Molta gente mangia più con la fantasia che col palato e però guardatevi sempre dal nominare, almeno finchè non siano già mangiati e digeriti, que' cibi che sono in generale tenuti a vile per la sola ragione che costano poco o racchiudono in sè un'idea che può destar ripugnanza; ma che poi, ben cucinati o in qualche maniera manipolati, riescono buoni e gustosi. A questo proposito vi racconterò che trovandomi una volta ad un pranzo di gente famigliare ed amica, il nostro ospite, per farsi bello, all'arrosto, scherzando, uscì in questo detto: «Non potrete lagnarvi che io non vi abbia ben trattati quest'oggi; perfino tre qualità di arrosto: vitella di latte, pollo e coniglio.» Alla parola coniglio diversi dei commensali rizzarono il naso, altri rimasero come interdetti, ed uno di essi, intimo della famiglia, volgendo lo sguardo con orrore sul proprio piatto, rispose: «Guarda quel che ti è venuto in capo di darci a mangiare! almeno non lo avessi detto! mi hai fatto andar via l'appetito.»
venuto in capo di darci a mangiare! almeno non lo avessi detto! mi hai fatto andar via l'appetito.»
Leva le code a due dozzine di gamberi, e pestale unitamente a sei uova, poi impastale con mollica di pane imbevuta nel latte. Poni quindi i gusci, levatane la testa e la materia amara, in mortaio e ben pesti mettili a fuoco con burro e crema in quantità conveniente quindi passane per setaccio il sugo ottenuto, e versala su quanto hai preparato di sopra, aggiungendovi due o tre rossi d'uova sode, sale, macos ed un poco di maggiorana verde; si mescola il tutto assieme, poi formane salsiccia nei budelli adattati che avrai prima bene preparati e lavati, la quale salsiccia cuocerai indi nel latte.
sugo ottenuto, e versala su quanto hai preparato di sopra, aggiungendovi due o tre rossi d'uova sode, sale, macos ed un poco di maggiorana verde; si
Sciolto un pezzo di burro, uniscivi dei funghi tagliati non tanto minutamente, un poco di prezzemolo, pepe e sale, continuando a far bollire finchè tutto sia bene condensato. Allora spargivi un pugno di pane grattato assai fino, alcuni cucchiaj di crema, e fa di nuovo condensare il tutto. Rompi quindi dieci o dodici uova in una scodella, sbattile assai bene, e condiscile con sale; struggi poi in una padella un poco di burro, e versavi una piccola porzione delle uova che hai sbattute, e falla friggere da ambi le parti siccome una frittata: preparata questa, ne preparerai in questo modo varie altre di seguito; con esse, riempiute della descritta farcia, ne formerai le polpette che farai cuocere ancora per qualche momento in una tortiera unta di burro, bagnandole con alcuni cucchiaj di crema.
piccola porzione delle uova che hai sbattute, e falla friggere da ambi le parti siccome una frittata: preparata questa, ne preparerai in questo modo varie
È mai possibile imaginare società d'uomini più gustosa di quella che tu hai costituito ed una più utile e più gaia impresa giornalistica? A leggere la circolare e il gaudioso programma del giornale m'è venuta l'acquolina al palato e allo spirito (Ohibò!). Si mescevano i ricordi di un passato già gloriosissimo della vostra casa ospitale, ove la Signora Delia ci offerse gli assaggi più raffinati, e l'imagine delle nostre future sapienti adunanze, dove ordine del giorno e lista delle vivande sono una cosa istessa, e dove dovrebbe regnare il silenzio, perchè la bocca non sarà, come al solito, l'organo periferico, passivo ed obbediente, per servire all'espressione verbale del pensiero, ma sarà invece, essa stessa, la fucina d'origine delle imagini più gaudiose e dei più meditati giudizi.
