Friggere bene non è da tutti, e spesso, anzi, è proprio qui che vengono miseramente a naufragare così la pretensiosa prosopopea di tante cuoche, come i facili entusiasmi di qualche dilettante di cucina. Generalmente si frigge male perchè non si ha un'idea esatta dell'operazione della frittura, la quale è essenzialmente operazione di «concentrazione». Per lo più si frigge a tre gradi principali: a padella moderata, a padella ben calda, a padella caldissima; stadi, codesti, che si riconoscono assai facilmente. Nondimeno chi non fosse molto pratico potrà regolarsi così. La frittura è moderatamente calda quando gettandovi dentro un pezzetto di pane, questo provoca l'azione del grasso o dell'olio, che incominciano il loro ufficio: è ben calda quando lasciandovi cadere una goccia d'acqua si sente un crepitio secco; e finalmente è caldissima allorchè dalla padella si sprigiona un leggero fumo biancastro. Naturalmente ad ogni preparazione sottoposta all'operazione della frittura deve adattarsi uno di questi tre gradi. Così si frigge a padella moderata tutto ciò che contiene acqua di vegetazione, come patate o altri legumi, o frutta; oppure pesce e carni piuttosto voluminosi, che debbono cuocere interamente nella frittura, e nei quali la cottura completa deve arrivare insieme con il croccante e il color d'oro dell'involucro esterno. Si friggono invece a padella ben calda quelle cose le quali hanno già subito un principio di cottura o una cottura completa. Si tratta in questo caso di formare subito intorno agli oggetti immersi nella frittura uno strato solido affinchè l'interno rimanga compresso e non vada a passeggiare per la padella. Si friggono così le costolette e qualunque altra preparazione alla Villeroy, le supplì, le crocchette di diverse specie, le creme fritte, ecc. Il terzo grado, cioè la frittura a padella caldissima, si usa per piccoli pesci, per provature, e in genere per tutte le cose di limitate proporzioni di cui il calore deve subito impossessarsi. La quantità della frittura deve essere sempre proporzionata all'importanza e al volume delle cose da friggere. In ogni caso questi oggetti devono essere completamente immersi. La pretesa economia di coloro che friggono con pochissimo liquido si risolve in loro danno, poichè prima di tutto il fritto vien male: molle o carbonizzato, e poi il poco liquido adoperato brucia facilmente e deve essere gettato via, mentre se si dispone di abbondante grasso o olio, alla fine si passa attraverso un setaccino e si tiene in serbo per un'altra volta. Qual'è la miglior frittura? II burro, intanto, no, poichè non ha forza nè resistenza. Nelle trattorie e negli alberghi dove c'è molto lavoro si adopera il grasso di rognone di bue, ciò che rappresenta la frittura classica di grande resistenza. Ma il grasso di bue si fredda troppo facilmente e lascia subito una patina sulle cose fritte, la quale a sua volta insega la bocca di chi mangia. Per famiglia è meglio dunque non pensare al grasso di bue e adoperare lo strutto o meglio ancora l'olio, mediante il quale si ottiene una frittura croccante e dorata. L'olio infatti senza considerare che dal lato igienico è infinitamente superiore allo strutto, dove non si mai quel che ci sia — può raggiungere fino i 290 gradi di calore, ciò che non si ottiene con nessuna altra frittura. Molti hanno una ingiustificata avversione per friggere con l'olio. Prendano dell'olio di qualità buona e provino. Ne saranno soddisfatti. L'olio fine non comunica nessun sapore sgradevole alle cose fritte. Molte volte si tratta di pregiudizi e nulla più.
formare subito intorno agli oggetti immersi nella frittura uno strato solido affinchè l'interno rimanga compresso e non vada a passeggiare per la
Una delle fritture economiche e sempre gradite è quella dei filetti di zucchine, che però non tutte le mammine sanno fare con diligenza. Spesso, invece di venire in tavola croccanti, appetitosi e biondi, i filetti appaiono appassiti e nerastri, così da produrre un'impressione poco piacevole. Seguendo i nostri consigli, otterrete un ottimo risultato. Scegliete delle zucchine di media grandezza, mozzatene le estremità, lavatele, asciugatele e tagliatele per lungo in fette dello spessore di un mezzo centimetro scarso. Dividete queste fette col coltello in tanti bastoncini, escludendo la parte centrale che contiene i semi. Questi filetti dovranno essere lunghi, su per giù, una diecina di centimetri. Procurate, tagliandoli, che vi riescano regolari e piuttosto sottili. Metteteli in un piatto, spolverizzateli di sale fino e lasciateli così per un'ora e più. Al momento di friggere, prendetene un po' alla volta, strizzateli fra le mani, infarinateli, fateli saltellare un momento in un setaccio affinchè il superfluo della farina se ne vada, e friggeteli nello strutto o nell'olio a padella piuttosto calda.
