La cucina italiana, che può rivaleggiare con la francese, e in qualche punto la supera, per la grande affluenza oggigiorno di forestieri in Italia che, si vuole, vi lascino da trecento milioni all'anno e, secondo calcoli approssimativi, con un crescendo eccezionale di altri duecento milioni in oro nell'anno santo 1900, va a perdere, a poco a poco, in questo miscuglio turbinoso di popoli viaggianti, il suo carattere particolare e questa modificazione nel vitto già è cominciata a manifestarsi più specialmente nelle grandi città e nei luoghi più battuti dai forestieri. Ebbi a persuadermene di recente a Pompei ove, entrato con un mio compagno di viaggio in un ristoratore in cui ci aveva preceduto una comitiva di tedeschi, uomini e donne, ci fu servito il medesimo trattamento di loro. Venuto poi il padrone a chiederci gentilmente se noi eravamo rimasti contenti, io mi permisi di fargli qualche osservazione sullo sbrodolìo nauseoso dei condimenti ed ei mi rispose: «Bisogna bene che la nostra cucina appaghi il gusto di questi signori forestieri, essendo quelli che ci danno il guadagno.» Forse per la stessa ragione, sento dire che la cucina bolognese ha subìto delle variazioni e non è più quella famosa di una volta.
che, si vuole, vi lascino da trecento milioni all'anno e, secondo calcoli approssimativi, con un crescendo eccezionale di altri duecento milioni in oro
[…] prenda la quantità che si vuole di piante d'indivia, le quali, tagliato il orsolo e lavate poi in due acque, si lessino in modo che siano ben cotte. Dopo si gettino nell'acqua fresca per un'ora, si facciano asciugare poi dall'acqua, e si taglino il più finemente che sia possibile. Di poi si pongano in una piccola casseruola sopra un fuoco gagliardo con un pezzo di burro e si lascino friggere per dieci minuti, condendole con sale, pepe e cannella pesti a proporzione della quantità della verdura suddetta. Vi si aggiungeranno poi oncie sei di parmigiano grattato e due tuorli d'uovo; il tutto si unisca insieme e si lasci freddare. Poi si tagli del pane in fette, e levatane la crosta da ogni parte, se ne taglino dei crostini, somiglianti a dei piccoli mostaccioli. Si sbatteranno quattro uova e disteso che avrete sopra questi mostaccioli di pane il ripieno formato, come sopra d'indivia bene distribuita, si rivoltino prima nelle uova sbattute, e quindi nel pane grattato mescolato con un poco di formaggio parmigiano ossia di grana e si friggano nello strutto ovvero nell'olio d'oliva come più piace, servendoli caldi in tavola, dopo averli disposti simmetricamente su un piatto munito di salvietta.
pongano in una piccola casseruola sopra un fuoco gagliardo con un pezzo di burro e si lascino friggere per dieci minuti, condendole con sale, pepe e
Prendansi per esempio, dodici piante di lattuga da giardino che sia ben soda, gli si levino le foglie cattive ed il gambo e si lavino bene. Pongasi una casseruola d'acqua con sale sopra un fornello, e quando bolle vi si gettino le lattughe facendole bollire per dieci minuti, dippoi si passino nell'acqua fresca e vi si lascino stare per un quarto d'ora perchè possano liberasi interamente dalla terra che contengono tra le foglie. Dopo di che le laverete e le porrete a scolare perchè si asciughino bene. Intanto si prepari il seguente ripieno: si trinci fina con un coltello della polpa di pollo o altra qualità di carne cotta anche avanzata di altri piatti, aggiungendovi due tuorli d'uovo, sale, pepe, un poco di cannella, una o due scalogne, un poco di prezzemolo tritato ed un pezzo di burro. Con tale mescolanza riempite le suddette lattughe nel mezzo, con le foglie ricuoprite il ripieno, e date loro la forma naturale ma piuttosto arrotondata. Queste piante di lattuga così disposte le collocherete in un tegame o casseruola che porrete sopra un treppiede a piccol fuoco con un mezzo ramaiolo di brodo di vitello, dei pezzetti di prosciutto grasso e magro, cuoprendole con coperchio che possa sopportare un poco di fuoco sopra, e lasciandole cuocere così fino a che l'umido sia prosciugato. Allora si leveranno dal fuoco, e si collocheranno sul piatto per la tavola colla seguente salsa: Si tagli più fino che è possibile un pezzo di prosciutto magro, si faccia soffriggere in una piccola casseruola con del burro, spolverizzandovi un poco di fior di farina, con della noce moscata grattata, un poco di pepe, bagnando il tutto con un mezzo quintino di sugo di manzo. Quando avrà bollito circa dieci minuti, spremetevi un mezzo limone, versate poi questa salsa sopra le lattughe e servitele.
