Con il semolino e le uova, non si può precisarne il numero perchè dipende da quante ne assorbe il semolino, preparate una pasta che lavorerete a lungo fin che sarà uniforme e vellutata. Lasciatela riposare per più di un'ora e intanto fate rosolare una cipolla tritata in abbondante olio, appena sarà dorata aggiungetevi la carne tagliata a dadini, la carota tagliuzzata fine e fate cuocere lentamente versandovi di tanto in tanto un poco di brodo. Quando la carne è cotta, unitevi il prosciutto tagliato a pezzetti, una manciata di prezzemolo tritato, il burro, un cucchiaino di concentrato di pomidoro sciolto in poca acqua tiepida, sale, e da ultimo un bicchierino di vino bianco secco. Lasciate cuocere ancora lentamente, poi prendete un recipiente capace, riempitelo d'acqua salata, e fatelo bollire forte. Intanto stendete la pasta col matterello e fatene delle sfoglie sottilissime, che taglierete col taglia-pasta a rotelle della dimensione di un piatto. Immergete questi dischi di pasta nell'acqua bollente, una alla volta, e quando sono al dente scolateli col mestolo forato aiutandovi anche con un cucchiaio perchè non abbiano a rompersi. Preparate una teglia alta in cui avrete messo il sugo del ripieno, del formaggio dolce grattugiato e disponetevi a strati i dischi di pasta e il sugo, finchè avrete finito tutti gli ingredienti. Condite l'ultimo strato di pasta con sugo, formaggio e fiocchetti di burro. Cuocete nel forno da campagna elettrico o a gas, lasciate dorare un poco la superficie e poi servite nel medesimo recipiente, possibilmente di pirofila.
lungo fin che sarà uniforme e vellutata. Lasciatela riposare per più di un'ora e intanto fate rosolare una cipolla tritata in abbondante olio, appena sarà
693. Caffè, tostatura, infusione. La principale cura che debbesi avere per ottenere un eccellente caffè, oltre alla scelta della sua qualità, consiste nel farne bene abbrustolire o tostare i chicchi; perocchè se troppo abbrustolito, il caffè si carbonizza e perde tutto il suo olio essenziale, che è l'aroma gradito che lo distingue; se troppo crudo, l'infusione ne risulta acida e disgustosa. Tutti conoscono l'ordigno di cui si fa uso per tostare il caffè, ed il quale consiste in un cilindro di lamiera attraversato nel suo asse da una bacchetta di ferro, le cui estremità posano su due forcelle fermate ai lati opposti d'un apposito fornello, sul quale il detto cilindro può per tal modo girare su sè stesso per il movimento che gli vien dato mediante un manubrio disposto ad una delle estremità della bacchetta di ferro che lo attraversa. La scelta del combustibile non è indifferente, e bisogna sempre preferire il carbone alla legna, perchè il primo manda un calore più uniforme e non produce fumo. Non si empia mai il cilindro che per metà, in modo che la bacchetta di ferro che l'attraversa non ne sia coperta, e che il caffè, gonfiandosi per l'effetto del calore, non rimanga troppo pigiato, e possa muoversi e venire facilmente agitato. Il fuoco devesi sempre mantenere eguale e moderato. Bisogna girare e rigirare il cilindro ora da destra ora da sinistra, fino al momento in cui il caffè manda assai fumo: allora si leva di frequente l'ordigno dal fuoco per scuoterlo ed agitarlo in ogni senso; e si termina di tostarlo quanto si vede che il fumo scappa dal cilindro in maggiore abbondanza. A questo punto il grano scoppietta, diventa lucido e come untuoso, di color cannella bruno, e spande un gradevole profumo: è questo il momento di ritirare dal fuoco il cilindro, per lasciare che la cottura si compia da sè medesima, mercè il vapore concentrato nell'apparecchio, che si continua a girare e ad agitare fuori del fuoco per alcuni altri minuti. Si apre allora il cilindro, si versa il caffè sur una tavola, vi si distende uniformemente, e dopo che si è alquanto raffreddato si passa a ventilarlo per farne escire le pellicole ed anche i corpi estranei che talvolta vi sono frammischiati; ma quest'operazione si può evitare se si sarà ben mondato il caffè prima di tostarlo. Il tempo che ordinariamente il caffè deve stare sul fuoco per giungere al punto giusto di tostatura, trattandosi d'una media quantità, varia da' 40 ai 50 minuti, a seconda del fuoco più o meno ardente che è nel fornello. Il caffè tostato con cura ed al punto voluto, non deve mai aver perduto, dopo quest'operazione, più del 18 o 20 per cento, vale a dire il quinto circa del suo peso.
