Antrè = Abbiate una bella Pollanca, flambatela, spilluccatela, sventratela, e trussatela colle zampe ripiegate nel corpo, che non si veggono se non i piedi di fuori. Lasciategli le ale, lardatela per traverso di ramette di petrosemolo, e lardelli di lardo, e prosciutto; mettetela in una marmitta giusta alla sua grandezza, con un mazzetto d'erbe diverse, un poco di basilico, sale, pepe schiacciato, un pezzo di butirro, due fette di limone senza scorza, mezza foglietta di vino bianco consumate per metà, un poco di brodo buono, coprite bene la marmitta; fate cuocere dolcemente a picciolo fuoco. Quando sarà cotta passate la Salsa al setaccio, digrassatela, fatela consumare al suo punto, e servitela giusta di sale, sopra la Pollanca.
Antrè = Abbiate una bella Pollanca, flambatela, spilluccatela, sventratela, e trussatela colle zampe ripiegate nel corpo, che non si veggono se non i
Il Carpio, o Carpa, detto Reina è un eccellente pesce di acqua dolce, trovasi nei fiumi, nei laghi, nei stagni, e nelle paludi, e mai in mare, ve ne hanno di varie grandezze, esso moltiplica molto, e perviene ad una età assai avanzata, come lo provano quei grandi, e grossi Carpi bianchi, che veggonsi a Parigi, ed a Versaglie portati da Fontainebleau, e come se ne veggono anche nel lago di Garda.
veggonsi a Parigi, ed a Versaglie portati da Fontainebleau, e come se ne veggono anche nel lago di Garda.
Fra cotanti dispareri ecco cosa dice M. Lemerj intorno alla carne dell'Ostrica: La carne di questo Testaceo nutrisce poco, e la digestione, che se ne fa nello stomaco è piuttosto una semplice dissoluzione, che una perfetta digestione, cioè a dire, che l'Ostrica si consuma nello stomaco senza produrvi che pochissimo chilo; essa si risolve tutta in acqua, e quest'acqua, che è della natura di quella di cui si è nutrito l'animale nella sua conchiglia, cioè un poco frizzante, irrita dolcemente le fibre dello stomaco, e degli intestini; ciò che l'impedisce di dimorarvi lungamente, e ciò che è caggione nello stesso tempo, che se ne può mangiare un gran numero sènza esserne incomodati. Di fatto si veggono una infinità di persone mangiarne mattina, e sera una grande quantità senza risentirne alcun male; come ho io veduto in Francia, in Polonia, ed in Russia.
caggione nello stesso tempo, che se ne può mangiare un gran numero sènza esserne incomodati. Di fatto si veggono una infinità di persone mangiarne mattina
Antrè = Abbiate una bella pollanca, flambatela, spilluccatela, sventratela, e trussatela colle zampe ripiegate nel corpo, che non si veggono se non i piedi di fuori. Lasciategli le ale, lardatela per traverso di ramette di petrosemolo, e lardelli di lardo, e prosciutto; mettetela in una marmitta giusta alla sua grandezza, con un mazzetto d'erbe diverse, un poco di basilico, sale, pepe schiacciato, un pezzo di butirro, due fette di limone senza scorza, mezza foglietta di vino bianco consumate per metà, un poco di brodo buono bianco, coprite bene la marmitta; fate cuocere dolcemente a picciolo fuoco. Quando sarà cotta passate la Salsa al setaccio, digrassatela, fatela consumare al suo punto, e servitela giusta di sale, sopra la pollanca.
Antrè = Abbiate una bella pollanca, flambatela, spilluccatela, sventratela, e trussatela colle zampe ripiegate nel corpo, che non si veggono se non i
Il Carpio, o Carpa, detto Reina è un eccellente pesce di acqua dolce, trovasi nei fiumi, nei laghi, nei stagni, e nelle paludi, e mai in mare, ve ne hanno di varie grandezze, esso moltiplica molto, e perviene ad una età assai avanzata, come lo provano quei grandi, e grossi Carpi bianchi, che veggonsi a Parigi, ed a Versaglie portati da Fontaineblau, e come se ne veggono anche nel lago di Garda.
veggonsi a Parigi, ed a Versaglie portati da Fontaineblau, e come se ne veggono anche nel lago di Garda.
