4° Colla calcina anche si conservano le uova. Once 28 calcina, viva, grassa e fresca e 25 boccali d'acqua bastano per 30 dozzine d'uova. Si pone la calce in un vaso inverniciato, e la si asperge di poca acqua affinchè fiorisca. Si aggiungono allora grado a grado tutti i 25 boccali d'acqua dimenando il miscuglio, e seguitando a rimescolarlo interpolatamente per alcuni minuti nel corso di due o tre ore; si lascia indi in quiete finchè l'acqua abbia fatto la sua deposizione, e sia tornata limpida; poscia si versa questa in altro vaso, lasciando nel primo la poltiglia deposta. Si collocano pian piano sopra questa poltiglia le uova e vi si versa sopra l'acqua di calce ritirata fino a tre dita al di sopra delle medesime, e si copre il vaso con un coperchio di tela incerata, e qualche tavoletta. Le uova così deposte si conservano intatte, piene, trasparenti e fresche anche per varii anni. Bisogna però avere l'avvertenza di tenere il recipiente in luogo fresco, ma però ove non geli; di conservare l'acqua sempre allo stesso livello al di sopra delle uova, rimettendone ogni volta che occorra; di levare dal vaso le uova solamente quando si vogliono consumare; di togliere tosto quelle che per caso si spezzassero, il che si conoscerà dal vedere sparire quella pellicola che suole formarsi nella superficie dell'acqua, ed in questo caso, di trasportare tosto le uova sane in altro vaso con nuova acqua di calce preparata come la prima.
un coperchio di tela incerata, e qualche tavoletta. Le uova così deposte si conservano intatte, piene, trasparenti e fresche anche per varii anni
Tirata in ristretto una mezza tavoletta di cioccolata, ed unitivi quattro rossi d'uova, si sciolga tutto con un bicchiere di panna, a cui si unirà un mezzo bicchiere di gelatina purgata, o di colla di pesce se di magro, o finalmente di gambino di vitello; si tiri al fornello badando bene che non bollisca, e si passi in seguito allo staccio. Così se vi piace, preparate anche un sabbajone legato con altrettanta gelatina o colla. Ciò fatto, coprite internamente una casseruola con della carta, adattandovi sul fondo ed all'interno dei biscottini, ed in seguito mettetevi uno strato di sabbajone, e lasciatelo gelare; poi altro strato di crema, e cosi via via sino a che sia piena la casseruola, che passerete al ghiaccio per qualche ora e dopo averla capovolta sul piatto con la sua salvietta piegata e levata la carta, servitela.
Tirata in ristretto una mezza tavoletta di cioccolata, ed unitivi quattro rossi d'uova, si sciolga tutto con un bicchiere di panna, a cui si unirà un
La cima è una famosa specialità della cucina genovese e costituisce un ottimo piatto di carne il quale non solo può tornare utilissimo nei pasti quotidiani, ma, per l'eleganza della sua confezione può servire anche come pietanza raffinata in occasione di qualche pranzo d'impegno. La sua esecuzione non presenta alcuna difficoltà. Bisogna provvedersi di uno speciale taglio di carne, cioè un pezzo di ventre di bue scelto vicino al petto, o anche di un pezzo di petto sottile. Notiamo qui che la vera cima genovese si fa col ventre, che però non offre altro che della pelle. Adoperando il petto si può utilizzare anche un po' di carne. Comunque, in possesso del pezzo di carne (ce ne vorrà circa mezzo chilogrammo) stendetelo sulla tavola e con un coltello ben tagliente apritelo in due senza però intaccare gli orli che dovranno rimanere di circa due centimetri. Per intenderci meglio, voi dovrete ottenere una specie di tasca aperta da un solo lato. Questo forma l'involucro destinato ad accogliere il ripieno. Il quale ripieno si fa così: prendete una animella di vitello, scottatela