Ortaggi e legumi non dovrebbero mancare nemmeno una volta sulla tavola familiare: dirò di più, essi dovrebbero formare parte integrante della nostra alimentazione quotidiana giacchè è dimostrato che sono proprio essi ad apportare al nostro organismo la massima parte degli elementi di cui necessita per mantenersi in piena efficienza. Acqua e sali minerali, cellulosa, vitamine, ecco i doni che noi riceviamo da questi gradevolissimi prodotti della terra che possiamo consumare cotti e crudi, e che ci offrono la possibilità di un numero stragrande di combinazioni gastronomiche tutte egualmente gustose. Occorre ricordare che quanto più un alimento si avvicina allo stato naturale tanto più risulta benefico, e in modo particolare si sa che i vegetali, se si fanno troppo a lungo bollire, perdono la più gran parte dei loro sali minerali, di cui resta così conseguentemente defraudato il nostro organismo. Meglio dunque attenersi quanto più è possibile alle crudità, lungamente lavate e condite di olio e limone, o quando non se ne possa fare a meno si cuociano ortaggi e legumi nella minor quantità d'acqua possibile e ci si serva poi di quest'acqua per preparare zuppe e minestre di verdura.
vegetali, se si fanno troppo a lungo bollire, perdono la più gran parte dei loro sali minerali, di cui resta così conseguentemente defraudato il nostro
In Firenze, ad esempio, si fa un uso enorme di funghi che scendono dai boschi delle circostanti montagne, e se la stagione è piovosa, cominciano ad apparire nel giugno; ma il forte della produzione è in settembre. A lode del vero, bisogna dire che la città non è stata mai funestata da disgrazie cagionate da questi vegetali, forse perchè le due specie che quasi esclusivamente vi si consumano sono i porcini di color bronzato e gli ovoli. Tanta è la fiducia nella loro innocuità che non si prende nessuna precauzione in proposito, neppur quella che suggeriscono alcuni, di far loro alzare il bollore in acqua acidulata d'aceto, cautela che per altro sarebbe a carico della loro bontà. Delle due specie sopraindicate, i porcini si prestano meglio fritti e in umido; gli ovoli trippati e in gratella.
cagionate da questi vegetali, forse perchè le due specie che quasi esclusivamente vi si consumano sono i porcini di color bronzato e gli ovoli. Tanta è
Avanti di descrivervi la zuppa di ranocchi voglio dirvi qualcosa di questo anfibio dell'ordine de' batraci (rana esculenta), perchè, veramente, merita di essere notata la metamorfosi ch'esso subisce. Nel primo periodo della loro esistenza si vedono i ranocchi guizzare nelle acque in figura di un pesciolino tutto testa e coda che gli zoologi chiamano girino. Come i pesci, respira per branchie prima esterne, in forma di due pennacchietti, poscia interne, e nutrendosi in questo stato di vegetali ha l'intestino come quello di tutti gii erbivori, comparativamente ai carnivori, assai più lungo. A un certo punto del suo sviluppo, circa a due mesi dalla nascita, perde, per riassorbimento, la coda, sostituisce alle branchie i polmoni e mandando fuori gli arti, cioè le quattro zampe che prima non apparivano, si trasforma completamente e diventa una rana. Nutrendosi allora di sostanze animali, ossia di insetti, l'intestino si accorcia per adattarsi a questa sorta di cibo. E dunque erronea l'opinione volgare che i ranocchi siano più grassi nel mese di maggio perchè mangiano il grano.
interne, e nutrendosi in questo stato di vegetali ha l'intestino come quello di tutti gii erbivori, comparativamente ai carnivori, assai più lungo. A
Animaletto appartenente al gruppo degli insettivori, si nutre di sostanze animali e vegetali. Il suo corpo è coperto di pungenti spine ed al minimo pericolo si ravvolta come una palla, simile all'involucro delle castagne. Nutresi a preferenza d'insetti e li distrugge in gran quantità, cibasi di topi e parimenti di vipere e cantaridi senza provare alcun inconveniente; di giorno sta ritirato e non esce che di notte per cercarsi il nutrimento; abita nei siti boscosi, in nascondigli, sotto i sassi e tra i buchi degli alberi tarlati; passa l'inverno in letargo. È un animale inoffensivo e rende grandi servigi all'agricoltura colla distruzione enorme d'insetti che fa. La sua carne è alimentare ed è grassa e di sapore di selvaggina. Prima di cucinarlo è bene tagliargli le gambe e la testa, privarlo dei suoi aculei raschiando coll'acqua calda, come si farebbe col maiale, indi lasciarlo in infusione nel marinaggio, oppure in acqua ed aceto onde privarlo del suo sgradevole odore. Cuocesi arrosto od in stufato.
Animaletto appartenente al gruppo degli insettivori, si nutre di sostanze animali e vegetali. Il suo corpo è coperto di pungenti spine ed al minimo
Eccitante dioforetico. Nelle arti vien usata in più preparazioni. Nei biscotti o paste sono confezionati qualche volta con una certa quantità di carbonato d'ammoniaca. Questo sale ha per base di sviluppare più la massa di pasta durante della cottura, vale a dire che si ottiene una maggior quantità di biscotto colla medesima quantità di materia. Benchè intieramente volatile, per il calore del forno è sovente nociva stantechè talvolta rinchiude sostanze nocive segnalate da autorevoli chimici. L'ammoniaca propriamente detta si estrae dall'urina, dalla distillazione a secco delle stesse materie animali, vegetali, dal carbon fossile e da molte altre sostanze. Usasi parimenti qual caustico per togliere il dolore delle punture delle api, vespe ecc. come per annullare gli effetti velenosi dei rettili. Liquida usata da 8 a 10 goccie in un bicchier d'acqua dissipa quasi immediatamente l'ubbriachezza.
