Molta gente mangia più con la fantasia che col palato e però guardatevi sempre dal nominare, almeno finchè non siano già mangiati e digeriti, que' cibi che sono in generale tenuti a vile per la sola ragione che costano poco o racchiudono in sè un'idea che può destar ripugnanza; ma che poi, ben cucinati o in qualche maniera manipolati, riescono buoni e gustosi. A questo proposito vi racconterò che trovandomi una volta ad un pranzo di gente famigliare ed amica, il nostro ospite, per farsi bello, all'arrosto, scherzando, uscì in questo detto: «Non potrete lagnarvi che io non vi abbia ben trattati quest'oggi; perfino tre qualità di arrosto: vitella di latte, pollo e coniglio.» Alla parola coniglio diversi dei commensali rizzarono il naso, altri rimasero come interdetti, ed uno di essi, intimo della famiglia, volgendo lo sguardo con orrore sul proprio piatto, rispose: «Guarda quel che ti è venuto in capo di darci a mangiare! almeno non lo avessi detto! mi hai fatto andar via l'appetito.»
famigliare ed amica, il nostro ospite, per farsi bello, all'arrosto, scherzando, uscì in questo detto: «Non potrete lagnarvi che io non vi abbia ben
Infatti, per quanta cura si metta nella compilazione di un libro di questo genere, per quanto sia vasta l'esperienza e la scienza di chi lo pensa, lo elabora e finalmente lo scrive, per quanto sicure e garantite siano le fonti cui si attinge, non appena il libro sia stampato ci si accorge che qua e là v'è una lacuna sia pur piccola, che una dieta poteva essere arricchita, che il numero dei regimi poteva essere maggiore. Ciò è successo anche per il nostro « Cucchiaio d'Argento » e il vasto consenso che esso ha incontrato, tale da richiedere nel giro di pochi mesi una terza edizione, non ci ha impedito di notare che avremmo potuto fare al libro alcune utili aggiunte. Abbiamo chiesto alle nostre lettrici la preziosa collaborazione che ci ha permesso di aggiungere un capitolo di RICETTE REGIONALI già passate al vaglio dell'esperienza famigliare, e certo questa sezione sarà completata di edizione in edizipne, perchè la collaborazione è aperta a tutte coloro che vorranno mandarci ricette della loro regione, non ancora apparse sul « Cucchiaio d'Argento ».
permesso di aggiungere un capitolo di RICETTE REGIONALI già passate al vaglio dell'esperienza famigliare, e certo questa sezione sarà completata di
Si può affermare che da qualche tempo la cucina famigliare è in decadenza. Nella stessa Francia che pure vanta una gloriosa tradizione, già fin dall'ante-guerra una autorevole voce, quella di Marcel Prèvost, si è alzata per dare il grido d'allarme. La prima causa di questa decadenza, scrive l'autore di Vierges Fortes, è la mancanza di tempo per il pasto giornaliero in comune e la seconda è quella che, con spirito sottile, denomina la manìa della magrezza. Certo, molte altre se ne potrebbero enumerare e tutte più o meno in correlazione col nuovo, turbinoso ritmo della vita moderna, specialmente nei riguardi della donna che per un inspiegabile snobismo s'è allontanata quasi completamente dalla cucina. Ecco perchè l'arte di cucinare, se ha fatto grandi progressi nei ristoranti, è in assoluta decadenza nelle famiglie. E' molto esiguo il numero delle signore moderne che ancora non disdegnano di sorvegliare esse stesse la cucina ed indossare il grembiale bianco e mettersi davanti ai fornelli per preparare un buon pranzo; al posto della cuoca, oggi si cerca la bonne à tout faire e sulle manchevolezze della cucina si sorpassa ben più facilmente di quanto non si faccia per il bagno e la pettinatura del cagnolino. La ricerca del nuovo e del gustoso non assilla più la donna moderna e nelle mense famigliari dominano sempre gli stessi cibi: pare che ci si avvii verso una standardizzazione del gusto. È veramente deplorevole vedere che talvolta si offre agli ospiti un pranzo al ristorante e che alcune famiglie, quando è esiguo il numero dei componenti, al ristorante si domiciliano addirittura... Altre cause ed altri effetti potrebbero […] a proposito della decadenza della cucina famigliare; decadenza che è molto accentuata in Francia dove vige sovrana fra le classi alte […] die la