezzo di burro più o meno grande; ad esempio la quarta parte di un panino da un ettogrammo. Mettete questo burro sulla tavola di cucina o in un piatto e versateci sopra una cucchiaiata di farina comune. Con le mani o con la lama di coltello impastate burro e farina in modo da unirli perfettamente. Mettete questo burro preparato nella salsa, mescolate, lasciate bollire pochi minuti ed avrete ottenuto il vostro scopo. Anche qui è bene non eccedere in burro maneggiato, ma di metterne un po' alla volta fino a che la salsa abbia raggiunto la densità necessaria.
cucchiaino di fecola di patate in una tazza e scioglietela con un dito d'acqua fredda. Quando la salsa bollirà versateci con la mano sinistra un
Pestate nel mortaio un buon pugno di prezzemolo, una cucchiata di capperi, due acciughe lavate e spinate, qualche cetriolino sotto aceto, una patata lessa sbucciata, della grandezza di un uovo piccolo, e, se credete, una puntina di aglio e un pochino di cipolla. Aggiungete un pizzico di sale e un pizzico di pepe e continuate a pestare fino a quando tutti gli ingredienti non formeranno più che una poltiglia. Raccogliete questa poltiglia in una tazza o in una terrinetta e diluitela pian piano con dell'olio, montandola come una maionese. Finite la salsa con una cucchiaiata d'aceto e passatela nella salsiera.
tazza o in una terrinetta e diluitela pian piano con dell'olio, montandola come una maionese. Finite la salsa con una cucchiaiata d'aceto e passatela
Tritare grossolanamente una forte pizzicata di foglie di menta fresca, detta «menta romana», e gettare le foglie per un minuto o due in acqua bollente. Sgocciolarle e metterle in una tazza con un bicchiere d'aceto, mezzo bicchiere d'acqua e due cucchiaiate di zucchero in polvere. Lasciar macerare per una mezz'ora, poi travasare in salsiera e mandare in tavola.
bollente. Sgocciolarle e metterle in una tazza con un bicchiere d'aceto, mezzo bicchiere d'acqua e due cucchiaiate di zucchero in polvere. Lasciar macerare
Minestra leggera, nutriente, molto adatta per stomachi delicati. Di più, se eseguita con cura, è elegantissima. Provatevi a farla; non è costosa, e con un uovo potrete ottenere una quantità di minestra sufficiente a quattro persone. Mettete un uovo intero in una tazza da caffè e latte, conditelo con un pizzico di sale e un nonnulla di noce moscata, e aggiungeteci una cucchiaiata ben colma — una trentina di grammi — di farina, passata da un setaccio piuttosto fine. Con una forchetta o con un cucchiaino sbattete energicamente, come si trattasse di sbattere un uovo con lo zucchero, procurando che farina e uovo si amalgamino perfettamente, e continuate così per tre o quattro minuti fino ad avere un composto vellutato ed elastico. Questa specie di pastella non deve essere ne eccessivamente dura, nè troppo liquida. Deve avere la consistenza di una crema densa, e staccarsi piuttosto lentamente, in un nastro continuo, dal cucchiaino o dai denti della forchetta. Passate il brodo necessario, mettendolo preferibilmente in un recipiente più largo che alto: un tegame o una teglia a bordi alti rispondono assai bene allo scopo. Appena il brodo avrà alzato il bollore, tirate il recipiente sull'angolo del fornello in modo che l'ebollizione continui lentissima e procedete alla confezione della minestra. Con un foglio di carta da lettere, o meglio con un foglio protocollo fate un cartoccino ben chiuso nella punta, e in esso travasate l'uovo preparato. Chiudete bene il cartoccio, e poi con le forbici spuntatene leggermente l'estremità, in modo da ottenere un forellino della larghezza di una testa di spilla. Fatto ciò, incominciate a premere la parte superiore del cartoccio, così che dalla parte spuntata esca l'uovo in un filo regolare, e fate cadere questo filo continuo nel brodo. Spostate il cartoccio qua e là in modo che il filo non cada mai sull'uovo già filato, e continuate così fino ad avere spremuto tutto il contenuto del cartoccio. Appena l'uovo tocca il brodo, si solidifica e forma una specie di capellino leggero e lunghissimo, da cui il nome di «uovo filato» dato alla minestra. Quando avrete spremuto tutto il contenuto del cartoccino fate dare ancora un bollo alla minestra e poi fatela servire accompagnandola con del parmigiano grattato. Molti usano mettere una cucchiaiata di parmigiano nel composto. Noi siamo contrari a ciò, perchè spesso il parmigiano — specie se fresco — si sbriciola; e una briciola, ostruendo la piccolissima apertura del cartoccio, può compromettere la riuscita dell'operazione. È per questo che si consiglia di passare la farina da un setaccio fine. Questa minestra non presenta difficoltà. Solo bisogna che il composto di uovo e farina sia elastico e sostenuto, altrimenti, appena in contatto col brodo, il filo d'uovo invece di solidificarsi si liquefarebbe; e voi otterreste invece di una minestra d'uova filate una pura e semplice stracciatella.