animali, vegetali, dal carbon fossile e da molte altre sostanze. Usasi parimenti qual caustico per togliere il dolore delle punture delle api, vespe
Il Tartufo è il tubero dalla superficie oscura e scabra, dall'interno chiaro e scuro, a seconda della qualità, dall'odore aromatico, dal sapore superlativamente ghiotto. La storia del tartufo è d'una antichità pressochè biblica. Ma concesso pure che i Dudhaïm portati a Lia dal figlio Ruben non fossero tartufi, come pretendono Carduque e Daniel, è certo che gli Orientali, nelle loro regioni sabbiose, ànno conosciuto di bon' ora il tartufo del deserto, quello che i Siri di Damasco, al dire di Chabreus, trasportavano sui camelli e che è ancora, per gli Arabi dell'Algeria, un cibo ricercato. Le conquiste, le emigrazioni ed il comercio ne estesero l'uso ai Greci e poi ai Romani. Aristotile e il suo discepolo Teofrasto, tre secoli avanti l'êra volgare, divinaro la sua natura vegetale e autonomica, anzi quest'ultimo dice, che a Mitilene crescevano per le inondazioni del Tiaris che vi portava le sementi di queste produzioni sotterranee, ch'egli chiama mysi. Plinio, eco dei pregiudizii del suo tempo e di quelli di Plutarco, racconta che Laerzio Licinio Pretore di Spagna, in Cartagine si ruppe gli incisivi masticando un tartufo che conteneva una moneta e chiama il tartufo un bitorzolo, un'escremento della terra, vitium terrœ. E per molto tempo, suffragante la dottrina di Galeno, indusse l'errore, che i tartufi fossero l'effetto dell'azione combinata degli elementi e del tuono, e si chiamavano gênègès, ossia figli della terra e degli Dei. Una serie di spropositi accompagnarono il tartufo attraverso il Medio Evo fino a noi. Chi lo chiamò un fungo, chi asserì fosse una certa tuberosità di alcune radici, chi la trasudazione degli alberi, chi fosse una specie di galla, di muffa — chi infine insegnò fosse un prodotto del morso di certe mosche od insetti su organi vegetali. Non fu che dopo 2000 anni e coll'aiuto del microscopio, che gli scienziati giunsero a persuadersi che il tartufo è un vegetale vivente di vita propria, e che possiede grani, o semi vitali di riproduzione. Claudio Geoffroy nel 1711, fu il primo a darne all'accademia delle scienze in Francia la notizia, e Micheli pochi anni dopo ne dava il disegno. Ammessi i semi, naque naturalmente l'idea di ottenerne la riproduzione artificiale. I primi tentativi vennero fatti nel 1756 da Brandley in Inghilterra, dal Conte di Borch nel 1780 in Piemonte, da Bornholz in Germania nel 1825 e verso il 1828 dal Conte di Noè in Francia. La teoria della riproduzione artificiale, fu sostenuta tra gli altri dal Milanese Vittadini (Monographia tuberculorum. Milano 1831). «Se volete dei tartufi seminate delle ghiande di quercia.» Questo aforismo dal Conte de Gasparin riassume l'esperienza di oltre 60 anni. Nel 1834 un botanico, M. Delastre fece conoscere al Congresso scientifico di Poitiers, il fatto allora paradossale della riproduzione artificiale dei tartufi coi semi di quercia. La scoperta è dovuta ad un semplice contadino, Gaspare Talon, il cui figlio Ilarione è oggi, grazie ai tartufi, milionario. Il campo della scoperta è in Francia e precisamente la pianura detta di Scilla, vicino a Croagne, ove Scilla sbaragliò del tutto i Cimbri ed i Teutoni, dopo la grande vittoria che Mario aveva riportato su quei barbari nelle vicinanze di Aix. Tale scoperta consiste in ciò, che piantando dei semi di quercia, vale a dire rimboscando di quercie il terreno ove alligna il tartufo se ne ottiene una periodica e certa raccolta. Del come poi i semi vengono fecondati e nutriti, del come vengono portati, dove si sviluppano, è ancora l'X incognita degli scienziati. Questo solo si sa, che il tartufo nasce, vive e prospera dovunque prospera la vite, ove il terreno è argilloso calcareo e dove la quercia è la principale vegetazione arborescente del paese. Difficilmente lo si trova fuori del raggio degli alberi, sicchè pare, che se non parassita, trovi molto comodo passare la sua vita fra le loro radici. Teme la troppa ombra e l'asciutto. Le sue simpatie sono per la Quercus Alba, la Coccifera o Kermes, l'Ilex, la Peduncolata, la Ruber (rovere).