un po' alla volta, strizzateli fra le mani, infarinateli, fateli saltellare un momento in un setaccio affinchè il superfluo della farina se ne vada, e
Fatte le frittatine si spalmano con un composto di carne pestata (pollo o vitello) e funghi, il tutto cotto nel burro, e amalgamato con qualche cucchiaiata di salsa besciamella. Si arrotolano le frittatine, si dispongono in un piatto di porcellana che vada al fuoco, si ricoprono con altra salsa besciamella, si spolverizzano di parmigiano grattato, e si fanno colorire leggermente al forno.
cucchiaiata di salsa besciamella. Si arrotolano le frittatine, si dispongono in un piatto di porcellana che vada al fuoco, si ricoprono con altra salsa
Per sei persone occorrono 300 grammi di riso. Mettete a soffriggere mezza cipolla con un pochino d'olio, e quando sarà imbiondita aggiungete una cucchiaiata o due di salsa di pomodoro. Mescolate, bagnate con un pochino d'acqua e quando la salsa sarà cotta mettete giù il riso, conditelo con sale e pepe, bagnatelo con acqua e fatelo cuocere, ma non troppo. Togliete via la casseruola dal fuoco, mischiate nel riso un uovo sbattuto, mescolate e travasate il riso in un piatto grande per lasciarlo freddare. Prendete adesso 300 grammi di pesce spada, tagliatelo in fette spesse un dito e ritagliate le fette in tanti dadi piuttosto grossi. Fate una salsetta densa con un po' d'olio, uno spicchio d'aglio (che poi toglierete via) e un po' di pomodoro; e in essa cuocete i dadi di pesce spada, che condirete con sale e pepe. Dopo pochi minuti il pesce sarà cotto, e potrete anche metterlo a freddare. Se vorrete rendere il budino ancor più elegante e gustoso potrete cuocere anche un pugno di funghi secchi, o meglio ancora due o trecento grammi di funghi porcini freschi, che preparerete, come al solito, con aglio, olio e pochissimo pomodoro, sale e pepe. Avendo pronti tutti questi ingredienti prendete una stampa da budino liscia, senza buco in mezzo e della capacità di un paio di litri. In mancanza della stampa può servire una casseruola. Imburrate abbondantemente la stampa e versateci dentro un pugno di pane pestato molto fino. Girate la stampa in tutti i versi affinchè il pane si attacchi da per tutto, e poi rovesciatela per far cadere il superfluo del pane. Sbattete un uovo, versatelo nella stampa e girandola nuovamente fate che l'uovo vada a bagnare tutto il pane. Fatto ciò, mettete ancora del pane pesto ripetendo l'impanatura. Preparata così la stampa, mettete giù il riso freddo, a cucchiaiate; e con un cucchiaio di legno disponete il riso sul fondo e intorno intorno alla parete in modo da lasciare un vuoto nell'interno. In questo vuoto metterete il pesce spada con la sua salsa che — ripetiamo — deve essere molto densa, i funghi (se li averete adoperati) e qualche ciuffetto di prezzemolo. Battete pian piano la stampa sopra uno strofinaccio ripiegato affinchè il budino possa aderire perfettamente alle pareti della stampa stessa senza lasciare vuoti, e con un po' di riso, che avrete lasciato da parte, fate il coperchio al budino. Spolverizzateci sopra un po' di pane grattato, mettete tre o quattro pezzettini di burro, e cuocete in forno di calore moderato per circa tre quarti d'ora, per dar modo al pane di fare una bella crosta dorata. Levate il budino dal forno, lasciatelo riposare per cinque minuti, e poi sformatelo sopra un piatto rotondo. Lo troverete eccellente.