bisogna sempre preferire il carbone alla legna, perchè il primo manda un calore più uniforme e non produce fumo. Non si empia mai il cilindro che per metà
Per ghiacciare è necessario un secchio di legno, che abbia inferiormente un buco per dove si possa far escire l'acqua proveniente dal ghiaccio che man mano si scioglie; una sorbettiera di stagno, ed un mestolo o spatola di legno a lungo manico. Il secchio dovrà essere sempre più profondo che la sorbettiera, ed avere un diametro quasi doppio di questa. Ecco ora il modo di procedere: Mettete sul fondo del vostro secchio uno strato di ghiaccio per l'altezza di circa dieci centimetri; spargetevi del sale grosso, e posatevi sopra la sorbettiera chiusa col suo coperchio, nella quale avrete già versato il composto allestito, avvertendo che questo non la riempia totalmente, ma arrivi soltanto a 6 o 7 centimetri al di sotto del bordo: poscia, nello spazio anulare che rimane fra le pareti laterali della sorbettiera e quelle del secchio, mettete tanto ghiaccio quanto ve ne può stare, pigiandocelo bene, in pezzi non troppo grossi, onde meglio insinuarlo dappertutto, e strato per strato alternate questo ghiaccio con sale, adoprandone circa un chilogrammo per 6 chilogr. di ghiaccio. Quando avrete così riempito tutto lo spazio sino all'altezza della sorbettiera, impugnate il manico di cui è munita al coperchio la sorbettiera medesima, e fate girar questa prestamente a destra ed a sinistra per 8 o 10 minuti: indi apritela; distaccate col mestolo ciò che avrà cominciato a gelarsi sulle pareti laterali e sul fondo, sbattete collo stesso mestolo tutto il composto, mentre colla mano sinistra prendendo la sorbettiera all'orlo la farete girare sul ghiaccio; poi richiudetela col coperchio, continuate a farla girare, e ripetete la medesima operazione più volte, finchè tutto il composto siasi gelato: allora sbattete più che mai e con forza il vostro sorbetto, strisciando sempre col mestolo sulle pareti della sorbettiera e facendo tuttavia girar questa, e non cessate che allor quando il sorbetto medesimo abbia preso l'aspetto d'una manteca compatta ed uniforme.
Il lievito, o frumento, è un pezzo di pasta serbata della precedente panificazione, e composta colle raschiature della madia che vengono impastate con un poco d'acqua fresca ed una piccola quantità di farina, in modo da ottenerne un insieme alquanto duro ed uniforme. Preparato, così il lievito si conserva in un angolo della madia stessa coperto da poca farina, od anche in un vaso di terraglia, dopo averlo avvolto in un pezzo di pannolino, sino al momento di doverlo adoperare. Il giorno precedente a quello in cui si deve cuocere il pane, si ammucchia da una parte della madia la quantità di farina abburattata che si vuole panificare; poi si toglie al lievito la crosta che vi si è formata, e si mette il rimanente in un buco praticato apposta nel mezzo della farina medesima; allora con acqua tanto più calda quanto è più fredda la stagione, s'intride e s'impasta col lievito una porzione della farina che lo circonda, nella proporzione di un terzo della totalità nell'estate, e della metà nell'inverno, e si lascia il tutto in riposo. La fermentazione che poco dopo comincia, viene eccitata, quando la temperatura è fredda, coprendo la detta pasta con un pannolino che occorrendo si può prima scaldare. Invece, nella calda stagione conviene rallentare tale fermentazione lasciando scoperta la pasta in luogo fresco.