alberi, chi fosse una specie di galla, di muffa — chi infine insegnò fosse un prodotto del morso di certe mosche od insetti su organi vegetali. Non fu che
Ma pare servisse solo in medicina (Galeno. De Simpl. Med. Fac. cap. 120). L'epoca vera della prima introduzione dello zuccaro in Europa è oscura. Era ramo di commercio fra l'Indostan, la Persia e l'Arabia. Dalla Mecca per Bassora e Bagdad discese al basso Egitto, poi in Grecia e nell'Asia Minore, di là in Europa. Vogliono alcuni che gli Spagnoli e i Portoghesi lo scoprissero per la prima volta nelle Isole Canarie ed a Madera. Ma la cosa pare invece all'incontrario. L'arundo saccarifera, nel 996 fu portata la prima volta dall'Oriente a Venezia e prosperava dopo il mille in Sicilia, tanto che nel 1419 l'Università di Palermo assegnava aque per la sua coltivazione. Secondo Merini prima ancora nel 1319 se ne spedì da Venezia in Inghilterra per 100,000 libbre e 10,000 di candito. I Portoghesi prendendo possesso di Madera vi piantarono la canna dello zuccaro, facendola venire dalla Sicilia, da dove penetrò pure in Spagna. Nel 1449 Pietro Speciale, lo piantò nella campagna di Ficarazzi su quel di Palermo. Nel 1550 un viaggiatore descrive i trappeti (aje) dello zuccaro a Carini, Trabia, Casalbianco, Modica ecc. Ciò riferisce Albert Aqueus lib. V. 37. Dopo quell'epoca in Sicilia ne fu trascurata la coltivazione e fiorì invece grandemente nelle Indie che fornivano lo zuccaro a tutta Europa. In America fu portato dagli Spagnoli. Pier d'Atienza lo piantò nel 1520 presso Concezion della Vega, e già nel 1553 il Messico ne produceva tanto da fornirne il Perù e la Spagna. Gonzalo di Velosa vi costruì i primi cilindri. Il consumo si estese mano mano in Europa finchè propagatosi l'uso del caffè, del tè e della cioccolatta, lo zuccaro divenne indispensabile quanto il sale. Ciò rovinò il commercio del miele, fino allora vivissimo. Il raffinamento dello zuccaro fu inventato da un veneziano nel secolo XVII. Ed ora lo zuccaro è articolo di prima necessità anche pel povero. Entra padrone assoluto nella pasticcieria, nella Cucina, nella cantina, nella farmacia. È sano, facilita la digestione, riscalda ed ingrassa, è utile alla salute dei bambini. I dolci fanno loro male, non per lo zuccaro, ma per la farina e gli altri ingredienti. Lo zuccaro è la più dolce, innocente e proficua delle produzioni vegetali, fù ed è molto calunniato, ed è una viltà abusare della sua bontà, perchè non avendo fiele, non può far vendetta.
zuccaro, ma per la farina e gli altri ingredienti. Lo zuccaro è la più dolce, innocente e proficua delle produzioni vegetali, fù ed è molto calunniato, ed
Il Castagno è un albero a foglia caduca, indigeno, dall'Europa meridionale. Ama terreno sabbioso, argilloso non adombrato da altri alberi, e più d'ogni altro il montuoso. Non viene a più di 800 metri al disopra del livello del mare. Fiorisce in Luglio, dà frutti in Ottobre e per loro teme il freddo. Si propaga per semina, avendo cura di immergere prima il seme per 12 ore nell'aqua satura di fuliggine e noce vomica, o in olio bollito con aglio, acciò ri- mangano illese dagli animaletti. Nel linguaggio dei fiori: Sii giusto verso di me! Le varietà principali il Castagno propriamente detto, che fiorisce precocemente, il cui raccolto è quindi dubbio e dà un frutto piuttosto piccolo e poco saporito, ed il marrone che è più grosso, più saporito e nutriente. Il marrone si propaga per innesto sopra il castagno, perchè il marrone seminato produce nuovamente il castagno. Il castagno comincia a fruttificare cinque anni dopo l'innesto, e verso il 60° dà il massimo prodotto. Le piante non innestate, ritardano e sono meno produttive. A 150 anni comincia a deperire e raggiunge i 3-4 secoli. Il raccolto si fà quando alcuni pericarpi cominciano ad aprirsi, un ettolitro di castagne pesa 80 kilogrammi. La castagna fresca contiene 48 % d'aqua e 0,52 d'azoto — il marrone fresco, 54 d'acqua, e 0,53 d'azoto. — La castagna secca, contiene ancora dal 10 al 12 d'aqua, e 0,77 d'azoto ed il marrone secco contiene 1,17 ° d'azoto. Si conserva la castagna nel proprio involucro in locali asciutti e ventilati o dissecandola pei graticci. Le castagne messe sui mattoni delle camere, marciscono presto e sono preda degli insetti. Si conservano più a lungo e saporite facendole prima essicare alcun poco al sole. Il castagno dell'Etna avrebbe secondo alcuni 59 m. di circonferenza. La castagna, il qual nome si vuole venuto da Castano Magnesia, città della Macedonia è la sposa del focolare, la ghiottoneria dei fanciulli, la Dea delle chiacchere e delle mormorazioni, l'amica del vino generoso e nuovo, ed è maritata in nozze morganatiche al Dio Eolo. È eminentemente farinosa, dà una sana ed abbondante nutrizione. La lessata è più digeribile, irroratela di vino generoso se non confà al vostro stomaco non ditene male. Mille le maniere di far cocere le castagne. A lesso dette succiole o Ballotte, cotte in poc' aqua sale, finocchio, anice, o con una pianta di sedano. Lessate monde (peladei o pest) sbucciate e cotte con o senza la loro peluria in aqua, sale ed erba bona. Anseri o Vecchioni (Bellegott) quando cotte a lesso, si fanno dissecare al fumo nel serbatojo, sotto la cappa del camino (agraa). Il nome di Bellegott viene da bei e cott, (belli e cotti) Bruciate (Borœul) cotte nella padella a fiamma. Biscotti (Bescott) varietà dei Vecchioni, si mettono a seccare col guscio e poi si tengono alcun tempo nel mosto. A questi appartengano i cuni, da Cuneo, loro provenienza, cotte in forno spruzzate di vin bianco serbevoli per molti mesi, delicatissime. Le Veronesi (Veronès) così dette perchè tale maniera di cocerle, ci venne dal Veronese — e si cociono nel forno o nella stufa spruzzate di vino, o