vada a bagnare tutto il pane. Fatto ciò, mettete ancora del pane pesto ripetendo l'impanatura. Preparata così la stampa, mettete giù il riso freddo, a
Rotolo di vitello in salsa. Per sei persone prendete un chilogrammo di petto di vitello. Allargatelo sulla tavola di cucina e con un coltellino tagliente, portate via tutte le ossa. Fatto questo, con lo spianacarne bagnato d'acqua o con una larga lama di coltello bagnata, spianate un poco la carne, e conditela con un po' di sale e pepe. Con del lardo o del guanciale o del prosciutto grasso e magro, preparate qualche lardello che disporrete sulla carne; arrotolate allora il petto di vitello in modo da formarne un grosso salsicciotto e legatelo con dello spago per mantenergli la forma. Prendete una casseruola ovale in cui il rotolo di vitello vada quasi giusto, e riempitela a metà d'acqua che aromatizzerete con mezza cipolla nella quale avrete conficcato un chiodo di garofano, una carota gialla, un ciuffo di prezzemolo, una costola di sedano. Aggiungete anche del sale e quando l'acqua avrà levato il bollore immergeteci il rotolo di vitello. La carne deve cuocere appena ricoperta d'acqua o, come si dice, «a corto» allo scopo di conservarle la massima sapidità. Coprite la casseruola e lasciate bollire pian piano sull'angolo del fornello per un'ora abbondante, fino a che cioè la carne sia ben cotta e si possa trapassare facilmente con un grosso ago o con la punta di un coltellino. Se durante la cottura il brodo si asciugasse troppo rinfondete un altro pochino d'acqua senza tuttavia esagerare. Quando la carne sarà arrivata di cottura estraetela dalla casseruola e passate il brodo da un colino. Mettete in una casseruolina mezzo ettogrammo di burro e quando sarà liquefatto, aggiungete una buona cucchiaiata di farina. Fate cuocere mescolando e dopo due o tre minuti, sciogliete il burro e la farina con un paio di ramaioli del brodo del vitello. Mescolate e lasciate cuocere dolcemente per una diecina di minuti, rinfondendo altro brodo se la salsa fosse troppo densa. Rompete in una terrinetta un paio di rossi d'uovo, diluiteli con una cucchiaiata d'acqua o di brodo e sbatteteli un poco per scioglierli. Su questi rossi d'uovo versate pian piano la salsa, agitando con un mestolo di legno o meglio con una piccola frusta di ferro. Rimettete la salsa ultimata nella casseruola grande dove cosse il vitello e in essa mettete il rotolo di carne. Tenete la casseruola sull'angolo del fornello in modo che la carne e la salsa possano riscaldarsi bene ma senza bollire. Al momento di mandare in tavola, estraete la carne, affettatela sul tagliere e disponetela in un piatto ovale. Aggiungete nella salsa, rimasta nella casseruola, un paio di cucchiaiate di prezzemolo trito, il sugo di mezzo limone, mescolate e versate sulla carne. Fate servire caldo.
una casseruola ovale in cui il rotolo di vitello vada quasi giusto, e riempitela a metà d'acqua che aromatizzerete con mezza cipolla nella quale
Questa maniera di cucinare l'abbacchio è poco nota, e si discosta anzi sensibilmente dalle formule tradizionali della cucina romana. La ricetta è nondimeno squisita nella sua semplicità, e vi tornerà certamente utile. Per sei persone prendete un bel coscetto di abbacchio del peso di un chilogrammo o poco più. Lavatelo, asciugatelo in uno strofinaccio e poi mettetelo in una casseruola ovale o in un tegame, copritelo di acqua fresca e mettetelo sul fuoco. La casseruola o il tegame debbono essere di tale capacità che il coscetto ci vada giusto, di modo che la quantità di acqua occorrente per coprirlo, non sia eccessiva, dovendo l'abbacchio cuocere in poco bagno, o come si dice in termine di cucina «a corto». È per questo che consigliamo una casseruola oblunga perchè più rispondente allo scopo. Schiumate l'acqua man mano che bollirà, e poi mettete nella casseruola una cipolla, in cui avrete conficcato un chiodo di garofano, una costola di sedano, un ciuffo di prezzemolo e una carota gialla. Coprite la casseruola, e fate bollire l'abbacchio su fuoco moderato fino a completa cottura, il che avverrà in meno di un'ora. Prendete una casseruola più piccola, metteteci mezzo panino di burro da un ettogrammo, e quando questo sarà liquefatto unitegli una cucchiaiata colma di farina. Fate cuocere su fuoco leggero, mescolando con un cucchiaio di legno e poi bagnate con un paio di ramai oli dei brodo dell'abbacchio. Mescolate bene affinchè vi risulti una salsa senza grumi, e poi fate cuocere per una diecina di minuti finchè la salsa sia ben vellutata, senza essere tuttavia eccessivamente densa; nel qua! caso la diluirete con altro brodo. Condite questa salsa con un pizzico di pepe e un nonnulla di noce moscata, e poi, fuori del fuoco, mescolateci un torlo d'uovo e il sugo di mezzo limone. Estratto l'abbacchio dalla casseruola — badate che non deve essere passato di cottura — accomodatelo in un piatto ovale e versateci sopra una parte della salsa. Il resto della salsa la metterete in una salsiera, e la farete servire insieme con l'abbacchio.
