Il metodo di conservare i semi di leguminose consiste nell'introdurli ben maturi, essiccati e privi di ogni materia eterogenea, in locali sani, asciutti ed ariosi, e mantenerceli od in sacchi, od in vasi di legno senza coperchio, o stesi in strati non troppo spessi su palchetti di legno ben puliti.
, asciutti ed ariosi, e mantenerceli od in sacchi, od in vasi di legno senza coperchio, o stesi in strati non troppo spessi su palchetti di legno ben puliti.
L'olio d'oliva può inoltre restare alterato per causa dei vasi nei quali fu conservato, acquistando odori e sapori sgradevoli. Per preservare l'olio da queste alterazioni si dovrà conservare in vasi ben netti, di ferro bianco, di terracotta verniciata o, meglio che tutto, di vetro, ed al riparo dall'ampio contatto dell'aria.
L'olio d'oliva può inoltre restare alterato per causa dei vasi nei quali fu conservato, acquistando odori e sapori sgradevoli. Per preservare l'olio
All'esame microscopico, con un ingrandimento di 140- 150 d., se esiste realmente la frode, si scorgeranno nella polvere i vasi rigati caratteristici della cicoria (ved. b delle figure 37 e 38), ben distinti dagli elementi caratteristici del caffè, che sono gli aggruppamenti di cellule angolose di cui ne è costituita la polpa dei grani e le cellule allungate argentine proprie del tegumento di questi (a' ed a delle figure 37 e 38).
All'esame microscopico, con un ingrandimento di 140- 150 d., se esiste realmente la frode, si scorgeranno nella polvere i vasi rigati caratteristici
La torrefazione o tostatura del caffè, si può eseguire in forni appositi, in piatti metallici o meglio, come ne è più comune l'uso, in vasi di ferro chiusi e ruotanti, detti abbrustolitoi, che si espongono all'azione graduata di un vivo fuoco, capace di elevarvi e mantenervi la temperatura fra i 250° e i 275° C.
La torrefazione o tostatura del caffè, si può eseguire in forni appositi, in piatti metallici o meglio, come ne è più comune l'uso, in vasi di ferro
Ottenuta la torrefazione dei semi al giusto punto del colore marrone-chiaro, si toglie il caffè dall'abbrustolitojo, si fa raffreddare rapidamente all'aria e si ripone quindi in vasi appositi, per difenderlo dal contatto dell'aria che ne facilita l'irrancidimento. Siccome però per uso militare si acquista quasi sempre caffè già torrefatto, la preparazione della bibita nelle cucine militari può dirsi principii dalla polverizzazione dei semi già abbrustoliti. Questa si compie, se nelle cucine dei quartieri stabili, mediante appositi macinini [immagine di polvere di caffè adulterata e relative didascalie] a rotazione di cui sono dotati i corpi: se in campagna, col mezzo di macinini portatili, sul sistema dei macinini turchi, nei quali il recipiente cilindrico di metallo per raccogliere la polvere di caffè (che serve anche di astuccio allo strumento), è rimpiazzato molto opportunamente da una borsa di cuoio. Ogni compagnia ha in caricamento due di questi macinini da campagna.
all'aria e si ripone quindi in vasi appositi, per difenderlo dal contatto dell'aria che ne facilita l'irrancidimento. Siccome però per uso militare si
1° Per filtrazione o spostamento, facendo passar l'acqua, portata a 100° C, sulla polvere di caffè in vasi chiusi. Non sempre si ottiene in questa guisa un buon caffè, atteso il breve contatto della polvere con l'acqua bollente, o, per lo meno, per aver caffè buono con questo sistema occorre impiegare molta polvere e di qualità superiore. Non è dunque sistema economico e per conseguenza impraticabile nella preparazione del caffè per la truppa.
1° Per filtrazione o spostamento, facendo passar l'acqua, portata a 100° C, sulla polvere di caffè in vasi chiusi. Non sempre si ottiene in questa
1° Fiori del vino, vino girato o che ha preso il fuoco. È malattia prodotta dal Mycoderma vini, che si svolge alla superficie del liquido, sotto forma di spolveratura biancastra e vale ad inagrirlo, a bruciarne l'alcool ed alterarlo sensibilmente. Si può evitare tenendo i vasi sempre pieni in cantine fresche, e si può arrestare mettendo del ghiaccio nei vasi ed annaffiandoli con acqua fredda.
forma di spolveratura biancastra e vale ad inagrirlo, a bruciarne l'alcool ed alterarlo sensibilmente. Si può evitare tenendo i vasi sempre pieni in
Si evita in parte questa malattia aggiungendo al vino dell'acquavite e dell'acido tartarico in quantità Sufficiente da ricostituirne l'acidità, chiarificandolo e conservandolo in vasi ed in luoghi freschi.
, chiarificandolo e conservandolo in vasi ed in luoghi freschi.