con poco burro in casserola. I marroni si fanno anche candire nello zuccaro dopo essere stati arrostiti e si chiamano marron glacès è confettura da dessert. La castagna forma l'alimento principale dei montanari. Nel Sienese se ne fa polenta, che nutrisce i più strenui faticatori, i quali non avendo che aqua da bere dicono scherzando che vivono: del pane dei boschi e del vino delle nuvole. Il Castagnaccio è una specie di pane fatto con farina di castagna, pinocchi ed uva. Fino dalla più remota epoca le castagne tennero il primato fra tutte le sorte di ghiande. Ateo, insigne medico di Antiochia, che le chiama Sardinias glandes, perchè le migliori qualità venivano dalla Sardegna, non si perita a rilasciar loro il brevetto di alimentum effatu dignum — cibo di straordinaria celebrità — ma, soggiunge che va alla testa — caput tamen tentare. Bello! quelle castagne che vanno alla testa... invece. Galeno, si capisce che non poteva digerirle e ne dice corna: Gastanœ sive elixentur, sive œstuantur, sine denique frigantur, semper sunt pravœ. Il che vuol dire comunque le ammaniate, sono porcherie. Plinio invece di visceri a prova di bomba, dopo aver detto che dai Greci i marroni erano chiamati Balani Sardi (da Balanos, ghianda) testifica che sono eccellentissime: — castanearum genere excellens; e che celerius transmittuntur che è quanto, di facilissima evacuazione. Virgilio, più sibarita, le mangiava col latte: Castanœ molles, et pressi copia lactis (Egl. 2). Tiberio adoperava la parola balanum per indicare i vegetali più saporiti. Anche i Romani adoperavano la castagna per farne la farina e pane, come si fa ancora oggidì presso alcune popolazioni. La castagna è da fuggirsi da chi patisce il mal di pietra, soffra di ernie o vada soggetto a coliche. Francesco Gallina, medico Piemontese, forse da Cuneo che fioriva all'alba del secolo XVII raccomanda di mangiare le più grosse, — perchè sono migliori di tutti li marroni, e se per lungo tempo si conservano si fanno più saporiti. E suggerisce alle ragazze bionde, di adoperare il decotto delle loro buccie per conservare il dorato dei loro capelli. È voce di scienza popolare, che mangiando le castagne crude, si popoli la capigliatura di cavalieri erranti. Raccolgo per ultimo la spiegazione chi mi fu data da un R. Padre Oblato di S. Sepolcro a Milano sulla espressione: far marrone. Egli dunque mi diceva, che viene da questo, che chi mangia i marroni difficilmente lo può nascondere e ne è quasi sempre sorpreso. Tutto per quello scandaloso matrimonio col Dio Eolo.
, le mangiava col latte: Castanœ molles, et pressi copia lactis (Egl. 2). Tiberio adoperava la parola balanum per indicare i vegetali più saporiti
Pianticella erbacea perenne, indigena, originaria delle Indie. Vuole terreno sciolto, fresco, concimato con materie vegetali, preferisce esposizione non molto soleggiata. Si moltiplica per rampolli. Se ne conoscono 9 varietà. Quella coltivata da noi è la bifera, spontanea dei nostri boschi e monti. Il suo nome dal secchio verbo latino fragare, (odorem emitio fragando) olezzare, d'onde la parola fragrantia e la nostra fragrante. Nel linguaggio dei fiori: Bontà perfetta, Delizia. Tutti conoscono, la bellezza graziosa, la bontà salubre, il delicato profumo di questo primo bacio del sole alla terra. È uno dei frutti più preziosi, che abbondanti e spontanei, somministrano i nostri monti. L'artificiale coltura ben riescì a produrne di più appariscenti e grossi e ad acclimatarne di esotici, come la Grandiflora del Surinam e la Chiloensis od Ananas (introdotta in Italia nel 1774 dal maresciallo conte Della Torre, di Rezzonico, castellano di Parma, ecc.) dell'America — ma non ad eguagliare le modeste, non meno, che soavissime fragole che apporta alla città la graziosa montanina. Si mangiano sole, con zuccaro, rhum, vino e latte, il quale è da sconsigliare perchè gli acidi del frutto facilmente lo coagulano. È molto digeribile la fragola, ma poco nutriente. Con opportuni processi se ne fabbricano conserve, sciroppi, per gelati, ecc un liquore vinoso ed un'aqua distillata usata come cosmetico e come aromatizzante. La radice, i gambi e le foglie ànno virtù astringente e può usarsene il decotto, nelle diarree e nell'ernaturia. Il dott. Klekzinsky di Vienna insegna che colle foglie della Fragaria sylvestris raccolte tosto dopo la maturanza del frutto, ed essicate al sole, o leggermente torrefatte, se ne ottiene un infuso verdastro di odore gradevole, di sapore astringente, che ricorda il tè e che fornisce una piacevole bevanda dietetica (W. Med. Wochenscrift, 1885) È da fuggirsi la fragola dai paralitici e da quelli che soffrono disturbi cardiaci, erutazioni, pirosi. L'uso smodato provoca eruzioni diverse alla pelle. Lobb osservò che diminuisce i calcoli e Linneo che scioglie il tartaro dei denti, che egli stesso guarì dalla gotta col suo uso e ne scrisse una dissertazione De fragaria vesca. Ma lo svedese Cullen non gliela mena buona nel suo trattato di Materia medica. Geoffroy compendia in queste parole le virtù della fragola: «Fraga refrigerant, sitim sedant, œstum ventriculi compescunt, alvum emolliunt, urinam provocant, arenulas expellunt, parum nutriunt, fugacemque alimoniam corpori exibent.» La fragola venne in ogni tempo tenuta in conto di frutto miracoloso. Non vanno d'accordo i Greci nel suo nome e cognome, ma ne parlano Dioscoride e Teofrasto con ammirazione. Myrepsi Alessandrino ne scrisse le glorie in 48 capitoli, tradotto ed illustrato da Leonardo Fuchsio e stampato a Basilea nel 1549. Virgilio nell'Egl. 3 non la dimentica: Qui legistis flores et umi nascentia fraga. Nè la dimentica quel sibarita d'Ovidio: Mollia fraga leges. Murat, il brillante delle battaglie napoleoniche, amava le fragole col sugo d'arancio.
