Ciò fatto si prendono 260 gr. di miele chiaro, si fa scaldare in un caldaino o polzonetto (od in mancanza di questi in una casseruola) e quando è ben liquefatto ci si gratta dentro la superficie di 3 o 4 belli aranci freschi, di scorsa grossa (1).
Ciò fatto si prendono 260 gr. di miele chiaro, si fa scaldare in un caldaino o polzonetto (od in mancanza di questi in una casseruola) e quando è ben
Ponete in un caldaino od un polzonetto, 5 rossi d'uovi, un uovo intiero, 80 grammi di zucchero fino e 6 mezzi gusci d'uovi pieni di marsala o malaga, od altro vino generoso (bianco o nero fa lo stesso) e la raschiatura di un limone fresco.
Ponete in un caldaino od un polzonetto, 5 rossi d'uovi, un uovo intiero, 80 grammi di zucchero fino e 6 mezzi gusci d'uovi pieni di marsala o malaga
Mettete in un caldaino gli 8 rossi d'uovo con lo zucchero e lo stecco divainiglia, lavorate con una frusta sopra della cenere calda, finchè il composto sarà ben spumoso, ciò che si ottiene lavorandolo per 20 minuti almeno.
Mettete in un caldaino gli 8 rossi d'uovo con lo zucchero e lo stecco divainiglia, lavorate con una frusta sopra della cenere calda, finchè il
Mettete a cuocere in un caldaino possibilmente non stagnato 250 gr. di zucchero al velo insieme a 250 gr. di buon miele, mischiate sempre con una spatola perchè non si attacchi nel fondo,
Mettete a cuocere in un caldaino possibilmente non stagnato 250 gr. di zucchero al velo insieme a 250 gr. di buon miele, mischiate sempre con una
Si ponga sul fuoco un caldaio o altro recipiente con acqua, appena questa bollirà si ponga dentro un altro caldaino più piccolo nel quale metterete il miele.
Si ponga sul fuoco un caldaio o altro recipiente con acqua, appena questa bollirà si ponga dentro un altro caldaino più piccolo nel quale metterete
Mettete in una bassinella, polzonetto o caldaino 250 gr. di zucchero in polvere (parte del quale potrebbe essere vanigliato), e 4 chiare d'uova piuttosto grosse o 5 se fossero piccole.
Mettete in una bassinella, polzonetto o caldaino 250 gr. di zucchero in polvere (parte del quale potrebbe essere vanigliato), e 4 chiare d'uova
Togliete loro la buccia, le semenza e le parti dure del torsolo, quindi ponetele in un tegame od un caldaino adatto, copritele appena d'acqua e ponetele a bollire; avvertendo però che man mano che si mondano le cotogne bisogna gettarle in acqua acidulata di limone per impedire che anneriscano.
Togliete loro la buccia, le semenza e le parti dure del torsolo, quindi ponetele in un tegame od un caldaino adatto, copritele appena d'acqua e
Passate il liquido delle cotogne a traverso un pezzo di velato, misuratelo, e per ogni mezzo litro gli unirete 500 gr. di zucchero. Ponete sul fuoco in un caldaino e fate cuocere su fuoco forte, schiumando spesso.
in un caldaino e fate cuocere su fuoco forte, schiumando spesso.
Pesate la polpa ed aggiungete ad essa lo stesso peso di zucchero, mischiate con un mestolo, ponete nuovamente in un tegame di rame od un caldaino, e riponete sul fuoco sempre rimuovendola per non farla attaccare.
Pesate la polpa ed aggiungete ad essa lo stesso peso di zucchero, mischiate con un mestolo, ponete nuovamente in un tegame di rame od un caldaino, e
Man mano che si preparano si gettano in acqua fresca nella quale si è spremuto un pò di limone, si pongono poi lepere, dopo sgrondate, in un caldaino od altro recipiente adatto e per ogni chilo grammo di pere mondate vi si aggiungono un chilogrammo di zucchero fino, ed un cucchiaio d'acqua.