Fra cotanti dispareri ecco cosa dice M. Lemerj intorno alla carne dell'Ostrica: La carne di questo Testaceo nutrisce poco, e la digestione, che se ne fa nello stomaco è piuttosto una semplice dissoluzione, che una perfetta digestione, cioè a dire, che l'Ostrica si consuma nello stomaco senza produrvi che pochissimo chilo; essa si risolve tutta in acqua, e quest'acqua, che è della natura di quella di cui si è nutrito l'animale nella sua conchiglia, cioè un poco frizzante, irrita dolcemente le fibre dello stomaco, e degl'intestini; ciò che l'impedisce di dimorarvi lungamente, e ciò che è cagione nello stesso tempo, che se ne può mangiare un gran numero sènza esserne incomodati. Di fatto si veggono una infinità di persone mangiarne mattina, e sera una grande quantità senza risentirne alcun male; come ho io veduto in Francia, in Polonia , ed in Russia.
cagione nello stesso tempo, che se ne può mangiare un gran numero sènza esserne incomodati. Di fatto si veggono una infinità di persone mangiarne mattina, e
La Canella appartiene alla famiglia dei Lauri, è un albero sempre verde, ramosissimo (s'alza fino a 10 metri) del Ceylan, Borneo, Malabar e Martinica. È detta canella, quasi canna, del suo accartocciamento. Vien però chiamata Cinnamomo e Cinamo, che vuol dire legno odoroso. Quella del Malabar chiamasi pure Laurus cassia. La sua scorz o corteccia, privata di epidermide e di sottostante tessuto è la droga da noi conosciuta sotto il nome di canella, che verde sopra l'albero, diventa bruno- rossa essicando. À un odore aromatico, grato, penetrante, sapore caldo, piccante, zuccherino. Dà fiori in Gennajo piccoli, numerosi, profumati, biancastri in pannocchia terminale. Si moltiplica per margote e da noi è vegetazione di serra calda. Nel linguaggio dei fiori e delle piante, significa: Adorazione. I giardini o boschetti di canella somigliano i nostri boschi cedui. Nel Ceylan la raccolta ascende a 150 kil. ogni anno. La canella del Ceylan, i cui principi attivi sono solubili nell'aqua e nell'alcool, è giornalmente impiegata nella medicina, nella farmacia e nell'economia domestica. Nella medicina si associa utilmente alla china, all'assenzio, ecc., nella debolezza di stomaco, nelle diarree croniche, nell'ultimo periodo delle febbri atassiche o di tifo, nella salivazione spontanea, ecc. I farmacisti apprestano con essa gran numero di preparazioni, un decotto, uno sciroppo, una tintura, un'aqua distillata, ecc. di uso assai frequente, e bene spesso per coprire l'odore ed il sapore disaggradevole di altri farmachi. Tutti conoscono l'uso che ne fanno i profumieri, distillatori, caffettieri, ed i cuochi nel loro laboratorio gastronomico. La canella è droga che si unisce a molti manicaretti, sì di carne che di verdura e frutta. È eccitante, tonica, cordiale. In commercio generalmente si trova quella della China, di Sumatra, di Cajenna, e del Malabar, ma quella del Ceylan, (di colore cedrino-biondo, corteccia sottile, ravvolta in sè) detta anche della Regina, è la più apprezzata di tutte. Si falsifica mescolandola con qualità inferiori, o con false canelle, o vendendola già spoglia del suo aroma. Frodi più gravi si fanno colla canella in polvere, con farine, polvere d'altri legni, mattoni pesti, ocre, sabbia, ecc. Dalla canella si ricava un olio volatile, aromatico, che serve per liquori e confetture. Dai fiori pure e dalle foglie si estrae un'aqua spiritosa. Col nome di Cinnamomum, fu conosciuta dagli antichi ed era fra le altre droghe, articolo di commercio ricercato e prezioso. Tutti gli autori ne fanno menzione. Salomone parlando alla sposa, nei Sacri Cantici, le dice: Emissiones tuœ….. cinnamomum cum universis lignis Libani. Cap. IV, 14. — Plinio, dice che à ogni sua ricchezza nella corteccia «Omnem in cortice dotem habens. » Fu sempre ritenuto come un eccitante e riscaldante. S'adoperava per fare l'ippocrasso, detto quindi Cinamomites che è il nostro vin brulè. Si credeva corroborasse il cervello e giovasse alla vista. Gli Arabi la chiamano Querfe, i Persiani, Darsini. Gli Indiani ne usavano i rami a far corone per i vincitori. Lodovico Romano nel Libro VI Delle Navigazioni al cap. 4 dice che nell'Isola di Ceylan, patria originaria della Canella è credenza che «il Santo Adamo dopo del peccato commesso havere ivi col pianto et con l'astinenza, ricomperata la colpa, la qual cosa affermano con tale congettura che ivi si veggono ancora le vestigia dei piedi suoi di lunghezza di più di due palmi. » Il che si può credere pensando che da Adamo in poi l'umanità à sempre deperito.
