Per sei persone basteranno una grossa seppia, o due di media grandezza. Giova ricordare che le seppie contengono nell'interno una vescica con una tinta nera, la quale va gettata via, mentre l'altra vescichetta, posta più in alto, e contenente un liquido vischioso, giallo-scuro, va conservata e serve a dare maggior sapore alla pietanza. Dopo aver tolto via la pelle alle seppie, si aprono, si nettano bene e si tagliano in listerelle sottili. Si dividono anche le zampe, si gettano via gli occhi e si lava il tutto abbondantemente finchè le seppie saranno bianchissime. Si mette in una casseruola un po' d'olio, una mezza cipolla tagliata fina e un pezzetto d'aglio e si fa prendere leggero colore al soffritto. Quando la cipolla sarà bionda si aggiunge una cucchiaiata o due di salsa di pomodoro e si fa cuocere qualche minuto. Per questo piatto è specialmente adattata la conserva nera casalinga, che si diluisce con un pochino di acqua. Si aggiungono allora le seppie, si condiscono con sale e pepe e si lasciano cuocere, mescolandole di quando in quando. Non appena l'intingolo sarà ben denso, bagnate le seppie con mezzo bicchiere di vino, e quando anche il vino si sarà asciugato, versate nella casseruola un ramaiolo o due d'acqua, coprite il recipiente, diminuite un po' il fuoco e lasciate cuocere adagio. Le seppie sono in generale un po' durette, ed è bene preparare la pietanza un po' prima, affinchè ci sia tutto il tempo di farle cuocere bene. La caratteristica di questo piatto è che il sugo deve essere molto scuro e denso. Venti minuti prima di mangiare mettete giù il riso ben mondato, fatelo insaporire un po', mescolando con un cucchiaio di legno, e poi bagnatelo con acqua bollente e terminate la cottura come al solito. Cotto che sia, verificate il condimento, versate il riso in un piatto e fatelo portare in tavola. Non c'è bisogno di dire che desiderando un piattino di seppie in umido, che sono gustosissime, seguirete punto per punto la ricetta per tutto ciò che riguarda la confezione e la cottura. Servendo le seppie da sole potrete accompagnarle con dei crostini di pane fritto, tagliati a triangolo, che disporrete intorno intorno al piatto.
dividono anche le zampe, si gettano via gli occhi e si lava il tutto abbondantemente finchè le seppie saranno bianchissime. Si mette in una casseruola
Prendere dunque l'aragosta, tagliarle da prima le zampe, tagliarle poi la coda in cinque o sei pezzi e spaccare la carcassa in due parti in lungo, togliere gli intestini e il budellino terroso. Mettere in una casseruola un po' d'olio, e soffriggere in esso per qualche minuto un quarto di cipolla, un pochino di sedano, un po' di carota gialla, una puntina d'aglio, un pezzettino di lauro, il tutto tritato. Aggiungere allora l'aragosta e far cuocere fino a che i pezzi abbiano preso un bel color rosso. Sgocciolar via una metà dell'olio, e bagnare con un bicchiere di vino bianco. Aggiungere una cucchiaiata o due di salsa di pomodoro, un pizzico di pepe e un po' di sale. Coprire e lasciar cuocere circa un quarto d'ora. Accomodare i pezzi di aragosta nel piatto, passare la salsa da un setaccino e finirla con qualche pezzetto di burro. Versare la salsa sull'aragosta e ultimare la vivanda con una cucchiaiata di prezzemolo trito. Per sei persone occorrono un paio di aragoste del peso di circa mezzo chilogrammo l'una.