con un uovo potrete ottenere una quantità di minestra sufficiente a quattro persone. Mettete un uovo intero in una tazza da caffè e latte, conditelo
I veri vermicelli con le vongole sono facilissimi, ma non tutti, specie i non napolitani, li sanno cucinare a perfetta regola d'arte. Questi vermicelli non tollerano elementi estranei di nessun genere: non debbono esser fatti che con olio, un po' d'aglio, vongole e pomodoro; e soprattutto niente alici, che taluni erroneamente aggiungono. Per riuscire bene, bisogna che i vermicelli abbondino in sugo e in vongole. Per quattro persone noi vi consiglieremmo quindi un chilogrammo di questi saporitissimi frutti di mare. Un nemico capitale da evitare a qualunque costo è la rena; quindi prima di ogni altra cosa mettete le vongole in una catinella piena d'acqua e lavatele energicamente; cambiando, se occorre, l'acqua. Fatto ciò passatele in una padella piuttosto grande con una cucchiaiata d'olio, copritele e mettetele sul fuoco. Fate saltellare le vongole affinchè possano sentire tutte ugualmente il calore. Vedrete che in due o tre minuti saranno aperte. Levate allora la padella dal fuoco e aiutandovi con un cucchiaino staccate a una a una le vongole dal guscio. I gusci li getterete, le vongole le raccoglierete in una scodella. Se vi accorgeste che le vongole contenessero ancora molta rena, potrete lavarle un'altra volta con un ramaiolo d'acqua appena tiepida, poi tirarle su, e passarle in un'altra scodella pulita. Quando avrete sgusciato tutte le vongole, vedrete che nella padella sarà rimasto un abbondante liquido dall'aspetto torbido. Guardate di non gettarlo via perchè è appunto quello che darà il profumo alla pietanza. Prima di adoperarlo però voi dovrete aspettare un pochino, per dar modo alla rena di posarsi sul fondo della padella. Soltanto allora inclinate leggermente questa e decantate il sugo in una tazza, avvertendo che il fondo terroso rimanga nella padella. Dopo questa operazione principale, prendete un tegame di terracotta o una padella o anche una casseruola di rame, ove metterete mezzo bicchiere d'olio e uno spicchio d'aglio. Portate sul fuoco, e appena l'aglio incomincia a soffriggere toglietelo, e aggiungete tre o quattro cucchiaiate di salsa di pomodoro in scatola o un chilogrammo abbondante di pomodori freschi passati dal setaccio. Condite con sale e pepe, aggiungete il sugo delle vongole, un pochino di acqua, se ce n'è bisogno, e fate cuocere la salsa. Quando questa sarà addensata aggiungete le vongole, e lasciatele bollire per due o tre minuti, affinchè non induriscano troppo. Avrete messo intanto a cuocere la quantità di vermicelli necessaria — per quattro persone circa mezzo chilogrammo. — Teneteli piuttosto duri di cottura, scolateli, conditeli con la salsa preparata, finiteli con un pizzico di pepe e una cucchiaiata o due di prezzemolo trito ben verde.
padella. Soltanto allora inclinate leggermente questa e decantate il sugo in una tazza, avvertendo che il fondo terroso rimanga nella padella. Dopo
Appartiene anche alla cucina napolitana. Mettete in una tazza da caffè e latte 50 grammi di farina, sgretolateci sopra 20 grammi di lievito di birra e, servendovi di un cucchiaino, sciogliete il tutto con un pochino d'acqua appena tiepida, in modo da ottenere una pasta morbidissima, come una pastella densa. Coprite la tazza e ponetela al tiepido. Mettete sulla tavola di cucina 150 grammi di farina, fateci un vuoto nel mezzo e in questo vuoto mettete un buon pizzico di sale, una grossa patata lessata, sbucciata e schiacciata (in peso 100 grammi), grammi 50 di burro e due uova intere. Appena il lievito della tazza avrà raddoppiato il suo volume versatelo nel mezzo della farina con gli altri ingredienti ed impastate il tutto, lavorando bene la pasta. Quando la pasta sarà ben lavorata uniteci un ettogrammo di prosciutto tagliato in piccole fettine e un ettogrammo di provola napolitana ritagliata in dadini. Impastate ancora un altro poco per amalgamare nella massa il prosciutto e il formaggio. Prendete poi una teglia piuttosto alta di bordo e del diametro di circa 18 centimetri o anche una stampa da budino senza buco e della capacità di circa un litro e mezzo. Ungete di strutto o di burro la teglia o la stampa, versateci la pasta e fatela lievitare in luogo tiepido. Quando essa avrà raddoppiato di volume, passate la teglia in forno e lasciate cuocere una mezz'ora abbondante a forno di moderato calore. Questa dose è sufficiente per sei persone.
