Se la meticolosità è necessaria nell'acquisto del pesce, questa meticolosità deve essere spinta agli estremi limiti quando si tratta di crostacei e di molluschi. Aragoste, gamberi, granchi, e i frutti di mare a conchiglia come telline, vongole, ostriche ecc., vanno adoperati vivi, poichè se cucinati dopo la loro lunghissima agonia non valgono più nulla, non solo, ma possono cagionare disturbi gastrici punto desiderabili. Al contrario cotti vivi e messi poi in luogo fresco, si possono conservare ottimamente per qualche giorno senza che il loro sapore e la loro composizione venga a essere alterata. Un abilissimo gastronomo, asseriva che avrebbe più volentieri mangiato una aragosta cotta viva e poi conservata in ghiacciaia per otto giorni, anzichè una appena cotta, ma morta dopo lunga agonia. La prima infatti conserverà la carni fresche e sode, mentre la seconda presenterà una carne grigia e flaccida, alla superficie della quale si potranno talvolta osservare delle sfumature nerastre. Procuratevi quindi sempre aragoste vive, rifiutando quelle morte. Nè lasciatevi allettare dalle grossissime aragoste, perchè le loro carni sono spesso coriacee e in proporzioni misere rispetto alla mole della loro carcassa.
di molluschi. Aragoste, gamberi, granchi, e i frutti di mare a conchiglia come telline, vongole, ostriche ecc., vanno adoperati vivi, poichè se
Anche il polipo, alimento non finissimo ma molto appetitoso, presenta allo stato di prima freschezza dei caratteri che vanno ricordati; e cioè: tentacoli contratti, sacco turgido, occhi lucidi. Il colore, secondo le varietà di polipi, potrà essere bianco sporco o grigio e sempre cosparso di riflessi azzurrognoli. Ci sono poi i polipi di scoglio, i così detti polipi veraci, i quali hanno due file di ventose anzichè una ed un mantello che tende al bruno caldo. Sono questi i polipi da impiegarsi per quella preparazione così detta «alla Luciana» e per la quale debbono preferirsi i grossi soggetti. La rilassatezza del sacco e dei tentacoli, il calo del peso e il diffondersi di una tinta rossastra, sono sintomi di decomposizione. I calamari e i calamaretti partecipano degli stessi caratteri esposti per le seppie ed i polipi.
Anche il polipo, alimento non finissimo ma molto appetitoso, presenta allo stato di prima freschezza dei caratteri che vanno ricordati; e cioè
Resta brevemente da esaminare quali sono i principii fondamentali degli arrosti sulla gratella, — che i francesi chiamano «grillades». Per gli arrosti sulla gratella il combustibile più appropriato è il carbone di legna completamente acceso e ridotto a brace incandescente. Le gratelle da applicare su fornelli a gas o qualunque altro sistema non daranno mai un risultato apprezzabile. Anche qui è necessario che la quantità di brace sia proporzionata alla quantità di carne da arrostire. Se il fornello fosse troppo piccolo e la gratella grande, converrà distendere uno strato di cenere sul camino e su questo mettere la brace incandescente. Diversi sono i modi di procedere nella cottura, secondo che si tratti di carni rosse o di carni bianche. Qualunque carne rossa, dopo essere stata unta, va messa in gratella a fuoco forte affinchè possa subito formarsi una corteccia leggermente abbrustolita, che conserverà alla carne tutto il succo e quindi tutto il suo sapore. Appena questa corteccia si sarà fatta da una parte, voltate subito la carne dall'altra affinchè anche qui la carne possa subire l'azione immediata del fuoco. Si riconosce il punto esatto di cottura quando, appoggiando un dito nel mezzo della bistecca, si sente una pressione come se la carnfosse di gomma elastica. Se il dito affonda troppo facilmente significa che la carne non è ancora cotta a punto. Guardatevi bene dal punzecchiare le bistecche o le costolette colle punte della forchetta quando dovrete voltarle. I buchi che fareste sulla carne darebbero facile uscita ai succhi che bisogna invece gelosamente conservare nell'interno, e voi ottereste un arrosto secco e senza gusto. Per voltare la carne usate una palettina o in mancanza di questa una larga lama di coltello. Ricordate anche che le carni arrostite sulla gratella vanno salate alla fine della cottura. E questo perchè il sale, liquefacendosi, forma uno strato umido sulla carne e impedisce la rapida formazione di quelo strato abbrustolito che, come abbiamo visto, è indispensabile per ottenere una buona bistecca arrosto. Le carni bianche, contenendo meno succhi, debbono invece essere arrostite a fuoco più dolce ed essere frequentemente unte di burro durante la loro cottura. In quanto ai pesci cotti alla gratella bisognerà osservare di tenere un calore moderato e di ungerli spesso di olio.
gratella vanno salate alla fine della cottura. E questo perchè il sale, liquefacendosi, forma uno strato umido sulla carne e impedisce la rapida
Ci sembra non inutile completare questo primo capitolo riguardante le nozioni fondamentali della cucina con un rapido esame di quelle preparazioni che vanno sotto il nome di farcie.
E non in fondo alla padella solo, ma in fondo alla teglia e in fondo alla casseruola. E che ci si trova dunque? Un piccolo tesoro che generalmente viene gettato via. Dopo aver cotto delle fettine in padella o delle «escaloppes» in teglia o anche dopo aver fatto dell'arrosto in casseruola, generalmente si ha la cattiva abitudine di rovesciare la carne sul piatto con tutto il grasso della cottura, il quale grasso il più delle volte è eccessivo e condisce in modo nauseabondo la carne preparata. Avrete osservato che nel fondo della padella o della teglia o della casseruola restano come dei piccoli grumi nerastri ai quali nessuno fa caso e che la donna di cucina lava e spreca. Ora proprio quei piccoli grumi nerastri rappresentano la parte veramente saporosa, con la quale voi potrete preparare una magnifica salsetta. Procedete dunque così: Cotta la carne, scolate via tutto il grasso e questo grasso non mandatelo in tavola, ma raccoglietelo in un tegamino, per utilizzarlo poi in qualche altra preparazione e versate nella padella o teglia o casseruola qualche cucchiaiata di brodo o d'acqua. Rimettete il recipiente sul fuoco, e con un cucchiaio di legno staccate bene i piccoli grumi. Vedrete che si scioglieranno facilmente e vi daranno un liquido nerastro che è appunto formato da una parte dei succhi della carne che si sono solidificati nel fondo durante la cottura. Se volete migliorare questo sugo potrete aggiungerci un piccolissimo pezzo di burro e un nonnulla di marsala. Ma, comunque, avrete arricchito la carne di una salsetta saporita, la quale non è certo da paragonarsi a quel lago di grasso, fatale allo stomaco, con cui molti portano in tavola la carne. Sono piccole cose, ma utili a sapersi: dei nonnulla che non vanno trascurati.
molti portano in tavola la carne. Sono piccole cose, ma utili a sapersi: dei nonnulla che non vanno trascurati.
Da un pane a cassetta o da altro pane che abbia la mollica senza buchi, tagliate dei rettangoli, grandi circa come una carta da giuoco — meglio meno che più — e abbrustoliteli leggermente. Prendete adesso, ad esempio, un panino di burro e con una lama di coltello impastatelo in un piatto con quattro o cinque alici, lavate, spinate e fatte a pezzetti. Per avere un risultato anche migliore, potreste passare il burro e le alici dal setaccio. Spalmate di burro tutti i «canapés», e poi con dei filettini di acciuga fateci sopra un largo reticolato. Avrete intanto lessato un uovo. Sgusciatelo e tritate separatamente il rosso e la chiara. Mettete in ogni quadratino del reticolato una piccola pizzicata di bianco tritato e di rosso tritato, alternando i colori. Il burro che vi sarà rimasto lo metterete in un piccolo cartoccio di carta pesante, chiuderete il cartoccio e ne spunterete leggermente l'estremità inferiore in modo da lasciare un'apertura di pochi millimetri. Premendo sul cartoccio, fate intorno ai «canapés» un sottile cordoncino di burro, che li completerà con molta eleganza. Oppure, preparate del burro di Montpellier, raccoglietelo, in una terrinetta, copritelo con un foglio di carta pergamena e tenetelo sul ghiaccio. Preparate anche dei crostini di forma ovale o rettangolare, dello spessore di mezzo centimetro, e leggermente abbrustoliti sul fuoco o — se credete meglio — fritti nel burro, nell'olio o nello strutto. I crostini vanno preparati prima affinchè abbiano il tempo di freddarsi; altrimenti adoperandoli caldi il burro si liquefarebbe. Spalmate su ogni crostino uno strato abbondante del burro preparato, disponete intorno intorno un cordoncino di torlo d'uovo sodo tritato, e finite i «canapés» mettendo in mezzo ad ognuno qualche fogliettina di crescione. Come facilmente comprenderete potrete utilizzare olive farcite, capperi, cetriolini, gamberetti, ecc., purché ricordiate l'avvertimento di montare i «canapés» con ogni cura.
abbrustoliti sul fuoco o — se credete meglio — fritti nel burro, nell'olio o nello strutto. I crostini vanno preparati prima affinchè abbiano il tempo
Una delle ghiottonerie della cucina cosmopolita è la «tortue claire», cioè una minestra fatta con la tartaruga di mare. Da questa «tortue» è derivata la «mock turtle» ossia minestra di falsa tartaruga la quale anche è in gran favore, specie nella scuola gastronomica francese, che ne rivendica a sè la creazione. Per sei persone mettete a cuocere in una pentola un pezzo di testina di vitello con qualche aroma e quando la testina sarà cotta togliete via tutto ciò che è carne o grasso conservando solamente la parte gelatinosa che costituisce l'esterno della testina. Questa parte la metterete a freddare sotto un leggero peso. Il resto lo utilizzerete per qualche altra preparazione (bollito, fritto, ecc.). Avrete intanto preparato un litro e mezzo di brodo. Mettete nel brodo già pronto qualche rametto di prezzemolo, una foglia di salvia, un pizzico di rosmarino, un pizzico di maggiorana, due o tre foglie di basilico, una mezza cipolla con un chiodo di garofano e una pizzicata di funghi secchi che avrete fatto rinvenire in un po' di acqua fredda. Aggiungete ancora, se credete, una fettina di prosciutto grasso e magro tagliato in listerelle. Portate il brodo all'ebollizione, ritirate la pentola sull'angolo del fornello, copritela e lasciate tutti gli aromi in infusione per circa un quarto d'ora. Passate allora da un colabrodo il brodo aromatizzato, al quale aggiungerete una cucchiaiata di salsa di pomodoro e qualche cucchiaiata di sugo di carne o, più semplicemente, un paio di cucchiaini di estratto di carne. Fate bollire ancora pian piano per una mezz'ora, schiumando accuratamente il brodo. Al momento di mandare in tavola tagliate dalla testina di vitello fredda e pressata, tanti tondini della grandezza di un soldo (vecchio modello), operazione che vi sarà facile se avrete un piccolo tagliapaste. Avrete anche preparato una ventina di polpettine fatte con un pezzettino di carne (meglio ancora se di tacchino) un pochino di mollica di pane e un rosso d'uovo. Per la grandezza vi regolerete di farle come delle grosse nocciuole. Queste polpettine dopo averle ben foggiate, le passerete per pochi minuti nel burro, procurando di non romperle. Come complemento della guarnizione si richiederebbero anche una diecina di fagioli di pollo e qualche piccola cresta. Naturalmente i fagioli vanno cotti con un pochino di burro e le creste lessate. Raccogliete tutta la guarnitura in una piccola casseruola e tenetela in caldo con qualche cucchiaiata di brodo e un bicchierino di marsala. Verificate la sapidità del brodo correggendolo all'occorrenza, travasatelo nella zuppiera e nel brodo versate la guarnitura preparata. Completate con un buon pizzico di pepe di Caienna e fate portare in tavola.