pregiudiziale di una stridente e inconciliabile antitesi fra la «signora» e la «massaia». Pregiudiziale perniciosa che era stata importata anche in Italia dove però non ha attecchito, perchè le nostre signore sanno che la «donna moderna» non può scindersi dalla «massaia moderna». Si può star bene in salotto e stare bene in cucina; la dispensa deve avere per ogni donna la stessa importanza del guardaroba come la cucina quella del salotto. Un secolo di abbandono non ci deve far perdere il ricordo delle nostre tradizioni gastronomiche. Se nel secolo XIX ed al principio del nostro necessità superiori distolsero dalla cucina, occorre far tornare in auge l'arte culinaria che è il nesso essenziale dell'unione della famiglia. ———
Si può affermare che da qualche tempo la cucina famigliare è in decadenza. Nella stessa Francia che pure vanta una gloriosa tradizione, già fin dall
Dal brodo semplice famigliare per passare al così detto brodo consumato, non solo è necessaria una cottura prolungata, ma è altresì indispensabile aggiungere maggiore quantità di carne e pollame. Ecco la dose per ottenere del buon brodo ristretto. Si mette la carne, in proporzione alla quantità di brodo che si vuole ottenere, a freddo in una pentola con un mazzetto di odori, deponendola sul fuoco. Quando è in piena ebollizione, si abbassa la fiamma del fornello e si regola di sale, disponendo il coperchio per modo di facilitare l'evaporazione. Si toglie dalla pentola la carne appena cotta, si cola e si lascia consumare il restante in lenta ebollizione per tre ore circa. Passato questo termine, si cola, si sgrassa, e si chiarifica, se ve ne è bisogno.
Dal brodo semplice famigliare per passare al così detto brodo consumato, non solo è necessaria una cottura prolungata, ma è altresì indispensabile
«Bisogna che il popolo italiano si formi una coscienza autarchica» ha detto il Duce; ma tale coscienza deve trarre le sue profonde radici proprio nel ristretto ambito della famiglia, perchè la poderosa opera di autarchia nazionale intrapresa dal Fascismo possa essere compiuta. Occorre che il popolo italiano sappia trarre, dalle sue energie spirituali, la forza della rinunzia e del sacrificio, cominciando a praticare queste virtù nella vita famigliare, in quella vita semplice e modesta di ogni giorno, vissuta nell'intimità dolce degli affetti domestici. E l'esempio che questo popolo nostro, umile e grande, sobrio e laborioso ha saputo dare al mondo, sia durante la gloriosissima guerra etiopica, quando 52 Nazioni, coalizzate contro di lui, tentarono di affamarlo, sia durante l'immane conflitto che sconvolge oggi l'Europa, è veramente magnifico e costituisce per noi speranza sicura di un' ascesa sempre più alta e radiosa.
famigliare, in quella vita semplice e modesta di ogni giorno, vissuta nell'intimità dolce degli affetti domestici. E l'esempio che questo popolo nostro
123. Gnocchi bianchi. Prendete alquanta mollica di pane, mettetela a cuocere in una pignatta con buon latte e sale; formatene una pappa non molto liquida, e gettatela in mezzo ad alquanta farina che abbiate preparata sulla madia; con un mestolo fatele incorporare tanta farina quanta ne bisogni per poterla manipolare. Quindi a forza di lavorarla con le mani riducetela alla densità della pasta del pane; formatene piccoli bastoncelli della grossezza di un dito, e tagliateli della grossezza di una nocciuola; comprimete a uno alla volta questi pezzetti stessi sulla madia con un dito, e ritirando questo nel tempo che comprimete verso di voi, formatene una specie di cartoccino. Affinchè in questa operazione i pezzetti non si attacchino nè alla madia, nè alle mani, tenete infarinate l'una e le altre e comprimeteli con delicatezza. Metteteli a cuocere in brodo bollente; allorchè siano cotti scolateli bene col colatoio, e conditeli come i maccheroni (n. 121). Potrete aggiungere alla pasta due rossi d'uova e un poco di butirro, così gli gnocchi saranno migliori. Volendoli fare più alla famigliare, ma delicatissimi, fate una densa farinata bianca salata in luogo della pappa, dipoi fate il rimanente come sopra, ma non mettete le uova ed il butirro, e condite come i maccheroni.