Man mano che si preparano si gettano in acqua fresca nella quale si è spremuto un pò di limone, si pongono poi lepere, dopo sgrondate, in un caldaino
Spremete con forza attraverso uno staccio dell'uva matura e raccogliendo il sugo in un vaso di terra inverniciato, pesatelo, e per ogni chilogrammo di sugo aggiungete un chilogrammo di zucchero, mettete il tutto in una bastardella (caldaino di rame) su fornello a cuocere, lavorate un poco affinchè si sciolga lo zucchero.
di sugo aggiungete un chilogrammo di zucchero, mettete il tutto in una bastardella (caldaino di rame) su fornello a cuocere, lavorate un poco affinchè
La gelatina. — Estratta la galantina dalla casseruola, verificate quanto liquido c'è ancora, e se si fosse molto ristretto allungatelo un pochino e continuate l'ebollizione lenta e regolare per un altro paio d'ore, affinchè il brodo possa bene aromatizzarsi e i piedi di vitello abbiano il tempo di disfarsi, comunicando così al brodo tutta la parte gelatinosa. Passatelo allora da un colabrodo, raccoglietelo in una insalatiera e lasciatelo così fino al giorno dopo, affinchè possa freddarsi completamente. L'indomani troverete alla superficie uno strato solido di grasso, che leverete facilmente con un cucchiaio, e sotto, con molta probabilità, specie se la stagione è fredda, il brodo rappreso in gelatina. Ma questa gelatina non è in genere così limpida, come deve essere, e allora occorre chiarificarla. Per far questo, mettete in un caldaino o in una grande casseruola, un uovo intero e un mezzo bicchierino di marsala, aggiungete la gelatina e con una frusta in filo di ferro sbattete energicamente tino a sciogliere il tutto. Mettete allora il caldaino sul fuoco e sempre sbattendo portate il liquido fino all'ebollizione. Vedrete allora che l'uovo e la chiara si stracciano alla superficie e negli interstizi appare il brodo limpidissimo. Tirate indietro il caldaino, copritelo e lasciate il brodo in riposo per quattro o cinque minuti, sull'angolo del fornello. Intanto prendete una sedia di cucina, capovolgetela e appoggiatela così capovolta sul tavolo, in modo che le quattro gambe rimangano in su. Sulle estremità delle quattro gambe ponete un tovagliolo bagnato e strizzato e attorno ad ogni gamba fate una legatura con dello spago, in modo che la salvietta non possa sfuggire. Avrete così ottenuto una specie di filtro, sotto il quale metterete una terrina o una insalatiera per raccogliere il brodo che verserete sul tovagliolo. Vedrete che la gelatina passerà limpidissima e di un bel colore ambrato. Quando sarà tutta passata versatela in una stampa grande, liscia e mettetela sul ghiaccio, per farla rapprendere. Al momento di preparare la galantina per il pranzo capovolgete la stampa con la gelatina su un tovagliolo bagnato e spremuto, e tagliate la gelatina in crostoni rettangolari o triangolari, che disporrete in giro sull'orlo del piatto che contiene la galantina. Se non foste sicure della forza gelatinosa del brodo, o in altre parole se temeste che la gelatina non si rapprendesse provatene un poco, prima di chiarificarla, sul ghiaccio per qualche minuto. Se vi sembrerà troppo molle potrete aggiungere quattro o cinque fogli di colla di pesce. La migliore colla di pesce è la cosidetta «gelatina marca oro» che si vende in tutte le drogherie. Questa colla, che si presenta in foglietti rettangolari trasparenti, è assolutamente insapore, tanto che si adopera anche per pasticceria, ed è affatto innocua. Per adoperarla, bisogna prima tenerla una ventina di minuti in
così limpida, come deve essere, e allora occorre chiarificarla. Per far questo, mettete in un caldaino o in una grande casseruola, un uovo intero e un
Imparate a far bene questa torta, che vi riuscirà utilissima in una grande quantità di casi. È buona, costa poco, e fa figura; ha, in una parola, tutti i requisiti per essere tenuta in considerazione. Mettete in un tegame o in un caldaino sei cucchiaiate ben colme di zucchero in polvere (180 grammi), e rompete sullo zucchero sei uova intere, aggiungendo anche un pezzo di buccia di limone raschiata. Per evitare inconvenienti è bene abituarsi a rompere sempre le uova una alla volta in un piatto. Se c'è un uovo guasto si getta via così soltanto quello, e non si corre il pericolo di gettarli tutti. Ponete il caldaino su brace leggerissima, o anche su una piccola fiamma a gas, e tenendolo inclinato da un lato, sbattete energicamente uova e zucchero con una frusta di ferro.