sul fuoco. La casseruola o il tegame debbono essere di tale capacità che il coscetto ci vada giusto, di modo che la quantità di acqua occorrente per
Prendete un pezzo di prosciutto fresco — per dieci persone ne occorrerà da un chilo a un chilo e trecento grammi — mettetelo in una terrinetta in cui vada giusto, e versateci sopra un bicchiere abbondante di Marsala. Lasciate il maiale nel vino per una giornata, avendo cura di voltarlo di tempo in tempo perchè possa da ogni parte impregnarsi di Marsala. Quando dovrete cucinarlo estraetelo dal bagno, lasciatelo sgocciolare, legatelo per assicurarne la forma e mettetelo in una casseruola, nella quale avrete posto una cucchiaiata di strutto, qualche cotenna fresca e uno strato di legumi tagliuzzati: cipolla, carota gialla, sedano, prezzemolo. Condite il maiale con sale e pepe e fatelo rosolare dolcemente, in modo che i legumi non brucino, ma rimangano soltantobiondi. A questo punto bagnate la carne — una cucchiaiata di quando in quando — con la marsala della marinata: poi bagnate ancora la carne con dell'acqua — anche questa in quantità non eccessiva, perchè la carne possa rimanere ben saporita — e continuate la cottura, voltando spesso il maiale, per un'ora e più. Al momento del pranzo togliete la carne dalla casseruola, levate lo spago e accomodatela in fette regolari in un piatto ovale. Con un cucchiaio! sgrassate accuratamente il sugo rimasto, diluitelo con un po' d'acqua o di brodo, e fate dare un bollo. Il sugo dovrà essere un bicchiere abbondante, quindi regolatevi nell'aggiungere il brodo o l'acqua. Prendete un mezzo cucchiaino di fecola di patate e stemperatela in una tazzina con un dito d'acqua fredda. Gettate un po' alla volta questa fecola diluita nel sugo in ebollizione, mescolando col cucchiaio di legno; e appena vedrete che la salsa si sarà leggermente addensata, toglietela dal fuoco, versateci dentro un bicchierino di Marsala e un pezzo di burro come una noce che avrete fatto friggere a parte in un tegamino, fino a fargli prendere un bel colore biondo. Mescolate ogni cosa, mettete un paio di cucchiaiate di salsa sulla carne e inviate il resto nella salsiera.
vada giusto, e versateci sopra un bicchiere abbondante di Marsala. Lasciate il maiale nel vino per una giornata, avendo cura di voltarlo di tempo in
Qual'è il miglior taglio per l'arrosto ? quale il miglior sistema per confezionarlo ? Il miglior taglio di porco per l'arrosto è, senza dubbio, la lombata, la quale ha, sul prosciutto il pregio indiscutibile di una maggior finezza. In quanto al modo migliore per eseguire questo arrosto è questione di gusti. Ma, secondo noi, si devono bandire dalla carne ogni sorta di aromi e preparare la lombata disossandola. L'arista, è senza dubbio gustosa, ma certo l'aggiunta degli aromi come il rosmarino, l'aglio ecc. non sono fatti per conferire finezza all'arrosto. Quella di maiale è una carne così saporita, che non ha bisogno di nessun artifizio di condimenti. Disossate dunque un pezzo di lombata — per sei persone ne occorreranno circa 600 grammi — facendo passare il coltello accanto accanto alle ossa. Queste ossa rimaste, essendo ancora utilizzabili, perchè non completamente spolpate, potranno essere ottime per preparare minestroni. Legate la carne con dello spago affinchè cuocendo non si deformi, mettetela in una piccola teglia, dove vada esattamente, con un po' di strutto, sale e pepe, e cuocetela nel forno per circa un'ora. Da mangiarsi preferibilmente calda, ma buonissima anche fredda. In quanto ai contorni possono essere: una purè di patate, una purè di castagne o meglio ancora una purè di mele.