Pianticella erbacea perenne, indigena, originaria delle Indie. Vuole terreno sciolto, fresco, concimato con materie vegetali, preferisce esposizione
Il nome di Fungo — dal greco Sphongos, sponga, a cagione della loro sostanza spongiosa, d'onde il Fongus dei latini — è dato a certe vegetazioni che si allontanano dalla comune, per natura, sostanza, forma, mancanza di foglie, di fiori. Ve ne sono d'ogni grandezza, d'ogni forma, filamentosi, membranosi, schiumosi, tuberosi, a carne consistente, spongiosa, coriacea, sugherosa, compatta. Alcuni danno seme, altri no. Infinito il numero delle specie: se ne conoscono più di 3000 varietà, ve ne sono in famiglia, a gruppi, solitari. Aderiscono al suolo o sul corpo sul quale vengono, per mezzo di fibrille, che non sono radici. Esalano un odore particolare ed umido, che è comune a tutti, con alcune gradazioni fra le diverse specie. Il sapore non è meno variabile — ordinariamente è sapido, acre, bruciante, stittico acido nauseante, aromatico a seconda del sugo del quale sono imbevuti. Amano luoghi boschivi umidi e grassi, vengono sulle sostanze vegetali ed animali in decomposizione. L'umidità calda ne genera lo sviluppo e la moltiplicazione principalmente in Autunno e Primavera. Vogliono i climi delle zone temperate. Le stesse specie di funghi non compariscono indifferentemente in tutte le stagioni. L'Asia boreale, la Cina, l'America settentrionale abbondano di funghi. Ànno sviluppo rapido, istantaneo compariscono da prima come piccoli filamenti o fibre che poi si tumefanno e s'ingrossano e crescono tosto a vista d'occhio a formare il fungo perfetto. Questo primo stato si chiama carcite o bianco di fungo. Una sola notte vede apparire migliaja di funghi, alcune ore, alcuni minuti bastano, a diverse specie per pervenire al loro ultimo sviluppo. L'assenza della luce e un'atmosfera tranquilla accelerano singolarmente la loro moltiplicazione. Pervenuti alla maturità emettono de' piccoli corpuscoli tondi, chiamati seminoli, è l'ultimo loro prodotto, come i semi nei vegetali. Sono finissimi, quasi polvere e situati sia nell'intera superficie, sia nella superficie superiore, sia internamente e vengono alla luce per laceramento o morte del fungo. La pioggia li fà deperire facilmente. Sono preda degli insetti e di alcuni animali erbivori, e i più avanzati in età, sono preferiti dagli insetti. E annesso dai chimici che sono potentissimi agenti d'ossidazione, e d'azotazione. I commestibili contengono secondo le varietà da 84 a 94 parti d'acqua, il resto è un composto di sali e sostanze organiche, vale a dire olii essenziali, materie resinose, grasse, coloranti, zuccherine, acidi organici diversi, materie gelatinose, gommose, raramente fecula-cellulosa, di composti azotati albumine ecc. Altri sono eduli, altri velenosi. Teoreticamente è impossibile dare una ragione, un indizio che distingua sicuramente gli eduli dai velenosi. Bisogna affidarsi, più che al medico alla conoscenza pratica locale delle specie, della forma, taglio, colore, aspetto, odore e sapore. A migliaja sono gli scienziati che ne parlarono, e tra questi il milanese Vittadini (1), ma fin ora la scienza non à detto l'ultima sua parola. S'è bensì trovata la maniera di coltivarli, ma su tante specie di funghi saporiti, appena s'è riescito di coltivarne le meno pregiate. Il progresso verrà non dubitiamone. Ma frattanto occhio alla padella! In generale rifiutare tutti i funghi non sani, o che cominciano a decomporsi, quelli che rotti tramandano un'umore lattiginoso, che crudi sono acri, che tingono in rosso la carta azzurra, che presentano una superficie viscosa, od umida, o macchiata, o brinata, che cambiano di colore rompendosi. Non vi affidate mai ai volgari esperimenti, che i funghi velenosi anneriscono il cucchiale d'argento, la cipolla, ed il prezzemolo ecc. Non acquistate mai funghi secchi sulla piazza, nè dal droghiere. Non mangiate funghi alle osterie, alberghi, principalmente di campagna. Se la vostra golaccia vi à pigliato nel trabocchetto e avete mangiato funghi velenosi — eccovi la ricetta del Mantegazza. Prima di tutto sappiate che il più delle volte i sintomi dell'avvelenamento compajono molto tardi, magari sette od otto ore dopo il delitto. Appena v'accorgete vomitate, cercate liberarvi subito delle materie velenose col vomito e col secesso. Cacciatevi due dita in bocca, la barba di una penna, aqua tepida molta — e se non vi riesce: solfato di rame o di zinco: mezzo grammo in cento grammi di aqua comune, — a cucchiaj ogni 5 minuti: purganti forti. Calmate i dolori con cataplasmi sul ventre — e se vi coglie stupefazione, cognac, rhum e frizioni secche ed aromatiche. Non prendete mai latte, compireste l'opera del veleno.
