Antrè = Fate un Ragù come siegue. Prendete otto, o dieci cipollette quasi cotte con brodo, mettetele in una cazzarola con due tartufi tagliati in fette, petrosemolo, e scalogna trita, un'idea di basilico in polvere, un cucchiaio d'olio buono; passate sopra un fuoco leggiero, aggiungeteci in fine qualche fegatino di pollo tagliato in dadini, sale, pepe schiacciato. Quando il tutto sarà cotto, abbiate due Pollastri grassi, fiambateli, spillucateli, levategli l'osso del petto, e sventrateli dalia parte di sopra, riempiteli col sudetto Ragù, cuciteli, trussateli colle zampe infilate sotto le coscie dentro il corpo, infilateli ad uno spiedino, avvolgeteli in una Papigliotta; legate questo spiedino ad uno grande, fateli cuocere arrosto. Quando saranno cotti, e nel momento di servire, scartateli, scuciteli, che siano bianchissimi, e serviteli con sotto una Salsa all' Aspic, o altra Salsa chiara di vostro genio. Quella all Aspic la trovarete nel Tom. I. pag. 74 potete anche servirli con sotto un buon Culì di Pomidoro, o Italiana chiara.
, levategli l'osso del petto, e sventrateli dalia parte di sopra, riempiteli col sudetto Ragù, cuciteli, trussateli colle zampe infilate sotto le
Antrè di grasso = Quando averete appropriate le Vive come quelle alli Gamberi, ponetele in una cazzarola con fette di lardo sotto, e sopra, un mazzetto d'erbe diverse, un poco di vino bianco bollente, copritele con un foglio di carta; fatele cuocere con fuoco sotto, e sopra. Tagliate in fettine sottili mezza libbra di ventresca grassa e magra, fatela sudare in una cazzarola fino tanto che sarà ben cotta; indi scolatela bene dal grasso sopra una salviettamettete nella sua cazzarola un poco di Culì, mezzo bicchiere di vino di Sciampagna, o altro vino bianco consumato per metà; fate bollire un momento, digrassate, poneteci a scaldare la ventresca aggiungeteci un buon sugo di limone, e servite sopra le Vive ben scolate dalia Bresa, e aggiustate sopra il piatto.
momento, digrassate, poneteci a scaldare la ventresca aggiungeteci un buon sugo di limone, e servite sopra le Vive ben scolate dalia Bresa, e
In Roma, ed in alcune altre città d'Italia non si mangia l'Agnello, che soltanto dalia Pasqua di Resurrezione sino a S. Gio. Battista; non è così in Napoli ove si mangia tutto l'anno. È vero peraltro, che sotto il nome generico di Agnello vendono Becco, Pecora, Castrato, o tutto ciò che possono. Non si può però negare, che la vera stagione di mangiare l'Agnello sia la Primavera, essendo allora la sua carne di un esquisito sapore. La carne dell'Agnello è un alimento di stagione.
In Roma, ed in alcune altre città d'Italia non si mangia l'Agnello, che soltanto dalia Pasqua di Resurrezione sino a S. Gio. Battista; non è così in
Antrè = Fate un Ragù come siegue. Prendete otto, o dieci cipollette quasi cotte con brodo, mettetele in una cazzarola con due tartufi tagliati in fette, petrosemolo, e scalogna trita, un'idea di basilico in polvere, un cucchiajo d'olio buono; passate sopra un fuoco leggiero, aggiungeteci in fine qualche fegatino di pollo tagliato in dadini, sale, pepe schiacciato. Quando il tutto sarà cotto, abbiate due Pollastri grassi, fiambateli, spillucateli, levategli l'osso del petto, e sventrateli dalia parte di sopra, riempiteli col sudetto Ragù, cuciteli, trussateli colle zampe infilate sotto le coscie dentro il corpo, infilateli ad uno spiedino, avvolgeteli in una Papigliotta; legate questo spiedino ad uno grande, fateli cuocere arrosto. Quando saranno cotti, e nel momento di servire, scartateli, scuciteli, che siano bianchissimi, e serviteli con sotto una Salsa all'Aspic, o altra Salsa chiara di vostro genio. Quella all Aspic la trovarete nel Tom. I. pag. 74 potete anche servirli con sotto un buon Culì di Pomidoro, o Italiana chiara.
