Eccitante dioforetico. Nelle arti vien usata in più preparazioni. Nei biscotti o paste sono confezionati qualche volta con una certa quantità di carbonato d'ammoniaca. Questo sale ha per base di sviluppare più la massa di pasta durante della cottura, vale a dire che si ottiene una maggior quantità di biscotto colla medesima quantità di materia. Benchè intieramente volatile, per il calore del forno è sovente nociva stantechè talvolta rinchiude sostanze nocive segnalate da autorevoli chimici. L'ammoniaca propriamente detta si estrae dall'urina, dalla distillazione a secco delle stesse materie animali, vegetali, dal carbon fossile e da molte altre sostanze. Usasi parimenti qual caustico per togliere il dolore delle punture delle api, vespe ecc. come per annullare gli effetti velenosi dei rettili. Liquida usata da 8 a 10 goccie in un bicchier d'acqua dissipa quasi immediatamente l'ubbriachezza.
animali, vegetali, dal carbon fossile e da molte altre sostanze. Usasi parimenti qual caustico per togliere il dolore delle punture delle api, vespe
Intanto per avere più miele occorrono più api. E per avere più api occorre prevenire l'apicida (più o meno volontario) e il rozzo melaiolo, che non sa raccogliere il miele senza asfissiare le bestioline che glielo procurano, come occorre avvertire i contadini d'usare gl'insetticidi prima che le piante fioriscano.
Intanto per avere più miele occorrono più api. E per avere più api occorre prevenire l'apicida (più o meno volontario) e il rozzo melaiolo, che non
Alle api giovani è riservata l'architettura del favo, alle adulte la raccolta del vitto, alle anzianotte la milizia: vero corpo di vigili alle porte dell'arnia, ad altre la pulizia, ad altro gruppo l'ufficio
Alle api giovani è riservata l'architettura del favo, alle adulte la raccolta del vitto, alle anzianotte la milizia: vero corpo di vigili alle porte
Anche la struttura aiuta a conoscerle. Il corsaletto dell'addome o la congiuntura del torace consiste in un tubo sottile, ma nell'ape è meno scoperto, più breve che nella vespa e nel filanto apivoro (lupo delle api).
, più breve che nella vespa e nel filanto apivoro (lupo delle api).
L'ape operaia o nutrice ha un suono (che sprigiona dalla trachea per la tensione muscolare quando vola) sommessamente stridulo. La Regina (cioè la madre) ha un tui-tui meno cupo. Il fuco (maschio delle api) ha un rombazzo fragoroso da scapestrato.
madre) ha un tui-tui meno cupo. Il fuco (maschio delle api) ha un rombazzo fragoroso da scapestrato.
Al Congresso d'apicultura tenuto a Trento si constatò che l'Italia, pur avendo dovizia di corolle nettarifere e la più laboriosa delle api operaie — capace di battere cento voli nello stesso spazio di tempo che l'ape tedesca compie cinquanta voli — pur avendo un clima favorevole, è la meno provvista d'alveari.
Al Congresso d'apicultura tenuto a Trento si constatò che l'Italia, pur avendo dovizia di corolle nettarifere e la più laboriosa delle api operaie
Sarebbe divertente osservare come dopo essersi impinzate di miele e polline, un primo paio d'api, con gli unghielli delle zampine anteriori s'aggrappi al soffitto del telaino, altro paio s'appenda alle zampine delle prime finchè, successivamente, formino una catena. Ciò farà sorridere.