Appartiene anche alla cucina napolitana. Mettete in una tazza da caffè e latte 50 grammi di farina, sgretolateci sopra 20 grammi di lievito di birra
Mettete sulla tavola 250 grammi di farina, e disponetela a fontana. Nel mezzo porrete: 20 grammi di lievito di birra, sciolto in una tazza o in un bicchiere con due dita d'acqua appena tiepida — una grossa patata lessata, sbucciata e schiacciata — un cucchiaio da tavola di zucchero in polvere — un buon pizzico di sale — una presina di pepe — un torlo d'uovo — una noce di burro, e una piccola noce di strutto. Impastate tutti questi ingredienti con quattro cucchiaiate di acqua tiepida, lavorate un po' la pasta, e mettetela in una terrinetta spolverizzata di farina, che coprirete e porrete in un luogo tiepido. Dopo un paio d'ore, quando la pasta sarà lievitata, portatela sulla tavola infarinata, e, con delicatezza, senza troppo maneggiarla, foggiatene dei lunghi cannelli della grossezza di un dito, che taglierete poi in pezzi della lunghezza di un turacciolo ordinario (circa quattro centimetri). Aggiustate un po' la forma delle crocchette e friggetele nell'olio o nello strutto. In padella gonfieranno e prenderanno un bel colore d'oro. Servitele calde. Circa cinquanta crocchette con una spesa assai modesta.
Mettete sulla tavola 250 grammi di farina, e disponetela a fontana. Nel mezzo porrete: 20 grammi di lievito di birra, sciolto in una tazza o in un
Per sei persone occorrerà circa un chilogrammo di montone. Se vorrete adoperare il coscetto. tanto meglio, ma per questa pietanza si usa generalmente la spalla, che costa meno. Avrete fatto dividere dal negoziante stesso il montone in pezzi, non troppo grandi, nè troppo piccoli. Lavate questi pezzi e asciugateli in uno strofinaccio. Mettete in una casseruola una cucchiaiata di strutto o un po' d'olio, una cipolla tritata finemente, una costola di sedano in piccoli pezzi, dei prezzemolo tritato e uno spicchio d'aglio schiacciato con una lama di coltello. Aggiungete nella casseruola il montone e iniziate la cottura tenendo il fuoco vivace. Condite con sale e pepe, una mezza foglia d'alloro, uno o due chiodi di garofano e un pizzico di maggiorana secca. Mescolate di quando in quando con un cucchiaio di legno e allorchè vedrete che la carne e i legumi avranno preso un bel colore scuro e la casseruola è molto riscaldata e frigge forte, versate sul montone un bicchiere di vino, bianco o rosso. Staccate col cucchiaio di legno il fondo della cottura, mescolate i pezzi del montone e aspettate che il vino si asciughi. Mettete allora nella casseruola due cucchiaiate di conserva di pomodoro; mescolate e bagnate con acqua, in modo che il montone rimanga coperto. Ponete il coperchio sulla casseruola, diminuite un poco il fuoco e lasciate che lo spezzatino cuccia lentamente. Il montone esigerà da un'ora a un'ora e mezzo di cottura. Quindi se l'acqua che avete messo evaporasse troppo presto, rinfondetene dell'altra, ma senza esagerare. Intanto raschiate e tagliate in dadini molto piccoli una diecina di carote gialle. Man mano che i dadini saranno pronti li passerete in una terrinetta con acqua. Quando il montone sarà a tre quarti della sua cottura, tirate indietro la casseruola e, premendo sul manico, inclinatela verso di voi. Vedrete che la carne avrà cavato molto grasso, che toglierete adagio adagio con un cucchiaio da tavola, e che serberete in una tazza. Questo grasso aromatizzato potrete poi usarlo a piccole dosi, per insaporire minestroni, patate, carne, ecc. Quando avrete sgrassato lo spezzatino gettateci dentro i dadini di carote gialle, mescolate, e, se c'è bisogno, aggiungete un altro pochino d'acqua, coprite e lasciate finire di cuocere. A cottura completa il montone dovrà essere tenero e profumato e la salsa molto densa. Passate un ramaiolo d'acqua bollente in un piatto ovale di grandezza proporzionata, asciugatelo e versateci lo spezzatino col suo contorno e mandate immediatamente in tavola. Se possedete una stufa scaldapiatti, scaldate anche i piatti di tavola, poichè questa vivanda perde un po' del suo pregio raffreddandosi.
che serberete in una tazza. Questo grasso aromatizzato potrete poi usarlo a piccole dosi, per insaporire minestroni, patate, carne, ecc. Quando avrete
Si lessano tre grosse patate, colle quali si fa una densa purè con una tazza di latte. Si aggiunge un ettogrammo e mezzo di tonno sott'olio tritato molto fino; si passa il tutto nella macchinetta per avere il composto ben amalgamato. Si accomoda il pastone così ottenuto su un piatto lungo e si copre con salsa maionese. Si mangia freddo. Raccomandabilissimo.
