Fra i cibi più comunemente serviti in urt buffet, si trovano naturalmente alcune varietà di tartine, patatine fritte, olive, sfogliatine calde all'acciuga, al formaggio, al ragù di fegatini, dell'arrosto, « roast-beef » o vitello, o anche del vitello tonnato, della maionese di pesce, dell'insalata russa o anche dell'insalata mista. Si potranno avere inoltre delle conchiglie di pesce, oppure un'insalata di frutti di mare; delle pizze alla napoletana, che potranno essere piccole e individuali, o anche grandi e divise a spicchi. Non deve mancare il reparto dei dolci e in genere si ricorre ad una macedonia di frutta al liquore che piace sempre a tutti e a una o due torte di cui una può essere di pasta frolla con frutta, l'altra farcita di crema o di cioccolata. Se si tratta di un vero e proprio pranzo in piedi, in genere si serve a tutti un piatto caldo, consistente ma raffinato, un risotto con tartufi o alla certosina con gamberetti o scampi, o anche un pasticcio di maccheroni in bianco molto ricco di rigaglie. Per il resto, il solito buffet già descritto. Se si tratta di pranzo in piedi si servirà un vino bianco secco e ben fresco; se l'invito è invece per un « cocktail-buffet », verranno serviti naturalmente dei « cocktails » insieme con qualche aperitivo classico. Adesso è invalso l'uso di servire in queste riunioni anche bevande analcoliche, succhi di frutta, e anche « champagne ». Quest'uso è specialmente invalso in Francia dove lo « champagne » è veramente ottimo e non troppo costoso. La padrona di casa dovrà sempre sorvegliare la tavola del buffet in modo che essa sia costantemente rifornita durante tutta la durata del ricevimento. È più consigliabile preparare una medesima portata su due vassoi, uno dei quali rimarrà in cucina pronto per l'occorrenza, piuttosto che un solo grande vassoio, perchè ai ritardatari eventuali fa sempre brutta impressione trovarsi davanti ad un buffet con i vassoi per tre quarti vuoti che hanno perso per forza il loro aspetto invitante. Naturalmente questa considerazione non conta quando si tratta di un vassoio con un gran pesce bollito, preparato alla norvegese con maionese e insalata russa.
del ricevimento. È più consigliabile preparare una medesima portata su due vassoi, uno dei quali rimarrà in cucina pronto per l'occorrenza, piuttosto
Nel linguaggio dei fiori: Asinaggine è perenne e dura fino a 12 anni si semina da Marzo a tutto Settembre, preferisce terreno umido ed ombroso si moltiplica per mezzo di radici. Se ne contano molte specie, la più coltivata è la R. acetosa. Cresce nelle campagne, ma è da preferirsi quella coltivata nell'orto. Se ne mangiano le foglie verdi. I semi anno virtù produttiva per 4 anni. Preparasi in varie maniere come cibo: col burro e panna, colle uova, nelle frittate, nelle salse verdi, colla carne, nelle zuppe, negli intingoli; si mescola coll'insalata, massime alla lattuga serve a togliere il puzzore alle carni, principalmente di pecora e castrato. Varietà: la patientia, detta anche acetosa spinacio (nel linguaggio dei fiori Pazienza) è indigena, si semina in Marzo e Aprile, dà fiori verdicci. Le acetose servono ad uso medicinale, in decotto nelle febbri, sono antiscorbutiche e contengono molto acido ossalico, che fra tutti gli acidi vegetabili, è il più ricco di ossigeno convengono in tutte le malattie infiammatorie. Dall'acetosella si prepara il noto sale di tal nome. L'acetosa, a' tempi andati fu detta anche erba alleluja, perchè fiorisce verso le feste pasquali. Impastata coll'aceto e seccata serve all'occorrenza per cambiare in poco tempo il vino in aceto masticata scioglie i denti intorpiditi per aver mangiato frutte acerbe. La sua radice seccata e bollita dà una tinta rossa. Unita alla grassa di porco, presso i Romani, era adoperata come cauterio efficacissimo. Come mangereccia è menzionata da Plauto:
'aceto e seccata serve all'occorrenza per cambiare in poco tempo il vino in aceto masticata scioglie i denti intorpiditi per aver mangiato frutte acerbe
Una delle ghiottonerie della cucina cosmopolita è la «tortue claire», cioè una minestra fatta con la tartaruga di mare. Da questa «tortue» è derivata la «mock turtle» ossia minestra di falsa tartaruga la quale anche è in gran favore, specie nella scuola gastronomica francese, che ne rivendica a sè la creazione. Per sei persone mettete a cuocere in una pentola un pezzo di testina di vitello con qualche aroma e quando la testina sarà cotta togliete via tutto ciò che è carne o grasso conservando solamente la parte gelatinosa che costituisce l'esterno della testina. Questa parte la metterete a freddare sotto un leggero peso. Il resto lo utilizzerete per qualche altra preparazione (bollito, fritto, ecc.). Avrete intanto preparato un litro e mezzo di brodo. Mettete nel brodo già pronto qualche rametto di prezzemolo, una foglia di salvia, un pizzico di rosmarino, un pizzico di maggiorana, due o tre foglie di basilico, una mezza cipolla con un chiodo di garofano e una