luoghi boschivi umidi e grassi, vengono sulle sostanze vegetali ed animali in decomposizione. L'umidità calda ne genera lo sviluppo e la moltiplicazione
Il nome Fungo — dal greco Sphongos, spugna, a cagione della loro sostanza spugnosa, d'onde il Fongus dei latini — è dato a certe vegetazioni che si allontanano dalla comune, per natura, sostanza, forma, mancanza di foglie, di fiori. Clemente Rossi ne dà questa definizione (ve la do per debito di coscienza): II fungo è una pianta crittogama parassita, priva di consistenza erbacea. Nel linguaggio delle piante: Tradimento. Ve ne sono d'ogni grandezza, d' ogni forma: filamentosi, membranosi, schiumosi, tuberosi, a carne consistente, spugnosa, coriacea, sugherosa, compatta. Alcuni danno seme, altri no. Infinito il numero delle specie: se ne conoscono più di 3000 varietà, ve ne sono in famiglia, a gruppi, solitari. Aderiscono al suolo o sul corpo sul quale vengono, per mezzo di fibrille, che non sono radici. Esalano un odore particolare ed umido, che è comune a tutti, con alcune gradazioni fra le diverse specie. Il sapore non è meno variabile, ordinariamente è sapido, acre, bruciante, stittico, acido, nauseante, aromatico, a seconda del sugo del quale sono imbevuti. Amano luoghi boschivi umidi e grassi, vengono sulle sostanze vegetali ed animali in decomposizione. L'umidità calda ne genera lo sviluppo e la moltiplicazione, principalmente in autunno e primavera. Vogliono i climi delle zone temperate. Le stesse specie di funghi non compariscono indifferentemente in tutte le stagioni. L'Asia boreale, la Cina, l'America settentrionale abbondano di funghi. Ànno sviluppo rapido, istantaneo, compariscono da prima come piccoli filamenti o fibre, che poi si tumefanno e s'ingrossano e crescono tosto a vista d'occhio a formare il fungo perfetto. Questo primo stato si chiama carette o bianco di fungo. Una sola notte vede apparire migliaia di funghi, alcune ore, alcuni minuti bastano a diverse specie per pervenire al loro ultimo sviluppo. L'assenza della luce e un'atmosfera tranquilla accelerano singolarmente la loro moltiplicazione. Pervenuti alla maturità, emettono de' piccoli corpuscoli tondi, chiamati seminoli, è l'ultimo loro prodotto, come i semi nei vegetali. Sono finissimi, quasi polvere e situati sia nell'intera superficie, sia nella superficie superiore, sia internamente e vengono alle luce per laceramento o morte del fungo. La pioggia li fa deperire facilmente. Sono preda degli insetti e di alcuni animali erbivori, e i più avanzati in età, sono preferiti dagli insetti. È ammesso dai chimici che sono potentissimi agenti di ossidazione e d'azotazione. I commestibili contengono, secondo la varietà, da 84 a 94 parti d' acqua, il resto è un composto di sali e sostanze organiche, vale a dire olii essenziali, materie resinose, grasse, coloranti, zuccherine, acidi organici diversi, materie gelatinose, gommose, raramente fecula-cellulosa, di composti azotati, albumine, ecc.
sugo del quale sono imbevuti. Amano luoghi boschivi umidi e grassi, vengono sulle sostanze vegetali ed animali in decomposizione. L'umidità calda ne
Il tartufo è un tubero dalla superficie oscura e scabra, dall'interno chiaro e scuro, a seconda della qualità, dall'odore aromatico, dal sapore superlativamente ghiotto. Nel linguaggio delle piante: Tesoro. La storia del tartufo è d'una antichità pressochè biblica. Ma, concesso pure che i Dudhaïm portati a Lia dal figlio Ruben non fossero tartufi, come pretendono Carduque e Daniel, è certo che gli Orientali, nelle loro regioni sabbiose, ànno conosciuto di bon'ora il tartufo del deserto, quello che i Siri di Damasco, al dire di Chabreus, trasportavano sui cammelli e che è ancora, per gli Arabi dell'Algeria, un cibo ricercato. Questo squisito tubercolo compariva già fra le più prelibate ghiottonerie dei Faraoni. Le conquiste, le emigrazioni ed il commercio ne estesero l'uso ai Greci e poi ai Romani. Aristotile e il suo discepolo Teofrasto, tre secoli avanti l'êra volgare, divinarono la sua natura vegetale e autonomica, anzi quest'ultimo dice, che a Mitilene crescevano per le inondazioni del Tiaris, che vi portava le sementi di queste produzioni sotterranee, eh' egli chiama mysi. Plinio, eco dei pregiudizii del suo tempo e di quelli di Plutarco, racconta che Laerzio Licinio Pretore di Spagna, in Cartagine si ruppe gli incisivi masticando un tartufo che conteneva una moneta e chiama il tartufo un bitorzolo, un escremento della terra, vitium terrae. E per molto tempo, suffragante la dottrina di Galeno, indusse l'errore, che i tartufi fossero l'effetto dell'azione combinata degli elementi e del tuono, e si chiamavano gènègès, ossia figli della terra e degli Dei. Et faciunt lautas optata tonitrua coenas, cantava dei tartufi il Poeta d'Aquino. Una serie di spropositi accompagnarono il tartufo attraverso il Medio Evo fino a noi. Chi lo chiamò un fungo, chi asserì fosse una certa tuberosità di certe radici, chi la trasudazione degli alberi, chi fosse una specie di galla, di muffa, chi infine insegnò fosse un prodotto del morso di certe mosche od insetti su organi vegetali. Non fu che dopo duemila anni e coll'aiuto del microscopio, che gli scienziati giunsero a persuadersi che il tartufo è un vegetale vivente di vita propria, e che possiede grani, o semi vitali di riproduzione. Claudio Geoffroy nel 1711, fu il primo a darne all'accademia delle scienze in Francia, la notizia, e Micheli, pochi