È mai possibile imaginare società d'uomini più gustosa di quella che tu hai costituito ed una più utile e più gaia impresa giornalistica? A leggere
Ecco un altro metodo. Prendi funghi morecci o porcini sani e giovani; nettali bene dalla terra separando il cappello dal gambo; metti al fuoco una pignatta con acqua e aceto, due terzi dell'una e un terzo dell'altro; condisci con un poco di sale, e quando bolle mettici i funghi: dopo un bollore levali, e falli sgocciolare. Abbi allora un vaso di terra verniciato; colloca in fondo al medesimo un testo, e sopra questo disponi a suoli i funghi, spruzzandoli via via con sale comune. Quando il vaso è quasi pieno, poni sopra i funghi un peso, che li tenga pressati, e copri il vaso. In questo modo si conservano anche un anno; nè ti prender pensiero se l'acqua che fanno i funghi è nera ed anche d'ingrato odore: quest'acqua è quella che li mantiene. Quando vuoi servirtene togline dal vaso quella quantità di cui hai bisogno, lavali in due acque molto calde, tenendoli nella seconda almeno dieci minuti; poi cambia quest'acqua con altra acqua fredda, nella quale lascerai i funghi 4 ore; tornerai allora nuovamente a cambiar l'acqua sempre fredda, lascerai i funghi circa un'altr'ora, e togliendoli da questa, e facendoli sgocciolare, potrai poi friggerli in pezzi, infarinandoli e indorandoli con uovo sbattuto, per servirli.
. Quando vuoi servirtene togline dal vaso quella quantità di cui hai bisogno, lavali in due acque molto calde, tenendoli nella seconda almeno dieci
Il profumo del tè, è volatile, non deve essere quindi esposto nè all'aria, nè alla luce: conservatelo in vasi chiusi ed opachi. Il tè, s'impregna assai facilmente degli odori anche i più deboli: non mettetelo a contatto con sostanze odorose, anche quando l'odore di queste è gradevole. Troppo vecchio — perde, è passato. Troppo fresco è acre ed amaro. I Chinesi lo colgono di un anno. Aquista ad essere trasportato per mare, come il vino. La falsificazione del tè, è antichissima ed incomincia in China e nel Giappone per essere perfezionata in Europa dagli Inglesi. Si falsifica, coll'addizione di materie minerali, per aumentarne peso e volume, colla colorazione artificiale, colla rivivificazione dei tè esauriti, cioè già spogliati dei loro principî solubili: è industria tutta inglese. A Londra lo si raccoglie già usato nei caffè, negli alberghi, nei mucchi di lordure dei più sporchi quartieri di Shang-Hai. Nel 1843 a Londra ve n'erano otto fabbriche che lo falsificavano con sostituzione di foglie straniere, frassino, pioppo nero, platano, quercia, faggio, olmo, spinobianco, alloro, sambuco ecc. Del resto molte piante danno foglie che possono surrogare benissimo il tè. A Sumatra si servono delle foglie del caffè. Nell'America del Sud e nel Paraguay sostituiscono al tè, il mate che chiamano tè mate. (Ilex paraguayensis). Nel Bacino delle Amazzoni col guaranà (Paullinia sorbilis), nella Bolivia colla coca (Erytroxylon coca), che venne messa in musica su tutti i toni, dal Mae.° Mantegazza. Volgarmente il tè, viene denominato dalla sua immediata provenienza — tè d'Olanda, di Russia ecc. Il tè fu primieramente introdotto dagli olandesi verso il 1610 che lo ricevevano dai chinesi in cambio della salvia (1). Il tè nei Paesi Bassi serviva a disegnare i fautori del Principe d'Orange e degli Inglesi, che lo preferivano al caffè.