di pollo e qualche piccola cresta. Naturalmente i fagioli vanno cotti con un pochino di burro e le creste lessate. Raccogliete tutta la guarnitura in
Per sei persone preparate la metà di un cavolo grande o un cavolo piccolo, qualche costola di sedano, due cipolle, le foglie più tenere di quattro rape. Tagliuzzate, lavate bene e gettate il tutto in una pentola con acqua in ebollizione. Lasciate bollire tre o quattro minuti, poi scolate queste erbe e mettetele da parte. Avrete intanto tagliuzzato e messo in bagno due o tre piedi d'indivia, un mazzetto di bietole, quattro rape, quattro patate, tre carote gialle e un po' di prezzemolo. I legumi e le erbe dovranno essere tagliati come per un minestrone. Il cavolo, il sedano, la cipolla e le foglie delle rape, avendo ognuna un caratteristico sapore acre, debbono essere prelessati, operazione che non si richiede per il resto. Prendete una pentola piuttosto grande e che abbia un coperchio che chiuda esattamente. In essa mettete la metà delle erbe e dei legumi crudi o prelessati. Condite con sale a sufficienza e aggiungete tanta acqua da ricoprire le verdure e sulle erbe adagiate uno o due piedi di porco, un paio di codini, qualche spuntatura di costa di maiale, e se credete anche qualche salsiccia. Non c'è bisogno di dire che i piedi e i codini di maiale vanno accuratamente fiammeggiati e nettati. Ricoprite con l'altra metà delle erbe e legumi, aggiungete tanta acqua da ricoprire ogni cosa, coprite la pentola e fate che bolla dolcemente per tre o quattro ore. La prolungata cottura dei legumi e delle erbe conferisce a questa minestra un alto grado di sapore e di digeribilità. Si può mangiare così semplicemente, o come zuppa, mettendo cioè nelle scodelle delle fette di pane abbrustolito.
spuntatura di costa di maiale, e se credete anche qualche salsiccia. Non c'è bisogno di dire che i piedi e i codini di maiale vanno accuratamente
Questa torta non dolce, economica e gustosa può servire così per primo piatto a colazione come per accompagnare delle carrai. Per sei persone mettete a lessare 200 grammi di patate di qualità farinosa; quando saranno cotte sbucciatele e infrangetele sulla tavola facendo assorbire loro 100 grammi di farina e un buon pizzico di sale. Stendete questa pasta su una placca da forno o in una tortiera piuttosto larga formandone uno strato di mezzo centimetro di spessore. La placca o la tortiera vanno leggermente unte con un po' di burro, o olio, o strutto. Spianato l'impasto seminateci su un ettogrammo di formaggio fresco tagliato in dadini (mozzarella napolitana o provatura), un pugno di parmigiano grattato, un pizzico di pepe, una cucchiaiata di origano e, durante la stagione estiva, qualche filetto di pomodoro fresco privato della pelle e dei semi. Su tutto sgocciolate un filo d'olio e infornate la torta in forno di calore piuttosto vivace, affinchè possa ben colorirsi e diventare leggermente croccante.
centimetro di spessore. La placca o la tortiera vanno leggermente unte con un po' di burro, o olio, o strutto. Spianato l'impasto seminateci su un
Qualunque sia il modo che sceglierete per servire il soufflè, il composto è sempre lo stesso e si prepara nel seguente modo. Mettete in una casseruolina una grossa noce di burro e quando il burro sarà liquefatto, aggiungete una cucchiaiata di farina, mescolate e dopo due o tre minuti bagnate con un bicchiere di latte. Condite con un pizzico di sale e lasciate cuocere sempre mescolando, fino ad ottenere una salsa liscia e di giusta densità. Lasciatela freddare e intanto pestate nel mortaio due ettogrammi di prosciutto cotto con mezzo ettogrammo di burro. Pestate bene e quando burro e prosciutto saranno bene amalgamati passate ogni cosa dal setaccio. Raccogliete la purè in una terrinetta, aggiungeteci la besciamella fredda e, uno alla volta, tre rossi d'uovo. Mescolate sempre e da ultimo unite le tre chiare d'uovo montate in neve molto ferma. Le chiare montate vanno unite con grande delicatezza. Imburrate il recipiente destinato, sia esso il tegame di porcellana, la stampa da soufflè o le tazzine. Le cassettine non occorrerà imburrarle di nuovo essendo state già imburrate come si è detto più sopra. Lisciate il composto con una lama di coltello e mettete in forno leggero. Se si tratterà di cuocere un solo soufflé ci vorranno una ventina di minuti. Se invece avrete distribuito il composto nelle tazzine o nelle cassettine di carta, una dozzina di minuti saranno sufficienti. In forno il composto cresce e si rassoda alquanto. Mettete il soufflè o i piccoli soufflès in un piatto con salvietta, e fate portare prontamente in tavola, poichè, come sapete, i soufflès debbono essere mangiati immediatamente, altrimenti ricadono e prendono brutto aspetto.
, tre rossi d'uovo. Mescolate sempre e da ultimo unite le tre chiare d'uovo montate in neve molto ferma. Le chiare montate vanno unite con grande
Prendete una o più cipolle, preferendo quelle napolitane, e non molto grandi. Sbucciatele, spuntatele all'estremità e con un coltello tagliatele orizzontalmente in fette di mezzo centimetro. Queste fette risulteranno composte di tanti anelli concentrici, che voi gitterete in una casseruola contenente acqua in ebollizione. Fate bollire per cinque minuti, poi scolate le cipolle, e passatele in una catinella con acqua fresca, dove le lascerete qualche minuto. Fatto ciò scolate di nuovo le cipolle e raccoglietele in una salvietta per asciugarle delicatamente. Prendete pochi di questi anelli alla volta, infarinateli e friggeteli in abbondante olio o strutto finchè abbiano preso un leggiero colore d'oro pallido. All'uscita dalla padella spolverizzateli leggermente di sale. Questo fritto di cipolla ha il pregio di non tradire affatto la sua origine plebea; è squisito, e può rimpiazzare assai vantaggiosamente i filetti di zucchine, i quali forse perdono al confronto. Gli anelli di cipolla vanno fritti con una certa bravura e debbono risultare sostenuti, ricordando un po' una frittura di calamaretti. Due piccole piramidi di questi anelli dorati messi, ad esempio, alle due estremità di un piatto ovale contenente dell'arrosto, formeranno una guarnizione piena di vaporosità e — ciò che non è punto disprezzabile — gradevolissima al palato.
vantaggiosamente i filetti di zucchine, i quali forse perdono al confronto. Gli anelli di cipolla vanno fritti con una certa bravura e debbono
Quando la pasta sarà ben lievitata battetela leggermente col palmo della mano per sgonfiarla. Stendete su una parte della tavola di cucina un abbondante strato di farina; poi con la mano infarinata prendete dalla terrinetta dei pezzi di pasta della grossezza di un uovo e lasciateli cadere sulla farina. Mettete intanto sul fuoco una padella con abbondante olio. Con le mani infarinate prendete un pezzo di pasta alla volta, giratelo tra le dita tirandolo ed assottigliandolo in modo da farne un disco il più largo e il più sottile possibile, poi sollecitamente lasciatelo cadere nella padella, che deve essere caldissima. Dopo qualche istante voltate con garbo la pizzetta e nel centro di essa stendete con un cucchiaio una cucchiaiata del composto preparato, poi con la schiumarola da frittura mandate pian piano sulla pizzetta l'olio bollente, innaffiandola. Ciò servirà a facilitare il fondersi della mozzarella. Un altro poco, e togliete via dal fuoco la pizzetta, che dovrà essere bionda e croccante; lasciatela sgocciolare e tenetela in caldo. Ripetete l'operazione fino ad avere esaurito tutta la pasta. Siccome le pizzette cuociono prestissimo e siccome vanno mangiate molto calde sarà bene essere in due persone: una friggerà e l'altra aprirà ed assottiglierà la pasta adagiandola nella padella. Per non avere sorprese sarà anche bene dividere il composto in tanti mucchietti per quante saranno i pezzi di pasta. Così ogni pizzetta avrà la sua quantità esatta di condimento. Queste pizzette così confezionate sono gustosissime. È però necessario, ripetiamo, che siano mangiate caldissime.
. Ripetete l'operazione fino ad avere esaurito tutta la pasta. Siccome le pizzette cuociono prestissimo e siccome vanno mangiate molto calde sarà bene
Si tratta di fare delle frittatine sottilissime e di sovrapporle, intercalandole con una guarnizione ben condita. Non è certo la scoperta dell'America, ma una cosina la quale, se eseguita a dovere, non manca però di produrre il suo effetto. Per quattro persone potrete calcolare sei uova, le quali vanno sbattute in una terrinetta e condite con sale e pepe. Prendete poi una padella non molto grande — del diametro di una quindicina di centimetri — metteteci un pezzetto di burro o di strutto come una nocciola e quando il grasso sarà caldo, versate nella padella tre cucchiaiate delle uove sbattute. Inclinando la padella, fate che le uova ne coprano tutto il fondo, e quando vedrete che questa sottilissima frittata si è rassodata, rovesciatela in un piatto senza farla cuocere dall'altra parte, come si usa generalmente per tutte le altre frittate. Continuate così a fare frittatine mettendo ogni volta nella padella un pezzettino di grasso. Otterrete un discreto numero di dischi d'uovo, che potrete preparare anche qualche tempo prima del pranzo. Per la guarnizione potrete impiegare quello che più vi aggrada: dalle cose più semplici alle cose più complicate. Un quarto d'ora prima di mangiare, prendete una piccola teglia, o meglio un piatto di porcellana che possa andare liberamente nel forno, ungetene di burro il fondo e mettete su questo qualche cucchiaiata di salsa di pomodoro, che avrete preparato in precedenza. Sulla salsa appoggiate una frittatina, spalmatela con un altro po' di salsa e seminateci su un pochino di parmigiano grattato e qualche foglia di basilico fresco tagliuzzata. Continuate così a fare strati di frittatine e di sugo, ultimando con abbondante salsa e parmigiano. Mettete ancora qua e là qualche pezzetto di burro, e ponete la teglia in forno per una diecina di minuti. Mandate in tavola senza travasare, appoggiando semplicemente la teglia o il piatto di porcellana su un altro piatto più grande, con salvietta. Invece della modesta salsa di pomodoro è in facoltà vostra l'adoperare una salsa besciamella, in cui potrete aggiungere funghi, qualche regaglia di pollo ecc. coi quali potrete fare anche un elegante cordone al millefoglie prima d'inviarlo in tavola; oppure adoperare besciamella e sugo di carne senza pomodoro, nel qual caso delle fettine di tartufo disposte qua e là avrebbero un impiego ideale.
