Se si vogliono consumare in tegame i polli si ferma loro le ali sulla schiena, come fu detto prima, senza però legarle; poi s'introduce la cima delle coste nel groppone attraverso la pelle. Nell'ammannire il pollame giovane si passa uno stecchetto nel collo con unita la testa. Ai piccioni vengono mozzate le zampe a metà e riversati i piedi — tenuti prima un momento sulla fiamma per distaccarne la pellicola — ed insieme all'articolazione delle cosce s'introducono oltre la pelle forata nel groppone, in maniera da sembrare che la corona delle zampe esca dal corpo. Le anitre si sgozzano come i pollastri o si taglia loro la testa; se giovani e frolle si spennano bagnate, cosparse di pece polverizzata lavandole poi in acqua bollente; si spennano asciutte se hanno da frollare alcuni giorni, poi si preparano come i pollastri. Per lo più si usa di staccar loro come alle oche il collo e le ali per prepararli in stufato insieme al ventricolo e fegato. Le oche prima d'essere sgozzate vengono bagnate in acqua pura, affinchè le penne si puliscano bene, poi si lasciano digiunare 18 ore. Dopo sgozzate vengono lavate bene un'altra volta e spennacchiate quanto prima in luogo caldo presso la stufa e poi, abbruciacchiatone i peli, si tolgono entro le 24 ore gl'interiori. Cosi possono frollare in sito fresco una settimana intera, nell'inverno ancora più a lungo. Collo ed ali si tagliano via, però in modo che una parte dell'ala resti aderente al corpo e la pelle lasciata appositamente intatta, possa servire a coprire la mozzatura; lo stesso vale pel collo, donde si leva il gorgozzulo col gozzo e poi, introducendovi il dito, si distaccano gl'interiori entro il petto, i quali indi si levano dalla parte del groppone, badando bene di non ledere il fegato. Per riescire bene, la mano sinistra dovrà poggiar sul petto e premerlo in giù, onde la mano destra possa afferrare lo stomaco. Nell'estrarre gl'interiori se ne leva la melma con una pezzuola. Il grasso aderente alle budella del pollame ingrassato viene distaccato, poi lavato in diverse acque, infine sciolto sul fuoco. I piedi si tagliano via presso alle giunture, si sala l'oca, la si lascia fino al giorno seguente in una pentola piena d'acqua fredda, da dove levata e salata di nuovo si mette ad arrostire alcune ore dopo. Al tacchino (pollo d'India) si mozza il capo, il quale assieme alla parte superiore del collo si getta via; come all'oca, gli si leva il collo e le ali. Per ripulire il tacchino, si può strofinarlo bene con della farina e poi lavarlo con cura. Fig. 10. come si preparano gli uccelli selvatici
, possa servire a coprire la mozzatura; lo stesso vale pel collo, donde si leva il gorgozzulo col gozzo e poi, introducendovi il dito, si distaccano gl
Lingua di bue fresca si lessa colla carne di manzo, fino a che se ne possa levare la pelle. Una lingua preparata in salamoia si lascia bollire quanto una fresca, però solamente nell'acqua con delle radici di verdure e un po' di salamoia. Una lingua affumicata viene dapprima ben bene battuta, lasciata la notte nell'acqua e cotta il giorno seguente da 2 a 3 ore, vale a dire sino a che si pela con facilità, ciò che si fa ancor calda.
, lasciata la notte nell'acqua e cotta il giorno seguente da 2 a 3 ore, vale a dire sino a che si pela con facilità, ciò che si fa ancor calda.
Pesci grandi si possono conservare per alcuni giorni durante l'inverno, quando sono sventrati e salati. In tempi più miti bisogna serbarli in ghiacciaia e ritardarne la decomposizione soffregandoli con polvere salicilica, come si usa per la carne. Vale però meglio di conservarli col mezzo di cottura o col marinarli (pag. 331), fino al momento di usarne. Le trotte dopo lessate, si coprono con una gelatina acidula e con grasso di bue, quando non si possono mantenere vive in un serbatoio.
ghiacciaia e ritardarne la decomposizione soffregandoli con polvere salicilica, come si usa per la carne. Vale però meglio di conservarli col mezzo di
Gli erbaggi appena raccolti non debbonsi diguazzare in acqua calcarea, perchè risulterebbero duri, ma si prenderà dell'acqua bollita e raffreddata o quella fluviale. L'istessa osservanza vale pel risciacquamento dei vasi di vetro o di latta. I vasi devonsi riempire quasi fino all'orlo, badando, come per i frutti cotti a vapore, che non vi penetri l'aria. I coperchi dei vasi di latta si stagnano. Qualora durante la cottura a bagno-maria l'acqua che li ricopre oltre due dita getta delle bollicine, ciò indica che i vasi non sono chiusi ermeticamente e che bisogna levarli dall'acqua, per ristagnarli e poi riporli di nuovo a bollire. Quando i vasi sieno stati il tempo voluto nell'acqua bollente, si tolgono da questa per raffreddarli in diverse acque cambiate ed impedire così che il loro contenuto riesca troppo tenero. Se il coperchio o il fondo del vaso si gonfia durante il tempo della loro conservazione, ciò è segno di fermento e fa d'uopo consumare immediatamente il contenuto.