pizzicata di funghi secchi che avrete fatto rinvenire in un po' di acqua fredda. Aggiungete ancora, se credete, una fettina di prosciutto grasso e magro tagliato in listerelle. Portate il brodo all'ebollizione, ritirate la pentola sull'angolo del fornello, copritela e lasciate tutti gli aromi in infusione per circa un quarto d'ora. Passate allora da un colabrodo il brodo aromatizzato, al quale aggiungerete una cucchiaiata di salsa di pomodoro e qualche cucchiaiata di sugo di carne o, più semplicemente, un paio di cucchiaini di estratto di carne. Fate bollire ancora pian piano per una mezz'ora, schiumando accuratamente il brodo. Al momento di mandare in tavola tagliate dalla testina di vitello fredda e pressata, tanti tondini della grandezza di un soldo (vecchio modello), operazione che vi sarà facile se avrete un piccolo tagliapaste. Avrete anche preparato una ventina di polpettine fatte con un pezzettino di carne (meglio ancora se di tacchino) un pochino di mollica di pane e un rosso d'uovo. Per la grandezza vi regolerete di farle come delle grosse nocciuole. Queste polpettine dopo averle ben foggiate, le passerete per pochi minuti nel burro, procurando di non romperle. Come complemento della guarnizione si richiederebbero anche una diecina di fagioli di pollo e qualche piccola cresta. Naturalmente i fagioli vanno cotti con un pochino di burro e le creste lessate. Raccogliete tutta la guarnitura in una piccola casseruola e tenetela in caldo con qualche cucchiaiata di brodo e un bicchierino di marsala. Verificate la sapidità del brodo correggendolo all'occorrenza, travasatelo nella zuppiera e nel brodo versate la guarnitura preparata. Completate con un buon pizzico di pepe di Caienna e fate portare in tavola.
all'occorrenza, travasatelo nella zuppiera e nel brodo versate la guarnitura preparata. Completate con un buon pizzico di pepe di Caienna e fate
(1) La soluzione di cloruro d'oro occorrente per il 1° dei nuovi saggi proposti potrebbe, nella nostra cassetta regolamentare, esser messa nella boccetta che attualmente contiene la soluzione di cloruro mercurico (Vedi la spiegazione della fig. 43), inquantochè questo, non trovando applicazione in alcuna delle prove suggerite dalla Istruzione, non ha ragione di essere in quella cassetta. La soluzione di brucina (1: 800 di acqua distillata), occorrente per la ricerca dell'acido nitrico, potrebbe esser posta nella bottiglia ora occupata dall'alcoolito di campeggio, reattivo di secondaria importanza in queste prove sull'acqua. Adottato difatti per scuoprirvi il bicarbonato di calce, potrà essere sempre supplantato dalla ebullizione la quale precipita nell'acqua stessa i bicarbonati terrosi, ed in specie quello di calce, rendendoli così palesi per lo intorbidamento proporzionale sempre alla loro quantità. La soluzione forte di joduro di zinco, necessaria per la ricerca dell'acido nitroso, potrebbe allogarsi nella boccetta attualmente occupata dalla soluzione semplice di azotato baritico, la quale potrebbe essere senza danno soppressa, sia perchè nella cassetta esiste già la soluzione (titolata al 2,14 per cento) di questo sale per idrotimetro; sia perchè, volendo, il nitrato di barite, come inalterabile all'aria, potrebbe esser tenuto nella cassetta in tubetto di vetro (come il solfato ferroso), sempre pronto per farne, all'occorrenza, la soluzione estemporanea. Infine per la soluzione di clorato potassico, accennata nel 4° saggio proposto per la valutazione quantitativa del cloro, potrebbe servire la bottiglia ora occupata nella cassetta dall'alcoolito di noce di galla, che, senza grave inconveniente, potrebbe esser soppresso. Di fatto questo reattivo dei sali esistenti nell'acqua è d'azione tarda e troppo indeterminata, per riuscire realmente utile in ricerche spicciative come quelle cui vuolsi abilitare con la nostra Istruzione. Come reattivo poi del ferro nell'acqua, questo alcoolito potrebbe essere rimpiazzato molto opportunamente dal cianuro ferroso-potassico (esistente pure nella cassetta), il quale, aggiunto all'acqua leggiermente acidulata con acido azotico e concentrata per di più mediante evaporazione, vi produrrà un precipitato bluastro e poi bleu, qualora contenga tracce di ferro. E così, con queste semplici modificazioni ed aggiunte, io ritengo che il piccolo reagentario della nostra cassetta regolamentare per l'analisi dell'acqua potabile potrebbe esser messo in grado di soddisfare meglio alle moderne esigenze della igiene. Recapitolando, tali modificazioni si ridurrebbero alle seguenti: 1° L'attuale soluzione di cloruro mercurico, sostituita da una debole soluzione di tricloruro d'oro. 2° L'alcoolito di noce di galla, sostituito da una soluzione di clorato potassico, tale da contenere 3 di cloro per 100,000 di acqua distillata. 3° L'alcoolito di campeggio, sostituito da una soluzione acquosa di brucina all'1: 800. ,4° La soluzione ordinaria di azotato baritico puro, sostituita da una forte soluzione di joduro di zinco.