Prendere dunque l'aragosta, tagliarle da prima le zampe, tagliarle poi la coda in cinque o sei pezzi e spaccare la carcassa in due parti in lungo
Scegliete dei calamaretti di media grandezza, calcolandone uno o due a persona. Spellateli, togliete loro la penna e risciacquateli accuratamente senza aprirli dividendo solo la parte carnosa dalle zampe. Tutte le zampe le raccoglierete e le triterete minutamente con un po' d'aglio, dei funghi secchi che avrete fatto rinvenire in acqua fredda, un pizzico d'origano, un bel ciuffo di prezzemolo e abbondante mollica di pane grattata. Condite questo impasto con sale, pepe e olio e riempitene i calamari a guisa di sacchetti, che cucirete poi con una passata di filo grosso. Aggiustate i calamari ripieni in una tortiera unta di olio, conditeli ancora con un po' di sale, pepe e un altro po' d'olio, e cuoceteli al forno. Se credete, potrete anche arrostirli sulla gratella, e in questo caso dovrete ungerli e voltarli spesso. Mandateli in tavola accompagnati da spicchi di limone. [immagine: particolare decorativo]
senza aprirli dividendo solo la parte carnosa dalle zampe. Tutte le zampe le raccoglierete e le triterete minutamente con un po' d'aglio, dei funghi
Spellare la lepre è cosa facilissima, pur di seguire l'opportuno procedimento. Si incomincia con l'incidere la lepre all'attaccatura delle zampe anteriori e posteriori. Si fanno cioè quattro tagli circolari su ogni attaccatura di zampa. Sia detto tra parentesi, molte signore amano di avere lo zampino di lepre per la cipria. In questo caso bisognerà spolverizzare abbondantemente le zampe con allume pesto e lasciarle seccare per più giorni. Dopo di che si sgrassano con della benzina e si adoperano. Tornando alla lepre, dopo aver fatto questa incisione sulle zampe si incomincia con l'incidere la coscia destra e poi quella sinistra in modo da metterle a nudo. Ottenuto questo primo risultato si prendono entrambe le zampe posteriori della lepre con la mano sinistra e con la destra si tira giù la pelle, rivoltandola. La pelle verrà via così facilmente, fino al collo. Con qualche altro opportuno taglio sulle zampe davanti si spellerà completamente l'animale. Dopo averlo spellato si mette sulla tavola appoggiato sul dorso, e con un coltello si incomincia ad aprire dal basso ventre fino al petto. Si apre con le mani e si estraggono tutti gli intestini. Allora si incomincia a spezzare. Generalmente la testa e le zampe si scartano. Si taglia nel punto dell'articolazione la zampa anteriore destra e poi quella sinistra, quindi si staccano le due coscie. Si corica il torso rimasto sul fianco, e con un coltello si taglia l'estremità delle costole, che vanno gettate via. Si taglia allora la groppa in due parti uguali, l'anteriore e la posteriore, che si suddivideranno ancora in due pezzi ognuna, e per ultimo si staccherà il collo. Se si trattasse di un lepre molto grosso queste divisioni potranno essere moltiplicate, ma generalmente la lepre si divide nel modo che abbiamo detto. Risciacquate accuratamente i vetri pezzi e asciugateli in un pannolino. Poi accomodateli in una insalatiera e ricopriteli con una cipolla tagliuzzata, un po' di sedano, prezzemolo, carota gialla, il tutto anche tagliuzzato. Aggiungete anche una mezza foglia d'alloro, un rametto di timo, un pizzico di rosmarino e una foglia di salvia, sale, pepe e un bicchiere di vino rosso. Lasciate stare così la lepre per un'ora o due. Preparate una casseruola con un pochino di strutto o d'olio, estraete i pezzi della lepre dalla marinata e fateli rosolare, aggiungendo man mano i vari legumi impiegati nella marinata, che tirerete su con una cucchiaia bucata. Quando i vari pezzi saranno rosolati scuri, spolverizzateli con una mezza cucchiaiata di farina, mescolate, e dopo un minuto versate nella casseruola il vino rosso nel quale ha marinato la lepre. Quando anche il vino si sarà asciugato bagnate la lepre con un ramaiuolo d'acqua, diminuite ;un po' il fuoco, coprite la casseruola e lasciate finire di cuocere dolcemente. Qualche minuto prima del pranzo estraete i pezzi della lepre, staccate il fondo della casseruola con un pochino d'acqua, e passate il tutto da un colabrodo, premendo con un cucchiaio di legno. Rimettete questa salsa nella casseruola con la lepre, fate scaldare bene e poi versate nel piatto e mandate in tavola. Se poi preferiste una salsa un po' piccante, vi regolerete così. Dopo aver staccato il fondo e passato pel colabrodo, rimettetelo in casseruola con la lepre. Mettete allora nel mortaio un paio di acciughe lavate e spinate, una cucchiaiata di prezzemolo, un pizzico di pepe e una puntina di aglio. Schiacciate il tutto e stemperatelo con un dito d'aceto e un dito di vino. Versate questa salsetta sulla lepre, che terrete vicino al fuoco, senza bollire per circa cinque minuti.