quella fluviale. L'istessa osservanza vale pel risciacquamento dei vasi di vetro o di latta. I vasi devonsi riempire quasi fino all'orlo, badando
Coperta che sia d'una tovaglia la tavola da mensa, si dispongono un numero di tondi lisci, in distanza di 60 centimetri uno dall'altro, ed alla destra, sopra a delle porta-posate di vetro od argento, i coltelli colla lama voltata verso il tondo, nonchè i cucchiai, a sinistra le forchette, e sul tondo in mezzo alla salvietta ripiegata con eleganza un panino. I calici si collocano un poco a sinistra dietro il piatto, cioè uno più grande ed uno meno grande, in aggiunta ai bicchieri per l'acqua e pel vino, quando, oltre al vino da pasto, va servita dopo la zuppa, la birra od un vino scelto. Le caraffine dell'acqua e vino si pongono in sottocoppe a destra presso i bicchieri, disponendo nei convitti più semplici che le caraffine dell'acqua, il porta sale e pepe si trovino in sufficiente numero alla portata dei commensali. Qualora per certe vivande occorresse dell'aceto, olio o dello zucchero in polvere, questi si presentano in apposito vasellame. I cestini col pane non devono mancare mai. Nei convitti festosi ogni salvietta contiene un cartoncino col nome della persona, e a diritta del piatto un'altra colla nota del pranzo (menu). Le frutta ed i dolci del dessert, le insalate composte si collocano in bella disposizione sul tavolo con in mezzo un pezzo dolce di gala od un vaso di fiori. In occasione festiva si mette tra ogni salvietta una rosa od un garofano. Anche nelle semplici mense di famiglia l'uso è lodevole di decorare la tavola con un mazzo di fiori, come in generale è indicato di dare un aspetto piacevole alla stanza da pranzo e di regolarne la temperatura, cosa che spesso si neglige, mentre la è di prima importanza pel benessere dei commensali. I piatti di cambio per le pietanze calde durante la stagione fredda devonsi prima scaldare in cucina (su scaldavivande o sulla stufa), però non tanto che il toccarli arrechi molestia, ciocchè vale pure per i piatti di portata. Se taluno poggia la sua posata sul piatto, la si toglie insieme a questo, colla mano destra, al lato destro della persona seduta, immergendone tosto le lame in un secchietto pieno d'acqua calda posto sulla credenza, e rasciugata, la si ripresenta nel medesimo modo sopra un piatto netto, nel caso sempre che in generale non si cambino le posate a tutta la comitiva.
sulla stufa), però non tanto che il toccarli arrechi molestia, ciocchè vale pure per i piatti di portata. Se taluno poggia la sua posata sul piatto, la
Nel trinciare la carne di bue, la lombata e generalmente tutti i pezzi grossi, è importante d'osservare il filo della carne, tagliandola a fette o pezzi di possibilmente eguale dimensione e grossezza, per cui devesi ancor cruda dare forma adeguata a quella carne destinata ad essere stufata od arrosta, e a quella allessa invece quando la sia già cotta. È noto che la direzione del filo spesso si cambia in un pezzo di carne, percui si divide questa nel senso del filo, per affettarla poi per traverso. Ove la carne fosse troppo cotta devesi tagliarla molto in isbiego per impedire che si sfasci. Qualora le fette riescissero troppo grandi, esse si tagliano cuneiformi, vale a dire appuntite verso una parte. Dalla punta di petto si stacca la coperta di grassa, affettando poi il tenerume coll'aderente grasso. La carne s'adagia sul piatto riunita come fosse intera, oppure a scaglioni, così che una fetta posi sull'altra oppure disposta in due file serrate traversali; è questo modo indicatissimo quando si serve in una portata due qualità di carne. Le guarnizioni si accomodano tra le file e tutt'intorno al di fuori, in modo che queste non tocchino, nè coprino la carne. Se la guarnizione è composta di diverse qualità, la si adagia sul piatto a mucchielti, alternati di colore. Una sola qualità si dispone a corona tutta intorno.