un istante in acqua bollente, liberatela da qualche pellicola e poi mettetela in una padellina con un pochino d'olio e di burro, un pezzettino d'aglio e poca cipolla. Fate cuocere piano per pochi minuti senza far rosolare l'animella, e poi toglietela dal fuoco e ritagliatela in dadini assai piccoli. Mettete in bagno 100 grammi di mollica di pane, spremetela e mettetela sul tagliere con 200 grammi di magro di maiale e 50 grammi di lardo. Tritate tutto assai fino, condite con sale e pepe, una buona pizzicata di foglie di maggiorana un uovo e un pugno di parmigiano grattato e in questo trito amalgamate l'animella in dadini e 100 grammi di pisellini sgranati. Nella stagione in cui non ci sono i piselli freschi si supplisce efficacemente e in modo assai sbrigativo con piselli in scatola. Ottenuto questo impasto, mettetelo dentro la tasca preparata, pigiate bene affinchè non restino vuoti e procurate di dare all'insieme una forma rotonda. Con un ago grosso e del filo forte cucite l'apertura della tasca, cucendo anche qualche eventuale strappo che si fosse fatto durante l'operazione. Fate due o tre legature con dello spago per mantenere in forma la cima e poi mettetela a cuocere in acqua, preferibilmente calda, nella quale aggiungerete una mezza cipolla, una costolina di sedano, un pezzo di carota gialla e un pezzetto di foglia di lauro. Trascorse un paio d'ore estraete la cima, mettetela in un piatto, copritela con una tavoletta e sulla tavoletta appoggiate un paio di ferri da stiro, affinchè l'interno possa ben pressarsi. Questa squisita pietanza si può mangiare calda o fredda. Se volete mangiarla calda tenetela a riposare vicino al fuoco. In questo caso, giunta l'ora del pranzo, l'affetterete con un coltello ben tagliente e la servirete con un piatto di verdura cotta, a vostra scelta. Se volete invece mangiarla fredda, lasciatela riposare più a lungo in un ambiente fresco, poi affettatela e servitela con accompagnamento di gelatina o di insalata russa o anche di verdura all'agro. Il brodo che avrete ottenuto dalla cottura della cima, è ottimo e potrà essere utilizzato per delle eccellenti minestre. La vera ricetta, quella che abbiamo descritta, vuole l'impiego di una animella di vitello. Volendo fare le cose in via più economica, potrete sopprimerla ed otterrete ugualmente un piatto di carne squisito e raccomandabilissimo per famiglia.
gialla e un pezzetto di foglia di lauro. Trascorse un paio d'ore estraete la cima, mettetela in un piatto, copritela con una tavoletta e sulla
La lingua allo scarlatto fatta in casa, riesce di sapore assai più delicato di quella che ordinariamente si vende dai pizzicagnoli e salsamentari, non solo, ma può costituire così un ottimo piatto caldo, come una eccellente riserva fredda. Il sistema di salatura è facilissimo e il risultato, anche economicamente, assai soddisfacente. Quindi, dopo averne fatto l'esperimento, prenderete l'abitudine di questa preparazione elegante e gustosa. Comperate una lingua di bue. I macellai vendono la lingua con tutta la parte posteriore attaccata. Voi tagliate col coltello questa parte in più, e servitevene pel bollito, coppiette, ecc. Tutto l'altro pezzo che costituisce la vera lingua la passerete un istante sulla fiamma per poterla spellare facilmente, e poi col pestello di legno incominciate a batterla, per slegarne le fibre. Questa battitura va fatta con garbo, in tutti i sensi, e non con troppa forza, altrimenti la lingua si spezzerebbe. Date dei piccoli colpi, fino a che constaterete che la lingua, prima dura e rigida, è ora pieghevole in tutti i sensi. Prendete un pugno di sale fino e fregando con la mano lo farete assorbire