Sarebbe divertente osservare come dopo essersi impinzate di miele e polline, un primo paio d'api, con gli unghielli delle zampine anteriori s
Nell'American Fee Journal, Bickford raccontava d'aver architettato vari favi artificiali, uno composto di carta imbevuta di cera, con celle tali da ingannare qualsiasi apicultore. Le api s'avvidero della mistificazione e ridussero tutto il favo in segatura... e ricostruirono le celle con la loro cera.
ingannare qualsiasi apicultore. Le api s'avvidero della mistificazione e ridussero tutto il favo in segatura... e ricostruirono le celle con la loro
Del resto la stessa ricchezza della letteratura apistica significa che cotesto i- menottero d'oro per incantare la mente di uomini che vanno da Empedocle ad Aristotele, da Varrone a Quintiliano (che difese le api con l'arringa: «Apes pauperis contra divitem»), dal Culumella al Rucellai, dal Darwin al Pascoli, deve possedere doti singolari meravigliose.
Empedocle ad Aristotele, da Varrone a Quintiliano (che difese le api con l'arringa: «Apes pauperis contra divitem»), dal Culumella al Rucellai, dal Darwin
Lo stesso Napoleone che aveva altro per la testa, diceva all'Antonmarchi: «V'è qualcosa di più dell'istinto nelle api. Credereste che io non abbia cercato d'eluderle? Ho trasportato un vaso di miele in tutte l'estremità della camera. Hanno impiegato due, tre giorni a cercarlo, ma alla fine l'hanno trovato».
Lo stesso Napoleone che aveva altro per la testa, diceva all'Antonmarchi: «V'è qualcosa di più dell'istinto nelle api. Credereste che io non abbia
Al tempo della covata si vedrebbe una corona d'api operaie fare con timido rispetto largo alla Regina che depone uova nel favo. Con le antenne la carezzano piano pianino mentre depone le uova e ad un cenno, stendono la linguetta per porgerle la pappa reale.
Al tempo della covata si vedrebbe una corona d'api operaie fare con timido rispetto largo alla Regina che depone uova nel favo. Con le antenne la
In questi spaziosi ed ameni soggiorni, si alternava il passeggio al riposo, quando all'ombra e quando al sole, ed, aumentato il lusso e le comodità della vita, divennero parti essenziali delle cittadinesche abitazioni, a segno che, una casa, per quanto ornatissima, mancante di orticello, non casa «ma tenebroso ergastolo» si chiamava. I romani chiamavano ogni villa col nome di orto, onde Plinio, nel trattato delle 12 tavole delle leggi, sempre nomina la villa colla parola hortus. È da notarsi che con hortus, al singolare, i latini volevano indicare propriamente quella porzione di terra cintata, ove venivano coltivati gli ortaggi; mentre col plurale di horti si volevano chiamare quei luoghi di passeggioe di convegno, che erano rallegrati dall'ombra delle piante. Così gli orti Pompejani, Luculluiani, Sallustrii, dei Cesari, di Mecenate, ch'erano come i nostri giardini pubblici. ì piccoli orti del basso popolo chiamavansi macelli, perciò Varrone chiamava macellato gli orti degli Jonj a spregiarne la loropiccolezza — egualmente che il foro olitorio, perchè forniva di erbaggi la plebe, dicevasi pure macello. Col vocabolo foro olitorio (il nostro verzee) dalla voce generica olus, colla quale i romani comprendevano qualunque erba sativa che vi si vendesse — ed olitarii erano chiamati gl'istrumenti che servivano alla coltura degli orti, a sradicare le piante, come la marra, la pala, il bidente, ecc. Così d'altre distinzioni notissime, come gli horti herbarii medicinales, destinati alla coltura di varie piante che servivano alla cura di malattie — gli horti alvearii o mellarii, dedicati unicamente alla coltura delle api — gli horti sacri, con voce greca chiamati hierocipis, ove con molta cura si educavano le piante favorite dalle divinità, e di cui facevasi uso nelle sacre pompe, nelle libazioni, nei sacrifizi, nei trionfi, nei mortorii dei magnati e dei cittadini più distinti — cose tutte di cui in seguito se ne confuse la denominazione, e furono riassunte nella voce orto. Ond'è che Orto significa quel terreno, reso utile da una raffinata coltura delle erbe e delle piante, di cui si fa uso più comune — per cibo e condimento — mentre il Giardino, più che all'utilità, bada alla bellezza e rarità delle piante, alla vaghezza dei fiori, che ogni stagione produce.