Si lessano tre grosse patate, colle quali si fa una densa purè con una tazza di latte. Si aggiunge un ettogrammo e mezzo di tonno sott'olio tritato
Grattare o raschiare con una lama di coltello 100 grammi di cioccolato e metterne da parte due o tre cucchiaiate. Versare il cioccolato in polvere in un polsonetto, bagnarlo con un dito d'acqua e lasciarlo ammorbidire vicino al fuoco. Aggiungere allora 300 grammi di zucchero naturale spezzettato nel mortaio e un bicchiere d'acqua. Attendere ancora un poco affinchè lo zucchero possa fondere, e poi mettere il polsonetto sul fuoco e condurre la cottura dello zucchero e del cioccolato fino al grado del «piccolo filo». Questo grado, che è il primo di quelli attraverso i quali passa lo zucchero durante la sua cottura, viene raggiunto assai presto e si riconosce con tutta facilità prendendo tra il pollice e l'indice un tantino di zucchero in cottura. Separando allora pian piano le due dita che tengono lo zucchero, si dovranno formare dei piccoli fili che si spezzeranno con facilità. Avendo portato dunque zucchero e cioccolato a questo grado, al quale — ripetiamo — si arriva dopo breve ebollizione, tirate indietro il polsonetto e versate in una terrinetta le due o tre cucchiaiate di cioccolato che avete tenuto in disparte. Prendete ora un cucchiaio di legno nella mano destra e il polsonetto nella sinistra, e fate cadere poche goccie di cioccolato cotto sulla cioccolata della terrinetta, mescolando con la spatolina. Continuate così a versare adagio adagio lo zucchero nella terrina, e sempre mescolando, come se si trattasse di montare una salsa maionese. Se vi occorrerà molta glace travasate nella terrinetta tutto lo zucchero cotto, altrimenti arrestate l'operazione quando vi parrà di avere sufficiente ghiaccia per il lavoro che dovrete fare. Se si tratta di rivestire dei sospiri o degli éclairs li tufferete uno alla volta in questa copertura tiepida. Se invece vorrete rivestire di ghiaccia al cioccolato una torta dovrete procedere in un altro modo. E cioè dovrete prendere un pochino di marmellata di albicocca, farla ricuocere un momento sul fuoco con un po' di zucchero e poi spalmarla con un pennello su tutta la superficie della torta. Questa operazione preliminare, utilissima se non strettamente necessaria, serve a conservare alla ghiaccia una maggiore brillantezza. Preparata così la torta, mettetela su una griglia da pasticceria e versateci sopra la ghiaccia tiepida. Operando lestamente e servendovi di una lama di coltello, cercate di uguagliare rapidamente lo strato, riportando col coltello la ghiaccia in quei punti che eventualmente rimanessero scoperti. Lasciate sgocciolare il superfluo, fate scivolare la torta su un piatto o su un cartone e aspettate che la ghiaccia si solidifichi. Se nel polsonetto vi rimarrà dello zucchero e del cioccolato cotto, non andranno sprecati. Voi travaserete il tutto in una tazza grande o in una altra terrinetta pulita, e sulla ghiaccia avanzata verserete un pochino d'acqua, la quale conserverà il composto e gli impedirà di fare la crosta. Quando si avrà bisogno di rivestire ancora della pasticceria, basterà di scolare l'acqua, e di aggiungere alla ghiaccia conservata dell'altro zucchero e dell'altro cioccolato, cotti nelle proporzioni date più sopra.