'acqua fresca e vi si lascino stare per un quarto d'ora perchè possano liberasi interamente dalla terra che contengono tra le foglie. Dopo di che le
Le pollastre o i pollastri si avvicinino, ad una fiamma per bruciar loro tutti i peli, e si sgozzino, quindi gli si stacchino i pieducci. Tagliato che gli avrete il collo, gli lascierete la pelle lunga, e principiando dall'ala tirerete giù come un sacco fino al codione, e disosserete ancora le coscie, avendo cura che la parte posteriore del pollastro resti sana, e le coscie senza osso mettetele in dentro a rovescio. Addirizzerete poi per il suo verso le dette pollastre e levata col fuoco la prima buccia ai pieducci; tagliategli le unghie, e le serberete per rimettergliene dentro un piede per pollastro come si dirà. Gli ossi delle pollastre vi serviranno per fare un brodo bianco, e cosi vi risparmierete una gallina. Per fare un ripieno ai detti polli prendete i loro fegati ben puliti dal fiele, e tre ettogrammi di polpa di vitello o di majale, un etto di lardo fresco, e uniteli ad altri fegatini e ad un poco di presciutto fino, un pezzo di burro con prezzemolo e uno di scalogna: triturerete il tutto minutamente e lo condirete con poco sale, pepe, noce moscata ed un tuorlo d'uovo; con tale mescolanza riempirete le pollastre, le ricucirete, per bene affinchè riprendano la loro forma, e non sfugga il ripieno da nessuna parte. Prendete poi una casseruola mettendovi un pezzo di burro, mezzo limone spremuto, e un poco di sale: ponetevi entro le pollastre, e sopra un fornello acceso, fate che nel consolidarsi non si deformino. Quando sono bene ritirate e consolidate, le volterete col petto sotto, e le lascerete freddare, infilzandovi il pieduccio per la parte di dietro. Presa poi una casseruola più grande a proporzione delle pollastre, ve le porrete a petto sopra, con due fette di lardo sul petto, una cipolla steccata con tre garofani, un mazzetto d'erbe odorose, un poco di presciutto magro, e le coprirete con foglio di carta bianca. Si ponga la casseruola sopra un treppiede a piccolo fuoco, ci si metta un mezzo ramaiuolo di brodo, e si lascino bollire per un'ora. Dippoi si tirino fuori le pollastre dalla casseruola levandogli il filo col quale furono cucite. Si asciughino con un panno, e si pongano nel piatto nel quale devono portarsi in tavola, con una guarnizione di erbe cotte. Potrete anche valervi per salsa dell'umido che è rimasto dalla cottura delle suddette pollastre, passandolo per setaccio e sgrassandolo, dopo di che aggiuntovi un poco di fecola di patata stemperata a freddo con un poco d'acqua, farete bollire in una casseruola adatta tutto assieme, e mettendovi dentro tartufi o prugnoli, secondo vi riescirà più comodo, avrete una buona salsa, spremendovi anche un mezzo limone.
di brodo, e si lascino bollire per un'ora. Dippoi si tirino fuori le pollastre dalla casseruola levandogli il filo col quale furono cucite. Si
257. Conserva di cedri o di limoni canditi al liquido. - Prendete 3 buoni cedri o limoni od aranci più o meno colla scorza dura e spessa; tagliati in quattro pezzi, gettati nell'acqua bollente, fateli cuocere finchè teneri che pungendoli colla testa d'una spilla si lascino trapassar facilmente, posti nell'acqua fredda, lasciateli così per 2 o 3 giorni cambiando l'acqua di tanto in tanto acciocchè perdano l'amaro; netti dai semi e parti dure, sgocciolati, poneteli in una terrina; fate quindi fondere 2 chilogrammi di zucchero bianco con 1 litro d'acqua, ossia 2 parti di zucchero ed una d'acqua; appena che bolla formante sciroppo ai 32 gradi versatelo caldo sui frutti in modo che restino coperti e lasciateli così per 24 ore; posti i frutti su d'uno staccio e ben sgocciolati riponeteli in terrina asciutta, fate ribollire il sciroppo per 10 minuti schiumandolo e venuto tiepido versatelo sopra i frutti e continuate quest'operazione per 9 giorni e nel decimo fate cuocere il sciroppo alla gran piuma (Vedi cottura dello zucchero N. 183); gettategli entro i frutti e bolliti in esso per 40 minuti versate il tutto in un vaso; raffreddato, coprite con carta pecora e servitevene all'occorrente.