saranno migliori. Volendoli fare più alla famigliare, ma delicatissimi, fate una densa farinata bianca salata in luogo della pappa, dipoi fate il
Molte di Voi, Signore e Signorine, sanno suonare bene il pianoforte o cantare con grazia squisita, molte altre hanno ambitissimi titoli di studi superiori, conoscono le lingue moderne, sono piacevoli letterate o fini pittrici, ed altre ancora sono esperte nel «tennis» o nel «golf», o guidano con salda mano il volante di una lussuosa automobile. Ma, ahimè, non certo tutte, facendo un piccolo esame di coscienza, potreste affermare di saper cuocere alla perfezione due uova alla «coque». Avete mai pensato che, non ostante le molte virtù di cui siete adorne, vi trovereste in un imbarazzo piuttosto serio, se per un caso fortuito foste costrette ad assumervi l'incarico di preparare la più modesta delle colazioni? Le Signore che ci leggono ne avranno certo fatta la non piacevole esperienza; ed anche Voi, gentili e graziose Signorine, che vi avviate a realizzare il vostro sogno d'amore, avrete, credete a noi, delle non lievi contrarietà se insieme alle doti della mente e del cuore non porterete al vostro compagno anche una perfetta conoscenza dell'arte della cucina. Pensate che non vi può essere una vera felicità là dove viene trascurata una parte così essenziale della nostra vita di tutti i giorni: l'alimentazione. Voi risponderete che è molto facile trovare una cuoca e trarsi rapidamente d'imbarazzo. Ebbene no. Ciò poteva accadere molti anni addietro; ma adesso, credete, questi tempi felici son passati, e le cuoche si fanno sempre più rare. E in ogni caso, anche quando voi per una fortunata combinazione foste riuscite a pescare questa perla rara, vi trovereste necessariamente costrette ad abdicare ad ogni vostra autorità, a rinunziare a qualsiasi controllo e lasciare che una persona mercenaria faccia e disfaccia a suo talento, imponendovi le sue opinioni, il più delle volte interessate o illogiche, spendendo il vostro danaro senza menomamente preoccuparsi di realizzare la più piccola economia. Di più le cuoche hanno i loro piatti di battaglia dai quali non ci si libera, e che, ripetuti alla sazietà, anche se ottimi, finiscono con lo stancare. Generalmente non si può chiedere alle cuoche più di quello che esse possono o vogliono dare. Inutile pensare dunque a preparazioni minuziose e pazienti. Tutto ciò che necessita un lavoro troppo lunga viene escluso e si ha il trionfo della cosidetta cucina volante: qualche frittura, molte frittate, dell'umido, carne al forno o in padella, il solito brodo o la non men solita pasta asciutta invariabilmente condita con burro e formaggio o con un po' di salsa di pomodoro, e l'eterna, malinconica verdura all' agro o in padella. Ed è tutto. Ma è questa la cucina? La cucina, la più gaia delle arti e insieme la più piacevole delle scienze, è qualche cosa di ben diverso; e solo conoscendone profondamente i segreti si può riuscire con semplicità di mezzi a preparare giorno per giorno una serie sempre variata di pietanze, spendendo il puro necessario e arrecando un senso di benessere nella propria famiglia. Con piena coscienza noi vi diciamo: Signore, perfezionate sempre più le vostre cognizioni di cucina; Signorine, imparate a ben cucinare. Un «menu» semplice e ben eseguito è la pace della famiglia, ed è anche la certezza di veder apparire a casa il vostro compagno non appena i suoi affari o il suo impiego lo lasceranno libero. La mensa famigliare, sulla quale a ora fissa faranno la loro gioconda apparizione due o tre pietanzine sapientemente preparate da manine care, sarà per lo sposo una immancabile attrazione.
