Il Pavone viene servito o per Arrosto, o per Rifreddo nei grandi, e magnifici pranzi, e benchè in Roma sia molto in uso, nulladimeno in moltissimi altri Paesi non viene punto mangiato; sembra che i Romani abbiano addottato questo ramo di lusso dagli antichi loro Concittadini i quali lo avevano in sommo preggio.
Il Pavone viene servito o per Arrosto, o per Rifreddo nei grandi, e magnifici pranzi, e benchè in Roma sia molto in uso, nulladimeno in moltissimi
Fu il loro uso celebre tra gli Antichi, e si servivano nei pranzi i più magnifici. Celso, ed Archigene dicono che sono grate allo stomaco. Galeno, che il loro sugo lubrica il ventre a guisa del siero di latte. Senocrate che sono dolci, e che si digeriscono più facilmente delle Ostriche. Altri Autori le credano più o meno buone secondo la varietà de' luoghi ove allignano: e cosi Varrone lodava quelle dell'Isola di Scio, Orazio quelle di Taranto; ma le migliori secondo il parere di tutti sono quelle dell'Isola di Malta.
Fu il loro uso celebre tra gli Antichi, e si servivano nei pranzi i più magnifici. Celso, ed Archigene dicono che sono grate allo stomaco. Galeno
Il Pavone viene servito o per Arrosto, o per Rifreddo nei grandi, e magnifici pranzi, e benchè in Roma sia molto in uso, nulladimeno in moltissimi altri Paesi non viene punto mangiato; sembra che i Romani abbiano addottato questo Ramo di lusso dagli antichi loro Concittadini i quali lo avevano in sommo pregio.
Il Pavone viene servito o per Arrosto, o per Rifreddo nei grandi, e magnifici pranzi, e benchè in Roma sia molto in uso, nulladimeno in moltissimi
Fu il loro uso celebre tra gli Antichi, e si servivano nei pranzi i più magnifici. Celso, ed Archigene dicono che sono grate allo stomaco. Galeno , che il loro sugo lubrica il ventre a guisa del siero di latte. Senocrate che sono dolci, e che si digeriscono più facilmente delle Ostriche. Altri Autori le credano più o meno buone secondo la varietà de' luoghi ove allignano: e così Varrone lodava quelle dell'Isola di Scio, Orazio quelle di Taranto; ma le migliori secondo il parere di tutti sono quelle dell'Isola di Malta.
Fu il loro uso celebre tra gli Antichi, e si servivano nei pranzi i più magnifici. Celso, ed Archigene dicono che sono grate allo stomaco. Galeno
Disponete la farina a fontana sulla spianatoia, unitevi le uova, il prosciutto, il formaggio fresco tagliati a dadini, e lavorate energicamente aggiungendo anche gli altri ingredienti compreso il lievito di birra precedentemente sciolto in poco latte tiepido. Fate un impasto morbido versandovi un poco di latte o acqua fin che avrete ottenuto una pasta elastica e compatta. Distendete l'impasto in una teglia imburrata e fate lievitare e cuocere a forno ben caldo, ci vorranno dai 20 ai 30 minuti circa. La vera torta rustica si usa cuocerla in Umbria in una apposita teglia chiamata testo, che è un piatto di terra refrattaria che trae origine, probabilmente, dalla primitiva maniera di cuocere il pane, tutt'ora in uso in certe zone africane. Si riscalda il testo fin che è rovente, al fuoco vivo dei magnifici camini che ancora si usano in Umbria mettendolo dinanzi alla fiamma, o meglio alla brace ardente, appoggiato agli alari. Si cosparge subito di farina il piano riscaldato e vi si stende rapidamente l'impasto lasciandolo così dinanzi al fuoco per il tempo di cottura stabilito. A cottura ultimata la torta potrà essere servita tanto calda che fredda. È ottima servita per il thè, e volendo vi si può aggiungere anche qualche fetta di prosciutto.