anni dopo, ne dava il disegno. Ammessi i semi, nacque naturalmente l'idea di ottenerne la riproduzione artificiale. I primi tentativi vennero fatti nel 1756 da Brandley in Inghilterra, dal Conte di Borch nel 1780 in Piemonte, da Bornholz in Germania nel 1825 e verso il 1828 dal Conte di Noè in Francia. La teoria della riproduzione artificiale fu sostenuta tra gli altri dal milanese Vittadini (Monographia tuberculorum, Milano, 1831). «Se volete dei tartufi, seminate delle ghiande di quercia.» Questo aforismo del conte De Gasparin riassume l'esperienza di oltre sessantanni. Nel 1834 un botanico, M. Delastre, fece conoscere al Congresso scientifico di Poitiers il fatto, allora paradossale, della riproduzione artificiale dei tartufi coi semi di quercia. La scoperta è dovuta a un semplice contadino, Gaspare Talon, il cui figlio Ilarione è oggi, grazie ai tartufi, milionario. Il campo della scoperta è in Francia e precisamente la pianura detta di Scilla, vicino a Croagne, ove Scilla sbaragliò del tutto i Cimbri ed i Teutoni, dopo la grande vittoria che Mario aveva riportato su quei barbari nelle vicinanze di Aix. Tale scoperta consiste in ciò, che piantando dei semi di quercia, vale a dire rimboscando di quercie il terreno ove alligna il tartufo, se ne ottiene una periodica e certa raccolta. Del come poi i semi vengono fecondati e nutriti, del come vengono portati, dove si sviluppano, è ancora l'X incognita degli scienziati. Questo solo si sa, che il tartufo nasce, vive e prospera dovunque prospera la vite, ove il terreno è argilloso, calcareo e dove la quercia è la principale vegetazione arborescente del paese. Difficilmente lo si trova fuori del raggio degli alberi, sicchè pare che se non parassita, trovi molto comodo passare la sua vita fra le loro radici. Teme la troppa ombra e l'asciutto. Le sue simpatie sono per la Quercus Alba, la Coccifera o Kermes, l'llex, la Peduncolata, la Ruber (rovere). Ne à però di straforo anche per la noce, pel faggio, la betulla, il cedro, il ginepro, la rosa, il pino silvestre, la pescia (Abies), per il pruno, il biancospino, il sorbo, il carpine (Carpinus betula) e raramente pel castano. Due sorta di tartufi si ànno, l'oscuro ed il bianco. Il primo si vuole sia l'unico, vero tartufo, l'altro il falso tartufo delle sabbie e del deserto. Si vuole ancora che il tartufo sia sempre bianco allorchè non à raggiunto la sua maturanza, e che raggiungendola diventi oscuro. Pare invece sia questione di terreno e di alimentazione, come pure da ciò dipende l'abbondanza o deficienza del suo aroma, che da noi sono più saporiti e delicati i bianchi, degli oscuri.
morso di certe mosche od insetti su organi vegetali. Non fu che dopo duemila anni e coll'aiuto del microscopio, che gli scienziati giunsero a persuadersi
Spagnoli. Pier d' Atienza lo piantò nel 1520 presso Concezion della Vega e già nel 1553 il Messico ne produce tanto da fornirne il Perù e la Spagna. Gonzalo di Velosa vi costruì i primi cilindri. Il consumo si estese man mano in Europa, finchè, propagatosi l'uso del caffè, del the e della cioccolatta, lo zuccaro divenne indispensabile quanto il sale. Ciò rovinò il commercio del miele, fino allora vivissimo. Il raffinamento dello zuccaro fu inventato da un veneziano nel secolo XVII. Ed ora lo zuccaro è articolo di prima necessità anche pel povero. Entra padrone assoluto nella pasticceria, nella cucina, nella cantina, nella farmacia. È sano, facilita la digestione, riscalda ed ingrassa, è utile alla salute dei bambini. I dolci fanno loro male, non per lo zuccaro, ma per la farina e gli altri ingredienti. Zuccaro non guasta mai vivanda, dice il proverbio. Lo zuccaro è la più dolce, innocente e proficua delle produzioni vegetali, fu ed è molto calunniato, ed è una viltà abusare della sua bontà, perchè non avendo fiele, non può far vendetta.
, innocente e proficua delle produzioni vegetali, fu ed è molto calunniato, ed è una viltà abusare della sua bontà, perchè non avendo fiele, non può far
2° La disseccazione previa cottura e successiva compressione (Metodo perfezionato Masson-Gannal-Chollet). Esso consiste: 1° nella cottura per qualche minuto dei legumi diligentemente ripuliti, entro apparecchi ermeticamente chiusi, mediante l'azione del vapore acquoso ad alta pressione ed alla temperatura di +112° a + 115°. Tale cozione servirebbe a coagulare la materia albuminosa dei legumi e ad impedirle di agire come fermento sui tessuti vegetali; 2° nella essiccazione rapida dei legumi così scottati, praticata in stufe a corrente di aria calda, che riduce il peso delle erbe mangerecce da 100 a 9-15, e quello delle patate da 100 a 20-22; 3° nella successiva loro compressione e riduzione a 7/10 circa del volume mediante il torchio idraulico. Un metro cubo di legumi così confezionati contiene 25,000 razioni del peso di gr. 25 ognuna, che idratate di nuovo rappresentano ognuna 200 grammi di legumi freschi. Difatto i legumi cosi conservati, immersi per 30-40 minuti in acqua tepida, riprendono peso, volume, forma, freschezza e colore primitivi, sono assai gustosi e possono sottoporsi alle ordinarie cucinature. In seguito all'adozione e grande diffusione di questo ottimo sistema misto di conservazione dei legumi per cottura, essiccazione e compressione, quello antichissimo ed empirico per essiccazione semplice è appena degno di menzione, come incapace di garantire i legumi dalla fermentazione e di ridurne sensibilmente il volume.