alla coltura di varie piante che servivano alla cura di malattie — gli horti alvearii o mellarii, dedicati unicamente alla coltura delle api — gli horti
Riferisce Ateneo, filosofo peripatetico, che nel paese dei Getuli, in Africa, gli asparagi erano grossi come le canne e lunghe dodici piedi. E Plutarco, che nella Caria, provincia dell'Asia Minore, il popolo li adorava. I Fenici se ne ungevano il corpo col loro sugo onde non essere punti dalle api.
Plutarco, che nella Caria, provincia dell'Asia Minore, il popolo li adorava. I Fenici se ne ungevano il corpo col loro sugo onde non essere punti dalle api.
In Inghilterra se ne fa una specie di conserva rinfrescante. I fiori della borragine si possono adoperare per tingere l'aceto in turchino. Sono molto amati dalle api.
Vicia da vincia, che si attorciglia, o con più ragione dal greco faga, mangiare, perchè gli antichi ne mandavano prima d'ogni altro legume. La fava è legume annuale, originario del mar Caspio e della Persia. Vuol terreno argilloso, sostanzioso, a mezzodì. Si semina d'autunno a febbraio. Due varietà: la invernenga e la marzuola detta cavallina, più piccola. Celebre la fava di Nizza. Nel linguaggio dei fiori: Corbellare. La fava fresca, da noi si chiama bagiana, si mangia in minestra. Essa si macina e serve anche pel bestiame, e conserva la virtù germinante per sei anni. La fava è feculenta e flatulenta, deve essere mangiata di rado e tenera. La fava specialmente secca, è cibo da carrettiere. È il più grosso dei nostri legumi mangerecci. Gli inglesi dicono che tutti i feculenti fortificano, la fava più d'ogni altro, e quegli agricoltori ànno un proverbio che dice: Cavallo che mangia avena parte bene, ma quello che mangia fave ritorna meglio. I gusci delle fave sono diuretici: 200 grammi di questi in un litro d' acqua, bolliti per due o tre ore, danno uno dei più lenti diuretici. I fiori sono ottimi per le api. Le fave secche si mettono a cocere in acqua fredda. Le galline che mangiano le fave, fanno l'ovo col guscio molto fragile.
tre ore, danno uno dei più lenti diuretici. I fiori sono ottimi per le api. Le fave secche si mettono a cocere in acqua fredda. Le galline che
I medici francesi la battezzarono teriaca naturale. La salvia veniva creduta donare l'immortalità e serviva per imbalsamare i corpi e si portava addosso e si mangiava nelle battaglie. Servio ci tramanda che il cuoco di Mecenate faceva arrostire gli uccelletti colla salvia. La salvia è un cibo graditissimo alle api, dai suoi fiori cavano un miele saporito. Le sue foglie servono a pulire i denti. Frate Anselmo da Busto suggeriva ai predicatori e agli avvocati di tenere una foglia verde di salvia sotto la lingua, che la rende più agile e sciolta. Guardatevi dal suggerire tale segreto alla vostra domestica. Coi fiori della salvia si prepara una conserva deliziosa. Le foglie secche si fumano come tabacco, quale rimedio antispasmodico contro la cefalalgia nervosa e l'asma. I Chinesi ne sono ghiottissimi e si stupiscono come gli Europei vadino a cercare il the nei loro paesi, mentre possedono una pianta.
graditissimo alle api, dai suoi fiori cavano un miele saporito. Le sue foglie servono a pulire i denti. Frate Anselmo da Busto suggeriva ai predicatori e
Opera sul cervello e modifica la pazzia. Galeno, nativo di Bergamo, venuto in Roma per ordine dell'imperatore Aurelio, fece brillanti cure colla satureja, in ispecie sui letterati. I suoi fiori sono ghiotto cibo delle api.
satureja, in ispecie sui letterati. I suoi fiori sono ghiotto cibo delle api.