, tutti i requisiti per essere tenuta in considerazione. Mettete in un tegame o in un caldaino sei cucchiaiate ben colme di zucchero in polvere (180 grammi
Continuate a sbattere fino a che immergendo un dito nel composto sentirete che è tiepido. (State attente a non cuocerlo ). Levate allora il caldaino dal fuoco e sbattete sempre fino a che la massa sarà fredda, soffice e spumosa. Deve avere di molto aumentato il suo volume e «fare il nastro»: cioè prendendone un poco con un cucchiaio e lasciandola cadere deve formare un nastro continuo, senza interruzioni. Levate via allora la frusta e prendete un mestolo di legno. Se ne dovrà tenere da parte sempre uno per i dolci. Fate cadere pian piano, a pioggia, sei cucchiaiate colme di farina (170 grammi) nel caldaino, e servendovi del cucchiaio di legno unite con garbo e leggerezza la farina al composto d'uova. Imburrate una teglia del diametro di circa 25 centimetri, spolverizzatela di farina, rovesciatela e battetela per far cadere l'eccesso della farina stessa, versateci il composto, e mettete in forno leggero per una quarantina di minuti. Quando la torta sarà cotta sformatela su una griglia da pasticceria o, in mancanza di questa, su un setaccio. Questa precauzione è necessaria: altrimenti la pasticceria resta umida e molle. Aspettate che la torta sia fredda e spolverizzatela di zucchero vainigliato. Se credete, quando avrete unito la farina alle uova sbattute, potrete sgocciolare nel composto mezzo ettogrammo di burro semplicemente fuso. Ma è un'addizione facoltativa.
Continuate a sbattere fino a che immergendo un dito nel composto sentirete che è tiepido. (State attente a non cuocerlo ). Levate allora il caldaino
Mettete in una terrinetta due ettogrammi di burro — se fosse molto duro converrebbe prima scaldarlo un po' in una piccola casseruola a bagno-maria — e con un cucchiaio di legno lavoratelo per circa un quarto d'ora in modo da averlo bianco e soffice. Aggiungete allora un rosso d'uovo, e continuate a girare. Quando l'uovo si sarà amalgamato al burro aggiungetene un altro, e così di seguito sino a mettere in tutto cinque rossi. Torniamo a raccomandarvi di non aggiungere un altro uovo se il precedente non si è bene amalgamato. Le chiare le conserverete da parte in un piccolo caldaino per servirvene dopo. Senza smettere mai di girare aggiungete nel burro montato, una alla volta, sette cucchiaiate ben colme di zucchero in polvere (200 grammi), ed ognuna di queste cucchiaiate le farete cadere in pioggia, leggermente. Dopo lo zucchero mettete nella terrinetta venti grammi di lievito di birra sciolti in un dito d'acqua appena tiepida, un pizzico di sale, e finalmente cinque cucchiaiate di farina gialla (140 grammi). Il lievito potrete scioglierlo in un bicchiere, servendovi di un cucchiaino da caffè. La farina gialla va accuratamente setacciata. Lavorate ancora un altro pochino la massa e quando tutti gl'ingredienti saranno bene uniti versate nella terrinetta le cinque chiare montate in neve ben ferma. Mescolate adagio col cucchiaio di legno per non sciupare troppo i bianchi d'uovo, procurando tuttavia che si incorporino perfettamente al composto, ed in ultimo grattateci dentro con un pezzetto di vetro, la corteccia di un limone. Imburrate e infarinate una stampa liscia col buco e della capacità di circa un litro e mezzo, versateci il composto, mettete in forno di moderato calore e fate cuocere per una quarantina di minuti. Rovesciate poi il dolce su un setaccio, e quando sarà freddo accomodatelo in un piatto con salviettina, spolverizzandolo leggermente di zucchero al velo. Il composto non deve superare i due terzi della stampa, poichè cuocendo, per l'azione del lievito e dei bianchi d'uovo, salirà fino all'orlo della stampa stessa. Se non avete la stampa potrete anche cuocere questo dolce in una piccola fortiera di circa venti centimetri di diametro e a bordi piuttosto alti. Invece di averlo in forma di budino lo avrete in questo caso in forma di torta. Il risultato sarà ugualmente ottimo. È questo uno dei più fini dolci che si possono avere con la farina di meliga.