essere ottime per preparare minestroni. Legate la carne con dello spago affinchè cuocendo non si deformi, mettetela in una piccola teglia, dove vada
Scegliete una bella pollastrina giovane e grassoccia, nettatela, bruciacchiatene la peluria, risciacquatela e mettetela in una casseruola in cui vada quasi giusta. Ricopritela d'acqua e mettetela sul fuoco. L'acqua non deve essere troppa, allo scopo di conservare alla gallina il massimo sapore. Su per giù ne dovrete impiegare un litro; ed è per questo che bisogna scegliere un recipiente in cui la gallina non stia troppo larga. Man mano che l'acqua si riscalda schiumate accuratamente la casseruola e quando il bollore si sarà dichiarato condite la gallina con del sale, una cipolla in cui avrete conficcato un chiodo di garofano, una carota gialla, un nonnulla di sedano e un ciuffo di prezzemolo. Coprite la casseruola, diminuite il fuoco e fate bollire pian piano fino a cottura della gallina, la quale non dovrà essere sfatta ma cotta a punto giusto. In meno di un'ora la pollastrina sarà pronta e voi la lascerete in caldo vicino al fuoco coperta del suo brodo. Una ventina di minuti prima della colazione mettete in una casseruola una mezza cipolla tritata sottilmente e una cucchiaiata di burro e fate cuocere questa cipolla su fuoco debolissimo, in modo che non abbia a colorirsi, ma si disfaccia quasi nel burro. A questo punto aggiungete il riso mondato; lasciatelo insaporire un momento, mescolandolo perchè non si attacchi, e poi bagnatelo col brodo del pollo. Portate adesso la cottura a fuoco brillante, fino alla fine. Verificate la sapidità, e se credete aggiungete al risotto un nonnulla di noce moscata grattata, per finirlo poi con un altro po' dì burro e abbondante parmigiano. Tagliate in pezzi regolari la pollastrina, che avrete tenuto sempre in caldo in un po' di brodo, accomodate ì pezzi in un piatto e circondateli col riso. Tenete presente che il risotto ha qui solo il compito di accompagnare la pollastrina. Non ne dovrete fare quindi una quantità eccessiva, poichè la quantità andrebbe necessariamente a scapito della bontà del risultato finale. Il brodo della pollastrina che serve per cuocere COME SI CUCE UN POLLO
Scegliete una bella pollastrina giovane e grassoccia, nettatela, bruciacchiatene la peluria, risciacquatela e mettetela in una casseruola in cui vada
Da una pane a cassetta tagliate delle fette alte circa un centimetro che suddividerete in tanti quadrati regolari di tre dita di lato, grandi cioè come la metà di una carta da giuoco. Con la punta di un coltellino tracciate, a un centimetro dai bordi, una incisione in modo però che sia appena superficiale e non vada a tagliare la faccia inferiore del quadratino di pane. Friggete questi quadrati nello strutto o nell'olio e, appena leggermente imbionditi, toglieteli dalla padella. Vedrete che dove avevate fatto la traccia col coltellino, l'incisione si sarà aperta. Togliete allora via il pezzo di mezzo del quadrato, togliete un po' di mollica, servendovi di un cucchiaino, e avrete ottenuto una elegante cassettina di pane. Per dieci o dodici cassettine avrete intanto preparato un paio di cervelli di porco o tre o quattro di abbacchio. Lessateli, e cuoceteli in un tegamino con un pochino di burro e sale. Tagliateli poi in pezzi regolari che distribuirete nelle cassettine; e accomodate queste cassettine in un piatto con salvietta. Finite velando i pezzi di cervello con una mezza cucchiaiata di salsa besciamella e fate portare in tavola ben caldo.