vanno sbattute in una terrinetta e condite con sale e pepe. Prendete poi una padella non molto grande — del diametro di una quindicina di centimetri
Le uova soufflées vanno cotte in quelle speciali tazzine di porcellana resistente al fuoco fabbricate appunto per questi piccoli soufflées. Per dieci tazzine sciogliere bene a freddo, 150 grammi di farina con due bicchieri di latte, condire con sale, pepe e un nonnulla di noce moscata. Mettere sul fuoco e far levare l'ebollizione. Togliere il recipiente dal fuoco e aggiungere, sempre mescolando, due cucchiaiate di parmigiano grattato, un pezzo di burro come una noce e quattro rossi d'uovo. Quando ogni cosa sarà bene amalgamata aggiungere quattro chiare montate in neve ben ferma. Mescolare ancora, ma adagio per non sciupare le chiare. Ungere di burro le tazzine di porcellana, mettere un po' di composto in ognuna in modo che arrivi appena ai due terzi, e passare in forno leggero per una diecina di minuti per dar modo ai piccoli soufflées di cuocere e gonfiare. Mandare in tavola immediatamente... sotto pena di veder sgonfiare tutte le tazzine.
Le uova soufflées vanno cotte in quelle speciali tazzine di porcellana resistente al fuoco fabbricate appunto per questi piccoli soufflées. Per dieci
Mettete a rinvenire in acqua fresca una piccola manata di funghi secchi, nettateli bene, e poi tritateli sul tagliere. Fateli cuocere in un pochino d'olio in cui avrete fatto soffriggere uno spicchio d'aglio, bagnandoli di quando in quando con una cucchiaiata di acqua. Conditeli con sale, pepe, e un bel ciuffo di prezzemolo trito e appena cotti metteteli a freddare in un piatto. Quando saranno freddi unite loro una o due fettine di prosciutto tagliate in pezzettini. Avrete intanto nettato le triglie, che dovranno essere piuttosto grosse, e le avrete messe ad asciugare in una salvietta. Preparate tanti fogli di carta bianca pesante per quante sono le triglie e ritagliateli con le forbici, dando ad essi la forma di cuore ma un pochino più stretta. Ungete questi fogli con olio o burro e dentro ognuno mettete un pochino di funghi e prosciutto, una triglia leggermente untata d'olio e spruzzata di sale e sopra la triglia un altro po' di funghi. Ripiegate la papillote, chiudetela pieghettandola, e continuate così per tutte le triglie. Per il modo di confezionare la papillote e di chiuderla riferitevi a quanto è detto nel capitolo delle carni, per le costolette di vitello nella papillote. Vi troverete anche un disegno esplicativo. Poco prima del pranzo allineate le papillotes in una teglia — anche la teglia va leggermente unta — e lasciate cuocere le triglie a fuoco non troppo violento per un quarto d'ora. Se avete un po' di sugo di carne, ma senza pomodoro, ne potrete mettere un mezzo cucchiaino su ogni triglia prima di chiudere la papillote. È un'aggiunta non proprio necessaria ma che comunica al pesce una maggiore finezza e una più grande sapidità. Queste triglie vanno servite in un piatto con salvietta e con il loro involucro di carta.
una più grande sapidità. Queste triglie vanno servite in un piatto con salvietta e con il loro involucro di carta.
Le aragoste da servirsi lessate vanno immerse vive in una pentola con acqua in ebollizione, alla quale si sarà aggiunto qualche legume e un paio di cucchiaiate d'aceto. Una aragosta di peso medio dovrà cuocere circa una ventina di minuti.
Le aragoste da servirsi lessate vanno immerse vive in una pentola con acqua in ebollizione, alla quale si sarà aggiunto qualche legume e un paio di
Le ciriole del Tevere hanno la pelle molto delicata e quindi non vanno spellate. Si privano della testa, si nettano accuratamente e si ta-gliano in pezzi di circa cinque centimetri. Per un chilogrammo di ciriole mettete in una casseruola un pochino d'olio, mezzo spicchio d'aglio tritato e quattro o cinque cipolline novelle finemente tritate. Quando la cipolla avrà preso una bella colorazione bionda, mettete giù le ciriole accuratamente risciacquate, conditele con sale e pepe e lasciatele insaporire. Quando ogni traccia di umidità sarà scomparsa, bagnatele con mezzo bicchiere di vino bianco e una cucchiaiata di salsa di pomodoro. Mescolate e quasi subito dopo aggiungete mezzo chilogrammo di pisellini sgranati. Mescolate, coprite la casseruola e lasciate cuocere, aggiungendo, se il bagno si asciugasse troppo, qualche cucchiaiata d'acqua. A cottura completa fate servire ben caldo.
Le ciriole del Tevere hanno la pelle molto delicata e quindi non vanno spellate. Si privano della testa, si nettano accuratamente e si ta-gliano in
I tournedos sono delle bistecchine di filetto tagliate non nel mezzo del filetto stesso, ma alle estremità, in modo da presentare una larghezza di un pezzo d'argento di cinque lire di tipo antico. Lo spessore di queste bistecchine deve essere almeno di un dito, tanto meglio se le terrete spesse un paio di centimetri. Tagliate le bistecchine, delle quali se ne calcolano generalmente due a persona, ci si fa intorno, nel verso dello spessore, una legatura circolare con un pezzo di spago, in modo che cuocendo conservino la loro forma rotonda. Per ogni tournedos si prepara anche un crostino di pane rotondo, della stessa grandezza della carne, alto un centimetro e fritto nell'olio, nel burro o nello strutto. Si ricavano assai facilmente questi crostini adoperando uno di quei pani detti a cassetta, preferibilmente raffermo. Preparate anche tante rotelline di prosciutto crudo per quanti sono i tournedos e tante fettine di cervello (di maiale o di abbacchio) per quanti sono i pezzi da montare. Il cervello va prima messo a dissanguare qualche minuto in acqua fredda in una casseruolina. Si versa poi l'acqua, si sostituisce con altra acqua pulita, si mette la casseruolina sul fuoco e si porta fino all'ebollizione. Si fa bollire un minuto, dopo di che si passa di nuovo il cervello nell'acqua fredda, si estrae, si asciuga e si taglia in escaloppes le quali vanno poi infarinate e fritte. Al momento di preparare la pietanza mettete del burro in una teglietta, e a fuoco vivace cuocete i tournedos, che condirete con un po' di sale. Ricordate di tenere la carne piuttosto rosea nell'interno; quindi non spingete troppo la cottura. Quando avrete cotta tutta la carne, versate nella teglia un altro pezzetto di burro, un cucchiaio o due d'acqua e un bicchierino di marsala, e con un cucchiaio di legno staccate bene il fondo della cottura, così da avere una salsetta. Intingete alla svelta i crostini di pane in questa salsetta e allineateli sul piatto di servizio. Il quale piatto sarà preferibilmente di forma allungata in modo da permettere di disporre i crostini allineati due per due. Su ogni crostino appoggiate un tournedos, al quale avrete tolto lo spago, versate sulla carne la rimanente salsa, e su ogni tournedos mettete una fettina di prosciutto e una escaloppe di cervello.
escaloppes le quali vanno poi infarinate e fritte. Al momento di preparare la pietanza mettete del burro in una teglietta, e a fuoco vivace cuocete i
Lo stufatino è un piatto caratteristico della cucina di Roma ed è veramente degno di quel favore che i buongustai romani gli accordano. Per questa pietanza occorre servirsi della polpa dello stinco, e più propriamente di quel muscolo allungato che i macellai chiamano «pulcio». Badate che spesso i macellai non guardano tanto pel sottile, e allo stesso modo che battezzano per «pezza» qualsiasi taglio senz'osso, magari il più duro e nervoso, vi offrono per «pulcio» i più inverosimili ritagli di carne. Tagliate il muscolo o fatelo tagliare dal negoziante stesso, in fettine sottili. Potete calcolare mezzo chilogrammo per quattro abbondanti porzioni. Mettete in una casseruola di rame una mezza cucchiaiata di strutto con un po' di cipolla tagliuzzata, e quando la cipolla avrà preso colore, aggiungete un pezzo di grasso di prosciutto tritato con una puntina d'aglio; e subito dopo la carne. Condite con sale, pepe, una presina di maggiorana e fate rosolare lo stufatino. Quando avrà preso una bella tinta scura versate nella casseruola mezzo bicchiere di vino e allorchè questo si sarà asciugato, aggiungete una cucchiaiata di salsa di pomodoro o qualche pomodoro, spellato, fatto in pezzi e nettato dai semi. Fate cuocere ancora un pochino e poi bagnate con tanta acqua da ricoprire lo stufatino, coprite la casseruola, diminuite un poco il fuoco e lasciate che la cottura si compia dolcemente: per la qualcosa occorreranno circa un paio d'ore. Se durante la cottura il sugo venisse a mancare rinfondete altra acqua, regolandovi che al momento di mandare in tavola il bagno sia sufficientemente addensato, scuro e saporito. Lo stufatino si può servire semplice, oppure con un contorno. Generalmente i contorni più caratteristici di questo piatto sono i cordoni o «gobbi» e i sedani. Tanto gli uni che gli altri, vanno nettati, lessati a parte e poi messi ad insaporire nello stufatino. Ma potrete anche accompagnare la carne con qualunque altro contorno come zucchine, cipolline, funghi, ecc. servendo questi legumi in un piatto a parte: ciò che secondo noi è preferibile, perchè conserva a questa appetitosa pietanza, tutto il suo caratteristico profumo.
uni che gli altri, vanno nettati, lessati a parte e poi messi ad insaporire nello stufatino. Ma potrete anche accompagnare la carne con qualunque altro
Uno degli scogli sul quale vanno spesso ad infrangersi il buon volere e le ambizioni di chi deve preparare una colazione o un pranzo elegante è il piatto di carne. Ci si trae facilmente d'imbarazzo per un piatto di mezzo o per un dolce, riuscendo a presentare ai nostri ospiti qualche cosa di nuovo e di fine, ma per il piatto di carne si ricade assai spesso nelle preparazioni consuete. Ecco perchè v'insegnamo questa, noce di vitello, la quale, se rifinita a dovere, non solamente riuscirà una pietanza eccellente dal punto di vista del gusto, ma costituirà anche una preparazione molto elegante e tale da permettervi di conseguire un immancabile successo. Secondo il numero delle persone prendete una intiera noce di vitello o soltanto una parte di essa calcolandone un centinaio di grammi a persona. Lardellate la carne, e, se fosse possibile, picchettatela internamente oltre che con qualche asticciola di lardo, con dei pezzi di grasso di prosciutto, e, potendo, con dei dadi di tartufo nero. Compiuta questa prima operazione, legate la carne per mantenerla in forma. Prendete una casseruola di rame a fondo spesso e di forma possibilmente rettangolare, metteteci una cipolla tritata sottilmente, un po' di prezzemolo, del sedano e qualche fettina di carota gialla, il tutto tritato. Su questo letto di legumi mettete la carne, salatela, aggiungete una grossa cucchiaiata di burro o di strutto e fate cuocere con attenzione affinchè la carne e le verdure possano rosolarsi senza tuttavia bruciacchiarsi. Quando la carne sarà colorita e i legumi saranno diventati una poltiglia bionda, bagnate la carne con mezzo bicchiere di marsala o di vin bianco, e quando l'umidità del vino sarà evaporata bagnate ancora con del brodo o dell'acqua, tanto da ricoprir quasi la carne, che continuerà a cuocere pian piano fino a completa cottura.
