Cottura a giulebbe è quando lo zucchero, presane una goccia fra le dita e poi distaccando queste, forma un filo le cui estremità aderiscono alle dita stesse: se questo filo è sottilissimo quasi da non potersi vedere, allora dicesi che lo zucchero è cotto a piccolo giulebbe. Proseguendo la cottura, se il filo si allunga molto senza rompersi, si dice che lo zucchero è cotto a perla; se non si allunga troppo si dice che è cotto a piccola perla: questo grado di cottura si distingue anche da ciò, che il bollore produce come tante perle, le quali sembra che rotolino le une sopra le altre. Spingendo ancora più oltre la cottura, e ritirando la schiumarola dopo averla scossa battendola sull'orlo del recipiente, se, soffiando ne' buchi n'escono come tante bolle, si dice che lo zucchero è cotto a vento. Quando, continuando l'ebullizione, invece delle perle si formano tante bolle, le quali, appena alzatesi, scoppino e mandino molto vapore, si dice che lo zucchero è cotto a piuma; al qual punto s'immerge la schiumarola nella massa e si ritira scuotendola forte in aria; se lo zucchero s'innalza a guisa d'una leggiera piuma, un poco larga, si dice cotto a piccola piuma; se si forma in filamenti volanti, si dice cotto a gran piuma. Si dice cotto a conserva allorchè, immergendovi le dita bagnate d'acqua frescate poi stropicciandole, lo zucchero che vi è aderente si rompe producendo uno schricchiolio, e posto sotto ai denti, vi si attacca fortemente. Si chiama cottura a caramella quando, posto lo zucchero sotto ai denti, si rompe senza attaccarvisi: è però necessario farne spesso la prova, giacchè, per poco che s'indugi a ritirarlo dal fuoco, lo zucchero corre pericolo di abbruciare.
tante bolle, si dice che lo zucchero è cotto a vento. Quando, continuando l'ebullizione, invece delle perle si formano tante bolle, le quali, appena
Prendete cavolo bello bianco, lattuga, indivia, cicoria, bietola, una rapa, due patate, una carota, un oco di sedano, e piselli freschi se ve ne sono; pulite le erbe e trinciatele grossamente; mondate e taglialate a fette la rapa, le patate e la carota; lavate tutto nell'acqua fresca, scolate un poco, e mettete fuoco in una casseruola, nella quale avrete già preparato un soffritto di cipolla con burro od olio a vostro gusto: indi salate moderatamente, aggiungete anche un po' di pepe, e lasciate insaporare per 15 o 20 minuti, rimestando di sovente. Mettetevi del sugo o conserva di pomidori, fate cuocere ancora per un quarto d'ora; finalmente aggiungete il brodo necessario, già bollente, e fate continuare l'ebullizione finchè le erbe siano completamente cotte. Allora verste il tutto in una zuppiera, dove avrete disposte alcune fette di pane abbrustolito, incaciate e servite.
, fate cuocere ancora per un quarto d'ora; finalmente aggiungete il brodo necessario, già bollente, e fate continuare l'ebullizione finchè le erbe siano
Viceversa, la carne di aspetto rosso-rameico o livido, a chiazze, molle, di odore non grato, umida, con grasso scarso, untuoso, molle, a guisa di massa torbida giallo-oleosa, con tessuto connettivo che presenti infiltrazioni gelatinose, sarà da ritenersi proveniente da animale affetto da malattia generale, lunga, estenuante e conseguentemente da scartarsi. Suffusioni sanguigne, raccolte di pus, focolai caseosi nelle ghiandole linfatiche od ingrossamenti delle medesime, presenza di parassiti, panicature sospette, ecc., saranno poi segni non dubbi di grave malattia, da consigliare un assoluto rifiuto delle carni che li presentino, qualunque possa essere d'altronde l'opinione di qualcuno riguardo alla innocuità di esse dopo la protratta cottura. Anzi a tal proposito le Norme di igiene per la truppa dicono recisamente, che « le carni di animali carbonchiosi o morti di qualunque malattia contagiosa, saranno escluse assolutamente dalla razione del soldato; sono sempre di scadente qualità e mangiando di quelle carbonchiose si può incontrare la pustola maligna. » Solo in circostanze di estrema necessità, di assedj, ecc., si potrebbe venire a transazione con le carni di animali colti da peste bovina, da peripneumonia e da affezioni parassitarie schiette, a condizione però di sottoporle sempre, prima di consumarle, ad una protratta ebullizione. Inversamente le carni di animali morti per traumi, od accidenti improvvisi potrebbero essere adoperate sempre senza timore di sorta.
ebullizione. Inversamente le carni di animali morti per traumi, od accidenti improvvisi potrebbero essere adoperate sempre senza timore di sorta.
