Tutti son cuochi, tutti fan la cucina, ognuno fino ad ora ha mangiato: è inutile dunque un Trattato su questo genere, cosi dirà qualche cuoco solo di nome, o qualch'altra persona, che non sa cosa sia un buono, e sano alimento. Per essere eccellente in questa professione senza limiti, e che si estende fin dove giunge una felice immaginazione, non basta saper fare un'ordinario, un pranzo, o una cena; bisogna saperlo far bene, mentre in tutte le professioni vi è il buono, il mediocre, ed il cattivo; ma quel che v'è più di male, che ognun suppone di essere un cuoco perfetto, nel tempo stesso che forse ne ignora i primi principi. Più un uomo ha talento, e meno ha presunzione, come si vede coll'esperienza, essendo l'amor proprio un terribile ostacolo a qualunque avanzamento Ecco una delle ragioni, per cui in Italia l'arte della Cucina da due secoli a questa parte è andata sempre più in decadenza. Un cuoco si crederebbe tacciato d'ignoranza, se fosse sorpreso leggendo un libro, che tratta della sua professione; come se un Avvocato, un Medico, un Architetto dovessero vergognarsi di applicarsi alla lettura di quelle Opere, onde raffinare maggiormente i! proprio talento. Chi ha mai pensato, che lo studio possa dare un'idea poco vantaggiosa, del merito, e che debba nuocere all'abilità, e al sapere di chi vi si applica? Noi non abbiamo in Italia quei lunghi, ed assidui lavori, onde colla prattica potersi istruire, nè a tutti si presentano quelle occasioni di vedere il Mondo, e di osservare nei paesi esteri la maniera diversa dalla nostra, colla quale preparano, non solo gli alimenti a noi cogniti, ma eziandio quelli da noi non mai veduti; di modo che volendo correggere questo difetto del caso, non solo bisogna abbracciare con avidità tuttociò, che può istruire, ma di più bisogna andare in traccia di quanto può contribuire a perfezionarsi nella pro pria professione.
Medico, un Architetto dovessero vergognarsi di applicarsi alla lettura di quelle Opere, onde raffinare maggiormente i! proprio talento. Chi ha mai pensato
Non vorrei, che un apparato di tanti brodi, zuppe, salse, e nomi ignoti spaventassero l'onesto cittadino, e gli facesse supporre essere quest'opera inutile per lui. No? Sarebbe questo un mal'inteso supposto, mentre dovendo essa servire sì per il grande, e magnifico, che per il semplice, e mediocre, ho dovuto principiare con quei fondamenti, che portono seco le regole dell'arte, per poi insensibilmente calare al fine che mi sono proposto, volendo assolutamente che possa apportare profitto a chiunque ne sia provveduto. Questi miei principi economici verranno maggiormente spiegati nel Dipartimento del Maestro di Casa tom. II. Onde non deve recar maraviglia se nella maggior parte delle salse vi bisogna qualche poco di vino di Sciampagna, essendo questo un condimento, che ognuno, che sappia alquanto la professione non lo deve ignorare, imperocchè l'anima delle salse è il vino bianco, e specialmente lo Sciampagna. Ciò nonostante chi non lo avesse, o non potesse farne tal uso, potrà in tal caso servirsi del vino bianco ordinario, ma che non sia dolce. In quanto poi alli brodi, che vengono indicati, questi qualunque siano, basta che abbiano corpo, e sostanza, tanto bianchi, che coloriti. Riguardo poi alla carne, che viene prescritta anche di questa se ne può mettere me Moderno. Cap. I. no, oppure niente, basta soltanto porvi qualche dadino di prosciutto; ma tale difficoltà potrà accadere in un ordinario molto ristretto, e regolato, poichè in occasione di un buon ordinario, o di pranzo straordinario, non mancano mai de' retagli di mongana, o vitella per uso delle salse. Del rimanente sono tutte di semplice composizione. Per un ordinario peraltro limitato si può far uso del sugo di manzo, del culì rosso ordinario e di quello bianco ordinario, ed avere soltanto un poco di brodo chiaro per le Zuppe, Salse, ec.
assolutamente che possa apportare profitto a chiunque ne sia provveduto. Questi miei principi economici verranno maggiormente spiegati nel
Questa si prepara nella stessa maniera, che li spinaci, ma si fa rosolare maggiormente, acciò renda fuori tutto l'umido, e prenda sapore. In ciascuna di queste tre salse d'erbe, si può aggiungere del fior di latte se si vuole; ma bisogna avere attenzione che siano dense.