Uno degli scogli sul quale vanno spesso ad infrangersi il buon volere e le ambizioni di chi deve preparare una colazione o un pranzo elegante è il
Arrosto di piccioni. I piccioni formano un arrosto elegante. A regola d'arte, si dovrebbe servire un quarto di piccione per ogni persona. I piccioni vanno accuratamente nettati, passati alla fiamma, poi lavati ed asciugati. È bene fasciare il petto di ogni piccione con una sottile fetta di lardo, fissata con un pochino di filo. Si mettono i piccioni in una teglietta con strutto od olio, sale e pepe e si cuociono in forno per circa mezz'ora.
vanno accuratamente nettati, passati alla fiamma, poi lavati ed asciugati. È bene fasciare il petto di ogni piccione con una sottile fetta di lardo
Nettate bene l'anitra e fiammeggiatela, togliendo via la estremità delle ali e quella specie di bottoni che si trovano nella parte posteriore, all'attaccatura della coda. Lavatela ed asciugatela in un panno. Mettete in una casseruola un battutine fatto con un po' di grasso di prosciutto e un pezzetto d'aglio, e aggiungete della cipolla tagliata in fette, una foglia di alloro, del prezzemolo, un po' di sedano e un po' di carota gialla. Aggiungete anche un po' di strutto o d'olio e mettete giù l'anitra nel cui interno avrete posto una mezza foglia d'alloro in pezzetti, un cucchiaino di strutto e una pizzicata di sale. Fate rosolare su fuoco moderato e quando i legumi saranno ben cotti, bagnate l'anitra con mezzo bicchiere di vino — bianco o rosso fa lo stesso — condite con sale e pepe, e quando il vino si sarà consumato, coprite l'anitra d'acqua e continuate la cottura con la casseruola coperta, e su fuoco più moderato fino a che l'anitra sia pronta, per il che occorrerà circa un'ora. Quando sarà cotta fatela in pezzi e accomodatela in un piatto servendola insieme con una purè di patate e, quel che sarebbe preferibile, con un contorno di lenti. Del sugo rimasto, porrete servirvi o per condire maccheroni e risotto, o distrarne una parte per insaporire le lenti. Come sapete le lenti, dopo essere state accuratamente mondate, vanno messe a cuocere in acqua fredda, con uno spicchio d'aglio, un po' di sale e una costola di sedano. Si lasciano bollire, si scolano e poi si insaporiscono nel sugo. Se questo sugo fosse troppo grasso sarà bene sgrassarlo un po' serbando il grasso tolto per altri usi di cucina.
per condire maccheroni e risotto, o distrarne una parte per insaporire le lenti. Come sapete le lenti, dopo essere state accuratamente mondate, vanno
La beccaccia trova nello spiede uno dei modi più felici per mettere in valore tutta la sua finezza e il profumo della sua carne. Spiumate la beccaccia, fiammeggiatela e poi toglietele tutte le interiora che vanno serbate a parte e serviranno per fare degli appetitosissimi crostini che accompagneranno la delicata selvaggina. Risciacquate la beccaccia, asciugatela, conditela nell'interno con un pizzico di sale, cucitela per mantenerla in bella forma e attraversatene il corpo col becco, che deve passare vicino all'attaccatura delle cosce. Poi con due fette larghe e sottili di lardo fasciatele il petto assicurando il lardo con qualche passata di spago. Spolverizzate la beccaccia di sale e infilatela nello spiedo. Con un pennello ungetela di burro liquefatto o strutto o olio e esponetela alla fiamma del girarrosto, fiamma che deve essere piuttosto brillante, poichè la beccaccia non deve cuocere a lungo ma colorirsi esternamente per rimanere appena sanguinante nell'interno. Dovrete tenerla al fuoco da venticinque a trenta minuti non più, sempre che il fuoco sia abbastanza gaio da poter assicurare la cottura. Le beccacce vanno cotte all'ultimo momento e vanno servite ben calde, quindi regolatevi nel metterle a cuocere affinchè non abbiano ad attendere troppo. Un'operazione che invece richiede un pochino più di tempo è quella dei crostini, che, come sapete, accompagnano deliziosamente la beccaccia. Con le interiora di ogni beccaccia vengono sei crostini. Quindi regolatevi in conseguenza a seconda del numero delle beccacce che dovrete cucinare. Da un pane a cassetta possibilmente raffermo, ritagliate delle fette di pane spesse un centimetro scarso e della grandezza di una carta da giuoco. Prendete una teglia in cui i crostini possono stare allineati in un solo strato, mettete del burro in questa teglia, fatelo soffriggere e quando sarà ben sciolto e fumante friggete i crostini da una sola parte avvertendo che il pane non dovrà abbrustolirsi ma prendere una leggerissima colorazione bionda: quindi i crostini debbono stare pochissimo al fuoco. Quando avrete fritto tutte le fette di pane, estraetele e lasciate il burro nella teglia perchè servirà ancora. Mettete adesso sul tagliere tutte le interiora della beccaccia e cioè i polmoni, il cuore, il fegato e le budelline, mettete anche sul tagliere due fegatini di pollo o tre se sono piccini e tritate il tutto grossolanamente. Mettete adesso un po' di burro in una padellina, passateci il trito di fegatini di pollo e interiora di beccaccia, condite con sale e pepe, mezza foglia di lauro, un ramoscello di timo e un pizzico di maggiorana. Fate cuocere mescolando e quando i fegati saranno ben cotti, passate il tutto in un mortaio e pestate ogni cosa. Dopo pestato passate il composto attraverso un setaccio, forzando con un cucchiaio di legno e raccogliete la farcia in una scodella. Mettete adesso sul fuoco una piccola casseruolina o un tegamino con un dito d'acqua e nell'acqua sciogliete un cucchiaino scarso di estratto di carne in vasetti. Mettete in un bicchiere un dito d'acqua fredda e in essa sciogliete mezzo cucchiaino di fecola di patate. Quando l'acqua della casseruolina bollirà e l'estratto di carne si sarà ben sciolto versate in questo sugo un po' della farina di patate disciolta, fino a che la salsa diventerà molto spessa. Mescolatela e quando vedrete che è bene infittita, toglietela dal fuoco e mischiateci una cucchiaiata di buon marsala. Ripetiamo che questa salsa deve essere molto densa. Travasate questa salsa ottenuta nella scodella della farcia, aggiungete un rosso d'uovo e mescolate bene per amalgamare ogni cosa. Con un cucchiaio distribuite in parti uguali questa farcia sui crostini appoggiandola sulla parte del pane che è stata fritta. Con una lama di coltello pareggiate bene la farcia dandole una forma bombata e poi allineate i crostini nella teglia che avrete lasciata in disparte, dove deve esserci ancora del burro avanzato dalla prima cottura dei crostini. Se questo burro non fosse in quantità sufficiente aggiungetene un altro pochino. Dieci minuti prima di servire la beccaccia, infornate la teglia affinchè la parte inferiore del pane possa colorirsi a sua volta, e nello stesso tempo, la farcia possa rassodarsi e colorirsi leggermente. Al momento di mandare in tavola, togliete dallo spiede la beccaccia, liberatela dalle fettine di lardo poste sul petto, e ai lati del piatto, accomodate i crostini guarnendo la vivanda con qualche ciuffo di crescione, risciacquato, bene asciugato e non condito. Se i crostini fossero molti, li farete servire in un altro piatto, a parte. La dose che noi abbiamo dato è per la interiora di una sola beccaccia. Regolatevi quindi in proporzione.
beccaccia, fiammeggiatela e poi toglietele tutte le interiora che vanno serbate a parte e serviranno per fare degli appetitosissimi crostini che
Per quattro persone occorre mezzo chilogrammo di polmone, che va tagliato in pezzi come piccole noci, lavato e asciugato in uno strofinaccio. Mettete in una casseruola una cucchiaiata scarsa di strutto o di burro — un po' meno di mezzo ettogrammo — e qualche dadino di prosciutto grasso e magro, e appena lo strutto o il burro saranno liquefatti, aggiungete il polmone in pezzetti e una cipollina finemente tagliata, sale e pepe. Conducete la cottura a fuoco vivace, mescolando il polmone con un cucchiaio di legno, fino a che avrà preso una bella colorazione scura. A questo punto aggiungete una forte pizzicata di farina, mescolate ancora, e dopo un minuto o due versate nella casseruola mezzo bicchiere di vino asciutto; bianco o rosso, fa lo stesso. Appena il vino si sarà alquanto consumato, bagnate il polmone con brodo o con acqua in modo da ricoprirlo, coprite la casseruola, diminuite il fuoco e lasciate che la cottura si compia dolcemente. Per il che occorreranno circa tre quarti d'ora. Se avete dei funghi secchi li potrete aggiungere, dopo averli naturalmente tenuti in bagno nell'acqua fresca per farli rinvenire. I funghi vanno messi giù quando si bagna il polmone con brodo o con acqua, cioè nella seconda parte della cottura; essi danno all'intingolo un più gustoso sapore. Regolatevi che a cottura completa l'intingolo non risulti nè troppo diluito, nè troppo denso; deve rimanere una salsa non eccessivamente abbondante, ma saporita e legata. Ritagliate da due o tre fette di pane dei dadini di mollica, e friggeteli di color d'oro nell'olio o nello strutto. Rovesciate il polmone in un piatto, seminateci su i dadini di pane fritti e mandate subito in tavola. Oltre che con questo procedimento in bianco, il polmone si può cucinare con un po' di pomodoro. L'operazione è la stessa. Dopo aver messo il vino si aggiunge un cucchiaio di salsa di pomodoro. In questo caso si può diminuire la quantità di farina o farne addirittura a meno, e condire il polmone con una pizzicatola di foglie di maggiorana. Però la ricetta più fine e che potrà essere sempre servita con successo, è la prima, che vi abbiamo minuziosamente insegnata.