Fig. 39. Caffettiera modello De Sperati (sezione verticale) adottata nell'esercito italiano per la preparazione del caffè per la truppa (capace di 50 razioni). Si versano litri 12 1/2 di acqua (25 centilitri per razione) insieme a grammi 750 di zucchero (15 grammi per razione) nel compartimento inferiore A, e si introducono grammi 500 di caffè tostato e ben macinato (10 grammi per razione) nella scatola a filtri C che viene poi assicurata con la sbarra a, mediante vite b, al margine sporgente della lista di latta circolare O, saldata a circa metà di altezza del recipiente della caffettiera, che ne divide il cavo in due camere presso a poco eguali. Così preparata la caffettiera si mette al fuoco; l'acqua contenuta nel compartimento A, giunta all'ebollizione, passa per mezzo del tubo d, nel compartimento superiore B penetrandovi per la scatola a filtri ove si mescola al caffè e lo spoglia della parte estrattiva. Si deve togliere la caffettiera dal fuoco, allorchè lo scompartimento superiore B è tutto ripieno di acqua in ebullizione; allora l'acqua, cessando di bollire, ritorna nel compartimento inferiore ed il caffè può dirsi fatto; ma per ottenere un caffè più saturo ed aromatico bisogna rimettere la caffettiera al fuoco, finchè l'acqua, tornata a bollire, riempia di nuovo il compartimento superiore. Si leva allora dal fuoco la caffettiera, si aspetta che il liquido sia sceso nuovamente nel compartimento inferiore e si procede quindi alla distribuzione del caffè.
della parte estrattiva. Si deve togliere la caffettiera dal fuoco, allorchè lo scompartimento superiore B è tutto ripieno di acqua in ebullizione
(1) La soluzione di cloruro d'oro occorrente per il 1° dei nuovi saggi proposti potrebbe, nella nostra cassetta regolamentare, esser messa nella boccetta che attualmente contiene la soluzione di cloruro mercurico (Vedi la spiegazione della fig. 43), inquantochè questo, non trovando applicazione in alcuna delle prove suggerite dalla Istruzione, non ha ragione di essere in quella cassetta. La soluzione di brucina (1: 800 di acqua distillata), occorrente per la ricerca dell'acido nitrico, potrebbe esser posta nella bottiglia ora occupata dall'alcoolito di campeggio, reattivo di secondaria importanza in queste prove sull'acqua. Adottato difatti per scuoprirvi il bicarbonato di calce, potrà essere sempre supplantato dalla ebullizione la quale precipita nell'acqua stessa i bicarbonati terrosi, ed in specie quello di calce, rendendoli così palesi per lo intorbidamento proporzionale sempre alla loro quantità. La soluzione forte di joduro di zinco, necessaria per la ricerca dell'acido nitroso, potrebbe allogarsi nella boccetta attualmente occupata dalla soluzione semplice di azotato baritico, la quale potrebbe essere senza danno soppressa, sia perchè nella cassetta esiste già la soluzione (titolata al 2,14 per cento) di questo sale per idrotimetro; sia perchè, volendo, il nitrato di barite, come inalterabile all'aria, potrebbe esser tenuto nella cassetta in tubetto di vetro (come il solfato ferroso), sempre pronto per farne, all'occorrenza, la soluzione estemporanea. Infine per la soluzione di clorato potassico, accennata nel 4° saggio proposto per la valutazione quantitativa del cloro, potrebbe servire la bottiglia ora occupata nella cassetta dall'alcoolito di noce di galla, che, senza grave inconveniente, potrebbe esser soppresso. Di fatto questo reattivo dei sali esistenti nell'acqua è d'azione tarda e troppo indeterminata, per riuscire realmente utile in ricerche spicciative come quelle cui vuolsi abilitare con la nostra Istruzione. Come reattivo poi del ferro nell'acqua, questo alcoolito potrebbe essere rimpiazzato molto opportunamente dal cianuro ferroso-potassico (esistente pure nella cassetta), il quale, aggiunto all'acqua leggiermente acidulata con acido azotico e concentrata per di più mediante evaporazione, vi produrrà un precipitato bluastro e poi bleu, qualora contenga tracce di ferro. E così, con queste semplici modificazioni ed aggiunte, io ritengo che il piccolo reagentario della nostra cassetta regolamentare per l'analisi dell'acqua potabile potrebbe esser messo in grado di soddisfare meglio alle moderne esigenze della igiene. Recapitolando, tali modificazioni si ridurrebbero alle seguenti: 1° L'attuale soluzione di cloruro mercurico, sostituita da una debole soluzione di tricloruro d'oro. 2° L'alcoolito di noce di galla, sostituito da una soluzione di clorato potassico, tale da contenere 3 di cloro per 100,000 di acqua distillata. 3° L'alcoolito di campeggio, sostituito da una soluzione acquosa di brucina all'1: 800. ,4° La soluzione ordinaria di azotato baritico puro, sostituita da una forte soluzione di joduro di zinco.
importanza in queste prove sull'acqua. Adottato difatti per scuoprirvi il bicarbonato di calce, potrà essere sempre supplantato dalla ebullizione la quale