Arancia. — Quando è ben matura è uno dei frutti più salubri e che offre ai malati e ai convalescenti un succo zuccherino e rinfrescante. I malati però faranno bene a sputar fuori le parti stoppose della polpa. La mandarina è più dolce e più aromatica dell'arancia comune.
Arancia. — Quando è ben matura è uno dei frutti più salubri e che offre ai malati e ai convalescenti un succo zuccherino e rinfrescante. I malati
Azzarola.— Frutto zuccherino e alquanto astringente, che può esser mangiato senza danno della salute, quando i fanciulli che ne sono più ghiotti di noi ne sputino fuori i semi. In Provenza se ne prepara una conserva, che si suol dare ai malati di diarrea.
Azzarola.— Frutto zuccherino e alquanto astringente, che può esser mangiato senza danno della salute, quando i fanciulli che ne sono più ghiotti di
Fra tutti i vegetali che contengono il glutine; la fecola e quel muccoso zuccherino che serve per la preparazione di un buon pane, il più preferito è il frumento perchè il più ricco di quei principi e di quelle sostanze indispensabili al detto alimento.
Fra tutti i vegetali che contengono il glutine; la fecola e quel muccoso zuccherino che serve per la preparazione di un buon pane, il più preferito è
Le radici che propriamente chiamansi carote, grosse, nervose, fragili, contengono una grande quantità di sugo zuccherino e forniscono un alimento sano e piacevole.
Le radici che propriamente chiamansi carote, grosse, nervose, fragili, contengono una grande quantità di sugo zuccherino e forniscono un alimento
Pianticella le cui foglie vengon usate quale alimento. Le sue proprietà sono rinfrescanti, lassative e destano l'appetito. È contraria alle persone travagliate dalla renella. Salutare a temperamenti biliosi, sanguigni ed ardenti. Quest'erba unita alle carni bianche dà un alimento delizioso. Vien usata per zuppe, poltiglie, ecc. Essa corregge il sapore di qualche ortaggio insipido o troppo zuccherino. Altre specie contengono più o meno le medesime proprietà.
usata per zuppe, poltiglie, ecc. Essa corregge il sapore di qualche ortaggio insipido o troppo zuccherino. Altre specie contengono più o meno le
Frutto rotondo di colore giallo, profumato, coperto d'una scorza poco spessa e nell'interno diviso da spicchi sugosi. Il succo di questo frutto è dulcigno, temperante, rinfresca principalmente nei gravi calori estivi, offre tanto ai convalescenti ed ammalati quanto ai sani un succo zuccherino e rinfrescante.
dulcigno, temperante, rinfresca principalmente nei gravi calori estivi, offre tanto ai convalescenti ed ammalati quanto ai sani un succo zuccherino e
Frutto che cresce abbondantemente nell'India e nell'America ed è costituito di un gran numero di bacche formando un cono come il frutto del pino. Il suo colore è giallo dorato, di grato sapore zuccherino aromatico. Vien privato dall'acre suo succo mediante la macerazione per qualche tempo nel cognac, rhum, acquavite od altri vini spiritosi. Per mangiarlo crudo prima si estrae il torsolo del fiore, lo si priva della sua scorza e della parte membranosa che trovasi internamente, si spolverizza di zucchero oppure si mette in infusione in liquore come è sopra descritto.
suo colore è giallo dorato, di grato sapore zuccherino aromatico. Vien privato dall'acre suo succo mediante la macerazione per qualche tempo nel
È una polvere cristallina, incolora, di odor e leggero di mandorle amare, di sapore zuccherino estremamente intenso, 280 volte più forte di quello dello zucchero. L'uso della saccarina è vietato, perchè gli si attribuiscono gravi inconvenienti, certamente esagerati, ma veri. Insomma, fa male.
È una polvere cristallina, incolora, di odor e leggero di mandorle amare, di sapore zuccherino estremamente intenso, 280 volte più forte di quello
Ma l'ape operaia ovificatrice, piccola balia in cerca della «pars mellifera flori propria» (come diceva Virgilio), cioè di quell'umore rugiadoso zuccherino che è in filamenti e ghiandolette delle corolle, per esempio della boraggine, dei gladioli, detto nettare, o in cerca di polline, o di propoli (resina di abeti, pioppetti, ecc.) merita altro trattamento.
zuccherino che è in filamenti e ghiandolette delle corolle, per esempio della boraggine, dei gladioli, detto nettare, o in cerca di polline, o di propoli
3. Barbabietola (bellerare). - La barbietola è tubercolo poco nutritivo, piuttosto rinfrescante, molto zuccherino; ve ne sono di due specie, una rossa e l'altra giallognola; si fanno cuocere sotto la cenere od al forno, od in tegame; coperte d'acqua, fatele bollire adagio per 4 o 5 ore finchè tenere; raffreddate, spellatele, tagliatele a fettine e fatele in insalata, oppure infarinate delle fette larghe intrise nell'uovo sbattuto, friggetele adagio in padella o tegghia con burro e ben colorite spolverizzatele di sale, formaggio e spezie; si servano per frittura. Le foglie tenerelle della barbabietola si fanno cuocere come gli spinaci e restano migliori se si uniscono con un po' d'acetosella.