, dopo averli naturalmente tenuti in bagno nell'acqua fresca per farli rinvenire. I funghi vanno messi giù quando si bagna il polmone con brodo o con
Non occorre dire che i pistacchi vanno lasciati interi. Tartufi e pistacchi, oltre che a dare più sapore alla galantina, contribuiscono ad aumentare quella varietà di mosaico che forma uno dei pregi di questa preparazione.
Non occorre dire che i pistacchi vanno lasciati interi. Tartufi e pistacchi, oltre che a dare più sapore alla galantina, contribuiscono ad aumentare
Il costo di questa rete è minimo. Generalmente la rete viene stesa e lasciata asciugare, di modo che quando si acquista ha l'aspetto di un foglio di pergamena. In genere con una rete si possono fare un paio di galantine. Il pezzo avanzato si arrotola, si lega con uno spago e si sospende all'aria: si conserva così lungamente. Per fare una bella galantina per dodici e più persone prendete un filetto di maiale (lombello) tagliatelo in dadi di un paio di centimetri di lato, e mettete questi dadi in una terrinetta. Comperate un ettogrammo di prosciutto magro, tagliato in una sola fetta, un ettogrammo di lingua salata e ritagliate lingua e prosciutto in grossi dadi che unirete al filetto di maiale nella terrinetta. Tagliate poi in dadi un ettogrammo di lardo, mettetelo in una casseruola, ricopritelo di acqua bollente e lasciatelo così sull'angolo del fornello per una mezz'ora, poi versate questi dadi nell'acqua fredda; e quindi scolateli e aggiungeteli agli ingredienti della terrinetta. In questa terrinetta avremo dunque il filetto di maiale crudo, il prosciutto, la lingua, il lardo, il tutto a dadi. Aggiungete ancora, se credete, un pizzico di pistacchi, i quali vanno messi un pochino in acqua bollente per poterne facilmente levare la buccia, e, se lo stimerete opportuno, un tartufo nero tagliato anch'esso in dadi.
maiale crudo, il prosciutto, la lingua, il lardo, il tutto a dadi. Aggiungete ancora, se credete, un pizzico di pistacchi, i quali vanno messi un pochino
Vi abbiamo detto che la stampa da pâté non ha fondo. Occorre dunque appoggiarla su una piccola teglia che formerà lei il fondo del pâté. Così la teglia come la stampa vanno imburrati. Stendete la pasta all'altezza di mezzo centimetro e con essa foderate il fondo e le pareti della stampa. Con una pallina della stessa pasta leggermente infarinata o con le dita pigiate nell'interno affinchè la pasta possa aderire perfettamente alla stampa, e tagliate la pasta che sopravanza lasciando che sporga un dito dalla stampa. La pasta avanzata arrotolatela di nuovo e mettetela da parte, che servirà per il coperchio. Mettete sul fondo del pâté una o due fettine di lardo e sul lardo stendete qualche cucchiaiata di farcia. Mettete ora sulla farcia qualche fegatino, ricoprite con altra farcia, mettete ancora fegatini e tartufi, se li avete adoperati, e così di seguito, terminando con uno strato di farcia. Poi ricoprite con qualche altra fettina di lardo. Stendete adesso la pasta avanzata, ritagliandone un pezzo della forma della stampa, ma un dito più largo. Appoggiate questo pezzo di pasta sul pâté in modo che vada a combaciare con l'altra pasta che come abbiamo detto deve sporgere un dito dalla stampa, pigiate le due paste per riunirle e arrotolatele in cordoncino che verrà a chiudere in alto il vostro pâté. Se avete una pinzetta da pâté o anche più semplicemente una molla da zucchero prendetela, passatela di quando in quando nella farina e con essa pizzicate intorno intorno il cordoncino di pasta. Avrete così una decorazione e una maggiore sicurezza per la chiusura del pâté. Con un po' d'uovo sbattuto o anche con la chiara avanzata, dorate la parte superiore del pâté, e poi con un coltellino a punta fate nel mezzo del coperchio un foro circolare della grandezza di un soldo. Questo foro sarà il camino di dove durante la cottura usciranno i vapori del pâté. Fatto tutto ciò infornate il pasticcio e cuocetelo a forno di moderato calore per circa un'ora, lasciatelo raffreddare e poi se avrete usato la stampa a cerniera non vi resterà che sollevare il perno e aprire la cerniera per liberare il pâté dalla stampa; se avrete adoperato una casseruola vi converrà invece sformare il pâté rovesciandolo, per poi riaccomodarlo sul piatto di servizio. Avendo della gelatina prendetene una piccola quantità, fatela fondere in un tegamino vicino al fuoco e dal forellino del pâté versatene nell'interno qualche cucchiaiata: ciò che servirà a cementare meglio il pasticcio.
teglia come la stampa vanno imburrati. Stendete la pasta all'altezza di mezzo centimetro e con essa foderate il fondo e le pareti della stampa. Con una
Prendete una piccola stampa liscia da bordura, del diametro di una quindicina di centimetri e dopo averla messa sul ghiaccio incamiciatela con uno strato di gelatina limpida. A questo scopo serve benissimo la nostra gelatina sbrigativa. Avrete intanto preparato qualche uovo sodo. Vi ricordiamo che le uova da assodare vanno messe in acqua fredda e che si contano sette minuti dal momento in cui l'acqua incomincia a bollire. Dopo lessate si rinfrescano in acqua fredda e si sbucciano. Dividete queste uova a metà e mettetele nella stampa incamiciata di gelatina disponendo ogni mezzo uovo ritto e col torlo in fuori. Aiutatevi in questa operazione immergendo le uova man mano che le mettete nella bordura in gelatina fredda ma non rappresa. Potrete anche facilitare questa operazione spuntando con un coltellino l' estremità di ogni mezzo uovo in modo che possa stare ritto con più facilità. Quando avrete guarnito di mezze uova tutta la bordura versateci dentro altra gelatina, procedendo pian piano e coprendo perfettamente le uova fino all'orlo della bordura. Mettete questa bordura sul ghiaccio e lasciatela rassodare. Intanto preparate una insalata composta di cuori di lattuga (cioè la parte centrale bianchissima), una barbabietola affettata e tenuta un paio d'ore in bagno nell'aceto allo scopo di non farle perdere più il colore, un tartufo nero o meglio un tartufo nero e uno bianco ritagliati in fettine e un paio di cucchiaiate di formaggio groviera ritagliato in asticciole come grossi fiammiferi di legno. Si condisce il tutto con sale, pepe, olio ed aceto e da ultimo si amalgama l'insalata con un paio di cucchiaiate di salsa maionese nella quale si sarà aggiunto un cucchiaino di mostarda francese (quella in vasetti di vetro) o più semplicemente una punta di cucchiaino di senape inglese sciolta in un po' d'acqua. Al momento di servire sformate la bordura in un piatto rotondo e nel vuoto accomodate a piramide la insalata preparata, sulla quale seminerete una cucchiaiata di capperi.
le uova da assodare vanno messe in acqua fredda e che si contano sette minuti dal momento in cui l'acqua incomincia a bollire. Dopo lessate si
Il soufflé è una delle migliori preparazioni che si possono fare con la patata. Per quattro persone sbucciate mezzo chilogrammo di patate, fatele a spicchi, e mettetele a cuocere in una casseruola con acqua e sale. Quando saranno cotte scolate tutta l'acqua e con un cucchiaio di legno, schiacciate sollecitamente le patate così da avere una purè liscia. Condite questa purè con un po' meno di mezzo panino di burro, un nonnulla di noce moscata, due rossi d'uovo, ultimandola con mezzo bicchiere di latte, o meglio di crema sciolta. Montate in neve ben ferma le due chiare che vi sono avanzate, e unitele adagio adagio alla purè di patate mischiandole delicatamente con un cucchiaio. Imburrate una stampa da soufflè — specie di casseruola argentata con due piccoli manici — o in mancanza di questa un tegame di porcellana resistente al fuoco, o un recipiente di ferro stagnato. Comunque sia questo recipiente dovrà avere la capacità approssimativa di un litro e mezzo. Versateci la purè la quale non deve arrivare a più di due terzi d'altezza, e mettete a forno moderato per una ventina di minuti, fino a che il soufflè, per l'azione del fuoco, sia ben rigonfio. Senza toglierlo dalla stampa, mettete il soufflè su un piatto e mandatelo sollecitamente in tavola. Servirà ad accompagnare ottimamente delle bistecche arrosto. Invece di mettere la purè in un'unica stampa, potrete distribuirla in quelle eleganti tazzine di porcellana resistenti al fuoco. Anche le tazzine vanno imburrate. Questi piccoli soufflè si possono anche fare in alcune speciali cassettine di carta pieghettata, le quali si vendono a scopo di cucina dai fabbricanti di cartonaggi. In questo caso le cassettine vanno unte di burro e lasciate asciugare un poco nella stufa. Poi si riempiono fino ai due terzi col composto da soufflè.
in un'unica stampa, potrete distribuirla in quelle eleganti tazzine di porcellana resistenti al fuoco. Anche le tazzine vanno imburrate. Questi
Tagliate le estremità a sei zucchine di media grandezza e vuotatele. Mettete in bagno un pezzo di mollica di pane (50 gr.), e quando sarà ben bagnata spremetela e asciugatela sul fuoco in una casseruolina, lavorandola con un cucchiaio di legno. Versate la mollica così preparata in una scodella e aggiungeteci una cucchiaiata d'olio, un po' di prezzemolo trito, un pizzico di pepe e mezzo ettogrammo di tonno tritato. Impastate bene il tutto e con questo composto riempite le zucchine. Preparate in un tegame un sugo fatto con aglio, olio, salsa di pomodoro e in esso mettete le zucchine che farete cuocere con fuoco sotto e sopra, o in forno. Il sugo non deve essere molto denso, perchè, cuocendo, si addenserà da sè. Ad ogni modo se il bagno si asciugasse troppo presto e le zucche non fossero ancora cotte aggiungete un pochino d'acqua. Invece di cuocerle nel sugo, potrete cuocerle in una teglia in cui avrete fatto soffriggere un pochino di cipolla nell'olio. Le zucchine, in questo caso, vanno rosolate a fuoco lentissimo e vanno bagnate di quando in quando con qualche cucchiaiata di acqua, dovendo risultare non abbrustolite ma appassite.