Spellare la lepre è cosa facilissima, pur di seguire l'opportuno procedimento. Si incomincia con l'incidere la lepre all'attaccatura delle zampe
Prendete sei quaglie e dopo averle ben pulite e fiammeggiate togliete loro il collo, le punte delle ali e le estremità delle zampe. Apritele poi praticando un taglio lungo tutto il dorso, e dopo averle ben ripulite anche nell'interno risciacquatele ed asciugatele in una salvietta. Quindi, premendo su ognuna con la mano, schiacciatele in modo da allargarle un poco ed appiattirle: nè più nè meno di come si usa per il pollo alla diavola. Se durante questa operazione ci fosse qualche osso che sporgesse, potrete toglierlo. Condite le quaglie con sale e pepe e poi indoratele in un uovo sbattuto insieme con mezzo cucchiaio di olio. Passatele poi nel pane grattato, o meglio nella mollica di pane grattata, e un quarto d'ora prima di mangiare disponetele su una gratella e fatele cuocere su della brace voltandole spesso affinchè il pane non bruci. Appena cotte accomodatele in un piatto innaffiandole con la seguente salsa. Mettete in una casseruolina mezzo bicchiere di brodo o di acqua e scioglieteci sul fuoco un buon cucchiaino da caffè di estratto di carne in vasetti. Levate la casseruolina dal fuoco e mischiateci, un pezzetto alla volta, mezzo ettogrammo abbondante di burro lavorando sempre la salsa con un mestolino o anche con una piccola frusta e non aggiungendo un pezzetto di burro se il primo non si è amalgamato. Si deve operare come se si trattasse di montare una maionese. Ripetiamo che questa operazione va fatta fuori del fuoco altrimenti la salsa non monta. Quando tutto il burro sarà amalgamato aggiungete ancora qualche goccia di sugo di limone, una cucchiaiata di prezzemolo trito, un buon pizzico di pepe bianco o meglio una puntina di pepe rosso di Caienna e una puntina di aglio schiacciato.
Prendete sei quaglie e dopo averle ben pulite e fiammeggiate togliete loro il collo, le punte delle ali e le estremità delle zampe. Apritele poi
[immagine e didascalia: 2. Voltare il pollo sul dorso, sollevargli le zampe con "la mano sinistra e introdurre Pago all'attaccatura della coscia facendolo uscire all'attaccatura dell'altra coscia]
[immagine e didascalia: 2. Voltare il pollo sul dorso, sollevargli le zampe con "la mano sinistra e introdurre Pago all'attaccatura della coscia
Tutto il pollame destinato ad essere cotto intiero (arrostito, lessato, ecc.) va cucito allo scopo di mantenerne la forma durante la cottura. Dopo aver vuotato e bruciacchiato il pollo si incide la pelle del collo all'attaccatura della testa, tirando giù la pelle si mette a nudo il collo e si taglia alla sua attaccatura. Si tagliano le zampe molto in alto asportando solamente le dita. Si risciacqua quindi il pollo e si asciuga in una salvietta. Servendosi di un grosso ago e di un po' di spago si procede alla cucitura nel modo seguente:
taglia alla sua attaccatura. Si tagliano le zampe molto in alto asportando solamente le dita. Si risciacqua quindi il pollo e si asciuga in una salvietta
Nella galantina, come in tutte le vivande molto lavorate, entra un coefficiente non trascurabile: quello che potrebbe definirsi la questione della fede. Infatti, in gran parte delle galantine che si vendono sotto il titolo pomposo di galantine di pollo, il pollo — povera bestia calunniata — entra soltanto nominalmente. Eseguendo la galantina in casa, non solamente sarete sicuri di quello che mangerete, ma spenderete la metà di quello che dovreste spendere dal salsamentario o al restaurant, col vantaggio di avere un prodotto sceltissimo e di gusto infinitamente superiore. Praticamente la galantina consta di tre elementi principali: il mosaico, ossia quell'insieme di dadi di petto di pollo, tartufi, prosciutto, lingua, ecc., che danno alla galantina il suo caratteristico aspetto; il pesto o, come si dice in linguaggio di cucina, la