3. Barbabietola (bellerare). - La barbietola è tubercolo poco nutritivo, piuttosto rinfrescante, molto zuccherino; ve ne sono di due specie, una
Nè lo zuccaro s'estrae solo dall'arundo saccarifera. Abbiamo Io zuccaro di barbabietola (1), di castagne, d'uva, di latte, e trovasi pure nei succhi di molte piante, nelle radici, nei frutti, e persino nelle carni d'animali. Il diverso sapore o colore dipende dalla sua purezza, dal grado più o meno intenso di dolcezza, perchè da qualunque origine pervenga, quando è puro, è sempre la stessa cosa e non avvi differenza tra zuccaro e zuccaro. La scoperta dello zuccaro di barbabietola è dovuta al tedesco Margraff — il primo ad estrarlo in grande fu Achard di Berlino. Il metodo per ricavarlo, dopo ripetute esperienze, è stato perfezionato in Francia. Non si riduce che con estrema difficoltà alla bianchezza, asciuttezza, e cristallizzazione di quello di canna. Anche da noi abbiamo tali fabbriche. Quello di castagne è di una cristallizzazione assai minuta, è molle, biondo, dolcissimo con legger sapore di castagna: si può ridurlo in pani. Lo zuccaro di latte si fabbrica in grande nella Svizzera, è bianchissimo, cristallizzato in piccoli cubi, poco solubile nell'aqua fredda, solubilissimo nella calda, di sapore dolciastro, senza odore quando è ben puro. Si adopera come alimento e come medicamento. Lo zuccaro d'uva, non à forma regolare, è in piccoli tubercoletti, in bocca produce prima una sensazione di fresco indi un sapor zuccherino debole, così che ne abbisogna doppia quantità. Lo spirito di vino e l'aqua lo sciolgono più a caldo che a freddo. Questi zuccari ebbero interessante commercio in Europa al tempo del famoso blocco di Napoleone. Oggi quello solo di barbabietola à larga parte in commercio. Lo zuccaro si adultera con spato pesante, gesso, creta, farina, destrina, ma queste frodi sono possibili solo collo zuccaro in polvere od in pezzi (pilè), e si devono in generale attribuire ai negozianti rivenditori. Del resto tali materie si tradiscono facilmente perchè sono insolubili. Aquistate il vostro zuccaro in pani, o madri di famiglia, perchè in pani, la frode è quasi incompatibile colle singole e molteplici operazioni di quest'industria. Lo zuccaro si sofistica pure col glucosio. Il glucosio è altra delle varietà di zuccaro e si prepara generalmente trattando l'amido, o fecola di patate con acido solforico o cloridico. Quando è chimicamente puro, cioè affatto esente da sostanze eterogenee, non presenta altra differenza dello zuccaro di canna se non che nella sua virtù dolcificante — la quale sarebbe un terzo appena. Ma raramente il glucosio è purissimo, e spesso lo si trova nello zuccaro grasso a cui si ricorre per economia. Oltre alla mancanza di sapore, c'è a temere sia nocevole — attenetevi dunque allo zuccaro in pani. L'adulterazione dello zuccaro col glucosio è fatta su una scala enorme in America.
medicamento. Lo zuccaro d'uva, non à forma regolare, è in piccoli tubercoletti, in bocca produce prima una sensazione di fresco indi un sapor zuccherino
La Canella appartiene alla famiglia dei Lauri, è un albero sempre verde, ramosissimo (s'alza fino a 10 metri) del Ceylan, Borneo, Malabar e Martinica. È detta canella, quasi canna, del suo accartocciamento. Vien però chiamata Cinnamomo e Cinamo, che vuol dire legno odoroso. Quella del Malabar chiamasi pure Laurus cassia. La sua scorz o corteccia, privata di epidermide e di sottostante tessuto è la droga da noi conosciuta sotto il nome di canella, che verde sopra l'albero, diventa bruno- rossa essicando. À un odore aromatico, grato, penetrante, sapore caldo, piccante, zuccherino. Dà fiori in Gennajo piccoli, numerosi, profumati, biancastri in pannocchia terminale. Si moltiplica per margote e da noi è vegetazione di serra calda. Nel linguaggio dei fiori e delle piante, significa: Adorazione. I giardini o boschetti di canella somigliano i nostri boschi cedui. Nel Ceylan la raccolta ascende a 150 kil. ogni anno. La canella del Ceylan, i cui principi attivi sono solubili nell'aqua e nell'alcool, è giornalmente impiegata nella medicina, nella farmacia e nell'economia domestica. Nella medicina si associa utilmente alla china, all'assenzio, ecc., nella debolezza di stomaco, nelle diarree croniche, nell'ultimo periodo delle febbri atassiche o di tifo, nella salivazione spontanea, ecc. I farmacisti apprestano con essa gran numero di preparazioni, un decotto, uno sciroppo, una tintura, un'aqua distillata, ecc. di uso assai frequente, e bene spesso per coprire l'odore ed il sapore disaggradevole di altri farmachi. Tutti conoscono l'uso che ne fanno i profumieri, distillatori, caffettieri, ed i cuochi nel loro laboratorio gastronomico. La canella è droga che si unisce a molti manicaretti, sì di carne che di verdura e frutta. È eccitante, tonica, cordiale. In commercio generalmente si trova quella della China, di Sumatra, di Cajenna, e del Malabar, ma quella del Ceylan, (di colore cedrino-biondo, corteccia sottile, ravvolta in sè) detta anche della Regina, è la più apprezzata di tutte. Si falsifica mescolandola con qualità inferiori, o con false canelle, o vendendola già spoglia del suo aroma. Frodi più gravi si fanno colla canella in polvere, con farine, polvere d'altri legni, mattoni pesti, ocre, sabbia, ecc. Dalla canella si ricava un olio volatile, aromatico, che serve per liquori e confetture. Dai fiori pure e dalle foglie si estrae un'aqua spiritosa. Col nome di Cinnamomum, fu conosciuta dagli antichi ed era fra le altre droghe, articolo di commercio ricercato e prezioso. Tutti gli autori ne fanno menzione. Salomone parlando alla sposa, nei Sacri Cantici, le dice: Emissiones tuœ….. cinnamomum cum universis lignis Libani. Cap. IV, 14. — Plinio, dice che à ogni sua ricchezza nella corteccia «Omnem in cortice dotem habens. » Fu sempre ritenuto come un eccitante e riscaldante. S'adoperava per fare l'ippocrasso, detto quindi Cinamomites che è il nostro vin brulè. Si credeva corroborasse il cervello e giovasse alla vista. Gli Arabi la chiamano Querfe, i Persiani, Darsini. Gli Indiani ne usavano i rami a far corone per i vincitori. Lodovico Romano nel Libro VI Delle Navigazioni al cap. 4 dice che nell'Isola di Ceylan, patria originaria della Canella è credenza che «il Santo Adamo dopo del peccato commesso havere ivi col pianto et con l'astinenza, ricomperata la colpa, la qual cosa affermano con tale congettura che ivi si veggono ancora le vestigia dei piedi suoi di lunghezza di più di due palmi. » Il che si può credere pensando che da Adamo in poi l'umanità à sempre deperito.