in cui avrete fatto soffriggere un pochino di cipolla nell'olio. Le zucchine, in questo caso, vanno rosolate a fuoco lentissimo e vanno bagnate di
Ci sono, negli uomini, come nelle cose, dei privilegiati che ispirano a tutti simpatia. Tale è lo sparagio, figlio diletto della primavera, il quale è accolto festosamente su tutte le mense. Ci sono sparagi verdi e sottili e sparagi bianchi grossi dalla punta leggermente violacea: i primi sono i più adatti ad essere gustati freddi con la salsa più semplice: olio e limone; agli altri, da servirsi di preferenza caldi, convengono le salse grasse e il burro. Gli sparagi vanno scelti accuratamente, legati insieme in mazzi, tagliati tutti della stessa misura e poi lessati in acqua e sale. Non occupiamoci dei piccoli sparagi verdi: l'abbiamo detto: un po' d'olio e un po' di sugo di limone e non c'è da fare altro. Potrete mettere l'olio in un piatto, spremerci su il limone e amalgamare il tutto con una forchetta prima di versare sugli sparagi. Gli sparagi grossi, di giardino, necessitano cure maggiori: vanno raschiati e risciacquati prima di essere lessati, e conviene fare attenzione di non farli passare di cottura, la quale, in ogni caso, dovrà avvenire all'ultimo momento. Qual'è il condimento che meglio conviene a questa varietà di sparagi?
il burro. Gli sparagi vanno scelti accuratamente, legati insieme in mazzi, tagliati tutti della stessa misura e poi lessati in acqua e sale. Non
Mettete in bagno una quantità di funghi secchi proporzionati al numero di medaglioni che dovrete fare. Vi rammetiamo che i funghi vanno messi in bagno in acqua fredda che si cambia poi più volte man mano che i funghi rinvengono. Tritate i funghi sul tagliere e poi metteteli in una casseruolina con un po' di burro, lasciateli insaporire, conditeli con sale, un pochino di pepe e un po' di marsala e lasciateli cuocere, aggiungendo di quando in quando, se sarà necessario, qualche cucchiaiata d'acqua: poca, perchè, a cottura completa, i funghi dovranno riuscire bene asciutti e saporiti. Da un pane a cassetta, preferibilmente raffermo, tagliate dei dischi alti un centimetro e del diametro di cinque o sei centimetri, calcolando almeno tre dischi a persona. Friggete questi dischi di pane nel burro, e su ogni crostino mettete uno strato di funghi triti. Accomodate i medaglioni in un piatto, decorate ogni medaglione con un dischettino di prosciutto cotto e fate portare subito in tavola.
Mettete in bagno una quantità di funghi secchi proporzionati al numero di medaglioni che dovrete fare. Vi rammetiamo che i funghi vanno messi in
Fate rinvenire in acqua, come d'abitudine, dei fagioli bianchi, secchi, cuoceteli, e quando saranno cotti scolateli. Mettete un pezzo di burro in una casseruola — un po' meno di mezzo ettogrammo per 300 grammi di fagioli — e appena il burro sarà liquefatto mettete giù i fagioli, i quali non debbono essere lasciati freddare, ma passati in casseruola subito dopo scolati dall'acqua. Condite con sale, pepe e una forte cucchiaiata di prezzemolo trito. Mescolate i fagioli affinchè possano bene insaporirsi, tirate indietro la casseruola, spremete sui fagioli un po' di sugo di limone, mescolate ancora e versate in una legumiera. Vanno mangiati subito, ben caldi.
ancora e versate in una legumiera. Vanno mangiati subito, ben caldi.
Per questo appetitoso contorno estivo, prendete un chilogrammo di fagioli freschi, sgranateli, metteteli in una pentola con acqua fresca a sufficienza, e fateli cuocere fin quasi a cottura completa. Preparate intanto un piccolo battuto fatto con mezzo ettogrammo di grasso di prosciutto, un po' di cipolla, una costola di sedano e un bel ciuffo di prezzemolo, e mettete il tutto in una casseruola o in un tegame con una cucchiaiata di strutto. Quando il battuto sarà rosolato aggiungete nella casseruola un chilogrammo di pomodori passati dal setaccio. Condite la salsa con sale e pepe e fatela cuocere su fuoco moderato. Quando questa salsa sarà sufficientemente legata, scolate i fagioli e metteteli ad insaporire nella casseruola, completando così la loro cottura e procurando che al momento di mangiare i fagioli siano cotti e la salsa sia addensata. Verificate se i fagioli vanno bene di sale e poi versateli in una legumiera per accompagnare del bollito, dell'umido, dello stufatino, degli involtini, ecc. Questa dose è sufficiente per sei persone. Vi consigliamo di lessare i fagioli anzichè cuocerli a crudo, come taluni fanno, perchè si fa più presto e si è sicuri di non presentare in tavola dei sassolini immangiabili.
così la loro cottura e procurando che al momento di mangiare i fagioli siano cotti e la salsa sia addensata. Verificate se i fagioli vanno bene di sale e
Per sei persone spuntate 500 grammi di fagiolini e lessateli, procurando che riescano ben verdi. La cottura va portata con fuoco vivo e i fagiolini appena cotti vanno versati in una scola-maccheroni e rinfrescati con acqua fredda. Fate insaporire questi fagiolini in una padella o in un tegame con un po' di burro o di strutto, e intanto preparate una salsa besciamella piuttosto liquida, ottenuta con una ventina di grammi di burro, mezzo cucchiaio di farina e un bicchiere abbondante di latte. Condite la salsa con sale, pepe e noce moscata e quando sarà leggermente addensata versatela sui fagiolini; mescolate, fate dare ancora un bollo e poi accomodate i fagiolini in una legumiera e fateli portare in tavola.
appena cotti vanno versati in una scola-maccheroni e rinfrescati con acqua fredda. Fate insaporire questi fagiolini in una padella o in un tegame con
La vera torta del paradiso è una nota specialità di un pasticciere dell'alta Italia. Crediamo di far cosa grata alle lettrici di questo volume offrendo loro una imitazione perfetta di questa torta: così perfetta che assaggiando la torta acquistata, e quella di cui vi descriviamo la ricetta, non sarà possibile trovare la più piccola differenza. Le proporzioni sono: burro grammi 500, zucchero, passato allo staccio fino, grammi 500, farina grammi 250, fecola di patate grammi 250, uova intiere cinque, rossi sei, raschiatura di due limoni. Mettete il burro in una insalatiera e lavoratelo lungamente con un cucchiaio di legno per montarlo e ridurlo soffice come una crema. Aggiungete allora a poco a poco lo zucchero, senza smettere mai di mescolare, e finalmente aggiungete le uova intiere e i rossi sbattuti insieme come per una frittata. Queste uova vanno aggiunte adagio, a cucchiaiate, non aggiungendo una nuova cucchiaiata d'uova se la prima non si è bene amalgamata. Da ultimo si aggiungono la farina e la fecola mescolate insieme e finalmente la corteccia grattata dei limoni. Quando si aggiungeranno le farine non si lavorerà più energicamente la pasta col cucchiaio, ma si cercherà di amalgamarle con la più grande leggerezza. Si unge di burro una grande teglia o due di media grandezza, si spolverizzano di fecola di patate e vi si versa il composto, il quale deve arrivare ai due terzi della teglia. Si cuoce in forno di moderato calore e poi si inzucchera generosamente. Questa torta si conserva lunghissimamente, specie se avvolta nella stagnola. È bene aspettare un paio di giorni prima di mangiarla. Quando fosse trascorso molto tempo e voleste gustare la torta del paradiso in tutta la sua freschezza non avrete che a scaldarla leggermente.
mescolare, e finalmente aggiungete le uova intiere e i rossi sbattuti insieme come per una frittata. Queste uova vanno aggiunte adagio, a cucchiaiate, non
La base principale di questo dolce è costituita da una farina di mandorle che si ottiene pestando nel mortaio delle mandorle secche e dello zucchero. Preparate in due piatti separati, un ettogrammo di mandorle secche (s'intende sgusciate) e un ettogrammo e mezzo di zucchero in pezzi. Mettete nel mortaio un po' di mandorle alla volta con un pochino di zucchero e pestate col pestello per ridurre le mandorle in polvere. Le mandorle vanno pestate così come sono, senza toglier loro la buccia. Man mano che avrete pestato un po' di mandorle con lo zucchero passate questa farina da un setaccino di fil di ferro a maglie non troppo sottili. La farina che passerà la raccoglierete in un grande foglio di carta e i frantumi di mandorle che rimarranno sul setaccio li pesterete nuovamente insieme con altre mandorle e nuovo zucchero, finchè avrete esaurito tutte le mandorle e tutto lo zucchero. Badate di non adoperare troppo zucchero in principio perchè correreste il rischio di esaurire presto la dose messa da parte e di dover poi pestare le mandorle sole, col pericolo di far cavar loro l'olio. Ottenuta questa farina di mandorle zuccherata mettetela sulla tavola di marmo della cucina o sulla spianatoia di legno ed unitele due cucchiaiate colmissime di farina (65 grammi), due cucchiaini da caffè di cannella in polvere, un pezzo di burro come una grossa noce, un uovo intiero e la corteccia raschiata di mezzo limone. Da principio vi sembrerà che tutti questi ingredienti stentino ad unirsi, ma pian piano, impastando con pazienza otterrete una pasta omogenea. Guardatevi dall'aggiungere la più piccola quantità d'acqua che non ve n'è affatto bisogno. Ungete di burro una teglia piuttosto grande e velatela con un po' di farina capovolgendo e battendo poi la teglia per farne cadere l'eccesso. Rotolate la pasta con le mani leggermente infarinate e fatene un cilindro come un grosso maccherone che taglierete in tanti pezzetti come grosse nocciole. Schiacciate con le dita queste nocciole all'altezza di mezzo centimetro, dando loro una forma leggermente ovale, la forma presso a poco delle fave, e allineatele nella teglia, lasciando tra l'una e l'altra una piccola distanza, affinchè cuocendo e allargandosi un poco non si attacchino fra loro. Mettete la teglia in forno di calore moderato e date alle fave una ventina di minuti di cottura fino a che saranno diventate di un bel colore biondo. Staccatele con garbo dalla teglia, lasciatele asciugare su un setaccio grande e quando saranno fredde riponetele in una scatola chiusa, se volete che si conservino croccanti. Crediamo opportuno avvertirvi che all'uscita dal forno le fave sono molli e che solo col freddarsi acquistano quel croccante così piacevole. Con questa dose otterrete una cinquantina di fave, equivalenti in peso a due ettogrammi e mezzo e più.
mortaio un po' di mandorle alla volta con un pochino di zucchero e pestate col pestello per ridurre le mandorle in polvere. Le mandorle vanno pestate
Ricavate da un pane a cassetta delle fettine quadrate di circa quattro dita di lato, o meglio dei dischi di cinque centimetri di diametro. Le fettine o i dischi dovranno avere lo spessore di un centimetro, e ne vanno calcolati due a persona. Allineateli in un solo strato in un piatto grande, poi sbattete un uovo con mezzo bicchiere di latte e un cucchiaino di zucchero e ricopritene le fette di pane che lascerete stare così per un poco affinchè abbiano il tempo di imbeversi perfettamente. Prendete queste fette con garbo, senza romperle, e friggetele nell'olio o nello strutto. Intanto avrete sbucciato e diviso in due sei pesche, e le avrete messe in una casseruolina con un pochino d'acqua e qualche cucchiaiata di zucchero. Fate alzare il bollo alle pesche e poi tenetele sull'angolo del fornello per una ventina di minuti. Fritto tutto il pane, accomodatelo in un piatto e su ogni crostone appoggiate una mezza pesca. Fate restringere lo sciroppo delle pesche su fuoco vivace e quando si sarà sufficientemente addensato versatene un po' su ogni pesca, in modo che anche il pane ne rimanga intriso. Questa preparazione si può fare anche con le albicocche.