, levategli l'osso del petto, e sventrateli dalia parte di sopra, riempiteli col sudetto Ragù, cuciteli, trussateli colle zampe infilate sotto le
La patata, o pomo di terra, o solano (dal latino solarium, sollievo), nel linguaggio dei fiori: Beneficenza, è una radice tuberosa originaria dall'America e precisamente dal Chili e dal Perù, dove si trova ancora allo stato selvaggio. Fu importata colla Dalia, e, curioso ! questa per il tubero, la patata per il fiore. Propriamente il nome di patata appartiene ad altra pianta, la vera patata ipomea o convolvulus patata, che viene solo nei climi caldi. Vuole terreno pingue, vegeta in tutti i climi, nelle più basse pianure come a 4000 metri sopra il mare (nell'America e nella Svizzera), sotto l'Equatore (Quinto) come nella Siberia. Da noi si raccolgono i tuberi dall'agosto al settembre, à fiori bianchi e violetti. Si propaga per seme o meglio si piantano i così detti occhi, che sono le parti della patata accennanti al germoglio, cessato il gelo da metà marzo in avanti. Si conservano per tutto inverno, ma al caldo fioriscono, all'umido marciscono, al freddo gelano, e temono la luce. Fu portata in Europa dagli Spagnuoli. Pedro Cicca fu il primo a parlarne nel 1553, e nel memedesimo anno Fiorentino Fiaschi ne scriveva da Venezuela a suo fratello. Il Cardano ne fa menzione nel 1557. Nel 1565 fu portata in Irlanda da Hawkins e poi introdotta in Francia. Prima che Releigh e Drake dalla Virginia la trasportassero in Inghilterra, era coltivata in Toscana, ne fa fede il frate Magazzini, e il Redi che nel 1067 ne mangiava in Firenze alla corte di Cosimo II. Le patate in Italia dapprincipio si chiamavano tartuffoli. Nella Germania s'introdusse nel 1710 e dovunque nel 1772 era coltivato negli orti botanici e nei giardini come pianta di lusso. Ma la sua diffusione, come tubero alimentare, fu lenta e contrastata. I codini d'allora, la avversarono come pianta sospetta, venefica. Ai codini si unirono i medici più celebri, che la incolparono della degradazione fisica e morale delle popolazioni, e fomite di tutte le malattie. Ai codini ed ai medici fecero coro anche i frati ed i parroci che dai pulpiti la chiamarono radice del diavolo. Figuratevi il popolo! Anche oggi la coltura della patata è interdetta in Corea. Non fu che sulla fine del secolo passato che potè trionfare. Gli sforzi fatti da Parmantier per convincere gli ostinati sono incredibili. Il 25 agosto 1785, proprio nel giorno della sua festa, Luigi XVI lo ammise alla mensa reale e Maria Antonietta, al ballo della medesima sera, ne ornò i suoi biondi capelli.
'America e precisamente dal Chili e dal Perù, dove si trova ancora allo stato selvaggio. Fu importata colla Dalia, e, curioso ! questa per il tubero, la
Ne parla perfino Seneca nell'Ep. 87: Olivetum cum rapo suo tranferre. I Greci, magnificavano quelle di Corinto, della Francia e della Beozia. Erano notabili per la rotondità quelle di Cleone, piccolo villaggio non lungi dalia selva Numea, citato da Ovidio (Metam. 6) e per la lunghezza i Romani davano la palma a quelle di Amiterno città della Campania, patria di Sallustio. Indi venivano quelle di Nurzia, antica città della Sabina, patria di Quinto Sertorio, vir rei militaris, delle quali rape, parla Virgilio chiamandole frigida Nurtia (En., 7). Infine venivano le veronesi. Anche il Mattioli, che à visto le famose rape di Norcia e di Anagni dice che pesavano 30 libbre.
notabili per la rotondità quelle di Cleone, piccolo villaggio non lungi dalia selva Numea, citato da Ovidio (Metam. 6) e per la lunghezza i Romani
3.° Lo scalogno è una specie d'aglio cipollesco, che si dice sia proveniente dalia Palestina; ha un sapore meno forte dell'aglio, corregge gli alimenti insipidi riscaldando lo stomaco, procurandogli la digestione.