andranno sprecati. Voi travaserete il tutto in una tazza grande o in una altra terrinetta pulita, e sulla ghiaccia avanzata verserete un pochino d
Le dosi sono: Farina di prima qualità gr. 180; burro gr. 125; lievito di birra gr. 25; uvetta secca gr. 60; uova intere n. 3; un pizzico di sale; una cucchiaiata di zucchero in polvere. Stacciate la farina, e prendetene la quarta parte che scioglierete in una tazza con il lievito e circa due dita d'acqua appena tiepida, in modo da avere una pasta piuttosto liquida, coprite la tazza e mettetela in luogo tiepido, ma non troppo vicino al fuoco. Questa precauzione è indispensabile, perchè se il lievito sente troppo calore si brucia e perde tutta la sua efficacia. Dopo circa un quarto d'ora il lievito avrà raddoppiato il suo volume. Versatelo allora in una terrinetta dove avrete messo il resto della farina, un pizzico di sale, le tre uova e il burro, di cui conserverete un pezzetto che vi servirà per imburrare la stampa. Impastate tutto con la mano, e poi lavorate con forza la pasta, sollevandola con le dita e sbattendola energicamente contro le pareti della terrina. Dopo cinque o sei minuti la pasta dovrà essere liscia, vellutata ed elastica, e dovrà staccarsi tutta intera. Aggiungete allora lo zucchero, lavorate un altro poco, e mettete in ultimo l'uvetta, che avrete accuratamente mondata e tenuta in bagno in un pochino d'acqua tiepida. Imburrate una stampa della capacità di un litro e mezzo circa. Preferite una stampa piuttosto alta, a disegno ampio, e vuota nel mezzo. Prendete la pasta a piccoli pezzi e fateli cadere nella stampa. La pasta dovrà occupare poco più di un terzo di essa. Mettete la stampa in luogo tiepido e lasciate lievitare. Guardate bene che non vi siano correnti d'aria, nè un eccessivo calore. Dopo un'ora e un quarto, o un'ora e mezzo, la pasta sarà salita fino all'orlo della stampa. Infornate allora il babà, tenendolo per una mezz'ora in forno moderato, così da averlo di un bel colore d'oro. Per assicurarvi della cottura potrete anche immergere nel dolce un lungo ago e vedere se vi rimane attaccata della pasta ancora cruda. Sformate il babà e versateci sopra a cucchiaiate uno sciroppo bollente al rhum, che avrete preparato così. Mettete al fuoco una casseruolina con mezzo bicchiere d'acqua e tre cucchiaiate di zucchero. Fate bollire, ritirate lo sciroppo dal fuoco e mescolatevi un bicchierino di rhum. Per rifinire il babà a perfetta regola d'arte conviene ora fare un piccolo lavoro accessorio, ultimando il dolce con una leggerissima copertura di zucchero detta «ghiaccia piangente». Quest'ultima parte dell'operazione non è, a rigor di termini, necessarissima; ma quando vi sarete abituate ad ultimare il babà in questo modo, continuerete a farlo così, poichè troverete che il lievissimo e semplice lavoro supplementare comunica al babà una finezza di gran lunga superiore. Mettete in una tazza da caffè e latte tre o quattro cucchiaiate di zucchero al velo. In mancanza di questo supplirete con dello zucchero pestato finissimo e poi passato per un setaccino di velato. Inumidite lo zucchero con poca acqua e mescolate con un cucchiaino aggiungendo man mano altra acqua, fino ad avere la densità di una crema piuttosto colante. Regolatevi quindi nell'aggiungere acqua e non mettetene che la quantità strettamente necessaria per non essere costrette ad aggiungere altro zucchero. Preparato questo composto di zucchero spalmate di marmellata d'albicocca il babà già inzuppato, mettendone poca e dappertutto, e poi con un cucchiaio fate cadere dalla cupola in giù lo zucchero colante. Questa operazione è bene farla dopo aver messo il babà in una teglia. Se lo zucchero si spargesse sul fondo di essa Io riporterete sul dolce servendovi di una lama di coltello. Seminate sulla sommità del babà delle pizzicate di
cucchiaiata di zucchero in polvere. Stacciate la farina, e prendetene la quarta parte che scioglierete in una tazza con il lievito e circa due dita d
Fissiamo anzitutto le dosi, che stabiliremo così: grammi 300 di farina, grammi 150 di burro, grammi 40 di zucchero in polvere, grammi 20 di lievito di birra, mezzo bicchiere di latte tiepido, due uova intiere e due torli, 25 grammi di uvetta sultanina e 25 grammi di scorzetta di cedro, un pizzico di sale, la raschiatura della corteccia di mezzo limone. Più, un ettogrammo di mandorle. Le mandorle vanno preparate prima. Non c'è bisogno di dire che dovete comperare mandorle secche già sbucciate. Mettete queste mandorle in una casseruolina con acqua fredda che porterete pian piano all'ebollizione. Appena l'acqua sarà per levare il bollore togliete la casseruolina dal fuoco, lasciate freddare un momento, e poi togliete la pellicola alle mandorle passandole man mano in una catinella con acqua fresca. Quando le avrete mondate tutte levatele dall'acqua, asciugatele bene in un salvietta e poi con un coltellino ritagliatele in filetti che farete asciugare in forno, senza colorire. Preparate queste mandorle, mettetele da parte. Pesate 300 gr. di farina, stacciatela e dalla quantità complessiva prendetene 75 gr. che metterete in una grande tazza da caffè è latte. Su questi 75 grammi di farina sgretolate 20 grammi di lievito di birra e