, che verde sopra l'albero, diventa bruno- rossa essicando. À un odore aromatico, grato, penetrante, sapore caldo, piccante, zuccherino. Dà fiori in
Si condisce dai confetturieri — serve a fare uno sciroppo zuccherino e a prepararne colla fermentazione un liquore inebriante, una specie di nettare o vino che una volta in Oriente era riservato ai soli sovrani. In Oriente il dattero è condimento di pane e cibo ai quadrupedi. Coi semi torrefatti del dattero, si prepara un caffè in Francia, che per la sua innocenza può collocarsi al limbo. In medicina è adoperato come pettorale, raddolcente Bonastre ottenne dai datteri, succilaggine, gomma, zuccaro e albumina. Il midollo della palma si mangia come un ghiotto boccone. II calice dei fiori è adoperato come vaso da bere. I rami della palma lavorati si distribuiscono coll'ulivo, nella domenica, chiamata perciò delle Palme, in ricordanza dell'entrata trionfale del Salvatore in Gerusalemme. Le sue foglie servono a fabbricare corde, gomene, stuoje, cesti, ecc. In Spagna e Sicilia avvi la palma, ma in proporzioni molto modeste e i suoi frutti non riescono mai o quasi mai a maturanza. E questa la Palma che si dava ai vincitori delle battaglie — è di questa che ancor oggi corre il detto: Avere la palma, conquistare la palma. Del dattero ne parla Paolo Egineta e Zenofonte nel 2° libro della spedizione di Ciro, che li cita come un cibo divino, riservato ai soli ricchi. Molti soldati di Alessandro il Grande ci avevano lasciata la pelle per averne fatto delle pelli. Fino d'allora si candivano perchè i freschi eran fin d'allora ritenuti indigesti e nocevoli ai denti — tanto che appena mangiato, si sciaquava la bocca.
Si condisce dai confetturieri — serve a fare uno sciroppo zuccherino e a prepararne colla fermentazione un liquore inebriante, una specie di nettare
Il Noce è l'albero fruttifero più maestoso dei climi temperati. S'addatta a quasi tutti i terreni, tranne i molto umidi. Teme le brine, fiorisce a 12 gradi, matura il frutto da Agosto a Settembre. Si propaga per seme, e le varietà per innesto. Comincia a dar qualche prodotto a 8-10 anni, sino ai 25 non dà raccolto apprezzabile, lo dà dopo i 40. Ai 60 dà il massimo della produzione, ai 100 comincia a deperire — à vita di tre, quattro secoli. Se ne conoscono 16 varietà, a torto viene poco coltivata la nigra, oltre al rapido sviluppo, raggiungendo fino l'altezza di 50 metri, fornisce un legno nero durissimo che gli ebanisti preferiscono al noce comune. Il nome di juglans significa ghianda di Giove e, come dice Macrobio, prima si scriveva diuglandem, ghianda degli Dei, poi si lasciò il d, e restò juglandem, cibo di Giove, e a lui era dedicato il noce. La parola nux, da dove noce, viene da nocere perchè la sua ombra è nociva, perchè rompendone i frutti coi denti, questi si guastano. Nel linguaggio delle piante: Durezza. Si riconosce la noce matura quando il mesocarpo, o corteccia verde incomincia a screpolarsi e a staccarsi dal guscio. Si raccolgono e sbucciate si stendono in locali ben ventilati per farle asciugare e rimovendole due volte al giorno. Dopo un mese, sono stagionate. La noce fresca contiene una specie di emulsione, che poi si cangia in olio. Per cavarne l'olio bisogna pazientare fino all'inverno, perchè l'olio si forma lentamente colla stagionatura, rotti i gusci, si torchiano subito perchè soffrirebbero. Si conservano quasi per un anno, tenendole ben chiuse in luogo fresco. Per rinverdirle bisogna tenerle per 4, 5 giorni nell'acqua pura. Mantegazza suggerisce di metterle a macerare nel latte tepido e lasciarvele raffreddare. L'olio fresco è commestibile, ma col tempo diventa essicativo. È certo che la noce è migliore fresca, che secca, più digeribile spoglia della sua pellicola e che mangiandone in quantità si compromette la condotta degli organi digerenti e di quelli di secrezione, essicando diventa un po' acre. Ma la noce fresca è saporita e salubre e compare allegra al dessert. Pan e nôs, mangia de spôs dice un proverbio. Immatura ed intera, vien confettata collo zuccaro ed il miele e forma uno dei più grati componenti la mostarda. Brillat-Savarin ci racconta che le monache Visitandines di Bellay avaient pour les confire, une recette qui en faisait un tresor d'amour et de friandise. Infondendole nel vino bianco con erbe amare ed aromatiche se ne ottiene una particolare, delicata varietà di wermouth, e dietro infusione alcoolica se ne fabbrica un rosolio, o ratafià, che gode meritata fama di stomatico e roborante. Nella Virginia e nella Luigiana coi frutti di quelle noci si confeziona del pane. I Greci Mainotti, le fanno bollire col mosto del vino e ne compongono l'halvez che è uno dei più delicati loro manicaretti. In Francia ne fanno il nouga, espèce de conserve brulèe, avec les noix sèches et pelèe. Ed anche da noi, principalmente in campagna, ànno moltissimi usi in cucina ed in pasticcieria. Ricordo il pieno di noci che faceva la mia nonna ai capponi. Ma l'uso più grande delle noci secche, è di ricavarne olio, il quale estratto per pressione, è eccellentissimo in cucina, per certe fritture e per arrostire il pesce. Essendo essicativo è adoperato molto dai pittori, verniciatori e serve anche per fabbricare sapone. Irrancidisce facilmente. Il mollo o scorza verde, fresco, appena staccato facilmente annerisce e tinge in nero giallognolo la pelle di chi lo maneggia, è una vera ossidazione. «Un po' di scorza di noce mutò la mia pelle giallognola, in una gentil pelle brunetta » dice lo zio Tom nel romanzo della Beker. La fuliggine delle noci bruciate è uno dei principali ingredienti dell'inchiostro del Giappone. Fino dai tempi di Plinio era nota la maniera di tingere le lane colla scorza di noce. Se ne servono per conciare le pelli, per dar colore ai legnami. La decozione della scorza verde delle noci è specifico contro le cimici, libera i cani e i gatti dalle pulci, i cavalli, i muli ed i buoi dalle zanzare ecc. L'ombra del noce è dannoso alla vegetazione sottostante per lo sgocciolamento delle foglie e dei rami, impregnato di tannino e di sostanze non assimilabili, nuoce agli animali per l'esalazione graveolente e alquanto virosa delle foglie stesse — e produce, a chi vi dormisse sotto, gravezza di capo e cefalalgia. Il legno di noce è assai pregiato per la sua durezza, forza, e colore. Alla medicina il noce tutto, fino da Galeno dà sicuri e riputati specifici. Col frutto, se ne fà infuso, decotto, unguento, ed un rimedio facile, sicuro, economico contro