superficiale e non vada a tagliare la faccia inferiore del quadratino di pane. Friggete questi quadrati nello strutto o nell'olio e, appena leggermente
Vi abbiamo detto che la stampa da pâté non ha fondo. Occorre dunque appoggiarla su una piccola teglia che formerà lei il fondo del pâté. Così la teglia come la stampa vanno imburrati. Stendete la pasta all'altezza di mezzo centimetro e con essa foderate il fondo e le pareti della stampa. Con una pallina della stessa pasta leggermente infarinata o con le dita pigiate nell'interno affinchè la pasta possa aderire perfettamente alla stampa, e tagliate la pasta che sopravanza lasciando che sporga un dito dalla stampa. La pasta avanzata arrotolatela di nuovo e mettetela da parte, che servirà per il coperchio. Mettete sul fondo del pâté una o due fettine di lardo e sul lardo stendete qualche cucchiaiata di farcia. Mettete ora sulla farcia qualche fegatino, ricoprite con altra farcia, mettete ancora fegatini e tartufi, se li avete adoperati, e così di seguito, terminando con uno strato di farcia. Poi ricoprite con qualche altra fettina di lardo. Stendete adesso la pasta avanzata, ritagliandone un pezzo della forma della stampa, ma un dito più largo. Appoggiate questo pezzo di pasta sul pâté in modo che vada a combaciare con l'altra pasta che come abbiamo detto deve sporgere un dito dalla stampa, pigiate le due paste per riunirle e arrotolatele in cordoncino che verrà a chiudere in alto il vostro pâté. Se avete una pinzetta da pâté o anche più semplicemente una molla da zucchero prendetela, passatela di quando in quando nella farina e con essa pizzicate intorno intorno il cordoncino di pasta. Avrete così una decorazione e una maggiore sicurezza per la chiusura del pâté. Con un po' d'uovo sbattuto o anche con la chiara avanzata, dorate la parte superiore del pâté, e poi con un coltellino a punta fate nel mezzo del coperchio un foro circolare della grandezza di un soldo. Questo foro sarà il camino di dove durante la cottura usciranno i vapori del pâté. Fatto tutto ciò infornate il pasticcio e cuocetelo a forno di moderato calore per circa un'ora, lasciatelo raffreddare e poi se avrete usato la stampa a cerniera non vi resterà che sollevare il perno e aprire la cerniera per liberare il pâté dalla stampa; se avrete adoperato una casseruola vi converrà invece sformare il pâté rovesciandolo, per poi riaccomodarlo sul piatto di servizio. Avendo della gelatina prendetene una piccola quantità, fatela fondere in un tegamino vicino al fuoco e dal forellino del pâté versatene nell'interno qualche cucchiaiata: ciò che servirà a cementare meglio il pasticcio.
più largo. Appoggiate questo pezzo di pasta sul pâté in modo che vada a combaciare con l'altra pasta che come abbiamo detto deve sporgere un dito dalla
Si mondano i carciofi e si tagliano per lungo, in fette piuttosto fine, che s'infarinano, si dorano e si friggono nell'olio o nello strutto. Si unge poi di burro una teglietta o un piatto di porcellana che vada al fuoco, si fa uno strato di carciofi, su questo si mette una buona cucchiaiata di sugo d'umido, o di sugo così detto finto, un po' di parmigiano, qualche fettina di provatura e qualche foglia tagliuzzata di basilico fresco. Si fa poi un altro strato di carciofi con sugo, provatura, ecc., e via via fino alla fine, procurando di dare al tortino una forma leggermente arrotondata in alto. Quando avrete terminato tutti i carciofi, versate sulla cupola il sugo che vi è rimasto, spolverizzate di parmigiano e mettete qua e là dei pezzetti di burro. Passate la teglia a forno brillante per una diecina di minuti e mangiate il tortino caldo e filante.
poi di burro una teglietta o un piatto di porcellana che vada al fuoco, si fa uno strato di carciofi, su questo si mette una buona cucchiaiata di sugo
Scegliete dei begli sparagi di giardino, mondateli accuratamente e lessateli in acqua leggermente salata, fino a che siano cotti, ma non troppo. Con un coltello tagliate tutta la parte mangiabile gittando via il torsolo. Avrete preparato delle fette di prosciutto lunghe e piuttosto sottili. Prendete cinque o sei punte di sparagi alla volta, riunitele in un mazzetto e avvoltolatele in una fetta di prosciutto che fermerete con uno stecchino. Intingete ogni mazzolino così preparato nel burro fuso e poi allineate i vari mazzolini di sparagi in una teglia imburrata, o meglio in un tegame di porcellana che vada al forno. Cospargete abbondantemente di parmigiano grattato e passate la teglia in forno per qualche minuto fino a che il formaggio si sia disciolto. All'uscita dal forno e se avrete usato la teglia, accomodate gli sparagi nel piatto di servizio innaffiandoli ancora con un po' di burro fuso. Se avrete invece usato il tegame di porcellana, ponetelo senz'altro su un altro piatto più grande con salvietta, innaffiate gli sparagi di burro fuso e mandate subito in tavola.