poco a poco alla lingua, girandola in tutti i sensi. Dopo che avrà assorbito il sale fate assorbire con lo stesso sistema una cucchiaiata di salnitro. Il salnitro facilita la conservazione della lingua e ne assicura il color rosso. È sostanza innocua e viene largamente usata nelle preparazioni delle carni conservate. Assorbito il salnitro, fate assorbire ancora un altro pochino di sale; poi prendete una terrinetta, mettete un po' di sale sul fondo e su questo disponete la lingua inciambellata. Sulla lingua mettete ancora del sale fino, copritela con una tavoletta e metteteci sopra un ferro da stiro o qualsiasi altro peso. Per evitare però che i ferri possano ossidarsi venendo a contatto con la salamoia, sarà meglio mettere sulla tavoletta, prima una scodella e dentro questa porre i ferri da stiro o un grosso sasso. Lasciate stare così la lingua per tre o quattro giorni in un luogo fresco. Poi levate i pesi e voltatela. Prima di ricoprirla con la tavoletta mettete sul fuoco in una casseruola mezzo bicchiere di vino rosso con due o tre chiodi di garofano, un paio di foglie d'alloro, un po' di pepe nero infranto e un pizzico di coriandoli. Appena il vino leverà il bollore, toglietelo dal fuoco e aspettate che si freddi. Allora rovesciatelo sulla lingua con tutte le droghe. Il sale della lingua, sciogliendosi, avrà fatto una salamoia liquida alla quale aggiungerete il vino aromatizzato. Rimettete la tavoletta e la scodella con i pesi e lasciate stare così per altri quattro o cinque giorni. Dopo i quali estraete la lingua dal suo bagno, risciacquatela in acqua fresca e mettetela a cuocere in acqua bollente, con i soliti legumi che si adoperano per il bollito. Procurate che la lingua bolla adagio e regolarmente per un paio d'ore e più, fino a che constaterete che è cotta senza però essere passata. Estraetela allora dal broro, e levatele la seconda pelle, che verrà via facilissimamente, come un guanto. Se questa lingua vorrete mangiarla calda affettatela e fatela portare in tavola con contorno di spinaci al burro o di patate mâchées, altrimenti tenetela in dispensa e servitevene come piatto freddo, contornandola di gelatina.
mettete ancora del sale fino, copritela con una tavoletta e metteteci sopra un ferro da stiro o qualsiasi altro peso. Per evitare però che i ferri
Trascorsa l'ora e mezzo di lentissima ebollizione, tirate fuori la galantina, appoggiatela su un piatto grande e lasciatela così, senza svolgerla dal tovagliolo. Dopo un quarto d'ora tagliate le legature e solo allora liberate la galantina dal tovagliolo. Prendete questo tovagliolo — il tovagliolo solo! — gittatelo in una catinella d'acqua fresca, risciacquatelo bene, strizzatelo, e così umido stendetelo sul tavolo, per avvolgervi nuovamente la galantina, che legherete ancora, come la prima volta. Appoggiate sulla galantina una tavoletta di legno o un piatto ovale piuttosto grande e metteteci sopra uno o due ferri da stiro, o qualunque altro peso a vostra scelta. Guardate però che il peso sia debole, poichè in caso contrario la galantina perderebbe nella compressione una parte della sua pastosità e riuscirebbe secca. Lasciatela in riposo per una diecina di ore e poi slegatela, affettatela e accomodatela in un piatto, circondandola di crostoni di gelatina. Se nonostante tutta l'attenzione, nel togliere la galantina dal fuoco trovaste qualche lacerazione nella pelle, non ve ne preoccupate. Col secondo imballaggio nella salvietta bagnata e con la leggera compressione, l'inconveniente sparirà. È sempre meglio preparare la galantina il giorno prima, per darle tempo di rassodarsi bene e anche per poter sgrassare completamente la gelatina.