la scrofola principalmente. Colle foglie, ammaccate e ridotte in pasta, strofinandone la pelle agli scabbiosi se ne distrugge l'acaro. Se ne fanno detersioni, bagni astringenti fortificanti. Servono a falsificare il tabacco principalmente presso i nostri fratelli del Cantone Ticino. Dal tronco se ne può cavare con opportune incisioni sciroppo zuccherino. La corteccia della radice fresca, macerata in aceto, dà un rubefaciente e rivulsivo. L'olio è usato come antielmitico, e purgativo internamente, (il lungo uso però irrita gli intestini), esternamente nelle erpeti crostose ed ulcerose. Plinio e Columella accusavano le noci come callidœ. Dioscoride le chiamava biliosœ, tussientibus inimicœ, e generalmente infatti, sono facile cagione di saburre e sconvenienti ai catarrosi, sicchè la Scuola Salernitana ebbe a sentenziare della noce: Unica nux prodest, nocet altera, tertia mors est . Fu creduto per molto tempo che il noce fosse originario, della Persia, d'onde Plinio lo dice importato in Roma al tempo dei Re, e le migliori qualità, le chiama persica, ma secondo una memoria del Dott. Heer, da alcuni avanzi fossili risulterebbe che sia spontanea anche in Italia da tempi remotissimi. In Grecia avevano vanto le noci di Thaso in Tracia, e presso i Romani quelle di guscio fragile di Tarento, onde si chiamavano noci tarentinœ. È ricordata la noce nell'Esodo (c. 25, 37), e da Salomone nel Cantico (c. 6.). Virgilio menziona le castagne e le noci che piacevano tanto alla sua Amarille:
se ne può cavare con opportune incisioni sciroppo zuccherino. La corteccia della radice fresca, macerata in aceto, dà un rubefaciente e rivulsivo. L
29. Il mais zuccherino. Granturco dolce. — Vi è una qualità di granturco detto zuccherino ch'è assai dolce e le cui pannocchie si raccolgono immature. Se sono molto piccine, come il dito mignolo, si possono mettere sotto l'aceto crude o lievemente scottate nell'acqua bollente e servono di appresso alle carni lessate. Tutte le qualità di granturco si prestano d'altronde a questo scopo. Le pannocchie più grandi si fanno tostare nella cenere rovente oppure si cuociono a lesso per gustarne poi i chicchi con un po' di burro. Finalmente i chicchi sgranati e cotti si possono condire in insalata, o soffriggere nell'olio.
29. Il mais zuccherino. Granturco dolce. — Vi è una qualità di granturco detto zuccherino ch'è assai dolce e le cui pannocchie si raccolgono immature
3. Barbabietola (betterave), — La barbabietola è tubercolo poco nutritivo, piuttosto rinfrescante, molto zuccherino; ve ne sono di due specie, una rossa e l'altra giallognola.
3. Barbabietola (betterave), — La barbabietola è tubercolo poco nutritivo, piuttosto rinfrescante, molto zuccherino; ve ne sono di due specie, una
Pianticella annuale, originaria dall'Egitto e dalla Siria. Si coltiva dovunque, massime nelle regioni meridionali ed in Sicilia, ma principalmente in Francia. Vuole terreno leggero, caldo, sostanzioso. À foglie somiglianti al prezzemolo, fiori piccoli bianchi in luglio, nel linguaggio dei fiori: Amorevolezza. Matura in agosto. Gli steli si mangiano verdi, i semi a foggia di granellini ovali alcun poco allungati, che conservano la virtù germinatrice per tre anni, d' un sapore dolce, aromatico, caldo, zuccherino e di odor soave, sono stomatici e servono per molti preparati di cucina, confetteria o liquoreria. Facilitano la digestione e combattono il dio Eolo. Sono utili nel singhiozzo. Ànno le stesse proprietà del finocchio.
germinatrice per tre anni, d' un sapore dolce, aromatico, caldo, zuccherino e di odor soave, sono stomatici e servono per molti preparati di cucina
La Canella appartiene alla famiglia dei Lauri, è un albero sempre verde, ramosissimo (s'alza fino a 10 metri) del Ceylan, Borneo, Malabar e Martinica. È detta canella, quasi canna, del suo accartocciamento. Vien però chiamata Cinnamomo e Chiamo, che vuol dire legno odoroso. Quella del Malabar chiamasi pure Laurus cassia. La sua scorza, o corteccia, privata di epidermide e di sottostante tessuto è la droga da noi conosciuta sotto il nome di canella, che, verde sopra l'albero, diventa bruno-rossa essicando. À un odore aromatico, grato, penetrante, sapore caldo, piccante, zuccherino. Dà fiori in gennaio piccoli, numerosi, profumati, biancastri in pannocchia terminale. Si moltiplica per margote e da noi è vegetazione di serra calda. Nel linguaggio dei fiori e delle piante, significa: Adorazione. I giardini o boschetti di canella somigliano i nostri boschi cedui. Nel Goylan la raccolta ascende a 140 chilogrammi ogni anno. La canella del Ceylan, i cui principi attivi sono solubili nell'acqua e nell'alcool, è giornalmente impiegata nella medicina, nella farmacia e nell'economia domestica. Nella medicina si associa utilmente alla china, all'assenzio, ecc., nella debolezza di stomaco, nelle diarree croniche, nell'ultimo periodo delle febbri atassiche o di tifo, nella salivazione spontanea, ecc. I farmacisti apprestano con essa gran numero di preparazioni, un decotto, uno sciroppo, una tintura, un'acqua distillata, ecc. di uso assai frequente, e bene spesso per coprire l'odore ed il sapore disaggradevole di altri farmachi. Tutti conoscono l'uso che ne fanno i profumieri, distillatori, caffettieri, e i cuochi nel loro laboratorio gastronomico. La canella è droga che si unisce a molti manicaretti, sì di carne che di verdura e frutta. È eccitante, tonica, cordiale. In commercio generalmente si trova quella della China, di Sumatra, di Cajenna e del Malabar, ma quella del Ceylan (di un colore cedrino-biondo, corteccia sottile, ravvolta in sè), detta anche della Regina, è la più apprezzata di tutte. Dopo quella del Ceylan viene in secondo rango, per bontà, quella di Cajenna: quella della China è l'infima. Si falsifica mescolandola con qualità inferiori, o con false canelle, o vendendola già spoglia del suo aroma. Frodi più gravi si fanno colla canella in polvere, con farine, polvere d' altri legni, mattoni pesti, ocre, sabbia, ecc. Dalla canella si ricava un olio volatile, aromatico, che serve per liquori e confetture. Dai fiori pure e dalle foglie si estrae un'acqua spiritosa. Col nome di Cinnamomum, fu conosciuta dagli antichi ed era, fra le altre droghe, articolo di commercio ricercato e prezioso. Tutti gli autori ne fanno menzione. Salomone parlando alla sposa, nei Sacri Cantici, le dice:
canella, che, verde sopra l'albero, diventa bruno-rossa essicando. À un odore aromatico, grato, penetrante, sapore caldo, piccante, zuccherino. Dà fiori in