con un poco d'acqua fresca ed una piccola quantità di farina, in modo da ottenerne un insieme alquanto duro ed uniforme. Preparato, così il lievito si
I. Con acqua fredda. Per la riuscita della pasta sfogliata fa d'uopo prendere della farina fina ed asciutta, del burro dolce e grasso, e che la pasta venga lavorata in luogo fresco (cantina) o messa a riposare sul ghiaccio. 1) Si manipola dapprima con ambe le mani per alcun tempo il burro (1/2 chilo) sulla tavola formandone un quadrato dello spessore d'un pollice, e lo si pone (nell'estate alcune ore prima) in acqua freddissima, oppure tra carta ed un coperchio, o tra 2 piatti sul ghiaccio. S'ammucchia poi sulla tavola 1/2 chilo di farina, e nel mezzo d'una fossetta si mettono 3 1/2 deca di burro, 1 uovo, 1 tuorlo, 1/4 di litro d'acqua fredda, il succo di 1/2 limone, 1/2 cucchiaino scarso di sale, incorporando il tutto col coltello alla farina, maneggiando poi l'impasto ben bene per 1/4 d'ora, operazione questa alquanto faticosa. Se il burro è molto sodo, bisogna fare più soda anche la pasta di quello che la si farebbe se questo fosse molle. Divenuta la pasta abbastanza morbida e scoppiettante sotto la mano, le si da la forma di un panetto, e coperta con un pannolino la si lascia riposare per 1/4 d'ora. Viene poi spianata in quadrato e postovi sopra il burro asciugato con una pezzuola, si piega la pasta (Fig. 16) Fig. 16. pasta sfogliata a guisa di busta da lettera, battendola col matterello un po' in largo acciocchè non vi resti dentro dell'aria e il burro venga ripartito egualmente. Indi si spiana la pasta cautamente dinanzi a se sempre in direzione eguale sino alla grandezza di 1 1/2 foglio di carta, (Fig. 17) Fig. 17. badando di spolverizzare poco la tavola e il matterello, levando la farina con una fina scopetta dalla superficie della pasta, la quale, ripiegata da ambi i lati, cioè il lato destro in sopra ed il sinistro in sotto, in modo che si trovi piegata in triplo, la si mette a riposare in luogo fresco. Dopo 1/4 d'ora la si ripone sulla tavola polverizzata di farina con le parti strette e aperte verso la destra e sinistra, (Fig. 18) e la si spiana dinanzi a se più sottilmente che sia possibile, senza romperla, perchè il burro non deve escirne. Lo spianare però deve esser eseguito con precauzione ma lestamente, più battendo la pasta col matterello che spianandovela, affinchè questa non s'asciughi. Poi viene ripiegata di nuovo in triplo, per metterla in riposo, ciò che devesi ripetere ancora 4 volte. In fine la si lascia ripiegata riposare più a lungo, e se tuttavia fosse divenuta un po' molle, la si pone sul ghiaccio oppure in cantina durante la notte. In questo caso la si lascia riposare la mattina, dopo averla spianata ancora una volta, prima di finirla per il forno. In tal modo si può per risparmio di tempo cominciare a fare la sfogliata di sera e finirla l'indomani mattina. Secondo l'occorrenza si distende ora la pasta alta un dito o più sottile ancora. Qualora venisse arrostita sulla lamiera si copre questa con diversi fogli di carta oppure la si immerge in acqua fredda, senza ungerla col grasso. La superficie della pasta deve ungere coll'uovo sbattuto con un po' di sale e per le pietanze dolci con un po' di zucchero. Per ungerla si adopera un pennello o una penna di pollo, cautamente perl, acciò l'uovo non scorra oltre gli orli della pasta, poichè questo le impedirebbe di crescere uniforme durante la cottura. La sfogliata richiede da principio un forte calore, altrimenti non cresce; la crosta bruna sotto piccoli pezzi si può togliere via; la pasta è cotta quando cessa di schiumare.
, cautamente perl, acciò l'uovo non scorra oltre gli orli della pasta, poichè questo le impedirebbe di crescere uniforme durante la cottura. La sfogliata