o i dischi dovranno avere lo spessore di un centimetro, e ne vanno calcolati due a persona. Allineateli in un solo strato in un piatto grande, poi
Passate al setaccio gr. 300 di ricotta, o in mancanza di un setaccio, lavoratela con un mestolo di legno finchè sia ben sciolta. E unitele, in una terrinetta, due rossi d'uova sode — anche questi dovrebbero essere passati al setaccio per la maggior finezza del lavoro — quattro cucchiaiate di zucchero in polvere; un bicchierino di rhum, o di rosolio, a vostra scelta, purchè non sia anisetta che ha un gusto troppo forte; due cucchiaiate di cioccolato grattato; un cucchiaino di caffè in polvere; due rossi d'uova e mezzo ettogrammo di mandorle dolci, sbucciate e tritate. Avrete messo da parte le chiare delle uova impiegate, e per mezzo di una forchetta, o meglio ancora di una piccola frusta di ferro stagnato, le sbatterete in neve ferma. Mescolate bene tutti gli ingredienti così da amalgamarli perfettamente e in ultimo aggiungete le chiare montate, le quali vanno unite con molto garbo: perchè essendo l'ufficio loro quello di rendere soffice il composto, tanto meno queste chiare saranno state sciupate nell'amalgamarle al resto tanto migliore sarà il risultato che se ne otterrà. Imburrate una stampa col buco in mezzo, e della capacità di mezzo litro, versateci il composto e fatelo cuocere a bagno-maria per circa un'ora finchè sia rassodato. Questo eccellente budino si può mangiare tanto caldo che freddo. Ma guadagna ad esser servito caldo.
. Mescolate bene tutti gli ingredienti così da amalgamarli perfettamente e in ultimo aggiungete le chiare montate, le quali vanno unite con molto garbo
Mettete il miele in una casseruola, piuttosto grande, perchè in essa dovremo poi fare tutta la manipolazione, e poi mettete questa casseruola in un'altra ancor più grande posta sul fornello e contenente acqua bollente. Bisogna cuocere il miele di preferenza a bagno-maria, perchè se cotto a fuoco diretto si attacca e si colorisce, mentre, per il torrone, deve rimanere ben limpido e senza grumi. Provvedetevi di un cucchiaio di legno nettissimo, che non abbia odori di grassi e di sughi e incominciate a mescolare il miele, senza mai più lasciare di mescolarlo. È questa l'operazione più noiosa, poichè la cottura a bagno-maria è lenta e necessita quella pazienza alla quale abbiamo fatto appello. Del resto, non ci sono altre complicazioni e, se volete, potrete affidare questa parte di lavoro manuale alla vostra domestica, mentre voi sorveglierete la cottura, che durerà circa un'ora e mezzo, e accudirete intanto alle altre preparazioni. Mentre il miele cuoce, preparate gli altri ingredienti necessari al torrone. E prima di tutto le mandorle e le nocciole. Acquistando le mandorle rivolgetevi ad un negoziante onesto, che vi garentisca mandorle dolci e non vi dia un misto di mandorle dolci e amare che darebbero un cattivo sapore al torrone. Le mandorle — naturalmente senza guscio — vanno messe in una casseruolina con acqua fredda che poi si porta pian piano fin quasi all'ebollizione. Si ritirano allora dal fuoco e si sbucciano facilissimamente. Prima di mettere le mandorle nella casseruolina, sarà bene di dar loro una guardata, per toglier via qualche pezzo di guscio che potesse esservi mischiato. Le nocciole si schiacciano, si pesano e si allargano insieme con le mandorle in una teglia ben netta, e si mettono ad asciugare su un po' di brace, o meglio in forno leggerissimo, mescolandole di quando in quando con le mani. Fatto questo, montate in neve due chiare d'uovo. Dopo qualche tempo, incominciate a provare la cottura del miele che dovrà essere portata esattamente al grado della «caramella». Quando constaterete che la cottura del miele è al grado voluto incominciate a metterci le chiare montate, un po' alla volta, e sempre mescolando. Vedrete che la massa si gonfierà e diventerà bianca e spumosa. Tenete pronto intanto lo zucchero, che cuocendosi a fuoco diretto e non a bagno-maria come il miele, arriva assai più presto di cottura. Mettete i duecento grammi di zucchero in un polsonetto
amare che darebbero un cattivo sapore al torrone. Le mandorle — naturalmente senza guscio — vanno messe in una casseruolina con acqua fredda che poi
Per un buon gelato di crema seguite queste proporzioni modificandole a seconda della capacità della vostra macchinetta. Latte litri uno, zucchero gr. 300, rossi d'uovo n. 10, profumo di vainiglia o di limone. Si sbattono in una casseruola ben netta i rossi d'uovo con lo zucchero e quando sono montati vi si unisce a poco a poco il latte bollente, nel quale si sarà tenuta in infusione una mezza stecca di vainiglia, o una sottile corteccia di limone. Non c'è bisogno di dire che, tanto l'uria che [immagine e didascalia: Macchinetta da gelato tipo per famiglia.] l'altra vanno tolte al momento della manipolazione. Rimettete la crema sul fuoco, sempre mescolando con un cucchiaio di legno e quando vedrete che è leggermente addensata e vela il cucchiaio, travasatela in una terrinetta attendendo che si freddi, e mescolandola di quando in quando, per impedirle di fare la pellicola superficiale. Condizione essenziale è che il composto non debba bollire. È anche buona pratica, dopo aver cotto la crema, di passarla da un setaccino. Mettete poi questa crema nella macchinetta, circondatela di ghiaccio pesto e gelatela nel modo che si disse più sopra. Avrete così un gelato da servire in bicchieri a forma di coppa e che si chiama «mantecato». Il mantecato si può facilmente ridurre in pezzo duro. Basterà provvedersi di una forma grande o di qualche formetta piccola, per operare senza troppa fatica la trasformazione. Le forme più adatte per questo genere di lavoro sono costituite da un cerchio sul quale vanno a incastrarsi due coperchi, uno sopra e uno sotto. Queste stampe possono essere di rame stagnato o anche di ferro stagnato, e sono in vendita in tutti i negozi di articoli di cucina. Ottenuto dunque il mantecato, foderate di carta la stampa grande o le stampine, riempite sollecitamente col mantecato, pareggiate la superficie, coprite con un foglietto di carta e finite calcando il coperchio. Mettete sotto ghiaccio per un'ora, poi aprite la stampina e sformate il gelato. Il ghiaccio dev'essere ridotto in piccolissimi pezzi e mescolato al sale in queste proporzioni: per ogni chilo di ghiaccio, 150 grammi di sale grosso. C'è anche chi consiglia di aggiungere una piccola dose di salnitro, ma il sale è già sufficiente per avere un efficace miscuglio frigorifero. I gelatieri usano uno speciale sale molto economico detto sale pastorizio; ma questo sale viene venduto dai depositi governativi soltanto in grandi quantità.
limone. Non c'è bisogno di dire che, tanto l'uria che [immagine e didascalia: Macchinetta da gelato tipo per famiglia.] l'altra vanno tolte al momento
riuscendo a creare quelle squisitezze che vanno sotto il nome di gelati leggeri. Generalmente noi siamo soliti di dividere i gelati in: gelati di crema o di frutta, da lavorarsi nella sorbettiera, e in gelati leggeri, cui accennavamo poc'anzi, e che comprendono i diversi biscuits, le bombe, le mousses, i puddings, i soufflés. C'è poi un'altra categoria di gelato che nei grandi pranzi viene servito a metà tavola, la cui formula tipo è il sorbetto, che si suddivide in granite, marquises, punchs e spooms. Il gelato alla sorbettiera, come si faceva fino a pochi anni addietro, va sempre più perdendo terreno. Il lavoro è piuttosto complicato, e non è certo in una famiglia che si può lavorare una certa quantità di gelato col primitivo e piuttosto costoso impianto di una sorbettiera e tutti i suoi accessori. Per le signore che amano fabbricare con le loro mani del gelato è indispensabile una di quelle macchinette americane a manovella, già imperniate nel loro secchio di legno. Queste macchinette costano relativamente poco e danno dei risultati certi, senza richiedere troppo tempo e troppa fatica. Non si deve fare altro che mettere la composizione da gelare, nel vaso centrale di ferro zincato, rimettere a posto le spatole interne, chiudere col coperchio, calcare tutt'intorno del ghiaccio pesto, mescolato col sale e girare la manovella. Dopo pochi minuti una resistenza un po' sensibile vi avverte che il composto è congelato ed attende di essere servito ai vostri ospiti. Tecnicamente parlando, i gelati possono essere magri o grassi, intendendo che nella composizione da gelare entra una minore o una maggiore quantità di zucchero. Anche qui «est modus in rebus». Infatti, un gelato troppo magro, cioè scarso di zucchero, riuscirà insipido e granuloso, mentre al contrario, un composto troppo grasso stenterà molto a congelarsi.
riuscendo a creare quelle squisitezze che vanno sotto il nome di gelati leggeri. Generalmente noi siamo soliti di dividere i gelati in: gelati di
I frutti rossi, come le marasche, il ribes, le fragole non debbono mai essere in contatto nè con lo stagno nè con la latta, e queste confetture vanno cotte in recipienti di rame non stagnati. Chi non possiede questi recipienti usi un tegame di terracotta, ma che non sappia di grasso o di sughi, sotto pena di comunicare un sapore nauseabondo alla confettura. Per fare questa confettura è necessario scegliere una qualità di visciole scure e molto succose. Si toglie loro prima il gambo e poi il nocciolo con l'apposito utensile, o, più semplicemente, con una piccola forcella di ferro da capelli, le cui punte si fanno entrare in un turacciolo di sughero, che viene a diventare così il manico dell'utensile. Immergete l'estremità ricurva della forcella nella viscida, dalla parte ove era il gambo, e con un leggero movimento della mano fate saltare l'osso. Quando avrete disossato tutte le visciole pesatele e per ogni chilogrammo di frutta peserete dai 700 ai 750 grammi di zucchero. Mettete lo zucchero nel tegame, versateci un bicchiere d'acqua, fatelo sciogliere, e poi mettetelo al fuoco e lasciatelo bollire per tre o quattro minuti schiumandolo accuratamente. Gettate allora nel tegame le viscide, e conducete la cottura a fuoco piuttosto vivace, specie se disporrete di un recipiente di rame. Schiumate la confettura e mescolatela, e quando vedrete che le visciole si saranno aggrinzite, e lo sciroppo vela il cucchiaio, togliete la confettura dal fuoco e lasciatela freddare. Quando sarà ben fredda, riempitene dei vasetti di vetro, chiudeteli e conservateli. Nello stesso modo si può fare la confettura di ciliege, la quale però non riesce così profumata come quella di visciole.