Il Dattero, o Dattilo, è il frutto della palma oriente, albero sempre verde della Barberia, Egitto, Giudea, Siria, America meridionale e di molte parti dell'Africa. È diritto, arriva fino ai 40 metri d'altezza, e talvolta all'età di 200 anni e può portare più di 100 chilogrammi di frutto. Il suo legno è amaro e il frutto dolce. Da noi è pianta da serra calda. Si propaga per semi, che con molto calore nascono dopo 6 settimane. Non dà frutti che dopo moltissimi anni. Il suo nome dal greco Dactulos, dito, perchè questo frutto rassomiglia l'ultima falange delle dita. Nel linguaggio delle piante significa: Riconciliazione. Le sue bacche, i frutti nocciolosi oblunghi, che danno le sue sommità, sono quelli che noi chiamiamo datteri. Si mangiano freschi e secchi — i freschi sono meno sani. A noi pervengono essicati e a bon mercato. È frutto saporito e di facile digestione, da dessert quaresimale. I migliori sono quelli d'Alessandria d'Egitto. Si condisce dai confetturieri — serve a fare uno sciroppo zuccherino e a prepararne, colla fermentazione, un liquore inebbriante, una specie di nettare o vino che una volta in Oriente era riservato ai soli sovrani. In Oriente il dattero è condimento di pane, e cibo ai quadrupedi. Coi semi torrefatti del dattero, si prepara un caffè in Francia, che per la sua innocenza può collocarsi al limbo. In medicina è adoperato come pettorale, raddolcente. Bonastre ottenne dai datteri, succilaggine, gomma, zuccaro e albumina. Il midollo della palma si mangia come un ghiotto boccone. Il calice dei fiori è adoperato come vaso da bere. I rami della palma, lavorati, si distribuiscono coll'ulivo, nella domenica chiamata delle Palme, in ricordanza dell'entrata trionfale del Salvatore in Gerusalemme. Le sue foglie servono a fabbricare corde, gomene, stuoje, cesti, ecc. In Spagna e Sicilia avvi la palma, ma in proporzioni molto modeste e i suoi frutti non riescono mai o quasi mai a maturanza. È questa la Palma che si dava ai vincitori delle battaglie — è di questa che ancor oggi corre il detto: Avere la palma, conquistare la palma. Del dattero ne parla Paolo Egineta e Senofonte nel 2.° libro della Spedizione di Ciro, che li cita come un cibo divino, riservato ai soli ricchi. Molti soldati di Alessandro il Grande ci avevano lasciata la pelle per averne fatto delle pelli. Fino d' allora si candivano perchè i freschi eran fin d' allora ritenuti indigesti e nocevoli ai denti — tanto che appena mangiato, si sciaquava la bocca. Dei datteri si dice:
quaresimale. I migliori sono quelli d'Alessandria d'Egitto. Si condisce dai confetturieri — serve a fare uno sciroppo zuccherino e a prepararne, colla
Borc pretende che gli antichi prima di cocerle lasciassero loro subire un principio di germinazione onde svilupparne meglio il principio zuccherino come si fa oggi coll'orzo tallito. La lente ebbe dei detrattori. Socrate e Galeno ne dissero assai male, niente altro che è autrice delle più grandi malattie e tra le altre del cancro, del sciro, della lebbra e della cataratta, decisamente come, dopo tanto tempo, Martin Lauzer assicura che la lente guarisce da 26 malattie, tra le quali la gotta, la cefalogia, l'afrodismo ed il vaiuolo. Al principio del 600 in Lombardia, teste Francesco Gallina medico torinese, correva il proverbio: Chi mangia lenticchie caga una secchia. Stile del 600. E però la lente è un legume saporito, nutriente e che si digerisce meglio passata allo staccio e spoglia di buccia. Roques dopo aver date molte ricette a cucinar le lenti,
Borc pretende che gli antichi prima di cocerle lasciassero loro subire un principio di germinazione onde svilupparne meglio il principio zuccherino
. Ed anche da noi, principalmente in campagna, ànno moltissimi usi in cucina ed in pasticcieria. Ricordo il pieno di noci che faceva la mia nonna ai capponi. Ma l'uso più grande delle noci secche, è di ricavarne olio, il quale, estratto per pressione, è eccellentissimo in cucina per certe fritture e per arrostire il pesce. Essendo essiccativo, è adoperato molto dai pittori, verniciatori e serve anche per fabbricare sapone. Irrancidisce facilmente. Il mollo o scorza verde, fresco, appena staccato, facilmente annerisce e tinge in nera giallognolo la pelle di chi lo maneggia, è una vera ossidazione. «Un po' di scorza di noce mutò la mia pelle giallognola in una gentil pelle brunetta,» dice lo zio Tom nel romanzo della Beker. La fuliggine delle noci bruciate è uno dei principali ingredienti dell'inchiostro del Giappone. Fino dai tempi di Plinio era nota la maniera di tingere le lane colla scorza di noce. Se ne servono per conciare le pelli, per dar colore ai legnami. La decozione della scorza verde delle noci è specifico contro le cimici, libera i cani e i gatti dalle pulci, i cavalli, i muli ed i buoi dalle zanzare, ecc. L'ombra del noce è dannosa alla vegetazione sottostante per lo sgocciolamento delle foglie e dei rami, impegnato dì tannino e di sostanze non assimilabili, nuoce agli animali per l'esalazione graveolente e alquanto virosa delle foglie stesse, e produce, a chi vi dormisse sotto, gravezza di capo e cefalogia. Il legno di noce è assai pregiato per la sua durezza, forza e colore. Alla medicina il noce tutto, fino da Galeno, dà sicuri e risultati specifici. Col frutto se ne fa infuso, decotto, unguento ed un rimedio facile, sicuro, economico contro la scrofola principalmente. Colle foglie, ammaccate e ridotte in pasta, strofinandone la pelle agli scabbiosi se ne distrugge l'acaro. Se ne fanno detersioni, bagni, astringenti fortificanti. Servono a falsificare il tabacco. I nostri fratelli del Cantone Ticino ve ne possono dire qualche cosa. Dal tronco se ne può cavare, con opportune incisioni, sciroppo zuccherino. La corteccia della radice fresca, macerata in aceto, dà un rubefaciente e rivulsivo. In medicina è usato come antiemetico e purgativo internamente (il lungo uso però irrita gli intestini), esternamente nelle erpeti crostose ed ulcerose. Plinio e Columella accusavano le noci come callidae. Dioscoride le chiamava biliosae, tussientibus inimicae, e generalmente infatti, sono facile cagione di saburre e sono sconvenienti ai catarrosi, sicchè la Scuola Salernitana ebbe a sentenziare della noce: Unica nux prodest, nocet altera, tertia mors est. Fu creduto per molto tempo che il noce fosse originario della Persia, d'onde Plinio lo dice importato in Roma al tempo dei re, e le migliori qualità le chiama persica, ma secondo una memoria del dottor Heer, da alcuni avanzi fossili risulterebbe che sia spontanea anche in Italia da tempi remotissimi. In Grecia avevano vanto le noci di Thaso in Tracia, e presso i Romani quelle di guscio fragile, di Tarento, onde si chiamavano noci tarentinae. È ricordata la noce nell'Esodo (c. 25, 37), e da Salomone nel Cantico (c. 60). Virgilio menziona le castagne e le noci che piacevano tanto alla sua Amarille:
ve ne possono dire qualche cosa. Dal tronco se ne può cavare, con opportune incisioni, sciroppo zuccherino. La corteccia della radice fresca, macerata
rossa di patate. Un pasticcio, frittura, fritelline, gateau, formaggio di patate, confetti, biscottini, una crostata, una schiacciata, poi caffè di patate. Gordon, in China, à vissuto molto tempo a sole patate. Dalla sua fermentazione se ne cava un'acquavite nociva, che ubbriaca ed abbrutisce i poveri Irlandesi e gli schiavi dell'America. Colla patata si fa birra. Ridotta a fecola, assurge poi alle maggiori dignità chimiche ed industriali. Diventa siroppo zuccherino, saldo per appretto ai tessuti ed alle lingerie, dà consistenza alla carta di lusso; entra dappertutto, infine, ed ogni giorno che passa segna una nuova applicazione scientifica ed industriale del prezioso tubero.
. Diventa siroppo zuccherino, saldo per appretto ai tessuti ed alle lingerie, dà consistenza alla carta di lusso; entra dappertutto, infine, ed ogni giorno
Noto legume annuale. Quello detto campestre nasce spontaneamente in alcune parti d'Italia e di Germania. Ma il sativum è quello coltivato negli orti. Àvvene molte varietà. Il pisello germina fino ai 3 anni. Il nano (P. humile) primaticcio olandese, da noi detto anche quarantin. Il quadrato (P. quadratum) o reale, bianco e verde, l'umbrellatum, che è piuttosto d'ornamento nei giardini. L'excorticatum, o, pisum sativum cortice eduli, pisello dolce zuccherino che si mangia unitamente al guscio, detto in francese Pois goulus e da noi taccole, ed altre. Nel linguaggio dei fiori: Confidenza. Si può seminarli in varie epoche ed averli tutti i mesi. Il pisello ama terreno leggero, sostanzioso, lavorato e soleggiato; non vuol essere riseminato nel medesimo luogo. Si fa seccare e si conserva per l'inverno. La varietà verde, in Francia, è coltivata su larga scala. In Inghilterra si coltiva il pisello per alimentare le pecore nell'inverno. Vuolsi che il nome di pisello l'abbia da Pisa, antichissima città del Peloponneso, da dove sembra venuto in Italia, come vennero alcuni abitanti di quella Pisa a fabbricare la nostra sull'Arno, che pure battezzarono Pisa, teste Strabone. Altri lo vuole dal nome originario del legume in lingua celtica, o dal vocabolo greco, che significa cadere. Il nostro nome di erbion pare sia un corrotto dell'Arneja spagnuolo o un prolungamento dell'erbse tedesco. Il pisello fu sempre ritenuto uno dei più graziosi legumi. La storia ci tramanda che aveva l'onore delle tavole reali. Gli autori greci e latini ne parlarono tutti con vera benevolenza; i più maldicenti, lo accusano di flattulenze. Perfino l'austerissimo Eupolim, forse il più antico commediografo greco, ne fa menzione onorata. L'imperatore Tito ne andava matto. I medici, non potendone dire male, come al solito, lasciano però scappare qualche bieca osservazione. Baldassare Pisanelli, medico bolognese, nel suo Trattato dei cibi et del bere, dice: «I piselli non sono molto differenti dalle fave, ma fanno venire sospiri et inducono strane meditazioni.» Con sua bona pace, il pisello è l'ottimo fra i legumi, digeribile, saporito, nutriente. Plinio aveva già sentenziato:
zuccherino che si mangia unitamente al guscio, detto in francese Pois goulus e da noi taccole, ed altre. Nel linguaggio dei fiori: Confidenza. Si può
Nè lo zuccaro si estrae solo dall'arundo saccarifera. Abbiamo lo zuccaro di barbabietola, di castagne, d'uva, di latte, e trovasi pure nei succhi di molte piante, nelle radici, nei frutti e persino nelle carni di animali. Il diverso sapore o colore dipende dalla sua purezza, dal grado più o meno intenso di dolcezza, perchè da qualunque origine pervenga, quando è puro, è sempre la stessa cosa e non avvi differenza tra zuccaro e zuccaro. La scoperta dello zuccaro di barbabietola è dovuta al tedesco Margraff; il primo ad estrarlo in grande fu Achard di Berlino. Il metodo per ricavarlo, dopo ripetute esperienze, è stato perfezionato in Francia. Non si riduce che con estrema difficoltà alla bianchezza, asciuttezza e cristallizzazione di quello di canna. Anche da noi abbiamo tali fabbriche. Quello di castagne è di una cristallizzazione assai minuta, è molle, biondo, dolcissimo con legger sapore di castagna: si può ridurlo in pani. Lo zuccaro di latte si fabbrica in grande nella Svizzera, è bianchissimo, cristallizzato in piccoli cubi, poco solubile nell'aqua fredda, solubilissimo nella calda, di sapore dolciastro, senza odore quando è ben puro. Si adopera come alimento e come medicamento. Lo zuccaro di uva non à forma regolare, è in piccoli tubercoletti, in bocca produce prima una sensazione di fresco, indi un sapor zuccherino debole, così che ne abbisogna doppia quantità. Lo spirito di vino e l'aqua lo sciolgono più a caldo che a freddo. Questi zuccari ebbero interessante commercio in Europa al tempo del famoso blocco di Napoleone. Oggi quello solo di barbabietola à larga parte in commercio. Lo zuccaro si adultera con spato pesante, gesso, creta, farina, destrina, ma queste frodi sono possibili solo collo zuccaro in polvere od in pezzi (pile) e si devono in generale attribuire ai negozianti rivenditori. Del resto, tali materie si tradiscono facilmente, perchè sono insolubili. Acquistate il vostro zuccaro in pani, o madri di famiglia, perchè in pani, la frode è quasi incompatibile colle singole e molteplici operazioni di quest'industria. Lo zuccaro si sofistica pure col glucosio. Il glucosio è altra delle varietà di zuccaro e si prepara generalmente trattando l'amido, o fecola di patate con acido solforico o cloridrico. Quando è chimicamente puro, cioè affatto esente da sostanze eterogenee, non presenta altra differenza dello zuccaro di canna se non che nella sua virtù dolcificante, la quale sarebbe un terzo appena. Ma raramente il glucosio è purissimo, e spesso lo si trova nello zuccaro grasso, a cui si ricorre per economia. Oltre alla mancanza di sapore, c'è a temere sia nocevole; attenetevi dunque allo zuccaro in pani. L'adulterazione dello zuccaro col glucosio è fatta su una scala enorme in America.