galantina, che legherete ancora, come la prima volta. Appoggiate sulla galantina una tavoletta di legno o un piatto ovale piuttosto grande e metteteci
Stendete allora la rete sul tavolo, versate la farcia nella terrina dove ci sono i dadi di carne, prosciutto, ecc., e con un cucchiaio — o quel che sarebbe meglio con le mani — impastate leggermente il tutto, in modo che i dadi vengano a trovarsi legati fra loro dal composto molle della farcia. Non vi preoccupate del marsala nella terrinetta: esso verrà incorporato nell'impasto e servirà a rendere più profumata la galantina. Fatto questo, prendete con le mani la massa impastata e deponetela sulla rete cercando di darle una forma arrotondata; ricoprite l'impasto di carne con la rete e rinchiudetevelo come voleste incartarlo. Mentre andate involgendo la galantina nella rete, procurate, con le mani, di darle l'aspetto di un coteghino. Ripiegate le due estremità della rete e con un grosso ago cucite intorno intorno, come se si trattasse di un pacco postale. Avvolgete la galantina in una salvietta che torcerete alle due estremità come una grossa caramella, e fermate ogni estremità con una forte legatura. Altre due legature farete nel mezzo della galantina, così che essa rimanga solidamente imballata. Mettetela in una casseruola con acqua, sale, e i soliti odori (cipolla con un chiodo di garofano, carota gialla, sedano, prezzemolo) e quando l'acqua starà per bollire, tirate la casseruola sull'angolo del fornello e badate che la galantina cuccia per un'ora e mezzo, bollendo insensibilmente. Se il liquido bollisse troppo forte la farcia interna, in luogo di stringersi, si disgregherebbe. Trascorso il tempo fissato estraete la galantina dal suo bagno, lasciatela riposare cinque o sei minuti, poi tagliate le legature e svolgetela dalla salvietta. Gettate questa salvietta in una catinella con acqua fredda, risciacquatela un poco, strizzatela, stendetela sul tavolo e in essa involgete di nuovo la galantina, legandola come prima. Appoggiate una tavoletta o un piatto ovale sulla galantina ponendoci sopra un paio di ferri da stiro o qualunque altro peso. Lasciate stare così fino al giorno dopo affinchè la galantina possa ben pressarsi. Il peso non deve essere eccessivo, altrimenti la galantina, troppo compressa, potrebbe riuscire secca. L'indomani togliete le legature, aprite la salvietta e tagliate la galantina in fette servendovi di un coltello bene affilato, il brodo avanzato potrete utilizzarlo, dopo averlo sgrassato accuratamente, per fare delle minestre o dei minestroni, o meglio ancora, potrete servirvene per confezionare della gelatina. S'intende che volendo adoperare il brodo per la gelatina dovrete unirvi della colla di pesce o mettere a bollire con la galantina un paio di piedi di vitello allo scopo di comunicare al brodo quell'elemento colloso necessario per farlo rapprendere.
involgete di nuovo la galantina, legandola come prima. Appoggiate una tavoletta o un piatto ovale sulla galantina ponendoci sopra un paio di ferri da stiro
Il taglio di carne da preferirsi per questa preparazione è il petto; e siccome è vivanda che si conserva parecchio tempo è opportuno prepararne una discreta quantità, anche perchè in questo modo si ottiene un risultato migliore. Prendete un grosso pezzo di petto di bue al quale toglierete le ossa, il tenerume e una parte del grasso e mettetelo per dieci o quindici giorni — a seconda della quantità della carne — in una salamoia speciale che ora vi descriveremo. La quantità di questa salamoia deve essere proporzionata al volume della carne, la quale deve rimanere completamente sommersa nel bagno. Mettete una pentola sul fuoco con dell'acqua, tenendo presente che per ogni litro di essa dovrete adoperare 100 grammi di sale, 50 grammi di zucchero greggio, detto anche zucchero biondo, una dozzina di grammi di salnitro, un ramoscello di timo, uno o due foglie di lauro e qualche pezzetto di macis, che come sapete, è l'involucro della noce moscata e si vende in tutte le drogherie ben fornite, o dagli erboristi. Fate bollire questa salamoia per cinque minuti e lasciatela raffreddare completamente, per travasarla poi in un grande catino di terraglia o altro recipiente adatto, ma, preferibilmente di terraglia, di porcellana, o anche di legno. Nella salamoia fredda immergete il petto di bue, e affinchè rimanga ben sommerso copritelo con una tavoletta di legno ben netta, sulla quale potrete appoggiare un grosso ciottolo. Di quando in quando — una volta al giorno è sufficiente — voltate la carne e allorchè sarà trascorso il tempo necessario perchè il sale abbia compiuto perfettamente il suo ufficio, estraete la carne dal bagno, risciacquatela diligentemente e mettetela a cuocere.