quartieri di Shang-Hai. Nel 1843 a Londra ve n'erano otto fabbriche che lo falsificavano con sostituzione di foglie straniere, frassino, pioppo nero, platano
sostanzioso ed aromatico del secondo, il quale è pure molto astringente. La proporzione è di 20 grammi di tè ih un litro d'aqua bollente. Migliore l'aqua delle sorgenti e la piovana. L'aggiunta di alcune goccie di sugo di limone od altro acido vegetale, rende il tè più pie. cante e profumato. Nella Tartaria chinese e nel Cachemire e in altri paesi dell'Asia si mangiano le foglie del tè cotte in diverso modo, con burro, farina, ecc., e la loro ricchezza in albumina ne spiega il valore nutritivo. Il tè, come il caffè, è soggetto ad alterarsi sia per cattiva preparazione, che per cattiva conservazione. Il profumo del tè è volatile, non deve essere quindi esposto nè all'aria, nè alla luce: conservatelo in vasi chiusi ed opachi. Il tè s'impregna assai facilmente degli odori anche i più deboli: non mettetelo a contatto con sostanze odorose, anche quando l'odore di queste è gradevole. Troppo vecchio perde, è passato; troppo fresco è acre ed amaro. I Chinesi non se ne servono che stagionato di un anno. Aquista ad essere trasportato per mare, come il vino. La falsificazione del tè, è antichissima ed incomincia in China e nel Giappone per essere perfezionata in Europa dagli Inglesi. Si falsifica, coll'addizione di materie minerali, per aumentarne peso e volume, colla colorazione artificiale, colla rivivificazione dei tè esauriti, cioè già spogliati dei loro principi solubili: è industria tutta inglese. A Londra lo si raccoglie già usato nei caffè, negli alberghi, nei mucchi di lordure dei più sporchi quartieri di Shang-Hai. Nel 1843 a Londra vi erano otto fabbriche che lo falsificavano con sostituzione di foglie straniere, frassino, pioppo nero, platano, quercia, faggio, olmo, spinobianco, alloro, sambuco, ecc. Del resto molte piante danno foglie che possono surrogare benissimo il tè. A Sumatra si servono delle foglie del caffè. Nell'America del Sud e nel Paraguay sostituiscono al tè il mute, che chiamano tè mate (Ilex Paraguayensis). Nel bacino delle Amazzoni col guaranà (Paullinia sorbillis), nella Bolivia colla coca (Erytroxylon coca), che venne messa in musica su tutti i toni dal maestro Mantegazza. Volgarmente il tè viene denominato, dalla sua immediata provenienza, tè d'Olanda, di Russia, ecc. La storia del tè non è antica. Fu introdotto dagli Olandesi verso il 1610 che lo ricevevano dai Ghinesi in cambio della salvia. (Vedi in Salvia). Il tè nei Paesi Bassi serviva a designare i fautori del principe d'Orange e degli Inglesi, che lo preferivano al caffè. Un medico asserisce che l'uso del tè impedisce la formazione della pietra nella vescica (1).
dei più sporchi quartieri di Shang-Hai. Nel 1843 a Londra vi erano otto fabbriche che lo falsificavano con sostituzione di foglie straniere, frassino
Carissimo, Ricordi? Hai scritto, una volta, che io, Marco Ramperti, appartengo all'estrema destra del parlamento futurista. Tu sei l'amabilità in persona, mio caro Marinetti, con tutti i pugni e schiaffi della tua dialettica d'assalto, e non potevi dire con più grazia d'uno che, essendoti attento ed amico, ha però le sue idee, che non sono sempre quelle del tattilismo e delle parole in libertà. Volevi essermi gentile, e m'hai fatto un posticino alla tua destra, fra i convertibili, mentre potevi benissimo lasciarmi fuori dell'uscio, fra i passatisti senza rimedio e senza diritti. Da quel giorno, ti confesso, più volte i tuoi decreti-legge m'hanno posto nel crudele dilemma di rassegnarti le mie dimissioni, ovvero di domandare le tue, tanto il disparere era sensibile, e faceva insopportabile la mia presenza nella tua assemblea. Quand'ecco la tua insurrezione conviviale, il tuo manifesto contro la pasta asciutta: ed ecco che, rianimato, illuminato, rifatto in un momento pieno d'audacia fedele, il tuo pallido futurista ad honorem passa d'un balzo dall'estrema destra all'estrema sinistra delle tue assisi, e, per Dio, ti grida il suo consenso pieno, assoluto, fanatico, disperato.