, ricomperata la colpa, la qual cosa affermano con tale congettura che ivi si veggono ancora le vestigia dei piedi suoi di lunghezza di più di due palmi. » Il
La storia del melagrano è antichissima. Nell'Esodo parlando degli abiti sacerdotali lo ricorda Mosè. Salomone si serve del melagrano per descrivere le bellezze della Sposa dei sacri cantici, Sicut fragmen mali punici ita genœ tuœ. Emissiones tuas, paradisus malorum punicorum cum pomorum fruetibus. — Cap. 4, v. 3, 13. I fiori del melagrano si veggono rappresentati in alcune medaglie fenicie e cartaginesi e sulle monete di Tirrene. I frutti si rinvennero talvolta accanto alle mummie, nei sepolcri egizii. Il melagrano fu portato in Italia nel tempo delle guerre cartaginesi, e forse fu detto Punica perchè venne da Cartagine. Il vocabolo punica è quanto cartaginese, e viene dalla corruzione di Phœnix perchè i cartaginesi ebbero origine dai Tiri Fenicii che guidati da Elisa o Didone, vennero in Africa a fuggire la persecuzione di Pigmalione, ed a Cartagine i melagrani venivano numerosi e grossissimi. Il melagrano, à dato il nome a Granata in Spagna — dove era specialmente coltivato. Erano celebri nel 1600 quelli di Salerno e di Tivoli. Il Sangiorgio scrive: «Ho veduto una pianta altissima di granato nel cortile di un oste in Vall'Intelvi sul lago di Como, che non era meno grossa di una pianta di noce.»
. — Cap. 4, v. 3, 13. I fiori del melagrano si veggono rappresentati in alcune medaglie fenicie e cartaginesi e sulle monete di Tirrene. I frutti si
(Cap. IV, 14). — Plinio, dice che à ogni sua ricchezza nella corteccia «Omnem in vortice dotem habens.» Fu sempre ritenuto come un eccitante e riscaldante. S' adoperava per fare l'ippocrasso, detto quindi Cinamomites che è il nostro vin brulè. Si credeva corroborasse il cervello e giovasse alla vista. Gli Àrabi la chiamavano Querfe, i Persiani Barsini. Gli Indiani ne usavano i rami a far corone per i vincitori. Lodovico Romano nel Libro VI Delle Navigazioni al cap. 4 dice che nell'isola di Ceylan, Patria originaria della canella, è credenza che «il santo Adamo, dopo del peccato commesso, havere ivi col Pianto et con l'astinenza, ricomperata la colpa, la qual cosa affermano con tale congettura che ivi si veggono ancora le vestigia dei piedi suoi di lunghezza di più di due palmi.» Il che si può credere pensando che Adamo doveva essere ben piantato.
, havere ivi col Pianto et con l'astinenza, ricomperata la colpa, la qual cosa affermano con tale congettura che ivi si veggono ancora le vestigia dei piedi
. — Cap. 4, v.3, 13. I fiori del melagrano si veggono rappresentati su alcune medaglie fenicie e cartaginesi, e sulle monete tirrene. I frutti si rinvennero talvolta accanto alle mummie, nei sepolcri egizi. Il melagrano fu portato in Italia nel tempo delle guerre cartaginesi, e forse fu detto Punica perchè venne da Cartagine. Il vocabolo Punica è quanto cartaginese, e viene dalla corruzione di Phoenix, perchè i cartaginesi ebbero origine dai Tiri Fenicii che guidati da Elisa o Didone, vennero in Africa a fuggire la persecuzione di Pigmalione, ed a Cartagine i melagrani venivano numerosi e grossissimi. Il melagrano, à dato il nome a Granata in Spagna — dove era specialmente coltivato. Erano celebri nel 1600
. — Cap. 4, v.3, 13. I fiori del melagrano si veggono rappresentati su alcune medaglie fenicie e cartaginesi, e sulle monete tirrene. I frutti si