tavoletta di legno ben netta, sulla quale potrete appoggiare un grosso ciottolo. Di quando in quando — una volta al giorno è sufficiente — voltate la
Prendete mezza testa di maiale, raschiatela, nettatela bene con acqua bollente, uniteci uno zampetto e un ginocchietto, e mettete tutto in una pentola con abbondante acqua in ebollizione; condite con un po' di sale, una cipolla steccata di un paio di chiodi di garofani, una carota gialla, una costola di sedano e un ciuffo di prezzemolo. Lasciate cuocere dolcemente per qualche ora, finchè le ossa si separino facilmente dalla carne. Estraete allora i vari pezzi dalla pentola, togliete via tutte le ossa, e tagliate la carne in pezzetti raccogliendoli in una insalatiera. Condite questi pezzetti con altro sale, abbondante pepe, un pizzico di spezie e la buccia di un limone grattata o fatta in minuscoli quadratini, un pizzico di pistacchi e un pugno di pinoli. Mescolate affinchè il condimento si spanda egualmente e rovesciate questi pezzi ancora caldi nel mezzo di una salvietta grande e forte. Date allora alla coppa una forma allungata e arrotolatela strettamente nella salvietta facendo due legature, una ad ogni estremità, e un paio di altre legature ben strette in mezzo, di modo che la coppa prenda la forma di un grosso coteghino. Fatto questo mettete la coppa sul marmo di cucina, appoggiateci sopra un piatto ovale, o un coperchio, o meglio ancora una tavoletta di legno, ponete su questa un paio di ferri da stiro e lasciate così una mezza giornata, trascorsa la quale potrete togliere le legature e la salvietta.
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Procuratevi 2 chilogrammi di fiori e cime di levanda, poneteli in un piccolo lambicco colla diaframma in fondo; in mancanza di questa metterete della paglia o dei vimini con 4 litri d'acqua e 150 grammi di sale da cucina. Fate però attenzione che il liquido non oltrepassi i tre quarti del lambicco, altrimenti non potrebbe operare; dopo 2 giorni apparecchiate il lambicco sul fornello, chiudete bene e sue giunture con della carta ammollata nel pastello, fatto questo con chiara d'uova e farina bianca, tenendo sempre fresca l'acqua del capitello e della serpentina; il primo quintino circa che escirà sarà la flemma che si tralascerà, poi involgerete l'estremità del cannello della serpentina che entra nella bottiglia, in un piccol strofinaccio di cotone, onde non esali l'odore dell'estratto; l'acqua deve uscire a goccie precipitate; la prima che escirà sarà limpida, poi lattosa, ma gradatamente, e quando uscirà nuovamente chiara, sospendete l'operazione perchè è segno non esservi più olio volatile. Dopo 4 ore circa, l'essenza si troverà galleggiante, e con una specie di pipetta, come adottano i toscani a levare l'olio dai fiaschi, ritirerete l'essenza, mettendola in una piccola bottiglia ma ben turata, conservandola in luogo privo di luce. L'acqua poi servirà per uso di tavoletta o per altra distallazione in luogo dell'acqua pura. — Se la distallazione la farete a bagno maria, cioè mettere il lambicco in un altra caldaia coll'acqua in ebollizione, sarà allora più sicura l'operazione. — Coll'istesso metodo potrete estrarre le essenze con altre qualità di scorze: di cedro, di bergamotto, di aranci, ovvero di fiori di rose, di garofano, foglie di lauro ceraso, di cedronella, di basilico, di menta, ecc. Circa poi ai generi secchi, come canella, chiovi di garofano, anice stellato, vaniglia, radice angelica, noce moscata, bacchi di ginepro, ecc., si dovranno prima pestare nel mortaio e lasciarli 4 o 5 giorni nella loro fusione, adoperandoli in piccola dose, cioè 200 grammi per ogni litro d'acqua.