raccomandarvi di non aggiungere un altro uovo se il precedente non si è bene amalgamato. Le chiare le conserverete da parte in un piccolo caldaino per
Mettete il ribes sopra un setaccio, spremetelo con le mani, e raccogliete in una terrina il sugo del grazioso frutto a grappoli. Pesate il sugo raccolto e uniteci lo stesso peso di zucchero; versate tutto in un caldaino di rame non stagnato e mettete sul fuoco. Lo stagno altera il colore di alcune qualità di frutta, e noi appunto vi consigliamo un caidaino non stagnato, che vi riuscirà utilissimo oltre che per cuocere le conserve di frutta, per montare le uova, le chiare in neve, ecc. Circa la cottura delle marmellate e delle gelatine, alcuni fissano un certo numero di minuti. Ora è facile comprendere come questo sistema sia assolutamente falso, poichè il punto giusto di cottura varia con l'intensità del fuoco. Una marmellata o una gelatina insufficientemente cotta fermenta, cotta troppo tende a cristallizzarsi. Occorre dunque procedere con sicurezza, specie quando si lavora un po' in grande, e si desidera fare una discreta provvista. La cottura delle confetture è regolata non da un tempo fissato, ma da un segno infallibile. Si può dire che la cottura passi per due fasi distinte: la evaporazione e la cottura propriamente detta. Nella prima fase l'ebollizione non ha altro ufficio che quello di evaporare l'acqua di vegetazione che le frutta contengono: qui dunque il fuoco può essere brillante. Nella seconda fase entriamo nella vera amalgama delle frutta con lo zucchero, e sarà prudente diminuire un poco la forza del fuoco. Man mano che la schiuma si forma alla superficie converrà toglierla accuratamente.
raccolto e uniteci lo stesso peso di zucchero; versate tutto in un caldaino di rame non stagnato e mettete sul fuoco. Lo stagno altera il colore di alcune
La «Chantilly» si può ottenere in casa con discreta facilità. L'importante è procurarsi del fiore di latte. Avendo del latte munto di fresco, lo si versa in un recipiente largo e basso, e lo si lascia in riposo per qualche ora, al fresco ed all'oscuro. Meglio sarebbe far mungere il latte la sera e lasciarlo tutta la notte in riposo. Al mattino si troveranno alla superficie dei grumi cremosi che costituiscono appunto il fiore di latte o panna di latte. Facendo passare un cucchiaio alla superficie del latte si raccoglie completamente la crema, cioè si screma il latte. Questa panna, così com'è, sarebbe ottima per il burro, ma non altrettanto adatta per la «Chantilly» a causa della sua granulosità. Bisogna quindi passare la panna da un setaccino possibilmente di seta, e poi diluire questa crema passata con qualche cucchiaiata di latte in modo da averla liscia e piuttosto liquida. Si mette allora un caldaino sul ghiaccio con la crema dentro e quando questa crema è ben fredda s'incomincia a sbatterla adagio adagio con una frusta in fil di ferro, senza mai smettere fino a che la crema avrà raggiunto quel grado di sofficità che caratterizza la «Chantilly». L'operazione è di sicuro esito. Conviene tuttavia non oltrepassare il giusto limite altrimenti la crema si straccerebbe, ingiallirebbe e si convertirebbe in burro. A facilitare l'operazione si usa talvolta mettere nella crema che si sta montando un pizzico di gomma adragante in polvere. La «Chantilly» così ottenuta si dolcifica coll'aggiunta di zucchero al velo (qualche cucchiaiata) che si fa piovere da un setaccino, mescolando pian piano per non sciupare la crema. Volendo si può anche aromatizzare con qualche goccia di rhum, di cognac, di maraschino, ecc. ecc.
allora un caldaino sul ghiaccio con la crema dentro e quando questa crema è ben fredda s'incomincia a sbatterla adagio adagio con una frusta in fil di
Quando, dentro al caldaino, saranno passati mosto e farina, si aggiungono 2 ettogrammi di zucchero e, come esige la vecchia tradizione, una chiave grossa, di ferro.
Quando, dentro al caldaino, saranno passati mosto e farina, si aggiungono 2 ettogrammi di zucchero e, come esige la vecchia tradizione, una chiave
Si colloca un setaccio a maglie larghe sul caldaino nel quale si suole cucinare la polenta; sopra il setaccio si mettono 5 cucchiai colmi di farina bianca; e, servendosi del cucchiaio di legno, a poco a poco si stempera, si scioglie, si diluisce tutta quella farina con un litro di mosto che sia allora allora colato dalla tinozza nella quale si stia pigiando uva nera appena colta.
Si colloca un setaccio a maglie larghe sul caldaino nel quale si suole cucinare la polenta; sopra il setaccio si mettono 5 cucchiai colmi di farina