Timo, dal greco timos, animo, perchè si dava nei deliqui — altri, lo vuole da (thio, sacrificare, perchè si usava nei sacrifici agli dei. Piccolo arbusto perenne, indigeno, originario della Palestina. Nel linguaggio, dei fiori significa: Attività. Ve ne sono ben venti varietà. Si propaga per semi in primavera e meglio per divisione di radici. Il seme à virtù germinatrice per tre anni. Lo si semina per bordure nei giardini, ama bona esposizione, terreno magro ed asciutto. Il timo, detto anche Pepolino, Sermolino, Piperella (Serpyllum), dà piccoli fiori porporini e rosei nella state. Cresce naturalmente nei pascoli, nelle siepi e prati montuosi, à grato profumo, che si marita assai bene a quello delle rose. Il suo nome da Thymiama, profumo, citato in molti luoghi anche della Bibbia. Presso i Greci era l'emblema della forza e del coraggio, teste Dioscoride. Si adopera in cucina per dare aroma alle carni, agli intingoli, ai legumi. È antispasmodico, leggermente riscaldante ed eccitante. Serve nella distilleria per liquori ed aque da toilette. Contiene molta copia d'olio etereo giallo, dal quale si estrasse recentemente un acido detto acido timico, che è preferibile per disinfezioni al fenico, conservando nel suo stato di acido l'aroma della pianta. Il timo è amato dalle capre e dalle api, lo dice Virgilio nell'Egloga 3a:
fenico, conservando nel suo stato di acido l'aroma della pianta. Il timo è amato dalle capre e dalle api, lo dice Virgilio nell'Egloga 3a:
Riferisce Ateneo, filosofo peripatetico, che nel paese dei Getuli in Africa, gli asparagi erano grossi come le canne e lunghi dodici piedi. E Plutarco, che nella Caria, provincia dell'Asia Minore, il popolo li adorava. I Fenici se ne ungevano il corpo col loro sugo onde non essere punti dalle api. Pare che anche il cuoco di Giulio Cesare glieli apprestasse non molto stracotti, perch'egli ad esprimere la velocità d'alcun che soleva dire: citius quam asparagi coquantur. Mille sono le virtù ed i vizi che i medici assegnano agli asparagi. Sono diuretici in sommo grado, giovano nell'idrope, nelle affezioni cardiache, sono calmanti nell'orgasmo nervoso, nei dolori dei tisici, nell'insonnia, giovano contro il catarro polmonare, nella paralisi della vescica e perfino a detta del medico ateniese Chairetes contro l'idrofobia. All'incontro non sono convenienti agli isterici, agli ipocondriaci, ma sopratutto a quelli che patiscono la gotta. Albert suggerisce che mettendo la sera nel pot de chambre un paio di goccie d'aceto, colui che il giorno prima s'è fatto una scorpacciata d'asparagi si desta al mattino in un'atmosfera embaumè di violette. Altri invece assevera, che tale effetto si ottenga con un po' di essenza di trementina invece dell'aceto.