lasceranno libero. La mensa famigliare, sulla quale a ora fissa faranno la loro gioconda apparizione due o tre pietanzine sapientemente preparate da manine
I libri di cucina pubblicati fino ad oggi ammontano, senza dubbio, ad alcune centinaia. Ma chi volesse tra questa sovrabbondanza di pubblicazioni cercare il «vero» libro di cucina forse non lo troverebbe. Una sola grande eccezione: la «Guide culinaire», di Augusto Escoffier. Il Maestro ha edificato con questa opera un insigne monumento all'arte gastronomica, raccogliendone le più pure tradizioni e coordinandole con grandiosità di linee, demolendo inesorabilmente tutto il vecchiume per gettare le basi di una tecnica moderna perfetta, armoniosa e rispondente alla evoluzione del tempo e alle conquiste che, anche nel vastissimo campo avente con la cucina immediati o mediati riferimenti, si sono verificate. Questa mirabile opera è in lingua francese; ma se la questione della lingua può essere cosa trascurabile, un'altra e più seria difficoltà è presentata dal fatto che la «Guide culinaire» è scritta esclusivamente per i professionisti; e quindi in forma sintetica e con la speciale terminologia tecnica dell'alta cucina. Cosicchè questo trattato, di una preziosa utilità per chi è iniziato alla grande scuola non potrebbe essere consultato con eguale profitto ai fini della cucina domestica. Tra i libri italiani moderni sarebbe vano ricercare qualcosa di simile — un tentativo in grande stile fatto anni addietro dal dott. Cougnet con la collaborazione di professionisti ebbe esito infelicissimo — e d'altra parte è risaputo che i trattati professionali hanno sempre un interesse assai relativo per la limitata cerchia di persone alle quali necessariamente si rivolgono. Una vera pletora c'è invece in quel che riguarda la letteratura gastronomica ad uso delle famiglie. Se volessimo semplicemente enumerare i libri italiani di cucina antichi e moderni del genere, potremmo comporre un interminabile indice bibliografico. Non lo faremo, che è nostra consuetudine non perdere del tempo nè farlo perdere ad altri. Dai librai di lusso alle più modeste cartolerie, dai chioschi delle stazioni ferroviarie ai banchetti volanti che nelle strade o nelle piazze offrono libri d'occasione, troverete volumetti e volumi di cucina dai titoli più promettenti: Re dei cuochi, vero Re dei cuochi, Re dei Re dei cuochi, ecc.: una tale dovizia di cuochi coronati da permettere di estendere il regime monarchico su tutta la superficie di questo nostro vecchio pianeta. Ebbene, in così lussureggiante fiorire di pubblicazioni, non una che insegni a cucinare, perchè o compilate a scopo di bassa speculazione da empirici, che si sono accontentati di ritagliare con le forbici delle ricette senza avere la capacità di esercitare su esse il minimo controllo — vediamo infatti che questo genere di libri non porta quasi mai il nome dell'autore — o, nella migliore delle ipotesi, dovute a professionisti, i quali però avendo non solamente poca pratica con la grammatica e la sintassi, ma nessuna comunicativa, non sono riusciti a farsi comprendere e hanno avvolto le loro ricette in una fitta rete di spropositata nebulosità. Facendo un'accurata selezione di tutta la letteratura gastronomica italiana, rimangono quattro autori degni di considerazione: due antichi e due più vicini ai nostri tempi. I grandi trattati che portano ancora attorno la loro decrepita fastosità sono quelli del Vialardi, cuoco di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II, e l'altro, di cui fu principale collaboratore il Nelli. Ambedue di ampia mole e dovuti a persone di indiscutibile competenza, poterono forse rappresentare al loro tempo una notevole affermazione. Ma purtroppo essi non rispondono più sia alla evoluzione della cucina, sia a quei principi di economia e di semplicità che, per forza di cose, si sono imposti alla mensa famigliare. Scorrendo le vecchie pagine, dove si parla di petti di fagiani o di pernici, di salse a base di tartufi, di leccornie d'ogni specie presentate su zoccoli monumentali o con difficoltose e dispendiosissime decorazioni, non si può a meno di sorridere, pensando che una sola di queste pietanze assorbirebbe tutto ciò che una famiglia di media fortuna spende in una settimana ed anche più. Rimangono dunque, questi trattati, semplice documentazione di un ciclo culinario esageratamente fastoso, ma oramai conchiuso per sempre. In tempi più recenti, gli autori che si sono divisi principalmente il favore del pubblico sono: Adolfo Giaquinto e Pellegrino Artusi. Il Giaquinto, reputato gastronomo, ha portato con le sue varie pubblicazioni un salutare risveglio nella pratica culinaria, ed è stato un fecondo volgarizzatore della gaia scienza nelle famiglie. Queste pubblicazioni però non sono recentissime, e risalgono ad epoche se non troppo lontane certo più fortunate, quando le famiglie non erano assillate dal problema del caro viveri; ed anche allora, dagli stessi suoi ammiratori, fu rimproverato all'autore una sensibile ed evidente tendenza alla ricchezza di preparazioni che caratterizzava appunto quella cucina di cui il Giaquinto è stato, senza dubbio, apprezzato campione. L'autore che riuscì invece a vendere stracci e orpelli per sete rare e oro fu Pellegrino Artusi, nume custode di tutte le famiglie dove non si sa cucinare. Per taluni tutto ciò che dice l'Artusi è vangelo, anche quando questo ineffabile autore scrive con olimpica indifferenza le sciocchezze più madornali. Anzitutto egli dichiara di essere un dilettante e di aver provato le sue ricette alla sazietà, fino a che gli riuscirono bene, o meglio sembrò a lui che riuscissero tali. Egli fa un edificante preambolo che suona presso a poco così: Guardate, io non so cucinare, tanto vero che i cuochi preparano le ricette che io insegno in un modo completamente diverso. Però dopo una serie di tentativi sono riuscito ad ottenere qualche risultato, ed anche voi, un po' con la mia guida (!), un po' con la vostra pazienza, può darsi che riusciate «ad annaspar qualche cosa». Ed allora vien voglia di chiedere a questo signor Artusi perchè mai, stan[...]