medicamento. Lo zuccaro di uva non à forma regolare, è in piccoli tubercoletti, in bocca produce prima una sensazione di fresco, indi un sapor zuccherino debole
2.° La cipolla s'adopera moltissimo in cucina. Il suo gusto è acre zuccherino. La si mette nei stufati, nei manicaretti, nelle salse, nelle fritture; cotta e condita è un cibo sano e si digerisce bene.
2.° La cipolla s'adopera moltissimo in cucina. Il suo gusto è acre zuccherino. La si mette nei stufati, nei manicaretti, nelle salse, nelle fritture
Pelate 200 grammi di pere o di mele mature, sopprimete gli acini e mettetele in casseruola; ad ogni 100 grammi di frutto unitevene 80 di zuccaro con mezzo bicchier d'acqua, coprite la casseruola e fatele cuocere perfettamente; passatele indi dallo staccio, mettetele in una casseruola da credenza e con una spatola continuate a mescerle finchè avranno preso un bel lucido ed allora le metterete nei vasi come le precedenti. — Qualora le mele fossero di sapore zuccherino, vi metterete 15 grammi meno di zuccaro della dose su descritta.
di sapore zuccherino, vi metterete 15 grammi meno di zuccaro della dose su descritta.
In luoghi umidi e caldi le patate germogliano o mettono, come volgarmente si dice, e sviluppano un principio nocivo, la solanina, che agisce come veleno, producendo forte irritazione nel tubo gastro-enterico, coliche, dissenterie, vomiti ecc. susseguiti anche da morte, specialmente nei soggetti deboli. Patate che appena accennino alla mettitura dovranno essere, per conseguenza, rifiutate senz' altro. Le patate in tali condizioni perdono la loro farinosità ed acquistano un sapore leggermente zuccherino.
farinosità ed acquistano un sapore leggermente zuccherino.
La galletta di buon frumento, ben confezionata e ben cotta è di un bel colore uniforme, biondo piuttosto carico, liscia, senza gonfiature o screpolature, sonora, perfettamente secca; ha un odore gradevole, un sapore zuccherino e non diminuisce sensibilmente di peso scaldandola a +100°C anche per qualche tempo. La sua crosta è sottilissima, il suo interno di un bianco perfetto se la farina fu abburattata fino al 25 %, di un bianco dorato se l'abburattamento della medesima fu ad un titolo alquanto inferiore (18-20%).
screpolature, sonora, perfettamente secca; ha un odore gradevole, un sapore zuccherino e non diminuisce sensibilmente di peso scaldandola a +100°C anche per
Pianticella annuale, originaria dall'Egitto e dalla Siria. Si coltiva dovunque, massime nelle regioni meridionali ed in Sicilia, ma principalmente in Francia. Vuole terreno leggero, caldo, sostanzioso. À foglie somiglianti al prezzemolo, fiori piccoli bianchi in Luglio, nel linguaggio dei fiori: Amorevolezza. Gli steli si mangiano verdi, i semi a foggia di granellini ovali alcun poco allungati d'un sapore dolce, aromatico, caldo, zuccherino e di odor soave, sono stomachici e servono per molti preparati di cucina, confetteria o liquoreria. Facilitano la digestione e combattono il dio Eolo. Ànno le stesse proprietà del finocchio.
: Amorevolezza. Gli steli si mangiano verdi, i semi a foggia di granellini ovali alcun poco allungati d'un sapore dolce, aromatico, caldo, zuccherino e di
Pelusio era città dell'alto Egitto fondata da Peleo, padre del grande Achille. E a questo proposito S. Gerolamo nel lib. 9° in Ezechia, dice che si chiamava lente Pelusiaca perchè Pelusio era come il grande mercato della Tebaide e dell'Egitto, da dove pel Nilo discendevano le lenti fino ad Alessandria. Era proverbio: Ante lentem augere ollam - cioè preparare un'olla più grande che la quantità delle lenti, donde ne venne il nostro: pussee grand l'œucc ch'el bœucc. E l'altro che si legge in Aristofane: Dives factus, jam desiit gaudere lente - il che equivale al nostro parvenu che si scorda di essere stato quello che era. Borc pretende che gli antichi prima di cocerle lasciassero loro subire un principio di germinazione, onde svilupparne meglio il principio zuccherino come si fà oggi coll'orzo tallito. La lente ebbe dei detrattori. Ippocrate e Galeno ne dissero assai male, nient'altro che è autrice delle più grandi malattie e tra le altre del cancro, del sciro, della lebbra e della cataratta. Precisamente come dopo tanto tempo Martin Lauzer assicura che la lente guarisce da 26 malattie, tra le quali la gotta, la cefalogia, l'afrodismo ed il vaiuolo. Al principio del 600 in Lombardia, teste Francesco Gallina medico torinese, correva il proverbio: Chi mangia lenticchie caga una secchia. Stile del 600. E però la lente è un legume saporito, nutriente e che si digerisce meglio passata allo staccio e spoglia di buccia. Roques dopo aver date molte ricette a cucinar le lenti, finisce eoll'assicurare il prossimo che egli preferisce « une purèe de lèntilles, on repose mollement un morceau de pètit lard salè et tendre ». Ma alla lente era preparata una gloria assai maggiore di quella di servire di soffà ad un anitra o ad una salsiccia. L'inglese Warton inventò la famosa Ervalenta (dal suo nome ervum lens) e la fè passare come un prodotto di pianta forastiera ed il pubblico credenzone correva a pagare 10 lire al chilogrammo la farina di lenti che valeva 20 centesimi. Poi dai Du-Barry disputatisi coi Warton nel 1854 il privilegio di gabbare il mondo, ne venne la Revalenta o Revalescère, la famosa Revalenta arabica, che guarisce da tutti i mali. Sottoposta dal Consiglio di Sanità di Londra e dall'illustre Payen di Parigi a conscenziosa analisi risultò composta per la massima parte di farina di lenti scorticate, coll'aggiunta in varie proporzioni di quella di piselli, di melica, sorgo, avena, orzo e una centesima parte di sale di cucina. Pure il Du-Barry continua l'allegro commercio colle più belle trovate di ciarlataneria.