Questa si prepara nella stessa maniera, che li spinaci, ma si fa rosolare maggiormente, acciò renda fuori tutto l'umido, e prenda sapore. In ciascuna
Il Facocchio, che sia egualmente abile nel suo impiego, e che lavori con gentilezza, e solidità, avendo peraltro sempre la precauzione, volendo fare un Legno nuovo di farsi fare da lui, o da altri qualche disegno, per indi eseguire il lavoro sopra quello che piacerà maggiormente al Padrone, riconoscendo sempre un solo nella spesa d' una Carrozza, cioè o il Sellaro, o il Facocchio, poichè in tal guisa il travaglio sarà più finito, e di maggior economia.
un Legno nuovo di farsi fare da lui, o da altri qualche disegno, per indi eseguire il lavoro sopra quello che piacerà maggiormente al Padrone
Si avverte qui per sempre, che qualunque vivanda, che si stringe colla liason deve essere bollente nell'atto che si brodetta, ad avere attenzione, che più non bolla, altrimenti si straccia. Il sugo di limone non si pone nell'uova, ma si spreme nel momento che si stringe la salsa. Il limone deve essere mondato dalla sua scorza, acciò spremendolo, lo spirito non si mescoli coll'agro, ciò che dà un cattivo sapore alle vivande; se volete mescolarvi tartufi, o prugnoli; i primi si mondano, s'imbianchiscono all'acqua bollente, si tagliono in fette, e si mettano nella Fricassè dopo cotta, e passata al setaccio; i secondi si passano sul fuoco uniti al capretto, come si pratica coi piselli fini. Al Capitolo della Pollerìa Tom. III Cap. I., mi estenderò maggiormente sulle Fricassè.
Prendete una quantità grande di Pomidoro, metteteli tagliati in pezzi, in una caldaia grande, o cazzarola rotonda, fateli bollire a fuoco allegro con qualche garofano, pepe schiacciato, e poco sale, movendoli di tempo in tempo; allorchè principieranno ad asciugarsi passateli poco per volta per un setaccio di crino a forza di braccia, non dovendo restare nel setaccio che i semi e le pelli. Pulite la caldaja, rimetteci di nuovo i pomidoro sopra un fuoco temperato, fateli bollire dolcemente, movendoli sempre con una cucchiaia di legno, finchè diverranno densi come una marmellata, ripassateli di nuovo per un setaccio più fino, votateli poscia in un vaso di terra, e lasciateli così fino al giorno susseguente. Quindi li rimetterete sul fuoco, li farete cuocere lentamente movendoli sempre per timore che non brucino nel fondo, che se ciò accade bisogna buttarli via, mentre prendono un odore, ed un sapore di bruciato assai disgradevole; replicate così per due o tre giorni, asciugandoli sempre sopra il fuoco, movendoli continuamente. Quando vedrete che sono ridotti come una pasta maneggievole lasciateli raffreddare, formatene allora tanti toteri o bastoncelli lunghi mezzo palmo, e grossì da poterli tenere in mano col pugno serrato; fateli asciugare maggiormente a un Sole temperato, o alla stufa sopra fogli di carta, incartateli, e conservateli in luo- go fresco, e asciutto. Bisogna osservare che non si disecchino soverchiamente. Quando volete adoperarli, stemperateli con un poco di brodo, quella quantità che vi bisogna, e servitevene in tutto ciò che volete fare al sugo, o culì di Pomidoro. In Napoli fanno disseccare la pasta di pomodoro dentro al forno sopra delle tavole, e poscia ne formano i toteri, o bastoncelli, e li vendono.