cucina, sia a quei principi di economia e di semplicità che, per forza di cose, si sono imposti alla mensa famigliare. Scorrendo le vecchie pagine, dove si
Il tradizionale piatto di ogni giovedì nelle piccole trattorie romane e il piatto che molti buoni romani prediligono in occasione di qualche riunione famigliare: i gnocchi. Tra coloro che ne sono ghiottissimi e coloro i quali ritengono che sia un peccato sprecare l'abbondante sugo e formaggio necessario per condire... delle patate, noi rimarremo neutrali, limitandoci a dare la ricetta, non certo per le abbonate romane, ma per quelle di altre città. Si mettono a lessare delle patate piuttosto grosse e di qualità farinosa, calcolandone due chilogrammi per sei persone. Appena cotte si sbucciano, si schiacciano e si lasciano un po' raffreddare. S'impastano allora le patate con un po' di farina. È difficile dare dosi esatte di farina perchè alcune qualità assorbono più, altre meno farina; in genere però ne occorreranno circa 200 grammi per ogni chilogrammo di patate. Amalgamate bene le patate con la farina e ottenuta una pasta morbida, si taglia a pezzi, e d'ogni pezzo, sulla tavola infarinata, se ne foggiano dei cannelli della grossezza di un dito, che si ritagliano poi in tanti pezzetti di un paio di centimetri. Si rotola alla svelta ognuno di questi pezzetti tra il tavolo e le dita e per ultimo ci si appoggia la punta del medio facendo su ogni gnocco una piccola fossetta. Si allineano man mano su una tovaglia infarinata e intanto si mette sul fuoco un recipiente con acqua e sale. Quando l'acqua bolle si mettono giù un po' di gnocchi alla volta e appena tornano a galla si estraggono con una cucchiaia bucata, si lasciano sgocciolare bene, e si dispongono a strati in una zuppiera, condendo ogni strato con abbondante sugo d'umido e parmigiano grattato.
famigliare: i gnocchi. Tra coloro che ne sono ghiottissimi e coloro i quali ritengono che sia un peccato sprecare l'abbondante sugo e formaggio
Le patate «pailles» comuni alle trattorie di lusso e agli alberghi meritano di essere diffuse anche nella cucina famigliare perchè sono appetitosissime e perchè costituiscono una guarnizione elegante. Si sbucciano le patate, si tagliano in fette lunghe dello spessore di tre millimetri, che si ritagliano poi in striscie sottili in modo da ottenere tante asticelle della lunghezza e della grossezza di un fiammifero di legno. Mettete le patate così tagliate in una catinella con acqua fresca, lavatele, asciugatele in una salvietta e friggetele di bel color d'oro e croccanti, nell'olio o nello strutto. Spolverizzatele di sale e servi te vene di preferenza come guarnizione di bistecche arrosto.
Le patate «pailles» comuni alle trattorie di lusso e agli alberghi meritano di essere diffuse anche nella cucina famigliare perchè sono
A questo proposito vi racconterò che trovandomi una volta ad un pranzo di gente famigliare ed amica, il nostro ospite, per farsi bello, all'arrosto, scherzando, uscì in questo detto: «Non potrete lagnarvi che io non vi abbia ben trattati quest'oggi; perfino tre qualità di arrosto, vitella di latte, pollo e coniglio.» Alla parola coniglio diversi dei commensali rizzarono il naso, altri rimasero come interdetti ed uno di essi, che era l'intimo della famiglia, guardando con orrore nel proprio piatto, rispose: «Guarda quel che ti è venuto in capo di darci a mangiare! almeno non lo avessi detto! mi hai fatto andar via l'appetito.»
A questo proposito vi racconterò che trovandomi una volta ad un pranzo di gente famigliare ed amica, il nostro ospite, per farsi bello, all'arrosto