porcellana che vada al forno. Cospargete abbondantemente di parmigiano grattato e passate la teglia in forno per qualche minuto fino a che il formaggio si
Aperti e vuotati i pomodori, prendete quella qualità di cannolicchi piccini detti comunemente avemarie, calcolandone circa un paio di cucchiaiate per ogni pomodoro da riempire. Mettete in una terrinetta i cannolicchi crudi e conditeli con sale, pepe, qualche cucchiaiata d'olio, prezzemolo e basilico tagliuzzato e qualche pezzettino d'aglio, nonchè il sugo che avete tolto dai pomodori e che passerete a traverso un colabrodo per separarlo dai semi. Mescolate bene tutti questi ingredienti e con un cucchiaio distribuite il ripieno nei pomodori, pigiando leggermente affinchè la pasta vada ad occupare tutti gli spazi disponibili. Sgocciolate ancora su ogni pomodoro un pochino d'olio e poi mettete a posto i coperchi, dando ai pomodori il loro primitivo aspetto. Accomodate i pomodori in una teglia in modo che stiano in un solo strato, uno accanto all'altro, mettete nella teglia qualche cucchiaiata d'acqua, un altro po' d'olio, e cuocere i pomodori nel forno di moderato calore, oppure con fuoco sotto e sopra, avvertendo, in questo caso, di porre sotto la teglia pochissima brace, e mettendone invece più abbondantemente sul coperchio che chiude la teglia.
. Mescolate bene tutti questi ingredienti e con un cucchiaio distribuite il ripieno nei pomodori, pigiando leggermente affinchè la pasta vada ad
Le dosi sono per sei persone. La charlotte non risulta molto grande, ma poichè si tratta di un dolce sostanzioso, constaterete che sarà sufficiente. Bisogna anzitutto fare una purè densa di castagne. Prendete 400 grammi di castagne — in numero, dalle trenta alle trentacinque — togliete loro la scorza con la punta di un coltellino e mettetele a cuocere nell'acqua leggermente salata. Quando saranno ben cotte estraetele dalla pentola, togliete loro la pellicola e mettetele in una casseruola con un bicchiere e mezzo di latte, due cucchiaiate di zucchero in polvere, e fatele bollire di nuovo infrangendole con un cucchiaio di legno per ridurle in purè, che deve riuscire densa e ben liscia. Se ci fossero ancora qua e là delle particelle di castagne, tornate a schiacciare la purè sulla tavola con uno schiacciapatate. Prendete una stampa da charlotte della capacità di mezzo litro o una piccola casseruola della stessa capacità e foderatela di carta bianca, mettendo cioè un disco di carta sul fondo e una striscia di carta all'intorno. Prendete la purè, mettetela nell'interno della stampa e, aiutandovi con le dita o con un cucchiaio di legno, fate che aderisca alle pareti della charlotte per uno spessore di circa un dito. Per intenderci, dovete modellare una specie di scatola, avvertendo di premere bene con le dita affinchè la purè vada a prendere la esatta forma della stampa senza lasciare vuoti. Preparate intanto in una scodella 150 grammi di ricotta e aggiungeteci un cucchiaio di latte, due cucchiaiate di zucchero, una cucchiaiata di filettini di scorzetta candita, una cucchiaiata di uvetta, qualche filettino tostato di mandorla e mezzo bicchierino di rhum o di altro liquore forte, a vostra scelta. Lavorate bene la ricotta col cucchiaio per scioglierla e per impastarla e di essa riempite l'interno della scatola di castagne. Con una lama di coltello lisciate la superficie pigiando anche qui affinchè la ricotta non lasci vuoti nell'interno. Coprite con un altro disco di carta e mettete in fresco, o meglio, sul ghiaccio per circa un'ora. Trascorso questo tempo, capovolgete la charlotte su un piatto rotondo con salviettina e levate pian piano la carta, che è necessaria per poter sformare facilmente il dolce: dolce di bella apparenza, di gradito sapore e di costo assai moderato.