poterli tenere in mano col pugno serrato; fateli asciugare maggiormente a un Sole temperato, o alla stufa sopra fogli di carta, incartateli, e
Sonovi due specie d'Oche, e Anitre come ognun sa, cioè domestiche, e selvatiche; queste ultime sono assai migliori, e più stimate per il buon gusto, e sapore della loro carne, ed in oltre di un alimento più facile alla digestione. Devesi sciegliere sì le une, che le altre giovani, grasse, carnute, bianche, e di buon odore. Le migliori e le più stimate fra le Anitre selvatiche, sono il Capoverde, ma la femmina è molto superiore al maschio; la Codalanza; le Terzane: sotto questo nome vengono comprese l'Anitre con testa rossa, e l'Anitra fischiatrice; le Quartane: sotto questo nome vengono comprese l'Anitra con becco largo, detta in Roma Cucchiarona; e la picciola Anitra Capoverde. Le domestiche, che siano state nutrite di buoni alimenti, e cresciute in aria pura e serena. La stagione delle Anitre selvatiche principia verso la fine di Ottobre, o primi di Novembre, e dura tutto Marzo. Quella delle Anitre domestiche nell'Estate. Ma il punto più importante per il buongusto delle Oche, e Anitre selvatiche, come anche per le Garganelle, allorchè si fanno cuocere arrosto, per indi servirle con qualche Salsa, oppure senza, è quello di conoscere il loro punto di cottura, dovendo come ogni altro selvaggiume essere sugoso allorchè si serve sulla Mensa, essendo la loro carne asciutta di sua natura, non vi è bisogno di asciugarla maggiormente mediante l'azione d'un fuoco secco che le arrostisce. Non è cosi delle Oche, e Anitre domestiche, mentre queste esiggono di essere cotte al loro punto di perfezione, racchiudendo esse dei sughi lenti, e grossolani. La Garganella è un uccello acquatico della famiglia delle Anitre selvatiche, delle quali forma una specie particolare; trovasene di due sorta, cioè una grande, e una picciola. La picciola che è più in uso negli alimenti rassomiglia in tutto a un'Anitra ordinaria, eccettochè non è così grande, ma di un gusto più grato, e più facile a digerirsi.
altro selvaggiume essere sugoso allorchè si serve sulla Mensa, essendo la loro carne asciutta di sua natura, non vi è bisogno di asciugarla maggiormente
Si guarniscono gli Antrè d'erbe legate in mazzetti, d'erbe intagliate, e d'erbe al naturarale, ed il più, delle volte queste tre sorta d'erbe s'uniscono insieme. In queste mescolanze le cipollette sono quasi sempre impiegate per maggiormente compire la variazione.
'uniscono insieme. In queste mescolanze le cipollette sono quasi sempre impiegate per maggiormente compire la variazione.
Antremè = Quando averete fatto bollire, e consumare un terzo due fogliette di latte, ed una di fiore di latte, fatelo raffreddare; indi stemperateci dodici rossi d'uova, con zucchero a proporzione, aggiungeteci uno stecco di cannella, ed una scorzetta di limone; fate stringere sopra un fuoco leggiero, movendo sempre con una cucchiaja di legno senza bollire; quando sarà cotta, e densa una cosa giusta, spremeteci il sugo di due limoni, ciò che la stringerà maggiormente, levate allora la cannella, ed il limone, e versatela sopra un Gattò di pane di Spagna, e servite freddo, oppure ponetene un poco nel fondo del piatto che dovete servire, aggiustateci sopra delle fette di pane di Spagna, e cosi suolo per suolo, terminando colla Crema, e servite freddo con sopra spume di mandorle amare schiacciate.
stringerà maggiormente, levate allora la cannella, ed il limone, e versatela sopra un Gattò di pane di Spagna, e servite freddo, oppure ponetene un
Questo pesce non è stato stimato gran cosa dagli antichi nella Serie degli Alimenti; tal'è Il giudizio dello Scoliaste di Aristofane, e di Svida. Questi non pertanto dice, che i Calamaj che si pescavano nel Golfo di Ambracia, erano una delle vivande fredde maggiormente in Roma stimate.
. Questi non pertanto dice, che i Calamaj che si pescavano nel Golfo di Ambracia, erano una delle vivande fredde maggiormente in Roma stimate.