Carissimo, Ricordi? Hai scritto, una volta, che io, Marco Ramperti, appartengo all'estrema destra del parlamento futurista. Tu sei l'amabilità in
Non importa. Vinceremo meglio, vincendo tardi, come in tutte le buone rivoluzioni. La nostra, intanto, esprime il suo verbo, stabilisce la sua legge. Poiché gli Italiani hanno consentito al principio futurista di farsi quanto più possibile agili, desti, veloci, elettrici, furibondi, verrà bene il giorno in cui si persuaderanno che, a raggiungere un tale stato di grazia, nulla può meglio giovare del mangiar poco e scelto, del limitare i propri pasti alla stilla essenziale e alla briciola leonina. In verità quest'ultima propaganda tua, o Marinetti, è la più conseguente e logica fra tutte quelle derivate dal tuo manifesto cardinale di vent'anni fa: e non si capirebbero tante resistenze, se non ripensando, appunto, alla tenacia e caparbietà di certe abitudini dello stomaco. Non è la prima volta che un popolo c'insegna di saper rinunziare a tutto, fuorché a una ghiottoneria. Un francese che stimava i Tedeschi, il conte di Gobineau, soleva dire che di là dal Reno nessuno saprebbe commettere una viltà, fuorché per una salsiccia con crauti. È un giudizio che mi torna a mente, ripensando a quel Pulcinella che resisteva a tutto, fuorché a una manciata di vermicelli. Questo grande amore della pasta asciutta è una debolezza degli Italiani, e tu hai cento ragioni di batterla in breccia. C'è il tallone d'Achille, e c'è il palato del futurista. Ora, fra tutti i cibi ingozzanti e paralizzanti che contraddicono al tuo programma di rapidità, elasticità ed energia, la pasta asciutta è precisamente il più diffuso e calamitoso. Ma essendo il più nefasto, é anche il meno maledetto. Ed ecco la molla della tua rivolta riparatrice. Che vuol dire, quest'altra abitudine, quest'altro vizio, quest'altra abbiezione? Liberiamoci anche dalla pasta asciutta, ch'è anch'essa una schiavitù. Che ci gonfia le ganasce, come a mascherotti da fontana; che ci intoppa l'esofago, come a tacchini natalizi; che ci lega le interiora con le sue funi mollose; e ci inchioda alla scranna, repleti e istupiditi, apoplettici e sospiranti, con quella sensazione dell'inutilità che, a seconda degli individui, può dar piacere o vergogna, ma in ogni caso deve essere aborrita da chi vanti un'anima futurista, o soltanto giovine e sveglia.
della pasta asciutta è una debolezza degli Italiani, e tu hai cento ragioni di batterla in breccia. C'è il tallone d'Achille, e c'è il palato del
Insomma tu hai capito perfettamente, mio caro Marinetti, il pericolo e il disdoro di questo mito dei maccheroni: macaroni che ci han fruttato, al di là dell'Alpi, qualche metafora indecorosa. Si diceva, un tempo, che gli spaghetti noi li mangiassimo con le mani: e forse il senso della maldicenza era che non potessero, da una siffatta golosità, andare disgiunte sciatteria e sudiciume. Poi ci concessero le forchette, forse per avere il diritto di dire a Ginevra che anche gli Italiani vanno armati fino ai denti: ma gli spaghetti non furono tolti dal nostro quadro folkloristico. Si sa oggi in tutta Europa quante porzioni ne mangi Primo Carnera, come nel 1894 si sapeva quante ne divorasse Francesco Crispi. L'italiano delle allegorie ha pur sempre l'avida bocca spalancata su un piatto di tagliatelle, quando non sia di vermicelli colanti sugo lungo le bramose canne. Ed è un'immagine offensiva: buffa, deforme, brutta. Vorrebbe insegnare la vanità di quel nostro appetito, insieme alla sua irruenza bestiale. In fondo, la pasta asciutta non nutre. Riempie: non risangua. La sua sostanza è minima in confronto al suo volume. Ma è appunto, vorrebbero dire le allegorie maligne, un vero cibo italiano. La nostra pasta asciutta è come la nostra retorica, che basta solo a riempirci la bocca. Il suo gusto sta tutto in quell'assalto a mascelle protese, in quel voluttuoso impippiarsene, in quell'aderenza totale della pasta al palato e alle viscere, in quel sentirsi tutt'uno con lei, appallottolati e rifusi. Ma è un gusto porcino. Ma è un gaudio da poco. Inghiottiti che siano, gli spaghetti infestano e pesano. E ci sentiamo, subito, impiombati come monete false. Qualche cosa ci trattiene, giù, come un ceppo. Non abbiamo più nè la sillaba facile nè l'immagine pronta. I pensieri sfilano l'uno dentro l'altro, si confondono, s'imbrogliano come i vermicelli assorbiti. Le parole s'appallottolano allo stesso modo. Il poco sugo che portano alle labbra è del sugo di pomodoro. Guai ad aver vicino, in quel momento, un interlocutore o una amante. Il madrigale è insulso, il frizzo è cretino, l'argomentazione è impossibile, interrotta com'è dai sussulti delle budella. Si sa che i peccati di gola sono i più rapidamente puniti dal Signore Iddio. Quello della pasta asciutta viene espiato all'istante. È la pancia che si gonfia a spese se del cervello. È l'incatenamento, o l'esilio, di tutti gli spiriti, concettosi od amorosi. Provatevi dunque, dopo una strippata di tagliatelle, a partire per una polemica. Oppure per Citera. Vi giuro che resterete fermi alla prima tappa, quando pure non sarete stronchi dalla partenza. Quanto paradiso perduto, per un attimo d'obliosa animalità! MARCO RAMPERTI
Insomma tu hai capito perfettamente, mio caro Marinetti, il pericolo e il disdoro di questo mito dei maccheroni: macaroni che ci han fruttato, al di
A questo proposito vi racconterò che trovandomi una volta ad un pranzo di gente famigliare ed amica, il nostro ospite, per farsi bello, all'arrosto, scherzando, uscì in questo detto: «Non potrete lagnarvi che io non vi abbia ben trattati quest'oggi; perfino tre qualità di arrosto, vitella di latte, pollo e coniglio.» Alla parola coniglio diversi dei commensali rizzarono il naso, altri rimasero come interdetti ed uno di essi, che era l'intimo della famiglia, guardando con orrore nel proprio piatto, rispose: «Guarda quel che ti è venuto in capo di darci a mangiare! almeno non lo avessi detto! mi hai fatto andar via l'appetito.»