3.° Lo scalogno è una specie d'aglio cipollesco, che si dice sia proveniente dalia Palestina; ha un sapore meno forte dell'aglio, corregge gli
La patata, o pomo di terra, o solano (dal latino solanum, sollievo), nel linguaggio dei fiori: beneficenza. È una radice tuberosa originaria dall'America e precisamente dal Chili e dal Perù, dove si trova ancora allo stato selvaggio. Fu importata colla Dalia, e, curioso! questa per il tubero, la patata per il fiore. Propriamente il nome di patata appartiene ad altra pianta, la vera patata ipomea o convolvulus patata, che viene solo nei climi caldi. Vuole terreno pingue, vegeta in tutti i climi, nelle più basse pianure come a 4000 metri sopra il mare (nell'America e nella Svizzera), sotto l'Equatore (Quinto) come nella Siberia. Da noi si raccolgono i tuberi dall'Agosto al Settembre, à fiori bianchi e violetti. Si propaga per seme o meglio si piantano i così detti occhi che sono le parti della patata accennanti al germoglio, cessato il gelo da metà Marzo in avanti. Si conservano per tutto inverno, ma al caldo fioriscono, all'umido marciscono, al freddo gelano, e temono la luce. Fu portata in Europa dagli Spagnuoli. Pedro Cicca fu il primo a parlarne nel 1553, e nel medesimo anno Fiorentino Fiaschi ne scriveva da Venenzuola a suo fratello. Il Cardano ne fà menzione nel 1557. Nel 1565 fu portata in Irlanda da Hawkins e poi introdotta in Francia. Prima che Releigh e Drake dalla Virginia la trasportassero in Inghilterra, era coltivata in Toscana, ne fà fede il frate Magazzini, e il Redi che nel 1667 ne mangiava in Firenze alla corte di Cosimo II. Le patate in Italia dapprincipio si chiamavano tartuffoli. Nella Germania s'introdusse nel 1710 e dovunque nel 1772 era coltivato negli orti botanici e nei giardini come pianta di lusso. Ma la sua diffusione, come tubero alimentare fu lenta e contrastata. I codini d'allora, la avversarono come pianta sospetta, venefica. Ai codini si unirono i medici più celebri, che la incolparono della degradazione fisica e morale delle popolazioni, e fomite di tutte le malattie. Ai codini ed ai medici fecero coro i frati ed i parroci che dai pulpiti la chiamarono radice del diavolo. Figuratevi il popolo! Anche oggi la coltura della patata è interdetta in Corea. Non fu che sulla fine del secolo passato che potè trionfare.
'America e precisamente dal Chili e dal Perù, dove si trova ancora allo stato selvaggio. Fu importata colla Dalia, e, curioso! questa per il tubero, la
Si pongono le lingue in acqua e sale con prezzemolo e qualche porro, e alcune carote, e vi si lasciano cuocere finché si possa levarne la pelle con facilità. Si inlardano quindi con lardo tagliato finamente, e si pongono in casseruola con lardo, cipolle, carote e presciutto, il tutto tagliato in fette sottili, e vi si lasciano a fuoco leggiero finché sieno divenute tenere. Si levano quindi dalia casseruola, si fa passare la salsa per un pannolino, vi si uniscono due cucchiaj di buon aceto e vi si fa condensare in gelatina; in essa si ripongono allora di nuovo le lingue che si rivolgono assai spesso, e si servono con giro di cipollette.
fette sottili, e vi si lasciano a fuoco leggiero finché sieno divenute tenere. Si levano quindi dalia casseruola, si fa passare la salsa per un