farcia, che serve a cementare i vari pezzi del mosaico, e finalmente la pelle del pollo, che racchiude tutta la preparazione. Prendete un pollo o una gallina non troppo vecchia, badando che non abbia lacerazioni sulla pelle, fiammeggiatela per liberarla dalla peluria e poi collocatela sul tagliere col petto in giù. Tagliate il collo a due dita dalla attaccatura e spuntate le ali e le zampe. Poi con un coltellino a punta fate una lunga incisione sul mezzo del dorso, dal collo fino alla estremità opposta. Sollevate la pelle e aiutandovi con le dita e col coltellino, staccatela pian piano dalla cassa, prima da un lato e poi dall'altro. Arrivate che sarete alle ali rovesciate la pelle e cercate di farla uscire nè più nè meno si trattasse di un corpetto a maglia, e ugualmente fate per le cosce. Per far ciò facilmente, aiutatevi col coltellino, staccando man mano i piccoli nervi che trattengono la pelle. Continuate il vostro lavoro fino a che avrete tolto per intero la pelle. Prendete allora una terrinetta, arrotolate la pelle e mettetela dentro, bagnandola con un bicchierino di marsala e in questa terrinetta col marsala metterete anche i seguenti ingredienti che comporranno il mosaico interno della galantina: 1° Tutto il petto del pollo, staccato dalla cassa e tagliato in dadi. 2° Un ettogrammo di prosciutto — solo magro — tagliato in una sola fetta spessa e ritagliato in dadi. 3° Un ettogrammo di lingua allo scarlatto, anche tagliata in dadi; 4° Un pizzico di pistacchi, che terrete in bagno in un po' d'acqua tiepida, sbuccerete e lascerete interi. 5° Due o tre tartufi neri di buona qualità. Se adopererete tartufi in scatola basterà tagliarli in pezzi secondo la loro grossezza. Se invece adopererete tartufi freschi, dovrete prima spazzolarli accuratamente con un spazzolino e dell'acqua tiepida per poterli liberare bene dalla terra e poi toglier via anche qualche po' di corteccia dove la terra non si fosse potuta snidare perfettamente. 6° Un ettogrammo di lardo imbianchito. Per imbianchire il lardo farete così. Ne prenderete una fetta spessa del peso di un ettogrammo e la metterete sull'angolo del fornello in acqua bollente per una ventina di minuti. Trascorso questo tempo, l'estrarrete, la passerete in acqua fresca, l'asciugherete e la taglierete in dadi come il prosciutto e la lingua. Il lardo così preparato perde il suo sapore grasso e fa inoltre migliore effetto nel mosaico. Preparata tutta questa roba, conditela con pochissimo sale, un pizzico di pepe e un nonnulla di noce moscata e poi mescolate ogni cosa affinchè tutti gli ingredienti possano essere bagnati dal marsala. Coprite la terrinetta e lasciatela da parte. Ottenuto così il mosaico, passiamo alla confezione della farcia, ossia, come abbiamo già detto, al pesto che deve riunire i vari pezzi del mosaico. Prendete 400 grammi di vitello magro e tritatelo minutamente sul tagliere insieme con 400 grammi di lardo di buona qualità, e sopratutto non rancido. A questo pesto unirete tutta la carne rimasta attaccata al pollo e che staccherete accuratamente, privandola dei nervi e dei tendini, che abbondano specialmente nelle cosce. Pestate il più fino possibile e impastate col coltello in modo che carne e lardo non formino che un tutto unico, perfettamente amalgamato. Per maggiore economia od opportunità, potrete mettere nel trito metà carne di vitello e metà carne magra di maiale. Ma in questo caso, essendo la carne di maiale un poco più grassa, converrà fare quattro parti di carne mista e tre parti di lardo: ossia, nel nostro caso, duecento grammi di vitello, duecento di maiale e trecento di lardo. La farcia ben tritata sul tagliere può essere sufficientemente adatta per la galantina. Chi però volesse eseguire la preparazione a perfetta regola d'arte, dovrebbe dopo il tritamento sul tagliere, prendere un po' di farcia alla volta, pestarla in un mortaio di pietra, e