bottiglia ma ben turata, conservandola in luogo privo di luce. L'acqua poi servirà per uso di tavoletta o per altra distallazione in luogo dell'acqua pura
Dopo lavato in più acque, stillatelo, asciugatelo, e ponetelo nella padella da pesce lasciandolo cuocere al fuoco pian piano per circa due ore. Questo modo di farlo cuocere è il più semplice e migliore; il pesce conserva meglio il suo sapore; e il suo bel naturale colore adesca meglio e più gradevolmente l'occhio che non quella specie di corazza violacea che gli comunica il vino entro a cui molti lo fanno cuocere insieme con aromi che alterano la delicatezza della carne. Questo bel pesce viene servito, con un contorno di prezzemolo, sopra un piatto coperto di una salvietta, ovvero, in mancanza di tondi abbastanza capaci, sopra una tavoletta del pari guarnita di salvietta. Servite separatamente una salsa di vostra scelta, come salsa con capperi, salsa olandese, salsa con burro di acciughe, salsa ginevrina, o alla Vittoria.
mancanza di tondi abbastanza capaci, sopra una tavoletta del pari guarnita di salvietta. Servite separatamente una salsa di vostra scelta, come salsa con
Per questa sorta di dolci è d'osservarsi, che la neve delle chiare sia ben montata (pag. 4) e che vi si aggiunga attraverso uno staccio lo zucchero in finissima polvere. Si sbatte la terza parte col fuscello a vimini ad una densa neve, mescolandovi lestamente con una spatola il resto dello zucchero all'aroma di vaniglia. Si dispone la massa spumosa coll'aiuto di 2 cucchiai di argento sulla lamiera unta di cera o sulla carta. Per farne dei buffetti, anelli ecc., la si preme oltre un cartoccio (vedi pag. 89). Qualora gli spumanti devono mantenersi molli internamente, per riunirli con un ripieno nel mezzo, la carta ove si collocano va posta sopra una sottile tavoletta di legno inumidita con acqua fredda e questa a sua volta adagiata sulla lamiera, onde il calore tocchi soltanto la superficie.
nel mezzo, la carta ove si collocano va posta sopra una sottile tavoletta di legno inumidita con acqua fredda e questa a sua volta adagiata sulla
Si disegnano sulla carta con un taglia-paste da krapfen dei rotondini, spingendo su questi con un cornetto dei buffetti bene rigonfi, fatti d'un composto di 28 deca di zucchero e le chiare di 4 piccole uova, e spolverizzati collo zucchero si lasciano riposare fino a che questo sia sciolto. Dipoi si pone la carta sopra una sottile tavoletta di legno al forno poco caldo, cuocendo lentamente i krapfen per renderli fermi e chiari. Interamente raffreddati si vuotano internamente: con un cucchiaio, adagiandoli sopra uno staccio per asciugarne la parte interna; poscia s'intonaca la metà dei buffetti con un ghiaccio alla cioccolata, e lasciatovelo asciugare si riunisce un bianco ed un nero buffetto con frammezzo della panna montata.
pone la carta sopra una sottile tavoletta di legno al forno poco caldo, cuocendo lentamente i krapfen per renderli fermi e chiari. Interamente
77. Tirate ristretto una tavoletta di cioccolato, unitevi otto rossi d'uova, scioglietela con un mezzo di pannera, mettendovi un bicchiere di colla di pesce o di piedi di vitello come sopra ai num. 87 e 88, tiratelo al fornello osservando che non bolla e passatelo al sedaccio. Fate un sabajone alla milanese come al n. 66 di questo capitolo, legatelo con altrettanta colla di pesce o di piedi di vitello: indi coprite una cassarola di carta, ponendovi sopra dei biscottini, mettetevi poco sabajone o creme, lasciatelo gelare, in seguito formate un suolo di creme, ed altro di sabajone, sino a che sia piena la cassarola, ponetela alla stuffa per tre e più ore, versatela sopra d'una salvietta, levategli la carta e servitela.
77. Tirate ristretto una tavoletta di cioccolato, unitevi otto rossi d'uova, scioglietela con un mezzo di pannera, mettendovi un bicchiere di colla