vegetali; 2° nella essiccazione rapida dei legumi così scottati, praticata in stufe a corrente di aria calda, che riduce il peso delle erbe mangerecce da
«Ma la lotta contro la pasta asciutta non basta. È necessario abbattere altri idoli, sgominare errate tradizioni: affermare che il pane bianco, per esempio, greve ed insipido è un alimento inutile che forma nello stomaco un blocco indigeribile e va sostituito con quello integrale profumato e sostanzioso; che il riso è un alimento prezioso, ma a patto che non venga privato con la brillatura delle sue sostanze fitiniche; che le verdure contengono veri tesori per l'organismo umano (ferro, fosforo, vitamine, globuline, sali di calcio, di potassio, di magnesio, ecc.) purché con le assurde cotture tali tesori non vengano stupidamente distrutti e che, infine, la teoria delle calorie e della necessità di una grande quantità di albumine animali e di grassi ha fatto il suo tempo ed è ormai dimostrato che una piccola quantità di cibo ben combinato secondo la razionale conoscenza dei bisogni del nostro organismo dà assai più forza ed energia dei piatti di maccheroni, di carne e di uova che consumano coloro che vogliono ben sostenersi. Ogni popolo deve avere la sua alimentazione e quella del popolo italiano deve esser basata sui prodotti di questa terra calda, irrequieta, vulcanica; deve esser perciò composta per tre quarti dei meravigliosi prodotti vegetali che ci sono invidiati da tutto il mondo e per un quarto appena di prodotti animali. Questi devono essere usati con grande parsimonia specie dai lavoratori intellettuali, mentre il soldato, il lavoratore manuale e, in genere, chi svolge una grande attività fisica può farne maggior consumo. (Il contrario di quel che succede comunemente). È bene si sappia che una carota cruda finemente tritata con olio e limone, un piatto di cipolle o di olive o queste cose combinate, insieme con un po' di noci e un pezzo di pan nero sono per la stufa umana un combustibile assai più idoneo e redditizio dei famigerati maccheroni al ragù o dei tagliatelli alla bolognese o delle bistecche alla Bismarck. D'altra parte con le cose più semplici, sane, sostanziose si possono creare piatti che danno agli occhi, al palato, alla fantasia sensazioni ben più intense delle vivande che oggi fanno bella mostra sulle migliori tavole.
perciò composta per tre quarti dei meravigliosi prodotti vegetali che ci sono invidiati da tutto il mondo e per un quarto appena di prodotti animali
Non dimentichiamo che la quistione più essenziale per l'operaio è di nutrirsi a buon mercato; tuttavia, anche tra i cibi di prezzo più tenue, si deve fare una intelligente scelta per quanto concerne la sostanza e digeribilità dei cibi — ed un buon consiglio ci crediamo in dovere di darlo, se non agli operai stessi che stimeranno troppo lusso il consultare un libro di cucina, almeno ai padroni e a quanti dell'operaio devono aver cura. Quanto più l'operaio si affatica a spese dei suoi muscoli (composti di sostanze albuminate) tanto più ha bisogno di ristorare le proprie perdite con alimenti ricchi di albumina. A questo scopo l'alimentazione più conveniente sarebbe mista, animale e vegetale. Posto però che l'operaio dovesse privarsi del frequente uso di alimenti animali, non soltanto di carne, ma pure di uova e latte, fra i vegetali almeno saranno da scegliere i cereali (frumento, segale, orzo, riso, granone) e legumi (piselli, fave, lenti). Ad ogni modo le minestre p. e. di lardo si rendano più sostanziose con formaggio, la minestra di patate invece con copioso latte. Molto nutritive sono le salsiccie di sangue, frittate, lardo, formaggi, ecc.
frequente uso di alimenti animali, non soltanto di carne, ma pure di uova e latte, fra i vegetali almeno saranno da scegliere i cereali (frumento, segale
Avanti di descrivervi la zuppa di ranocchi voglio dirvi qualcosa di questo anfibio dell'ordine de' batraci (rana esculenta), perchè, veramente, merita di essere notata la metamorfosi ch'esso subisce. Nel primo periodo della loro esistenza si vedono i ranocchi guizzare nelle acque in figura di un pesciolino tutto testa e coda che gli zoologi chiamano girino. Come i pesci respira per branchie prima esterne, in forma di due pennacchietti, poscia interne, e nutrendosi in questo stato di vegetali ha l'intestino come quello di tutti gli erbivori, comparativamente ai carnivori, assai più lungo. A un certo punto del suo sviluppo, circa a due mesi dalla nascita, perde, per riassorbimento, la coda, sostituisce alle branchie i polmoni e mandando fuori gli arti, cioè le quattro zampe che prima non apparivano, si trasforma completamente e diventa una rana. Nutrendosi allora di sostanze animali, ossia di insetti, l'intestino si accorcia per adattarsi a questa sorta di cibo. È dunque erronea l'opinione volgare che i ranocchi sieno più grassi nel mese di maggio perchè mangiano il grano.
interne, e nutrendosi in questo stato di vegetali ha l'intestino come quello di tutti gli erbivori, comparativamente ai carnivori, assai più lungo. A un