con poca acqua appena tiepida, formate, mescolando con un cucchiaino, una pastella non troppo molle. Coprite la tazza e mettete a lievitare in luogo tiepido, ma non troppo vicino al fuoco. Il lievito dovrà raddoppiare il suo volume, per il che occorreranno una diecina di minuti. Prendete adesso una terrina molto ampia e metteteci i centocinquanta grammi di burro. In inverno questo burro dovrà essere ammorbidito, ma d'estate non ce ne sarà bisogno, essendo il burro già abbastanza molle di per sè. Con un cucchiaio di legno incominciate a montare il burro così da renderlo soffice e spumoso. Aggiungete allora lo zucchero, e dopo un poco incominciate col mettere un rosso d'uovo, mescolate e poi aggiungete due o tre cucchiaiate di farina, poi sempre mescolando, ancora un rosso, indi altre due o tre cucchiaiate di farina e finalmente le due uova intiere alternandole sempre con un po' di farina. Man mano che lavorate l'impasto aggiungete anche, a piccole quantità, del latte tiepido fino alla quantità complessiva di mezzo bicchiere scarso, aggiungete anche il sale e finalmente il lievito che come vi abbiamo detto dovrà aver raddoppiato il suo volume. Togliete allora il cucchiaio e con la mano incominciate a sbattere la pasta come se si trattasse di lavorare un babà. Quando la pasta sarà elastica e lucida e si staccherà in un sol pezzo dalla terrina completatela con l'uvetta sultanina, la scorzetta di cedro ritagliata in listerelle e la raschiatura del limone. Lavorate un altro pochino, poi coprite la terrina con un panno ripiegato in quattro e mettete nuovamente a lievitare in luogo tiepido per un paio d'ore. Prendete adesso una stampa della capacità di un paio di litri e col buco in mezzo. Questa stampa potrà essere a pareti liscie o meglio a grosse scanalature verticali ciò che caratterizza la speciale forma del Kugelhupf. Ungete abbondantemente di burro tutto l'interno della stampa e poi metteteci dentro i filetti di mandorle che, girando opportunamente la stampa in tutti i versi, farete aderire allo strato di burro. Per intenderci, tutto l'interno della stampa dovrà essere rivestito dai filetti di mandorle. Se ne avanzassero rovesciate la stampa per farne cadere l'eccesso. Trascorse le due ore prendete la pasta lievitata sgonfiatela battendola col palmo della mano, e poi fatela cadere, a pezzi, nella stampa. La pasta arriverà alla metà. Rimettete la stampa in luogo tiepido e lasciate che raggiunga, lievitando ancora, gli orli della stampa stessa. Infornate allora il dolce a forno di calore regolare e lasciate cuocere da venti a venticinque minuti, più o meno secondo la forza del forno, e quando la pasta si sarà ben dorata, togliete la stampa dal forno, lasciate riposare qualche minuto e finalmente sformate il dolce.
. di farina, stacciatela e dalla quantità complessiva prendetene 75 gr. che metterete in una grande tazza da caffè è latte. Su questi 75 grammi di farina
È tradizione che nel giorno di Pasqua ci sia in casa, indipendentemente dagli altri dolciumi, la caratteristica torta pasquale. E questa tradizione è così diffusa che si può dire che non ci sia regione che non abbia la sua torta o, come si dice anche comunemente nell'Italia centrale e meridionale «pizza». Tra queste pizze rinomate è la «pizza di Civitavecchia». A dire il vero queste torte pasquali non differiscono sensibilmente una dall'altra. Si tratta in generale di torte eseguite con lievito di pane e aromatizzate con arancio, o limone, o cannella, e perfino con formaggio. Trattandosi di preparazioni da farsi in casa dove non c'è il forno a mattoni, abbiamo sostituito il lievito di pane, il quale non può spiegare la sua azione che nel forno da fornaio, con lievito di birra, il quale, molto più cortese, si presta amabilmente a spiegare la sua azione fermentatrice anche nei fornetti casalinghi di lamiera. Le proporzioni sono: farina grammi 350, tre uova intiere, quattro cucchiai di zucchero in polvere, un pezzo di burro come una grossa noce, un pizzico di sale, un buon pizzico di cannella, la corteccia raschiata di un arancio e di un limone e 50 grammi di lievito di birra. Si scioglie in una tazza il lievito di birra con due dita di acqua appena tiepida — raccomandiamo che l'acqua non sia calda, perchè brucerebbe il lievito — e per mezzo di un cucchiaino s'impasta questo lievito sciolto con due cucchiaiate della farina già pesata. Si copre la tazza e si mette in luogo tiepido per una ventina di minuti, fino a che, cioè, il lievito avrà raddoppiato il suo volume. Si dispone sulla tavola di cucina la farina con lo zucchero, le uova e tutti gli altri ingredienti descritti più sopra, si unisce il lievito pronto e si batte energicamente la pasta fino a che sarà diventata elastica e vellutata. A questo punto si unge una teglia con burro o con strutto, vi si mette dentro la pasta e si pone a lievitare la torta in un luogo tiepido per tre o quattro ore. Quando la torta sarà ben lievitata si cuoce in forno di moderato calore per un tempo che varierà da mezz'ora a tre quarti. Volendo si potrà arricchire la torta con una cucchiaiata di scorzetta d'arancio candita e ritagliata in filettini. La dimensione della teglia, adatta per queste dosi, è di venti centimetri.