riscalda il testo fin che è rovente, al fuoco vivo dei magnifici camini che ancora si usano in Umbria mettendolo dinanzi alla fiamma, o meglio alla
Conoscete il pesce S. Pietro? Certo nella famiglia dei pesci non brilla per soverchia bellezza: scuro di aspetto, con un muso piuttosto imbronciato e delle ispide spine sulla groppa. Ma il S. Pietro può infischiarsene della sua poca venustà, e per due ragioni: la prima perchè è un pesce storico, la seconda perchè possiede una carne deliziosa. Si dice infatti che questo pesce fu toccato dalle mani dell'Apostolo pescatore, che non solo gli lasciò il suo nome, ma gli lasciò anche due segni visibili delle sante dita, segni che si riscontrano, uno di qua e uno di là, nel bel mezzo del dorso. Quanto alla squisitezza della sua carne, non è un mistero per i buongustai. Bollito o fritto il S. Pietro è buono, molto buono. E poichè della gente buona in questo tristo mondo ci si approfitta sempre, molti trattori e molti albergatori costruiscono coi filetti di S. Pietro, che costa meno, dei magnifici filetti di sogliole, che costano di più. È un ramo d'industria non troppo onesto, per quanto assai rimunerativo; e il S. Pietro, forse in omaggio al nome del grande Apostolo, cristianamente si rassegna, e lascia che la sua carne venga gabellata per filetti di sogliola alla Walenska. Réjane, Saint-Germain, Pompadour, Orly, Otéro, Mogador, ecc. Noi rifuggiamo dalle mistificazioni. Vi daremo dunque la ricetta per una squisita zuppa di pesce S. Pietro, zuppa che ha anche il pregio di uscire un po' dalla noia del consueto. Per otto persone acquistate un bel S. Pietro che pesi da un chilogrammo e mezzo a due. Nettatelo bene e risciacquatelo abbondantemente, e poi con un coltellino affilato sfilettatelo, staccando cioè dalla spina principale tutta la parte carnosa. L'operazione è facile e si eseguisce molto bene incominciando col fare un'incisione lunga e profonda su tutto il dorso e staccando poi con la lama del coltello tutta la carne dalla spina, prima da una parte e poi dall'altra. Se poi crederete che l'operazione sia troppo lunga, affidatela al negoziante che vi venderà il pesce, il quale vi caverà rapidamente d'impaccio. Mettete da parte la carne e tagliate in pezzi la testa e i cascami. Ponete una casseruola sul fuoco e in essa mettete un po' d'olio, una noce di burro, qualche aroma, come cipolla, carota gialla, prezzemolo, sedano, ecc., il tutto tritato, aggiungendo anche, se ne avete, un pizzico di funghi secchi. Appena i legumi saranno imbionditi mettete nella casseruola i cascami del pesce, e dopo che anche questi saranno rosolati bagnate ogni cosa con un litro e mezzo d'acqua ai quali aggiungerete un bicchiere di vino bianco. Condite con sale e pepe e lasciate bollire moderatamente. Dopo una mezz'ora prendete un'altra casseruola, metteteci una buona cucchiaiata di burro, e quando il burro sarà liquefatto aggiungete due cucchiaiate di farina, mescolate e lasciate cuocere pian piano per quattro o cinque minuti, sempre mescolando. Allora, per mezzo di, un colabrodo, passate il brodo del pesce nell'altra casseruola dove è la farina col burro, mescolate ancora per sciogliere bene la farina e continuate ad aggiungere il brodo di pesce fino a completo esaurimento. Rimettete il brodo sul fuoco e fate bollire nuovamente per un'ora, sull'angolo del fornello, togliendo man mano, con una cucchiaia bucata, la schiuma e le altre impurità che man mano verranno a galla. Quest'operazione, in termine di cucina, si chiama spogliare. Avvicinandosi l'ora del pranzo, prendete la carne del pesce lasciata in disparte, togliete la pelle e dividete i filetti in tanti pezzetti quadrati di un paio di dita di lato. Metteteli sul fuoco in una teglia con un po' di burro, conditeli con sale e pepe, bagnateli con un po' di vino bianco e lasciateli stufare, coperti, per qualche minuto. Appena cotti toglieteli dal fuoco mantenendoli in caldo vicino al fornello. Al momento di andare in tavola, mettete un paio di rossi d'uovo in una zuppiera, sbatteteli con una forchetta, stemperandoli con un po' di sugo di limone e conditeli con una cucchiaiata di prezzemolo trito. Su queste uova travasate il brodo di pesce, mescolate per amalgamare bene ogni cosa, poi distribuite nelle varie scodelle i quadratini di pesce cotto aggiungendo anche dei dadini di pane fritto, o più semplicemente, dei crostini abbrustoliti. Completate ogni scodella col brodo e fate portare in tavola.
magnifici filetti di sogliole, che costano di più. È un ramo d'industria non troppo onesto, per quanto assai rimunerativo; e il S. Pietro, forse in omaggio al