Roma piegò l'inflessibile tenacia cartaginese non solo per il valore dei suoi legionari e per la saggezza dei suoi capitani, ma anche perchè, prima d'iniziare la grande offensiva, ebbe cura di allargare il suo dominio in tutta l'Etruria, di presidiare la parte meridionale della Sardegna e di stendere da Miseno allo Stretto, un saldo cordone litoraneo per piombare al momento opportuno sulla Sicilia. Il Senato deliberò ed attuò questo ampio disegno d'espansione, non solo per potersi appoggiare su basi di operazioni più vicine al centro nemico, ma perchè nell'Etruria occidentale c'era l'Elba, l'isola del ferro, e di ferro era il gladio del legionario, nella Sardegna del Sud c'era Plumbea, la città del piombo, e di piombo erano l'aste e l'ossatura dello scudo della fanteria pesante; la Sicilia era il granaio di Cartagine. Quando alla fine il punico si vide tagliato fuori anche dall'Iberia, inesauribile serbatoio di mercenari, solo allora il Senato spedì Scipione proprio nel covo del nemico, con la piena sicurezza che Cartagine, se non di ferro, sarebbe ormai morta d'inedia.
Roma piegò l'inflessibile tenacia cartaginese non solo per il valore dei suoi legionari e per la saggezza dei suoi capitani, ma anche perchè, prima d
Preparate come di consueto la pentola del brodo. E quando il manzo circondato dalla gaia schiera dei suoi legumi d'accompagno bollirà da circa un'ora mettete nella pentola una gallina o un pollo. Si dice che i proverbi sono la saggezza dei popoli; ed anche questa è un'altra mistificazione. Infatti il proverbio: gallina vecchia fa buon brodo, è una bugia della cucina empirica. Si adopera di preferenza una gallina vecchia per il brodo, solo perchè la senilità impedisce alla povera bestia una qualsiasi altra applicazione culinaria; ma se vorrete servirvi di una pollastra giovine o di un pollo bene in carne, il risultato sarà di gran lunga più fine. Immersa la gallina nella pentola lasciate che cuocia bene e che risulti molto cotta. Allora estraetela, levatele la pelle, separate tutte le ossa dalla carne e lasciate freddare. Intanto avrete messo a cuocere in una casseruola con un pochino di brodo, tre cucchiaiate di riso (un centinaio di grammi). Quando il riso sarà molto cotto, scolatelo e lasciatelo freddare avvertendo di conservare il brodo. Serbate da parte i due filetti della gallina e un pezzo di petto e mettete il resto della carne e il riso nel mortaio riducendo il tutto in una pasta finissima. Sciogliete questa pasta col brodo in cui cosse il riso (non dev'essere più di un bicchiere) e passate ogni cosa dal setaccio. Dieci minuti prima di andare in tavola mettete la purè di pollo e riso in una casseruola e diluitela col brodo della pentola che intanto avrà seguitato a bollire. Mettete tanto brodo quanto ne occorrerà per avere un liquido sufficientemente legato. Mescolate con un cucchiaio di legno per sciogliere bene la purè, mettete la casseruola sul fuoco e portate il liquido fino all'ebollizione. Allora tirate indietro la casseruola e versateci tre rossi d'uovo sbattuti con mezzo bicchiere di crema di latte sciolta. Unite ancora poco alla volta mezzo panino di burro in pezzetti, mescolando continuamente per incorporare bene ogni cosa. Tagliate in filettini o in dadini il bianco di pollo messo da parte, versate anche questo nella minestra e procurate che essa arrivi in tavola caldissima, e che, scodellando, i pezzetti di petto siano equamente distribuiti ad ognuno.
mettete nella pentola una gallina o un pollo. Si dice che i proverbi sono la saggezza dei popoli; ed anche questa è un'altra mistificazione. Infatti
Sono queste le frittelle, specialità dei «friggitori» romani. Per fare una trentina di grosse frittelle vi occorreranno: una pagnottina di lievito del peso di 100 grammi, e 150 grammi di farina. Per il lievito potrete seguire due sistemi: o comprare una pagnottina di pasta (pasta di pane) bell'e pronta dal fornaio, o confezionare il lievito in casa, da voi stesse, adoperando lievito di birra, ciò che sarebbe preferibile. I «friggitori» romani usano lievito di pane, ma non è detto che non si possa usare lievito di birra, ciò che anzi comunica una maggiore leggerezza alle frittelle. Dunque, per concludere: se comprerete il lievito dal fornaio, avrete mezzo lavoro fatto: se invece vorrete farlo da voi vi regolerete così. Mettete sulla tavola due cucchiaiate e mezzo di farina, fateci un buco nel mezzo e metteteci 10 grammi di lievito di birra sciolto con due dita di acqua appena tiepida. Impastate il tutto in modo di avere una pasta di giusta consistenza, fatene una palla e mettetela in una terrinetta, che coprirete e porrete in un luogo tiepido. Affinchè questa pasta possa lievitare occorrerà circa un'ora e mezzo. Sia fatta da voi, sia comperata, prendete la pagnottina di pasta e mettetela in una terrinetta piuttosto grande, con 150 grammi di farina (cinque cucchiaiate ben colme) e un pizzico di sale. Avrete preparato un bicchiere scarso di acqua tiepida e con questa, a poco a poco, scioglierete lievito e farina sbattendo energicamente la pasta. Lavorate così con la mano per una ventina di minuti, sempre sbattendo con forza, fino a che la pasta sia diventata vellutata, elastica e si stacchi facilmente, in un sol pezzo, dalle pareti della terrinetta. Il segreto della riuscita è tutto qui. Coprite e lasciate in riposo. Se avrete adoperato il lievito di pane, occorreranno più di sei ore per una perfetta lievitatura delle frittelle, se avrete adoperato il lievito di birra saranno sufficienti quattro ore. Trascorso il tempo stabilito, mettete sul fuoco una padella con abbondante olio. Poi con le dita leggermente bagnate di acqua prendete lungo le pareti della terrinetta dei pezzi di pasta come grosse noci. Per foggiare le frittelle non basta una mano sola, ne occorrono due. Appoggiate nel mezzo delle pallottole di pasta i due pollici e spingendo sotto con i due indici e i due medi, allargate la pasta in modo da avere una ciambella. Allargate con garbo questa ciambella di pasta morbida fino a farle raggiungere il diametro di un piattino da caffè e lasciatela cadere nella padella molto calda; cuocendo, le frittelle si restringono un poco, gonfiano e divengono d'un bel color d'oro. Quando saranno ben colorite e croccanti, toglietele dalla padella, spolverizzate di zucchero e mangiatele calde. Come vedete, non c'è niente di difficile. Provate e non vi sgomentate se le prime frittelle che friggerete vi daranno un po' da fare e non prenderanno subito una bella forma. Lo dice anche il proverbio: non tutte le ciambelle riescono col buco. E i proverbi — si dice — sono la saggezza dei popoli: almeno per quel che riguarda le frittelle...
— sono la saggezza dei popoli: almeno per quel che riguarda le frittelle...
La si innaffia sopratutto di Salerno o di Frascati per comprendere la lentezza del popolino e dei prelati romani o napoletani, che sono anche l'origine di quel sentimentalismo languido, di quella ironia serena, di quella indifferenza amabile, di quella saggezza trascendentale, per cui Roma eterna, da Orazio a Panzini, sfida la lunghezza dei tempi.
'origine di quel sentimentalismo languido, di quella ironia serena, di quella indifferenza amabile, di quella saggezza trascendentale, per cui Roma eterna