scioglie in una tazza il lievito di birra con due dita di acqua appena tiepida — raccomandiamo che l'acqua non sia calda, perchè brucerebbe il lievito
Il Plum-cake (gateau di uva) è un famoso dolce inglese, diffusosi da per tutto, e ricercato in special modo nei five o' clock eleganti. Infatti non c'è forse un genere di pasticceria che sia più gradito, offerto insieme ad una buona tazza di tè. La sua preparazione è facilissima. Il Plum-cake consta dei seguenti elementi, adoperati generalmente in parti uguali: burro, zucchero, farina, uvette secche, canditi, ed un certo numero di uova. Di questo dolce esistono una infinità di formule, le quali non differiscono che in particolari insignificanti. Ma qualunque sia la formula adottata, il procedimento resta sempre il medesimo. Siccome il Plum-cake è un dolce piuttosto compatto, alcuni autori consigliano l'aggiunta di chiare in neve, altri di un pizzico di carbonato d'ammoniaca, che è un sale largamente usato in pasticceria per dare leggerezza ad alcuni generi di paste, altri, infine, vorrebbero si unisse al composto un pochino di lievito di birra sciolto in un dito d'acqua. Ripetiamo: sono piccole differenze insignificanti, che non mutano sostanzialmente il risultato finale. Offriremo dunque alle nostre lettrici non una, ma più formule, dovute ai migliori artisti del genere; e le nostre lettrici potranno sceglierne una, o provarle tutte, una alla volta. Una ottima formula è la seguente:
'è forse un genere di pasticceria che sia più gradito, offerto insieme ad una buona tazza di tè. La sua preparazione è facilissima. Il Plum-cake
Sono delle frittelline gustose ed economiche. Rompete un uovo in una tazza grande ed unitevi un cucchiaio d'olio e un cucchiaio di zucchero; mescolate, e poi aggiungete tanta farina quanta ne occorrerà per ottenere una pasta piuttosto molle. Vedrete che occorreranno dalle quattro alle cinque cucchiaiate di farina. Quando avrete fatto l'impasto rovesciatelo sulla tavola leggermente infarinata, e procedendo con garbo date alla pasta la forma di un lungo cannello della grossezza di un dito. Ritagliate questo cannello in tanti pezzi lunghi una diecina di centimetri e con ogni pezzo foggiate una ciambellina. Con un coltello incidete leggermente in croce queste ciambelline e friggetele nell'olio o nello strutto, a padella leggera, affinchè abbiano il tempo di gonfiarsi un pochino. Accomodatele in un piatto e spolverizzatele di zucchero.
Sono delle frittelline gustose ed economiche. Rompete un uovo in una tazza grande ed unitevi un cucchiaio d'olio e un cucchiaio di zucchero
Il liquore «Crema di cacao alla vainiglia» si fabbrica in una diecina di minuti e senza bisogno di complicazioni, nè di speciali utensili. Generalmente la crema di cacao, del commercio è un liquore sul tipo degli altri, cioè limpido, sciropposo, al quale l'aroma vien dato da speciali essenze. Il nostro liquore è affatto diverso e ricorda invece un'antica specialità di una grande Casa francese, che crediamo abbia da qualche anno cessato il suo commercio. Per questa preparazione abbiamo ottenuto sempre i migliori risultati servendoci del cacao in pasta. In mancanza di cacao in pasta si potrà adoperare del buon cioccolato comune. Per circa un litro di liquore raschiate col coltello un ettogrammo di cacao in pasta e mettetelo a rammollire vicino al fuoco in un polsonetto di rame con pochissima acqua (circa mezzo bicchiere). Con un frullino di legno o con un cucchiaio, anche di legno, lavorate il cacao che dovrà pian piano liquefarsi ed assumere l'aspetto di una crema densa, liscia e vellutata, senza più traccia di granosità. A questo punto aggiungete un po' alla volta, e sempre mescolando, 400 grammi di zucchero in polvere. Mescolate bene sempre su fuoco debolissimo, e quando anche lo zucchero sarà ben liquefatto in modo che sotto il cucchiaio non si senta più nessun granellino, sciogliete il tutto con due bicchieri d'acqua. Mescolate sempre e scaldate, ma senza far bollire, mantenendo il polsonetto sull'angolo del fornello. Quando il liquido sarà bene amalgamato travasatelo in una terrinetta e lasciatelo freddare. Unite allora un bicchiere di alcool di buona qualità, nel quale avrete sciolto mezzo grammo di vainiglina. Mescolate e travasate il liquore in anfore di terraglia scura del tipo di quelle usate per il Curacao d'Olanda. Un cucchiaio o due di questa crema al cioccolato sciolta in una tazza di latte caldo, offre un nutrimento igienico e corroborante, rimpiazzando efficacemente l'abituale cacao al latte. È bene, prima di servire il liquore, di agitare un poco la bottiglia.