Plutarco, che nella Caria, provincia dell'Asia Minore, il popolo li adorava. I Fenici se ne ungevano il corpo col loro sugo onde non essere punti dalle api
Salvia è dal latino salvare per le grandi virtù che possiede. È pianta erbacea perenne, originaria dell'Armenia, si moltiplica per getti, per divisione di radici ed anche per semi. Brama terra sostanziosa ma piuttosto leggera, vuol essere di preferenza addossata al muro, ama il sole, porta fiori dal Giugno al Luglio. Nel linguaggio dei fiori: Ambizione, stima. Ve ne sono più di 80 varietà, gran parte delle quali si distinguono, per loro grato odore e per l'eleganza. L'Officinalis che è quella comunemente conosciuta si coltiva negli orti per la cucina e la medicina. La parte usata sono le foglie e le cime fiorite, à forte odore aromatico, sapore caldo amaro piccante. La salvia cruda mescolata con cipolla in insalata eccita l'appetito, massime posta sopra le alici. Se ne veste ogni arrosto in special modo gli uccelletti e i pesci, ai quali dà bonissimo odore e sapore. Pesta e stemperata con aceto, mista con zucchero ed aglio fà una salsa non isgradevole. Le minestre di legumi (e più quella di ceci) prendono sapore dalla salvia. Involta nelle frittelle massime se di farina di castagne, dicono sia ghiotta. Cotta con aceto olio, zafferano e poco zuccaro fà un'ottimo marinato per il pesce. Friggcsi la salvia con olio, burro, strutto, se ne regalano tutti i fritti. La salvia sta bene per tutto, fuori che nei lessi a' quali non s'addice per la sua amarezza. Attiva le funzioni digerenti e circolatorie, aumenta il calore animale, modifica l'influenza nervosa. La farmacia ne estrae un'olio essenziale, e ne fa un'infusione della quale la medicina si serve ad eccitare i sudori e a rianimare le forze vitali, perchè la salvia è tenuta come un buon stimolante. Il decotto di salvia è giudicato volgarmente come un febbrifugo e in primavera come un depurativo del sangue. Gli antichi ne facevano molto caso. Tutti l'ànno lodata. Da Agrippa veniva chiamata herba nobilis, herba sacra. Era tanto comune il suo uso presso i latini che inventarono perfino il verbo salviare, dare una porzione di salvia, condire colla salvia. E la Salernitana si meraviglia come possa morire un'uomo che abbia nel suo orto la salvia: - Cur moriatur homo cui salvia crescit in horto? - I medici francesi la battezzarono Teriaca naturale. La salvia veniva creduta donare l'immortalità e serviva per imbalsamare i corpi e si portava addosso e si mangiava nelle battaglie. Servio ci tramanda che il cuoco di Mecenate, faceva arrostire gli uccelletti colla salvia. La salvia è un cibo graditissimo alle api che dai di lei fiori cavano un miele saporito. Le sue foglie servono a pulire i denti. Frate Anselmo da Busto suggeriva ai predicatori e agli avvocati, di tenere una foglia verde di salvia sotto la lingua, che la rende più agile e sciolta. Guardatevi dal suggerire tale segreto alla vostra domestica. Coi fiori della salvia si prepara una conserva deliziosa. Le foglie secche si fumano come tabacco, quale rimedio antispasmodico contro la cefalalgia nervosa e l'asma. I Chinesi ne sono ghiottissimi e si stupiscono come gli Europei vadino a cercare il the nei loro paesi, mentre possedono una pianta così eccellente e che trovano preferibile al medesimo. E gli Olandesi facevano incetta in Europa della salvia per venderla carissima ai Chinesi e Giapponesi. La specie sclarea si adopera per dare il sapore moscato agresto ai gelati e ad alcuni vini.
Mecenate, faceva arrostire gli uccelletti colla salvia. La salvia è un cibo graditissimo alle api che dai di lei fiori cavano un miele saporito. Le sue
Satureja, santoreggia, savoreggia, caniella, peverella, erba acciuga è la medesima pianticella annuale, originaria della Spagna, vaga per la sua fioritura bianco porporina. Si risemina da sè abbondantemente, e nasce facilmente dovunque. Nel linguaggio dei fiori: ingenuità. Ve ne sono 8 varietà , tutta la pianta è aromatica. I cuochi la ricercano per rendere più grato il sapore delle fave, delle lenti, dei piselli secchi, e degli altri legumi, ai quali si unisce assai bene, come in tutte le salse I Tedeschi la mettono nel loro Sauer-Kraut. Fu chiamata la salsa dei poveri. È utile in medicina, come stomachica, la sua decozione è buona per gargarismi e spruzzata nelle orecchie per le otiti, da qui forse il suo nome popolare di santoreggia, giova nelle affezioni vaporose. Colla satureja se ne profumano le abitazioni in tempo di epidemia e le stalle quando regnano le epizoozie. Il suo nome satureja dall'antico satyreja perchè di questa erba se ne cibavano volentieri i satiri, certi uomini, che c'erano una volta e che avevano le corna e i piedi di capra. Era detta dai Romani cunila e conyza, (da qui l'altro nome popolare di coniella) che il volgo chiamava anche pulicaria perchè serviva a scacciare le pulci, virtù che conserva anche oggidì, emula della maggiorana. I fiori della satureja, sono cibo graditissimo delle api.