dopo averla tutta pestata, passarla dal setaccio. È un supplemento di lavoro non assolutamente necessario in una cucina di famiglia, ma che permette di ottenere una lavorazione finissima e perfetta. Ultimata anche la farcia, estraete dalla terrinetta la pelle del pollo e tenetela da parte. Mettete allora nella terrinetta la farcia e impastando con le mani fate che i dadi di petto di pollo, lingua, prosciutto, ecc., vadano a distribuirsi nella carne trita. Non vi preoccupate del marsala rimasto nella terrinetta, perchè verrà assorbito nell'impasto. Svolgete sul tavolo la pelle del pollo, allargatela e su essa ponete l'impasto, al quale cercherete di dare una forma leggermente allungata come un polpettone. Tirate su i lembi della pelle, racchiudete l'impasto, e poi con un ago e del filo cucite intorno intorno la pelle sempre cercando di dare alla galantina una forma corretta. Se qualche pezzetto di pelle si fosse lacerata riprendetela con un punto. Per ultimo date coll'ago cinque o sei punzecchiature alla pelle, qua e là. Prendete adesso un tovagliolo e avvolgete in esso la galantina. Attorcigliate le due estremità del tovagliolo, come se doveste incartare una grossa caramella, e nei due punti di torsione fate due legature con lo spago, una di qua e una di là. Finalmente, fate un altro paio di legature nel mezzo della galantina. La parte più difficile del lavoro è fatta.
attaccatura e spuntate le ali e le zampe. Poi con un coltellino a punta fate una lunga incisione sul mezzo del dorso, dal collo fino alla estremità opposta
Deponete la galantina così preparata in una casseruola ovale, ricopritela di acqua e poi aggiungete nel recipiente una cipolla, con un chiodo di garofano, una carota gialla, un mazzolino di prezzemolo, tutti i cascami del pollo: testa, collo, zampe e pezzi di carcassa, nonchè un paio di piedi di vitello ben nettati e spaccati in due, i quali ultimi vi serviranno per la gelatina. Mettete la casseruola sul fuoco e schiumate il brodo man mano che ce ne sarà bisogno. Appena il liquido avrà levato il bollore, mettete il recipiente sull'angolo del fornello, salate moderatamente il brodo e lasciate bollire insensibilmente la galantina per un'ora e mezzo. La salatura del brodo è importante perchè, se sarà troppo salato anche la galantina riuscirà salata e viceversa riuscirà insipida se il liquido non avrà quel grado di salatura necessario. Ad ogni modo, è meglio metterne poco in principio e correggere poi man mano, tenendo presente che nella galantina ci sono già il prosciutto e il lardo salati di per sè. Nè meno importante è la questione dell'ebollizione, perchè se essa avverrà troppo tumultuosamente la pelle della galantina con tutta probabilità si romperà, compromettendo la buona riuscita dell'operazione.
garofano, una carota gialla, un mazzolino di prezzemolo, tutti i cascami del pollo: testa, collo, zampe e pezzi di carcassa, nonchè un paio di piedi di
1. Ali 2. e 6. Dorso diviso in due parti. 3. Filetti 4. Parte centrale del petto. 5. Cosce 7. Zampe. – ] Trattandosi di polli grandi la parte centrale del petto e le cosce si suddividono in due parti bagno in acqua fresca, affinchè possa bene ammollarsi. Poi si estrae dall'acqua, si mette in un tegamino e si fa sciogliere su fuoco debole. Si aggiunge poi alla gelatina e si procede alla chiarificazione come si è detto più innanzi. Abbiamo accennato a questa colla desiderando non tralasciare nulla affinchè la nostra ricetta potesse dirsi veramente completa. Però crediamo che facendo ben restringere il brodo e facendo cuocere moltissimo i piedi di vitello, l'aggiunta della «gelatina marca oro» non sia necessaria, tanto più che una buona gelatina di carne non deve essere dura ed elastica come un pezzo di caucciù, ma essere rappresa quel tanto che basta, e fondere facilmente in bocca. Solo a queste condizioni si può gustarne tutta la finezza e tutto il profumo.