3° Subbollimento o spinta del vino; vino matto, vino bleu. Questa malattia è il risultato di una fermentazione tumultuosa per la quale il vino acquista perfino la forza di rompere i vasi, anche robusti, nei quali è contenuto; e perciò dai francesi è chiamato vin qu'il a la pousse.
acquista perfino la forza di rompere i vasi, anche robusti, nei quali è contenuto; e perciò dai francesi è chiamato vin qu'il a la pousse.
1° Alterazioni dei vini per influenza del legno impiegato a costruirne i vasi. Vi sarebbero più soggetti i vini bianchi dei rossi, e molto più i vini leggeri e diluiti, che non i grossi e molto colorati.
1° Alterazioni dei vini per influenza del legno impiegato a costruirne i vasi. Vi sarebbero più soggetti i vini bianchi dei rossi, e molto più i vini
2° Gusto di foco, derivante da muffe sviluppate sulle pareti dei vasi mal puliti. Si può prevenire questo malo gusto del vino con la carbonizzazione superficiale della superficie interna dei tini, la solforazione delle botti. Si può attenuare il cattivo gusto nel vino travasandolo in vasi ben propri ed agitandolo con olio d'oliva (un litro per 230 circa).
2° Gusto di foco, derivante da muffe sviluppate sulle pareti dei vasi mal puliti. Si può prevenire questo malo gusto del vino con la carbonizzazione
5° Alterazioni derivanti dal vetro dei vasi, o troppo, alcalino o troppo calcare, attaccabile dagli acidi del vino, od epatico (per sulfuri alcalini e terrosi) capace di svolgere idrogeno solforato.
5° Alterazioni derivanti dal vetro dei vasi, o troppo, alcalino o troppo calcare, attaccabile dagli acidi del vino, od epatico (per sulfuri alcalini
V) Nel chiuderla successivamente in vasi (che primitivamente furono di vetro ed ora sono di lamina metallica) onde sottrarla al contatto dell'aria (occlusione).
V) Nel chiuderla successivamente in vasi (che primitivamente furono di vetro ed ora sono di lamina metallica) onde sottrarla al contatto dell'aria
3° Inodora, almeno nei momento in cui si attinge alla sorgente, al fiume, al lago ecc. Conservate a lungo in vasi chiusi, la maggior parte delle acque acquistano un leggero odore mefitico, dovuto alla decomposizione delle sostanze organiche. Quest'odore non deve esser tale da rammentare quello dell'acido solfidrico e molto meno quello della putrefazione delle sostanze animali.
3° Inodora, almeno nei momento in cui si attinge alla sorgente, al fiume, al lago ecc. Conservate a lungo in vasi chiusi, la maggior parte delle
Per prender bene il campione di un'acqua da esaminare, occorrerà, prima di tutto, guardarsi dall'usare vasi di terra cotta, che potrebbero modificare la durezza dell'acqua e che sono più difficili a pulirsi di quelli di vetro. I vasi preferibili saranno sempre le bottiglie di buon vetro, munite di tappo di ugual materia o di sughero nuovo (Sutton). Una bottiglia della capienza di due litri sarà più che sufficiente al nostro scopo. Un'analisi più dettagliata di quella che ordinariamente può farsi con i mezzi e nei modi che sono per dire, certo che richiederebbe una maggior quantità di acqua.
Per prender bene il campione di un'acqua da esaminare, occorrerà, prima di tutto, guardarsi dall'usare vasi di terra cotta, che potrebbero modificare
II. Frammenti di vegetali: come cellule legnose punteggiate, vasi, peli vegetali, fibre spirali, fibre di lino, di cotone, pezzi di blattee, di legno, di foglie, di paglia, di steli, ecc. ecc.
II. Frammenti di vegetali: come cellule legnose punteggiate, vasi, peli vegetali, fibre spirali, fibre di lino, di cotone, pezzi di blattee, di legno
1° 16-20° centigr., che la rendono assolutamente impotabile, è compito assai più difficile. In casi di vera necessità possono tornare utili: 1° Dei vasi di terra porosa, od altri mezzi analoghi basati sopra il raffreddamento prodotto dalla evaporazione: tali le bottiglie rivestite di una camicia di tessuto di lana spesso e poroso, che venga bagnato di quando in quando; le borracce metalliche ricoperte di feltro da mantenersi umido, come quelle appunto adottate per il soldato americano.
vasi di terra porosa, od altri mezzi analoghi basati sopra il raffreddamento prodotto dalla evaporazione: tali le bottiglie rivestite di una camicia di
Questi filtri sono costituiti di un materiale filtrante durevole, abbondante e che non cede niente all'acqua; procurano inoltre una filtrazione assai rapida. Ye ne sono di grande modello adatti per battelli, per installazioni di grandi frazioni di truppa, ecc., e di piccolo modello per caserme, corpi accampati, ospedali, ambulanze. Quelli di piccolo modello, che a noi più importano, sono costituiti di vasi in terra cotta o di ghisa, cementati internamente, che contengono nella parte inferiore, il materiale filtrante in spesso strato, compresso, e compressibile all'occorrenza mediante apposita vite, fra due solidi dischi metallici bucherellati.