a scacciare le pulci, virtù che conserva anche oggidì, emula della maggiorana. I fiori della satureja, sono cibo graditissimo delle api.
Piccolo arbusto perenne, indigeno, originario della Palestina. In linguaggio dei fiori significa : attività. Ve ne sono ben 20 varietà. Si propaga per semi in primavera e meglio per divisione di radici. Lo si semina per bordure nei giardini, ama buona esposizione, terreno magro ed asciutto. Il timo, detto anche Pepolino, Sermolino, Piperella, [Serpyllum] dà piccoli fiori porporini e rosei nella state. Cresce naturalmente nei pascoli, nelle siepi e prati montuosi, à grato profumo, che si marita assai bene a quello delle rose. Il suo nome da Thymiama, profumo, citato in molti luoghi anche dalla Bibbia. Presso i Greci era l'emblema della forza e del coraggio, teste Dioscoride. Si adopera in cucina per dare aroma alle carni, agli intingoli, ai legumi. E antispasmodico, leggermente riscaldante ed eccitante. Serve nella distilleria per liquori ed aque da toilette. Contiene molta copia di olio etereo giallo, dal quale si estrasse recentemente un acido detto acido timico, che è preferibile per disinfezioni al fenico, conservando nel suo stato di acido l'aroma della pianta. Il timo è amato dalle capre e dalle api, lo dice Virgilio nell'Egloga 3.*: Dum thymo pascuntur apes, dum rore ricada ?. E Orazio al lib. 4, Carm. Od. 2 :
stato di acido l'aroma della pianta. Il timo è amato dalle capre e dalle api, lo dice Virgilio nell'Egloga 3.*: Dum thymo pascuntur apes, dum rore ricada
Andare. Leggerezza. Masticare l'infinito. A picco su sè stesso. Obliquità della vita quotidiana. Linea ascensionale della forza artistica. Amore caldo soffice lontanissimo. Presenza delle mani vane. Brontolìo critico degli intestini. Ancora un po' di miele delle api inspiratrici di poeti greci nella bocca dell'aeropoeta futurista. Formula dell'aeropoeta futurista MARINETTI e dell'aeropittore futurista FILLÌA
caldo soffice lontanissimo. Presenza delle mani vane. Brontolìo critico degli intestini. Ancora un po' di miele delle api inspiratrici di poeti greci
Volendo seccare le solite susine nere, sceglietele di quella specie che si stacca dal nòcciolo e collocate le frutta colla punta all'ingiù, ritte una accanto all'altra sulla lamiera o in apposite cassettine di ferro e, dopo averle foracchiate con uno spillo mettetele a forno non troppo caldo, lasciandovele finchè sono bene scottate e un pochino molli, ma non tanto da avere la pelle grinza. Il sugo che mandano, cotto con un po' di zucchero, può servire per bibite ordinarie. Collocatele quindi sui graticci, esponetele al sole e, se occorresse difenderle dalle api o dalle vespe, copritele con un velo. Voltatele tutti i giorni, e se il tempo fosse umido, mettetele nel forno aperto su un pezzo d'ardesia.
servire per bibite ordinarie. Collocatele quindi sui graticci, esponetele al sole e, se occorresse difenderle dalle api o dalle vespe, copritele con un