I frutti rossi, come le marasche, il ribes, le fragole non debbono mai essere in contatto nè con lo stagno nè con la latta, e queste confetture vanno
Pestate grossolanamente in un mortaio tutte queste droghe e poi mettetele in un boccioncino della capacità di oltre tre litri, versandoci sopra alcool fino a 90° grammi 2500. Lasciate macerare per dieci giorni agitando almeno due volte al giorno il boccioncino, che avrete ermeticamente chiuso, con un tappo nuovo di sughero. Dopo dieci giorni preparate uno sciroppo, con zucchero grammi 1300 e acqua distillata grammi 1500. Ottenuto lo sciroppo, mischiate in esso l'infusione alcoolica, travasate in un recipiente più grande e lasciate in riposo un paio di giorni. Dopo di che filtrate il liquore servendovi del solito imbuto di vetro e di una buona carta da filtro e imbottigliate. I liquori, come sapete, più invecchiano e più diventano buoni. Motivo per cui se eseguirete la ricetta così come è non avrete certo a pentirvene, poichè avrete arricchito la vostra dispensa di un prodotto finissimo, che col tempo non potrà che diventare sempre migliore. Ed ora alcune piccole spiegazioni che forse potranno tornare utili. Crediamo inutile parlarvi dei coriandoli, dei chiodi di garofani, dei semi d'anaci, della cannella, dello zafferano e dei semi di finocchio, che voi tutti conoscete perchè di uso quotidiano. L'issopo è una pianta aromatica di cui si adoperano le sommità fiorite. La radice di angelica è una radice aromatica, come aromatici sono la melissa ed il serpillo che è una varietà del timo. Tutte queste erbe e droghe potrete facilmente procurarvele da un erborista, o, come si dice in Roma, semplicista, cioè da quei negozianti specializzati che vendono appunto droghe ed erbe aromatiche per usi di liquoreria o di farmacia. Le bacche di abete sono delle pallottoline grosse come nocciuole che germogliano sugli abeti. Hanno odore aromatico resinoso, e anche esse vanno frantumate nel mortaio. Potrete ottenerle facilmente da qualche giardiniere. Di queste pallottoline, come abbiamo detto, se ne impiegano due o tre. Invece dell'acqua distillata, potrete usare dell'acqua comune. Ma la prima è preferibile.
bacche di abete sono delle pallottoline grosse come nocciuole che germogliano sugli abeti. Hanno odore aromatico resinoso, e anche esse vanno frantumate
La sua manipolazione è semplicissima, e potremmo dire anche caratteristica, perchè, contrariamente a quanto si pratica per quasi tutti i liquori, qui si fa una infusione unica con le corteccie, l'alcool, l'acqua e lo zucchero: procedimento senza dubbio empirico, ma che dà un buonissimo risultato, ciò che in fondo è quello che conta. Prendete una bottiglia della capacità di un litro e mezzo od anche un fiasco ben risciacquato, e metteteci dentro mezzo litro d'acqua, mezzo litro d'alcool di buona qualità, mezzo chilogrammo di zucchero in polvere e le corteccie di quattro aranci e di due limoni. Le corteccie vanno tagliate assai sottilmente, per mezzo dell'apposito coltellino o di un coltellino comune, in modo da portar via soltanto l'epidermide senza la parte bianca, che comunicherebbe un sapore amarognolo al liquore. Chiudete con un buon turacciolo la bottiglia o il fiasco e un paio di volte al giorno agitate energicamente il liquore scuotendolo in tutti i sensi. Dopo quattro giorni il liquore sarà pronto e voi non dovrete fare altro che filtrarlo in un imbuto con un po' di carta da filtro o di bambagia per ottenerlo limpidissimo.
. Le corteccie vanno tagliate assai sottilmente, per mezzo dell'apposito coltellino o di un coltellino comune, in modo da portar via soltanto l
Condizione essenziale della perfetta conservazione è la pulitura del tartufo. Questo va pulito accuratamente con uno spazzolino leggero ed acqua fredda, indi asciugato in un pannolino. Si sparge poi, sul tartufo asciugato, del sale fino. Ne uscirà un poco di acqua che sarà di nuovo asciugata, togliendo quindi anche l'eccesso del sale. Se si desidera conservare il tartufo soltanto per qualche giorno si taglia a fette sottilissime, si mette in un tegame con abbondante olio d'olivo e un pizzico di sale, e si fa bollire pochi secondi. L'olio che rimarrà è ottimo condimento per varie pietanze, giacchè si appropria di un delicato profumo. Per assicurare invece ai tartufi una conservazione di anni, si procede così. Dopo averli nettati e asciugati come si è detto, si mettono in scatole di latta non troppo grandi. Dagli stagnai sì trovano delle piccole scatole espressamente fabbricate per la conservazione dei tartufi. Queste scatole vanno prima sterilizzate, immerse cioè per un momento in acqua in ebollizione, oppure accuratamente nettate nel loro interno con un batuffolo d'ovatta bagnato in alcool di buona qualità (non quello industriale!). Aggiustati i tartufi nella scatola in modo da lasciare un po' di spazio, si riempie la scatola fino a un dito dall'orlo, con eccellente vino bianco o, meglio ancora, vin santo o marsala. Mettete ad ogni scatola il suo coperchio, e fatelo saldare perfettamente. Immergete le varie scatole confezionate in un piccolo caldaio con acqua fredda e un pugno di sale, scaldate pian piano l'acqua fino all'ebollizione e fate bollire le scatole per quindici minuti, lasciandole freddare nell'acqua stessa. Quando l'acqua sarà fredda estraete le scatole, asciugatele e riponetele in dispensa.
conservazione dei tartufi. Queste scatole vanno prima sterilizzate, immerse cioè per un momento in acqua in ebollizione, oppure accuratamente nettate nel
Conservazione alla calce. — Per la conservazione delle uova nella calce si versa un litro d'acqua su due chilogrammi e mezzo di calce viva, e quando la massa sarà raffreddata, si aggiungono cinque litri d'acqua e qualche pugno di sale da cucina. Si decanta il liquido versandolo in una tinozza, dove si saranno disposte le uova in tre o quattro strati, avendo cura che rimangano bene sommerse. Si mette un coperchio sul recipiente e si lasciano le uova in ambiente fresco. Se l'acqua evaporasse al punto che lo strato superiore ne rimanesse scoperto, dovrà aggiungersi altra acqua. Naturalmente le dosi da noi date possono venire aumentate in proporzione, secondo il bisogno. È da avvertire che, con tale sistema le uova si mantengono inalterate per più mesi; ma esse vanno tuttavia soggette a qualche alterazione, poichè per osmosi un po' di calce penetra sempre nel guscio e ne rende più liquido l'albume. Ciò non impedisce però che queste uova possano tornare utili negli usi domestici e in ispecie per usi ausiliari di cucina.
più mesi; ma esse vanno tuttavia soggette a qualche alterazione, poichè per osmosi un po' di calce penetra sempre nel guscio e ne rende più liquido l
Le alici vanno private della testa e sventrate. Si prende poi un vaso di terraglia, vi si dispone nel fondo uno strato di sale, e su questo si allinea regolarmente uno strato di alici. Questo strato si ricopre con altro sale e si continua così fino a riempire il barattolo, procurando di disporre le alici in modo che non abbiano da restare vuoti. Trattandosi di piccole quantità converrà usare del sale grossolanamente pestato. Potrete disporre qua e là sui vari strati qualche foglia di alloro, che dà profumo alle alici. Riempito il barattolo, poneteci sopra una tavoletta di legno circolare, grande come l'apertura del vaso e su questa ponete un grosso ciottolo. Vedrete che man mano il livello delle alici si abbasserà, per effetto della pressione, e la tavoletta rimarrà sommersa nella salamoia. Lasciate così per circa un mese affinchè questa salamoia possa evaporare in gran parte e le alici abbiano il tempo di conciarsi. Se la salamoia evaporasse troppo presto aggiungetene un'altra piccola quantità. Essa dovrà essere molto densa, e tale che un uovo immerso nel liquido possa galleggiarvi, ciò che si ottiene adoperando pochissima quantità d'acqua per far sciogliere il sale. Trascorso il mese, togliete la tavoletta e il peso, e incominciate ad adoperare le alici. Volendone preparare delle grandi quantità si usano dei bariletti di legno.
Le alici vanno private della testa e sventrate. Si prende poi un vaso di terraglia, vi si dispone nel fondo uno strato di sale, e su questo si
Consigliamo di usare il meno possibile il ferro smaltato specialmente per quegli utensili che vanno al fuoco. Lo smalto facilmente si screpola e può arrecare anche dei disturbi.
Consigliamo di usare il meno possibile il ferro smaltato specialmente per quegli utensili che vanno al fuoco. Lo smalto facilmente si screpola e può
È inutile qui riaprire il dibattito se siano da preferirsi le piccole fragole di bosco o le grosse fragole di giardino. Squisite le une, squisite le altre. La preferenza per l'una o l'altra qualità, è una questione tutta personale, e voi sapete benissimo che «de gustibus», con quel che segue. Le fragole vanno accuratamente scelte e lavate per liberarle dalla terra. Il lavaggio si può fare all'acqua o al vino. Come si condiscono le fragole? Noi crediamo che tutti i condimenti siano stati escogitati per la fragola: essa è talmente buona che onora tutte le salse d'accompagno. Accenneremo le più usate. Generalmente le fragole si condiscono con vino, rosso o bianco e zucchero. Anche eccellenti sono con marsala e zucchero. Si possano poi condire col cognac, col maraschino, col curaçao e, in genere, con tutti i liquori, aggiungendo o no dello zucchero; allo stesso modo che si può adoperare dello champagne. Le fragole sono buone anche condite con un po' di latte e zucchero, e, meglio ancora, con panna montata e inzuccherata. Ma ciò che a noi sembra migliore, specie se trattasi di piccole fragole di bosco, è il sugo di limone. Dopo aver scelto e lavato le fragole, si condiscono con sugo di limone — più o meno, secondo la quantità delle fragole e zucchero in polvere. È bene condirle un paio d'ora prima del pranzo per poterle tenere in ghiaccio fino al momento di mangiarle. Del resto qualunque sia il genere di condimento adoperato, sarà bene tenere le fragole, dopo averle condite, un paio d'ore sul ghiaccio per poterle presentare in tavola freddissime, ciò che le rende più gradite. [immagine: particolare decorativo]
fragole vanno accuratamente scelte e lavate per liberarle dalla terra. Il lavaggio si può fare all'acqua o al vino. Come si condiscono le fragole? Noi