, corpi accampati, ospedali, ambulanze. Quelli di piccolo modello, che a noi più importano, sono costituiti di vasi in terra cotta o di ghisa, cementati
L'involucro protettore dell'ampolla filtrante, costituito di porcellana verniciata, risulta di due pezzi d ed e, che si congiungono in f mediante una semplicissima e solida maschiettatura e che possono per questa essere prontamente fissati attorno all'ampolla stessa, o remossi secondo l'occorrenza. Il pezzo e, come accennano le figure, termina nella parte inferiore a beccuccio d'imbuto, sotto il quale verranno messi i vasi destinati a raccogliere e conservare l'acqua filtrata.
. Il pezzo e, come accennano le figure, termina nella parte inferiore a beccuccio d'imbuto, sotto il quale verranno messi i vasi destinati a
Arboscello odoroso annuale, originario dalle Indie Orientali e dalla Persia. Ve ne sono 22 varietà. Tra queste il Grandiflorum (dall'Africa), che è perenne, e il Minimum annuale dell'Isola di Ceylan. Generalmente si coltiva la specie Ocymum. La Minimum però è la più graziosa. Nel linguaggio dei fiori: Odio. Si semina in Aprile e Maggio in buona terra, esposizione meridiana. Tanto i fiori che le foglie servono per condimento, per confettura e anche per profumo. È molto usato nella Cucina Genovese. In Persia se ne usa per aromatizzare le bibite. Crisippo lo reputava non solo inutile, ma eccitante l'insania, e come era disprezzato dalle capre, doveva fuggirsi dagli uomini e così predicò Galeno, ma i popoli della Mauritania lo avevano per un' esilarante. Il Basilico selvatico detto Brunella, (Brunella vulgaris officinalis) è vantato nelle malattie degli organi respiratori e nella diarrea. Messe le foglie nell'insalata si voleva guarisse le emorroidi. Dal Basilico se ne cava un'olio essenziale. I Genovesi lo conservano nell'olio in vasi o alberelli ben chiusi. E fanno così: pigliano il basilico fresco lo lavano per pulirlo dalla terra, l'asciugano con una salvietta, vi distaccano le foglie, gettano via i gambi e lo pongono in un alberello che si riempie d'olio e si chiude ermeticamente. Così conservato mantiene tutte le sue qualità aromatiche, nè si distingue da quello fresco.
. Messe le foglie nell'insalata si voleva guarisse le emorroidi. Dal Basilico se ne cava un'olio essenziale. I Genovesi lo conservano nell'olio in vasi o
Il suo nome dall'arabo Kappar. Arboscello ramosissimo, perenne, originario dall'Asia che da Maggio a Luglio dà moltissimi e grandissimi fiori bianchi. Il frutto è una bacca uniloculare di forma elittica, lunga un pollice. Da noi vegeta benissimo sulle vecchie mura e tra le rupi dei colli esposte a mezzodì ed anche a settentrione, purché riparate dai venti. Nel linguaggio dei fiori: Solitudine beata. Nei vasi riesce a stento. Meglio che coi semi, si propaga con rami radicati, mettendoli in qualche crepaccio di muro vecchio e adattandovelo alla meglio con un poco di terra. Rivegeta ogni anno, se si avrà cura di tagliarne i rami al giungere dell'inverno sin presso le radici. Sonvi circa 30 specie di capperi conosciute, molte delle quali coltivate. In Arabia avvene una che cresce fino all'altezza di un'albero. Tutti conoscono l'uso dei capperi, che sono i bottoni dei fiori, ed anche i frutti acerbi che si lasciano appassire all'ombra per qualche giorno e si mettono nell'aceto poi o nell'acqua salata per condire alcune vivande o farne salse speciali. Ai primi freddi si possono raccogliere anche le frondi, farle bollire alquanto all'acqua, acciò perdano l'amaro e ben asciutte accomodarle con aceto e sale e serbarle, come il frutto, per le insalate. Il cappero è rammentato dalla Bibbia nell'Ecclesiaste. Gli antichi gli assegnavano molte virtù e ne usavano per cucina gli Egiziani ed i Romani testi Dioscoride e Plinio. È stimolante e facilita la digestione. In medicina si usa la corteccia della radice e godette già riputazione specialmente nei mali di milza. In Algeria viene usato in decotto contro l'ischiade. Forse là il capparo vi è più attivo che da noi; aveva però già notato Dioscoride che bibitur utilissime in coxarum doloribus. Esternamente la radice contusa e cotta si applica come antisettica, cicatrizzante e stomachica. La scuola di Salerno ci raccomanda: Sit tibi cappàrus solidus rubeus subamarus.
mezzodì ed anche a settentrione, purché riparate dai venti. Nel linguaggio dei fiori: Solitudine beata. Nei vasi riesce a stento. Meglio che coi semi