tenuto nella cassetta in tubetto di vetro (come il solfato ferroso), sempre pronto per farne, all'occorrenza, la soluzione estemporanea. Infine per la
I. Con acqua fredda. Per la riuscita della pasta sfogliata fa d'uopo prendere della farina fina ed asciutta, del burro dolce e grasso, e che la pasta venga lavorata in luogo fresco (cantina) o messa a riposare sul ghiaccio. 1) Si manipola dapprima con ambe le mani per alcun tempo il burro (1/2 chilo) sulla tavola formandone un quadrato dello spessore d'un pollice, e lo si pone (nell'estate alcune ore prima) in acqua freddissima, oppure tra carta ed un coperchio, o tra 2 piatti sul ghiaccio. S'ammucchia poi sulla tavola 1/2 chilo di farina, e nel mezzo d'una fossetta si mettono 3 1/2 deca di burro, 1 uovo, 1 tuorlo, 1/4 di litro d'acqua fredda, il succo di 1/2 limone, 1/2 cucchiaino scarso di sale, incorporando il tutto col coltello alla farina, maneggiando poi l'impasto ben bene per 1/4 d'ora, operazione questa alquanto faticosa. Se il burro è molto sodo, bisogna fare più soda anche la pasta di quello che la si farebbe se questo fosse molle. Divenuta la pasta abbastanza morbida e scoppiettante sotto la mano, le si da la forma di un panetto, e coperta con un pannolino la si lascia riposare per 1/4 d'ora. Viene poi spianata in quadrato e postovi sopra il burro asciugato con una pezzuola, si piega la pasta (Fig. 16) Fig. 16. pasta sfogliata a guisa di busta da lettera, battendola col matterello un po' in largo acciocchè non vi resti dentro dell'aria e il burro venga ripartito egualmente. Indi si spiana la pasta cautamente dinanzi a se sempre in direzione eguale sino alla grandezza di 1 1/2 foglio di carta, (Fig. 17) Fig. 17. badando di spolverizzare poco la tavola e il matterello, levando la farina con una fina scopetta dalla superficie della pasta, la quale, ripiegata da ambi i lati, cioè il lato destro in sopra ed il sinistro in sotto, in modo che si trovi piegata in triplo, la si mette a riposare in luogo fresco. Dopo 1/4 d'ora la si ripone sulla tavola polverizzata di farina con le parti strette e aperte verso la destra e sinistra, (Fig. 18) e la si spiana dinanzi a se più sottilmente che sia possibile, senza romperla, perchè il burro non deve escirne. Lo spianare però deve esser eseguito con precauzione ma lestamente, più battendo la pasta col matterello che spianandovela, affinchè questa non s'asciughi. Poi viene ripiegata di nuovo in triplo, per metterla in riposo, ciò che devesi ripetere ancora 4 volte. In fine la si lascia ripiegata riposare più a lungo, e se tuttavia fosse divenuta un po' molle, la si pone sul ghiaccio oppure in cantina durante la notte. In questo caso la si lascia riposare la mattina, dopo averla spianata ancora una volta, prima di finirla per il forno. In tal modo si può per risparmio di tempo cominciare a fare la sfogliata di sera e finirla l'indomani mattina. Secondo l'occorrenza si distende ora la pasta alta un dito o più sottile ancora. Qualora venisse arrostita sulla lamiera si copre questa con diversi fogli di carta oppure la si immerge in acqua fredda, senza ungerla col grasso. La superficie della pasta deve ungere coll'uovo sbattuto con un po' di sale e per le pietanze dolci con un po' di zucchero. Per ungerla si adopera un pennello o una penna di pollo, cautamente perl, acciò l'uovo non scorra oltre gli orli della pasta, poichè questo le impedirebbe di crescere uniforme durante la cottura. La sfogliata richiede da principio un forte calore, altrimenti non cresce; la crosta bruna sotto piccoli pezzi si può togliere via; la pasta è cotta quando cessa di schiumare.
di sera e finirla l'indomani mattina. Secondo l'occorrenza si distende ora la pasta alta un dito o più sottile ancora. Qualora venisse arrostita sulla