1. Ali 2. e 6. Dorso diviso in due parti. 3. Filetti 4. Parte centrale del petto. 5. Cosce 7. Zampe. – ] Trattandosi di polli grandi la parte
È un piatto freddo, di molta figura. Lessate una o due aragoste e, senza spaccarle, come si usa abitualmente, staccate le code dal busto. Spaccate il busto estraendo la carne del corpo e delle zampe che taglierete in dadini e metterete da parte. La carne delle code la estrarrete intiera e la ritaglierete in fette di circa un centimetro togliendo accuratamente il pezzetto del budellino che può contenere della rena. Preparate una salsa maionese con un paio di rossi d'uovo, e quando sarà ultimata, aggiungete in essa due o tre fogli di gelatina marca oro (colla di pesce), che avrete prima tenuto una diecina di minuti in bagno in acqua fresca e poi avrete fatto fondere sul fuoco in una casseruolina. Mescolate la colla alla salsa, immergete in essa le fette di aragosta e mettetele a rapprendere su un piatto ponendo su ogni fetta di aragosta una fettina di tartufo nero. Avrete intanto preparato un pochino d'insalata russa, tagliata in dadini molti piccoli, alla quale aggiungerete la carne tagliuzzata del corpo e delle zampe dell'aragosta. Unite ai legumi il resto della salsa maionese incollata, e mettete l'insalata in una piccola stampa da bordura liscia, unta leggermente di olio. Fate rapprendere l'insalata sul ghiaccio, sformate la bordura su un piatto rotondo, e sulla bordura disponete, una accanto all'altra, le fette di aragosta preparate.
busto estraendo la carne del corpo e delle zampe che taglierete in dadini e metterete da parte. La carne delle code la estrarrete intiera e la
Le gelatine al liquore rappresentano un dolce della cucina classica; e ancora adesso, in occasione di qualche grande buffet, è frequente il caso di vedere far bella mostra di sè codesti dolci, nei più svariati colori. Diremo subito che l'oblìo in cui queste gelatine sono un po' cadute è affatto ingiustificato, in quanto che alla loro preparazione non concorrono difficoltà di procedimenti, nè spesa eccessiva, mentre il risultato è attraentissimo alla vista e molto accetto al palato. Si tratta di fare una gelatina dolce, ben chiarificata, alla quale si aggiunge un profumo a piacere o un liquore. Si potranno dunque confezionare gelatine al limone o all'arancio, o alla vainiglia, oppure alla chartreuse, all'alckermes al rhum o, come più comunemente si fa, al maraschino. Scegliamo dunque un liquore a piacere, ad esempio del rhum, e vediamo quale è il procedimento per la confezione del dolce. Basandosi sul procedimento che descriveremo, le nostre lettrici potranno poi a loro piacere variare il liquore o l'essenza, e quindi anche il colore della gelatina. Premettiamo che le gelatine dolci vanno confezionate in stampe col buco in mezzo e piuttosto lavorate, ciò che le rende assai eleganti. Le dosi di base sono queste: acqua litri uno; zucchero grammi 400; 50 grammi di gelatina «marca oro»; 3 bianchi d'uovo; 4 bicchierini di liquore. Le dosi di base che noi abbiamo dato sono sufficienti per fare una grandissima gelatina dolce. Se vorrete fare una gelatina più piccina, sufficiente a sei persone, ridurrete le dosi nel modo seguente: Due bicchieri d'acqua; 5 cucchiaiate e mezzo di zucchero; 17 grammi di gelatina; un bianco d'uovo; un bicchierino e mezzo di liquore. Come vedete si tratta della formula base ridotta su per giù ad un terzo. Mettete i fogli di gelatina in bagno in una casseruola con acqua fredda e lasciate così almeno per un quarto d'ora. A parte, in una terrinetta, mettete lo zucchero con i due bicchieri d'acqua tiepida e lasciate che lo zucchero si sciolga bene. Prendete adesso una casseruola piuttosto grande, ben netta, e in questa mettete la chiara d'uovo che sbatterete un poco con la frusta di fil di ferro affinchè rimanga ben sciolta e spumosa, ma non montata in neve. Versate allora a cucchiaiate sulla chiara l'acqua zuccherata, continuando sempre a sbattere per unire bene il composto. Quando avrete versato tutto lo sciroppo di zucchero prendete la gelatina che