cioccolato sciolta in una tazza di latte caldo, offre un nutrimento igienico e corroborante, rimpiazzando efficacemente l'abituale cacao al latte. È bene
Punch è parola derivante dall'indiano «panch», ossia cinque, per allusione ai cinque elementi che compongono questa bevanda: tè, zucchero, cannella, limone, rhum. Il punch è presentemente una bevanda nella quale entra un po' di tutto: rhum, alchermes, cognac, arac, cannella, garofani, coriandoli, limone, arancio, tè e chi più ne ha ne metta. C'è il punch forte dove predominano il rhum o l'arac, e il punch dolce in cui invece si abbonda in alchermes. Generalmente al punch si aggiunge del tè, e questa consuetudine ci pare apprezzabile, tenuto conto anche dell'origine della bevanda, in cui il tè figura tra gli elementi costitutivi. Per preparare il punch si mettono in una tazza di metallo o in una terrinetta tante cucchiaiate di rhum per quanti sono gli ospiti; s'inzucchera il rhum, secondo si desidera più o meno dolce, e si unisce la buccia sottilmente tagliata di un limone o di un arancio. Questa infusione si distribuisce poi nei bicchieri speciali, completando la bevanda con tè o acqua bollente. Molti amano dar fuoco al punch, nel qual caso si rende necessaria la tazza di metallo. Non volendo dar fuoco al punch si può preparare direttamente nei bicchieri, aggiungendo, secondo i casi, qualche pezzettino di cannella dell'alchermes, ecc.
figura tra gli elementi costitutivi. Per preparare il punch si mettono in una tazza di metallo o in una terrinetta tante cucchiaiate di rhum per
Vediamo ora la composizione del «menu» per colazione e per cena. Il «dejeuner» differisce dal «diner» anzitutto per la quantità delle pietanze che si servono, e, — elemento non trascurabile — per la qualità delle pietanze stesse. In una colazione sono adattatissimi gli antipasti freddi assortiti, poichè non essendoci minestra non si corre il rischio di sciuparsi il palato con i vari cibi piccanti che compongono generalmente l'antipasto, e che, secondo alcuni impediscono di apprezzare la finezza del brodo o della zuppa. Troverà qui la migliore applicazione tutto quel complesso di ghiottonerie che va sotto il nome di «Antipasti alla russa». Dopo gli antipasti si serve generalmente un piatto d'uova — caratteristica della colazione. — Ma si possono servire anche risotto, maccheroni, gnocchi di semolino, ecc. C'è poi un piatto forte, un altro piatto con accompagno di verdura o di legumi, dolce, formaggio e frutta. Questo per una colazione fine, di tipo classico. Volendo un «dejeuner» ancora più ricco si potranno introdurre nel «menu» due piatti di carne e uno di pesce. Ma è bene mantenere la colazione su queste basi: Antipasto freddo — uova o farinacei — due piatti di carne oppure uno di carne e uno di pesce — verdura o legumi — dolce — formaggio e frutta. Essendoci due piatti di carne, il secondo piatto potrà essere freddo; vitello, roast-beef, pasticci, galantine, ecc. Anche nella colazione bisogna evitare di ripetersi. Quindi se uno dei due piatti sarà di manzo, o vitello, o agnello, o montone, l'altro sarà di pollame, o di caccia e viceversa. Per dolce si servono di preferenza composte di frutta accompagnate da pasticceria leggera. Il «menu» per una cena è uguale per quantità e disposizione di piatti a quello di una colazione. Soltanto si sostituisce alle uova una tazza di buon brodo ristretto, caldo o freddo. Il «consommé» freddo per una cena deve essere leggermente gelatinoso. Così per i cibi come per la preparazione si procurerà che il «menu» offra un insieme di finezza e di leggerezza, come ad un pasto serale si conviene, Ecco qualche tipo di «menu»:
leggera. Il «menu» per una cena è uguale per quantità e disposizione di piatti a quello di una colazione. Soltanto si sostituisce alle uova una tazza