quattro pezzi, gettati nell'acqua bollente, fateli cuocere finchè teneri che pungendoli colla testa d'una spilla si lascino trapassar facilmente
262. Piccole albicocche od amandorle verdi confettate. - Prendete 2 chilogrammi di piccole albicocche verdi tenere da esser trapassate facilmente da un ago, e raccolte di fresco, gettatele in tegame sul fuoco in cui avrete dell'acqua bollente ed un po' di cenere stacciata, specie di liscivia; quando sieno per bollire, traetele accanto al fuoco scuotendole, affinchè si stacchi la lor lanugine; tratte su colla schiumaiuola, gettatele nell'acqua fredda, cambiategliela sovente, sforacchiate d'ogni parte; sgocciolate, ben nette, riponetele in tegame sul fuoco con acqua bollente, un po' d'aceto e sale, fatele bollire, finchè tenere che si lascino trapassar facilmente da una testa di spilla, scolatele, gettatele nell'acqua fredda cangiategliela finchè raffreddate, al più presto possibile, scolate; ponetele in una terrina; fate quindi fondere sul fuoco dello zucchero bianco quanto è il peso de' frutti con egual quantità d'acqua; bollito un momento ed avuto un sciroppo ai 24 gradi versatelo sopra i frutti e lasciateli così finchè freddi; sgocciolate i frutti sopra uno staccio, riponeteli in terrina asciutta, fate bollire il sciroppo per 10 minuti facendolo ridurre un po' schiumandolo, versatelo poco caldo sopra i frutti, ripetete la medesima operazione due volte al giorno per 8 giorni, all'ottavo scolate i frutti, fate ribollire il sciroppo sino alla gran piuma (Vedi cottura dello zucchero N. 183) gettate entro i frutti e bolliti per 25 minuti, versate il tutto in un vaso e raffreddato mischiate il quarto del peso dei frutti, di buon rhum, o di maraschino o spirito di vino, e coprite con carta pecora.
sale, fatele bollire, finchè tenere che si lascino trapassar facilmente da una testa di spilla, scolatele, gettatele nell'acqua fredda cangiategliela
Prendete della pasta di fornajo, di quella cioè da fare il pane, e per ogni ettogr. di questa aggiungete 10 grammi di burro, manipolando finchè osso siasi incorporato uniformemente in tutta la massa. Allora col matterello distendete la pasta sino alla grossezza d'uno scudo o poco più, e tagliatene tanti pezzi eguali di forma tonda, servendovi all'uopo di un gran bicchiere capovolto, il cui orlo premerete contro la pasta medesima. Formati così tanti dischi, mettete nel mezzo di ciascuno di essi una porzione d'un battuto di carne cotta; bagnate con chiara d'uovo il contorno della pasta, ripiegate per metà sopra sè stesso ogni disco, premendo colle dita sull'orlo, onde il ripieno rimanga ben chiuso, e friggete nell'olio, avvertendo intanto di foracchiare con una forchetta ciascuna frittella, affinchè pel dilatarsi dell'aria che può esservi rimasta imprigionata non si abbiano ad aprire e lascino disperdere il ripieno.
Anzichè servirvi di scatole di latta che esigono un lavoro un po' lungo per la stagnatura, e che d'altra parte costano relativamente care, prendete delle bottiglie da champagne, risciacquatele accuratamente e lasciatele sgocciolar bene, riempiendole poi con i piselli, fino a quattro dita dalla bocca. Battete leggermente le bottiglie su uno strofinaccio ripiegato, affinchè i piselli assestandosi nella bottiglia, lascino meno vuoto possibile. Quando avrete riempito tutte le bottiglie, introducete in ognuna di esse l'acqua salata e fate che l'acqua ricopra bene i piselli. Tappate le bottiglie con dei buoni sugheri ammorbiditi in acqua bollente, meglio se potrete tappare le bottiglie con una macchinetta. Fate sul turacciolo una solida legatura in croce, avvoltolate le bottiglie con stracci, paglia o carta greve, mettetele in un grande caldaio con acqua fredda, in modo che l'acqua arrivi fin sul collo, mettete il caldaio sul fuoco, e fate bollire per un'ora. Tirate poi indietro il caldaio e prima di estrarre le bottiglie aspettate che l'acqua sia diventata completamente fredda. Spalmate i turaccioli con un po' di catrame o con della paraffina e conservate i piselli in dispensa.
bocca. Battete leggermente le bottiglie su uno strofinaccio ripiegato, affinchè i piselli assestandosi nella bottiglia, lascino meno vuoto possibile