uno spessore di circa un dito. Per intenderci, dovete modellare una specie di scatola, avvertendo di premere bene con le dita affinchè la purè vada a
Per questo delicato lavoro di bomboneria occorrono le violette doppie di Parma e — naturalmente — freschissime. Si privano del gambo e si tuffano in acqua fresca per ripulirle bene. Si tolgono delicatamente dall'acqua, si raccolgono su un ampio setaccio e si lasciano sgocciolare per qualche ora, tenendole in un luogo fresco. Bisogna adesso preparare dello zucchero nel seguente modo. Prendete una buona quantità di zucchero, in polvere molto fina, mettetelo su un setaccio di seta e fatene cadere la parte impalpabile, cioè lo zucchero cosidetto al velo, che riserverete per altri lavori. Sul setaccio rimarrà della polvere di zucchero che, presa tra le dita, rassomiglia ad un semolino a grana finissima, e che è appunto quello che serve alla preparazione. Questo zucchero va adesso colorito in viola. Per i vari lavori di pasticceria ci sono in commercio degli speciali colori innocui di diverse Case, e già pronti per l'uso. Siccome però tutti questi colori sono molto concentrati e densi, per il lavoro delle violette candite bisogna diluirli, affinchè il colore possa aver modo di ripartirsi tra tutti i granellini dello zucchero. Per diluire il colore si fa così: si prende un po' di color viola concentrato e si stempera con mezzo bicchiere d'acqua bollente. Avvenuta la soluzione si lascia freddare e si rifinisce con un bicchierino d'alcool puro e una o due gocce di essenza di violetta. Si raccoglie il colore ottenuto in una bottiglina e si conserva. Si stende lo zucchero su un foglio grande di carta bianca e vi si versa, a gocce, il colore viola, impastando bene con le due mani affinchè questo colore, che è dotato di grande potenza colorante, vada a tingere uniformemente ogni granellino. Si giudica del risultato ottenuto, e se l'intonazione generale dello zucchero non rispondesse al vero colore delle violette di Parma, se ne può correggere la nuance con qualche goccia di color «rosa brillante». Stendete bene lo zucchero sulla carta, e lasciate asciugare completamente, all'aria. Sciogliete a bagnomaria della gomma arabica in pezzi con poca acqua e a parte preparate uno sciroppo di zucchero al profumo di vainiglia. Questo sciroppo misurato col pesa-sciroppi dovrà segnare 32 gradi. Unite la gomma fusa e densa allo sciroppo e tenete il tutto in caldo, senza che il calore però sia eccessivo. Prendete le violette, mettetene poche alla volta in una terrinetta di porcellana e versateci su un pochino del composto di gomma e sciroppo: tanto che basti appena appena a bagnarle. Operando con attenzione, girate le violette nel liquido affinchè restino inumidite in ogni parte. Appoggiatele subito sullo zucchero colorato e rotolatele in esso con grande delicatezza in modo da far loro raccogliere la maggiore quantità di zucchero. Procedete così fino ad avere esaurito tutte le violette e poi collocatele bene allargate su un grande setaccio di seta lasciandole per qualche giorno in luogo tiepido, onde abbiano ad asciugarsi completamente.
colorante, vada a tingere uniformemente ogni granellino. Si giudica del risultato ottenuto, e se l'intonazione generale dello zucchero non
Occorrono dei piccoli tours de main che non sono alla portata di tutti: come quello di servire con la sola mano destra (mentre con la sinistra si sostiene il piatto) adoperando simultaneamente cucchiaio e forchetta tenuti fra le dita come una pinza, o l'arte di versare i vini girando leggerissimamente la bottiglia per evitare che una intempestiva goccia di vino vada a macchiare la tovaglia, pur mantenendo sempre la bottiglia quasi orizzontale per non intorbidare il vino, specie se molto vecchio, ecc. ecc. Una brava cameriera farà rapidamente e senza esitazione il cambio dei piatti e delle posate, vegliando che tutto sia sempre in ordine, e distribuendo con apposito cucchiaio il pane, preparato a parte in un piccolo cestino d'argento o di vimini, se esso venisse a mancare. Alla fine del servizio di cucina propriamente detto, e subito prima del dolce ella potrà sbarazzare la tavola del superfluo, ripulendo rapidamente e con garbo la tovaglia dalle briciole, servendosi per questo scopo di quelle speciali pale in metallo con relativa spazzolina morbida. Dopo il dolce e la frutta, per il che occorreranno piatti e posatine speciali, la cameriera metterà ancora un piatto dinanzi a ciascuno, nel quale verrà poi posata la tazzina del caffè, distribuendo anche i bicchierini da liquore.
leggerissimamente la bottiglia per evitare che una intempestiva goccia di vino vada a macchiare la tovaglia, pur mantenendo sempre la bottiglia quasi orizzontale