... « non tacciarmi di pettegola, cara Petronilla (così, la mia cognata, ha iniziato stamattina il suo dire, appena ebbe varcata la porta di casa mia)... e non chiamarmi ficcanaso se non ho potuto starmene zitta; ma tu, proprio tu che vuoi istruire le spose novelline nell'arte cucinaria.... sei caduta in un errore che, a parer mio, è madornale! Hai cioè insegnato a circondare cotechini e zamponi con purè di patate, mentre il contorno classico per carni insaccate è quello che, con il loro sapore agretto, offrono soltanto i teutonici crauti.
caduta in un errore che, a parer mio, è madornale! Hai cioè insegnato a circondare cotechini e zamponi con purè di patate, mentre il contorno classico
«Ebbene, mia cara Damia, se puoi non badare all'economia, e se hai tempo e pazienza... rinunciando al brodino per la minestra, cucina il tuo chilo di polpa di vitello, dopo averlo legato stretto come un salame, non già in acqua e con sole verdure... delicate, ma anche con un bicchiere di buon aceto, droghe e verdure... piccanti, (cioè basilico fresco, rosmarino, due chiodi di garofano, sale, pepe, due cipolle), e infine anche con sei sardelle di barile tagliuzzate, ben fine.
«Ebbene, mia cara Damia, se puoi non badare all'economia, e se hai tempo e pazienza... rinunciando al brodino per la minestra, cucina il tuo chilo di
― «Sono venuta a ringraziarti (m'ha detto) per quel vitello tonnato all'economica, che m'hai insegnato prima di partire per la campagna. L'ho fatto parecchie volte e sempre mi è riuscito alla perfezione. Piace al marito, piace allo suocero, solo la suocera... sai... quella trova che manca di un po' di agretto e forse, anche, di piccante. Ebbene, cara Petronilla, domani ho invitati; vorrei rifare il tuo piatto, ma... nel modo più raffinato, sia pur anche il meno economico ed il più complicato!
― «Sono venuta a ringraziarti (m'ha detto) per quel vitello tonnato all'economica, che m'hai insegnato prima di partire per la campagna. L'ho fatto
Il pranzo, mi hai detto, sarà domani? Il piatto allora preparalo oggi; ma ornalo soltanto al momento di servirlo; e ornalo con fettine di limone e di cetrioli, con olive, capperi, funghetti e carciofini sott'olio; e con qualche rosso gambero tutt'ingiro, se lo porterai in tavola subito dopo la minestra, in sostituzione del classico piatto di pesce lessato; e, in questo caso, servilo anche con le posate da pesce, come faccio sempre io.
Il pranzo, mi hai detto, sarà domani? Il piatto allora preparalo oggi; ma ornalo soltanto al momento di servirlo; e ornalo con fettine di limone e di
Se anche voi, oggi stesso, cucinerete i carciofi, così all'aretina, sentirete poi, ogni anno, anche vostro marito chiedervi come il mio, una mattina : — « Ti ricordi di quei carciofi tanto saporiti che mi hai preparati lo scorso anno? ».
: — « Ti ricordi di quei carciofi tanto saporiti che mi hai preparati lo scorso anno? ».