. Qualora le fette riescissero troppo grandi, esse si tagliano cuneiformi, vale a dire appuntite verso una parte. Dalla punta di petto si stacca la
Cuocere al bagno-maria (a vapore). Il recipiente (la casserola) di acqua bollente, nel quale va immerso lo stampo con entro la vivanda, deve essere più alto di quest'ultimo. Nella casserola si mette tant'acqua, che l'orlo dello stampo immerso ne resti sporgente per un pollice circa, affinchè bollendo l'acqua non entri nello stampo o lo sollevi. Attorno al coperchio ben aderente allo stampo viene messa di solito ancora una pezza inzuppata di acqua calda. Se lo stampo è di forma semisferica, vale a dire, se la base del medesimo è rotonda e non potesse quindi stare fermo, bisognerà, per impedirne le oscillazioni, poggiarlo sopra un trepiedi nell'acqua bollente; oppure lo si lega in una pezzuola, appendendolo per la bollitura in un recipiente più fondo. Nel caso che l'acqua evaporasse prima che la vivanda sia cotta — ciò che accade presso a poco in un'ora — s'aggiunge dell'altra bollente. Sta bene di mettere la casserola nel forno, perchè vi cuocerà più regolarmente con buon calore diffuso anche in alto; in mancanza di ciò, bisognerà provvedere con della brage sul coperchio, che la vivanda cresca bene e la umidità venga assorbita. Fig. 4. pentola Papin Fig. 5. coperchio di filo metallico
acqua calda. Se lo stampo è di forma semisferica, vale a dire, se la base del medesimo è rotonda e non potesse quindi stare fermo, bisognerà, per
Volendo intagliare la pasta al lievito, vale meglio di livellarla leggermente colla mano infarinata, giacchè spianandola col matterello la si premerebbe troppo e resterebbe attaccata facilmente. Per le pietanze fritte nel grasso vi si mette un po' di rum o dell'acquavite onde riescano meno grasse.
Volendo intagliare la pasta al lievito, vale meglio di livellarla leggermente colla mano infarinata, giacchè spianandola col matterello la si
Tutto ciò che s'adopera per fare la pasta ha d'essere tiepido percui si mette la farina vicino al fuoco. Si scioglie il lievito nel latte tiepido, se ne fa una pastella con parte di farina e la si mette a parte sul focolaio finchè si alza. Frattanto si staccia il resto della farina in una terrina fonda riscaldata, la si sala un poco, si frullano i tuorli e si liquefa il grasso; aggiuntovi il lievito ed il latte occorrente si mescola il tutto alla farina, e tramenando con un grande mestolo, si fa una pasta alquanto molle, giacchè dopo non si deve aggiungere più cosa liquida, ma piuttosto della farina, se fosse troppo tenera. Si comincia a battere bene l'impasto, vale a dire si preme col rovescio del mestolo una piccola parte sulla parete della terrina tenuta sul grembo o dinanzi a se sul tavolo, e con ogni percossa si piglia un po' dell'impasto premendolo nella terrina verso di sè, finchè si abbia tutta la pasta da una parte, dopo di che si volta la terrina e si procede di nuovo in egual modo, sinchè si formano delle vesciche d'aria nella pasta e questa si distacchi dal mestolo quando lo si leva. Indi, coperta di un pannolino infarinato, la pasta viene messa a levare in luogo caldo, oppure posta nello stampo o adoperata subito. La fermentazione deve far crescere la pasta al doppio del suo volume, in modo che p. e. un recipiente empito a metà ne divenga colmo.
farina, se fosse troppo tenera. Si comincia a battere bene l'impasto, vale a dire si preme col rovescio del mestolo una piccola parte sulla parete
Brodo comune. I migliori pezzi di carne per far del buon brodo e del buon bollito sono dalla parte posteriore del bue. Per un buon lesso è da preferirsi la carne stagionata, per la preparazione di brodo invece la carne macellata da poco. La buona carne è scura e grassa; quella chiara proviene da animali giovani e non dà mai un brodo saporito. Dopo che si è pestata la carne e sciaquata nell'acqua fredda, la si mette a cuocere in una pentola: 1 chilo in 2 a 3 litri d'acqua, lasciandola bollire 2 ore, più a lungo però la carne di manzi vecchi o pezzi più grossi. Se vuolsi ottenere di preferenza una zuppa corroborante, si mette la carne al fuoco con acqua fredda, estraendosi in questo modo maggiormente sughi alimentari; se però la carne deve servire qual principale nutrimento, la si porrà al fuoco nell'acqua bollente, in cui già prima s'avrà messo a cuocere delle ossa con altri pezzi di carne di qualità inferiore, avendo cura che cominci presto a bollire onde non perda tutta la sua sostanza; dopo che avrà bollito fortemente alcuni minuti, la si continua a cuocere adagio a fuoco moderato. Si usa schiumare il brodo acciò divenga chiaro, però guadagnerà in sostanza se lo si lascia bollire tranquillamente, essendochè la schiuma cade da sè in fondo. Quando questa non monta più si aggiunge al brodo 1 cucchiaio da tavola di sale e radici (1 carota, 1 prezzemolo e del poro) raschiate, lavate e tagliate per metà. Queste si possono, tagliate a fette insieme a della cipolla e ad un po' di fegato, anche disfriggere in una piccola casserola nel grasso di brodo oppure nella grascia di bue, per poi aggiungerle al brodo, nel quale si possono mettere ancora della radice di sedano e del cavolo-crespo, però vale meglio escludere quest'ultimi per persone nervose. Per rendere chiaro il brodo s'aggiunge alla fine un poco di acqua fredda, e mettendo in disparte la pentola lo si digrassa e cola per uno staccio fino. Per cuocervi la minestra si versa il brodo in una pentola più piccola e lo si fa ribollire; la carne col grasso e il rimanente del brodo si lasciano coperti in disparte fino al momento di servire.
mettere ancora della radice di sedano e del cavolo-crespo, però vale meglio escludere quest'ultimi per persone nervose. Per rendere chiaro il brodo s