meglio il principio zuccherino come si fà oggi coll'orzo tallito. La lente ebbe dei detrattori. Ippocrate e Galeno ne dissero assai male, nient'altro che
Noto legume annuale. Quello detto campestre nasce spontaneamente in alcune parti d'Italia e di Germania. Ma il sativum è quello coltivato negli orti. Avvene molte varietà. Il nano (P. humile) primaticcio olandese da noi detto anche quarantin. Il quadrato (P. quadratum) o reale bianco e verde. L'umbrellatum, che è piuttosto d'ornamento nei giardini. L'excorticatum, pisello dolce zuccherino che si mangia unitamente al guscio detto in francese Pois goulus e da noi Taccole, ed altre. Nel linguaggio dei fiori: confidenza. Si può seminarli in varie epoche e averli tutti i mesi. Il pisello ama terreno leggero, sostanzioso, lavorato e soleggiato; non vuol essere riseminato nel medesimo luogo. Si fa seccare e si conserva per l'inverno. La varietà verde, in Francia è coltivata su larga scala. In Inghilterra si coltiva il pisello per alimentare le pecore nell'inverno. Vuolsi che il nome di pisello l'abbia da Pisa, antichissima città del Peloponneso, da dove sembra venuto in Italia, come vennero alcuni abitanti di quella Pisa a fabbricare la nostra sull'Arno, che pure battezzarono Pisa, teste Strabone. Altri lo vuole dal nome originario del legume in lingua celtica, o dal vocabolo greco, che significa cadere. Il nostro nome di erbion pare sia un corrotto dell'Arneja spagnuolo o un prolungamento dell'erbse tedesco. Il pisello fu sempre ritenuto uno dei più graziosi legumi. La storia ci tramanda che aveva l'onore delle tavole reali. Gli autori greci e latini ne parlarono tutti con vera benevolenza, i più maldicenti lo accusano di flattulenze. Perfino l'austerissimo Eupolim, forse il più antico commediografo greco, ne fa menzione onorata. L'imperatore Tito ne andava matto. I medici non potendone dir male, come al loro solito, lasciano però scappare qualche bieca osservazione. Baldassare Pisanelli, medico bolognese, nel suo Trattato dei cibi et del bere, dice: « I piselli non sono molto differenti dalle fave, ma fanno venire sospiri et inducono strane meditationi. » Con sua bona pace, il pisello è l'ottimo fra i legumi, digeribile, saporito, nutriente. I freschi e teneri sono più digeribili che i secchi, questi alquanto flattulenti, bisogna lasciarli macerare nell'aqua. Si mangiano anche crudi lorchè sono freschi e tenerelli. Si cucinano in diversi modi : colle minestre, colle carni, nei manicaretti. I piselli si fanno seccare col medesimo metodo dei fagioli e degli altri legumi. Si conservano verdi nell'aqua e aceto e prima di mangiarli si lavano in aqua fresca. Devonsi però raccogliere perfettamente maturi, e si leva ai grani stessi la prima scorza. In Francia, colla buccia mista ad altre erbe aromatiche ed amare, si faceva una specie di birra usata principalmente dai contadini. Nel Chili è molto popolare la chicha de oloja, bevanda fermentata che si fabbrica coi piselli e col maiz. Nell'anno 1536 il cardinale Lorenzo Campeggio à dato un pranzo in Transtevere alla Maestà Cesarea di Carlo V, Imperatore. Era giorno quadragesimale « et prima fu posta la tavola con quattro tovaglie profumate.... et dopo vari servi i ; » furono portati « piselli alessati con la scorza et serviti con aceto et pepe sopra, libre 8 in 4 piatti. » Poi dopo molti altri servizii « levata la tovaglia et data l'aqua alle mani si mutò salviete con forcine d'oro et d'argento con stecchi profumati in 12 tazze d'oro et mazzetti di fiori con garofoli profumati » e tra le altre cose furono ancora serviti « piselletti teneri con la scorda conditi libre 6 in 3 piatti. » Tanto ci tramanda Bartolomeo Scappi, maestro nell'arte del cucinare, del quale Papa Pio V dice: « Peritissimi magistri Bartolomei Scappij qui nunc prefectus est ex nostris intimis coquis. (Dal Breve: Datum Romæ apud Petrum. Tertio Kalendis Aprilis, anno quinto).
'umbrellatum, che è piuttosto d'ornamento nei giardini. L'excorticatum, pisello dolce zuccherino che si mangia unitamente al guscio detto in francese Pois
Ad un tratto, con la schiena sospettosa di un ladro, Giulio girando appena la testa a destra e a sinistra, si convinse che scultori e scultrice di vita dormivano profondamente. Scattò in piedi agilmente, senza far rumore, percorse con lo sguardo circolare la grande sua sala d'armi e deciso si avviò verso l'alto complesso plastico le curve del mondo e i loro segreti. Inginocchiatosi davanti, ne iniziò l'amorosa adorazione con le labbra, la lingua e i denti. Frugando e rovesciando il bel palmeto zuccherino, come una tigre allungata, morse e mangiò un soave piedino pattinatore di nuvole.
e i denti. Frugando e rovesciando il bel palmeto zuccherino, come una tigre allungata, morse e mangiò un soave piedino pattinatore di nuvole.