« La crema dolce la compero (tosto mi dice, accennando al pacchetto) perchè io non so farla; perchè a noi piace tanto; perchè, così, in 5 minuti il pranzo è fatto; e infine perchè (hai visto tu pure) costa sì poco!...».
pranzo è fatto; e infine perchè (hai visto tu pure) costa sì poco!...».
Appena entrata... — « Cara Petronilla (mi ha detto la cognata) non c'è che dire; buono, economico e spiccio il tuo dolce di mascarpone; ma io... io che ho quel debole che sai per complicare i piatti... io ho voluto modificare il tuo dolce un po' a modo mio ; e poiché ho saputo che questa sera hai invitati e che anche avevi progettato di ricorrere al mascarpone per l' ultimo piatto... se non ti offendi ... se ti degni di accettare i miei umili ammaestramenti... la mia ricetta... eccola qua.
che ho quel debole che sai per complicare i piatti... io ho voluto modificare il tuo dolce un po' a modo mio ; e poiché ho saputo che questa sera hai
E ieri mattina appunto, mentre con la servetta stavo facendo gran pulizia alle stanze, ecco trillare il campanello; ecco poscia entrare in tinello la cognata; ed eccola anche dirmi, con tutta la sua sincerissima bonomia: « Ho letto, cara Petronilla, le tue ricette di minestre! Ma... non hai dunque pensato che per ammannirle, è necessario brodo vero; che per aver brodo vero, è necessario lessare carne; e che la carne lessata è gradita solo quando viene porta in tavola con una frequenza relativa? Io ho pertanto pensato alle tue amiche ancora inesperte di cucina; e solo per loro (non ti offendi, vero, cara Petronilla?) ti ho portata la ricetta per ammannire una minestra squisita con sole verdure ».
cognata; ed eccola anche dirmi, con tutta la sua sincerissima bonomia: « Ho letto, cara Petronilla, le tue ricette di minestre! Ma... non hai dunque
« Buoni — m'ha detto — il tuo risotto al salto e quello « maritato »; ma... alla pasta asciutta ricotta, ai famosi « maccheroni gratinati », a quelli che vengono cioè spesso porti nei grandi ristoranti, non hai pensato?
che vengono cioè spesso porti nei grandi ristoranti, non hai pensato?
«Si vede (mi ha infatti detto ella stamane) che tu, cara Petronilla, non sei mai stata in Francia; che non ne conosci le delizie cucinarie; e che non hai mai mangiato lumache come là si sanno preparare. Pertanto io, che ho la cucina francese..., come si suol dire, sulla punta delle dita, ho portato per te, e per le tue fedeli amiche, una ricetta, e mi saprai poi dire se tuo marito e il suo collega, le lumache le preferiscono alla mia, o alla tua maniera.
hai mai mangiato lumache come là si sanno preparare. Pertanto io, che ho la cucina francese..., come si suol dire, sulla punta delle dita, ho portato
Leva le code a venticinque gamberi, e pestale unitamente a sei nova, e impastale con pane imbevuto di latte. Poni quindi i gusci, levatane la testa e la materia amara, in mortajo e ben pesti mettili a fuoco con butirro e crema in quantità conveniente, e passane il sugo ottenuto per setaccio, e versalo su quanto hai preparalo di sopra, aggiugnendovi due o tre rossi d'uovo cotti, sale, macis, e un poco di maggiorana verde; rimescola il tutto assai bene insieme, formane salsiccia che cuocerai nel latte.
versalo su quanto hai preparalo di sopra, aggiugnendovi due o tre rossi d'uovo cotti, sale, macis, e un poco di maggiorana verde; rimescola il tutto assai
Prendi un carpione della grossezza di tre o quattro libbre, taglialo e mondalo con diligenza dalle spine: quindi taglia in pezzetti quadrati un pane di fior di farina; bagna entrambi con una misura di vino bianco; cuoci una dozzina di cipollette nel butirro, e unisci il lutto insieme, spargendovi un po' di drogheria e qualche erba aromatica. Tritura mezza libbra d'acciughe, e un'oncia e mezza di capperi; spremi il sugo di un limone, e forma con quello che hai già preparato una pasta uguale. Con questa pasta riempirai i budelli di porco, avendo l'avvertenza di non renderli troppo compatti, giacchè allora correrebbero pericolo di scoppiare nel cuore. La maniera più propria di cuocerli si è quella di porli su la graticola involti in una carta unta di butirro.