era nell'acqua fredda e che intanto si sarà ben rammollita, strizzatela un po' tra le mani e aggiungetela nella casseruola. Mettete tutto su fuoco moderato e, sempre sbattendo con la frusta, portate il liquido all'ebollizione. Appena questa si sarà verificata tirate la casseruola sull'angolo del fornello, quasi fuori del fuoco, coprite il recipiente, mettendo qualche pezzettino di brace sul coperchio e lasciate riposare la gelatina per una ventina di minuti. La chiara d'uovo portata all'ebollizione, si sarà coagulata assorbendo tutte le impurità del liquido, che apparirà negli interstizi limpidissimo. Mentre la gelatina riposa vicino al fuoco, prendete una seggiola di cucina, appoggiatela capovolta sul tavolo, e sulle quattro zampe distendete una salvietta che assicurerete con quattro legature di spago, una per ogni zampa della seggiola. Questo sistema di improvvisare un filtro, per quanto possa sembrare strano a chi non lo conosce è il più comodo e il più sicuro, e viene praticato da tempo immemorabile in ogni cucina. Preparata così la salvietta, mettete sotto ad essa una insalatiera grande, versate sulla salvietta la gelatina e lasciate che filtri. Otterrete così un liquido limpidissimo. Se non vi sembrasse tale ripetete l'operazione del filtramento un paio di volte. Quando avrete raccolta tutta la gelatina filtrata, lasciatela freddare un pochino, uniteci il rhum o il maraschino, mescolate con un cucchiaio, e poi versate nella stampa, la quale non va unta, ma adoperata asciutta. Quando la gelatina sarà fredda mettetela con la stampa in una catinella e circondatela di ghiaccio lasciandola così per due o tre ore. Al momento di mandare in tavola estraete la stampa dal ghiaccio ed immergetela per due o tre secondi in una casseruola grande contenente acqua calda, ritirate subito la stampa, asciugatela alla svelta e poi capovolgete la gelatina su un piatto, preferibilmente di cristallo. S'immerge la stampa nell'acqua calda per liquefare un piccolissimo strato di gelatina e sformare il dolce con facilità. Regolatevi dunque che la permanenza nell'acqua calda sia per il tempo strettamente necessario, altrimenti correreste il rischio di liquefare tutto e di ricominciare l'operazione da capo. La gelatina al maraschino è bianca limpida. Se invece adoperate del rhum l'avrete bruna, e se il liquore scelto sarà invece l'alckermes otterrete una gelatina rossa di bellissimo effetto. Potrete anche fare una gelatina a due colori, dividendo a metà la gelatina appena filtrata e profumandone una parte col maraschino e una parte con alckermes. Metterete allora nella stampa prima la gelatina bianca col maraschino, farete congelare in ghiaccio e soltanto allora aggiungerete l'altra gelatina rossa, fredda ma non ghiacciata. Batterete leggermente la stampa affinchè la seconda gelatina non lasci spazi vuoti, e poi rimetterete tutto in ghiaccio fino a completo congelamento. Sono piccoli lavori supplementari che costano poca fatica e che danno un risultato più grazioso. È questione di un po' di pazienza e di un po' di diligenza. Se vorrete invece fare una gelatina al limone o all'arancio, unirete fin dal primo momento allo zucchero, gelatina e bianco d'uovo, anche il sugo di quattro limoni (quattro [immagine e didascalia: Coltellino speciale per togliere sottilmente la buccia dagli aranci e dai limoni] limoni bastano per la dose grande di un litro d'acqua). Se sarà invece all'arancio mettere il sugo di tre aranci e quello di un limone. Insieme col sugo metterete a bollire anche le cortecce dei frutti tagliate finemente con un coltellino, in modo da non lasciare nessuna traccia della parte bianca della corteccia. Come sapete la corteccia dell'arancio e del limone contengono un olio essenziale, che è quello che comunica il maggior profumo. Per toglier via sottilmente le cortecce c'è uno speciale coltellino comodissimo, col quale si lavora assai speditamente e bene.
zampe distendete una salvietta che assicurerete con quattro legature di spago, una per ogni zampa della seggiola. Questo sistema di improvvisare un