quello che hai già preparato una pasta uguale. Con questa pasta riempirai i budelli di porco, avendo l'avvertenza di non renderli troppo compatti
Sciolto un pezzo di butirro, uniscivi dei funghi tagliati non tanto minutamente, un poco di prezzemolo verde, pepe e sale; continuando a far bollire finchè la salsa sia ben condensata; allora spargivi un pugno di pane grattugiato assai fino, ed alcuni cucchiaj di crema, e fa di nuovo condensare il tutto. Rompi quindi dieci o dodici uova in una scodella, sbattile assai bene, e condiscile con sale; struggi poi in una padella un poco di butirro versavi una picciola porzione delle uova che hai sbattute, e falla friggere da ambe le parti siccome una frittata; preparata questa, ne preparerai in questo modo varie altre di seguito; con esse, riempiute della farsa, ne formerai delle polpette, che farai cuocere ancora per qualche momento in fortiera unta di butirro, bagnandole con alcuni cucchiaj di crema.
versavi una picciola porzione delle uova che hai sbattute, e falla friggere da ambe le parti siccome una frittata; preparata questa, ne preparerai in
Struggi un quarto di libbra di butirro, impasta con esso una uguale quantità di mandorle piste, un piccolo pane imbevuto di latte, mezza libbra di fegato pisto, un'oncia di cedronata, la quantità di zucchero che più sembra a proposito e un poco di noce moscata, e continua a mescere il tutto per mezz'ora. Forma quindi un bordo di pasta da pasticci che s'accomodi ad un piatto a ciò adattato, riponi questo in un forno ben caldo, e cotta la pasta, ugni di butirro sì il piatto come il bordo formatogli, versavi entro quanto hai preparato e cuoci la torta al forno, tenendola in questa tre quarti d'ora e spolverizzala finalmente di zucchero in pane.
, ugni di butirro sì il piatto come il bordo formatogli, versavi entro quanto hai preparato e cuoci la torta al forno, tenendola in questa tre quarti d
Fa bollire una ventina di lumache ben nettate in una pentola con brodo di pesce condito con cannella e pepe; intanto fa lo stesso con un pugno di spugnuole e quindi passane per setaccio il brodo ottenuto sì dall'une che dall'altre. Prese poi le lumache e le spugnuole, le passerai in una casseruola entro la quale avrai fatto struggere un grosso pezzo di butirro unitamente ad una dozzina di code di gamberi, alcuni pezzetti di pesce già cotto e spogliato dalle spine, qualche fegato di pesce e latte di luccio o di carpione fritto, asparagi, cavoli ed altre verdure secondo la stagione, bollite in prima; condirai il tutto con noce moscata, pepe e cannella, rimescolandolo onde prenda sapore tutto egualmente. Finalmente friggi una cipolla trita nel butirro, stemperavi una acciuga, versavi sopra il brodo passato per lo straccio, e bagna col medesimo quanto hai riposto a stufare nella casseruola.
nel butirro, stemperavi una acciuga, versavi sopra il brodo passato per lo straccio, e bagna col medesimo quanto hai riposto a stufare nella casseruola.
Prendine alcuni, ma belli, e falli cuocere a mezza cottura in acqua salata; levane via un pezzetto che servir dee di coperchio, svôtali più che puoi; scarnandoli internamente, per riempierli col pieno che sono per indicarti. Prendi un pezzo di carne di vitello arrostito o stufato, se è di magro delle code di gamberi, un mezzo pane buffetto, inzuppato nel latte, un poco di prezzemolo verde, qualche cipollina, se vuoi, e qualche poco di quello che hai estratto dai cavoli: pesta il tutto assai finamente ed uniscivi due cucchiai di crema, un uovo intero e due tuorli d'uovo, sale, pepe pesto e un poco di noce moscata. Con questo riempirai i cavoli, cui rimetterai il coperchio; quindi fatte sciogliere un pezzo di burro che condenserai con due cucchiaj di farina ed altre due di crema, in esso li riporrai, terminando di cuocerli ai testo, mantenendovi un fuoco regolare, ma non troppo forte.
hai estratto dai cavoli: pesta il tutto assai finamente ed uniscivi due cucchiai di crema, un uovo intero e due tuorli d'uovo, sale, pepe pesto e un