Preparate innanzi tutto una pasta frolla con 250 gr. di farina, 100 grammi di burro, sale, acqua quanta ne occorre e lasciatela riposare a palla fra due piatti non meno di due ore. Fate macerare intanto lo stoccafisso ben dissalato in acqua bollente per circa mezz'ora: durante questo tempo preparate la balsamella con 100 gr. di farina, 80 di burro, due tazze di latte, completandola fuori del fuoco con due tuorli d'uovo, una tazzina di panna, un pizzico di peperoncino. Tirate la pasta alla grossezza di mezzo centimetro, rivestitene il fondo e i bordi di una tortiera e fate cuocere in forno; distendete poi a strati la balsamella, il merluzzo sfogliato, in maniera da fare almeno cinque strati e lasciarne per ultimo uno di balsamella. Rimettete in forno ben caldo per dorare la superficie bagnata di burro fuso.
; distendete poi a strati la balsamella, il merluzzo sfogliato, in maniera da fare almeno cinque strati e lasciarne per ultimo uno di balsamella
Per le minestre di magro non saprei indicare che i capellini o sopracapellini conditi con cacio e burro o col sugo, il riso cotto nel latte, la farinata gialla nel latte se non vi produce acidità allo stomaco, le Zuppe di pesce pag. 84 e 85, la Zuppa di ranocchi, escluse le uova dei medesimi che fanno bruttura, p. 82. In pari tempo bisognerà bandire dalla cucina tutti gli aromi o al più lasciarne appena le tracce, visto che non sono nelle grazie delle nostre delicate signore nè di coloro di palato troppo sensibile.
fanno bruttura, p. 82. In pari tempo bisognerà bandire dalla cucina tutti gli aromi o al più lasciarne appena le tracce, visto che non sono nelle grazie
Ciò fatto, stenderete con lo stenderello il più finamente possibile, poscia mediante apposito ordigno, chiamato il pungi-pasta o in mancanza di questo mediante un paio di forchette pungerete questa pasta abbondantemente senza lasciarne alcuna parte che non sia seccata.
questo mediante un paio di forchette pungerete questa pasta abbondantemente senza lasciarne alcuna parte che non sia seccata.
L'ideale di ogni donna che ami cucinare è di riuscire a preparare perfettamente i dolci, quei dolci che concludono nel migliore dei modi un pranzo o una colazione e rendono tanto piacevole l'ora del « thè » ed invitante la tavola del buffet. Questa è, bisogna riconoscerlo, la parte più divertente della cucina e anche la padrona di casa assai spesso preferisce preparare i dolci essa stessa piuttosto che lasciarne la cura alla cuoca, a meno che non si tratti di dolci montati e guarniti, di troppo difficile esecuzione.
della cucina e anche la padrona di casa assai spesso preferisce preparare i dolci essa stessa piuttosto che lasciarne la cura alla cuoca, a meno che
Usate per questa ricetta delle amarene, lamponi e fragole. Tagliate il gambo a mezzo chilo di amarene, in modo di lasciarne attaccato un pezzetto, pulite come potete mezzo chilo di fragole e uno di lamponi, levate loro il gambo, quindi prendete un vaso di vetro largo e alternatevi degli strati di frutta con altrettanti di zucchero (calcolate un chilo per ogni chilo di frutta). Poi coprite la frutta con alcool a 90 gradi, tappate ermeticamente e lasciate in infusione per un mese.
Usate per questa ricetta delle amarene, lamponi e fragole. Tagliate il gambo a mezzo chilo di amarene, in modo di lasciarne attaccato un pezzetto
Madri di famiglia, Signore, Massaie, imparate a cucinare, dedicate la vostra maggior cura alla cucina, la più necessaria di tutte le cure. E questa raccomandazione rivolgiamo più specialmente alle signore agiate, a coloro cioè che si lusingano di poter disinteressarsi della cucina e lasciarne la cura alle persone di servizio. Errore, errore grandissimo per centomila ragioni, e principalmente poi per la grande difficoltà di avere in oggi delle cuoche o delle domestiche abili, premurose ed attive.
raccomandazione rivolgiamo più specialmente alle signore agiate, a coloro cioè che si lusingano di poter disinteressarsi della cucina e lasciarne la
Tagliate diciotto costolette d'abbacchio piuttosto doppie, in maniera di farne una ogni tre costole, togliendone due ossa per lasciarne una sola, ma senza però intaccare la parte polposa; liberate questa dalle altre ossa o nervi che la circondano, e spianate pian piano le costolette bagnandole con un pò d'acqua, perchè non si attacchino al tavolo, salatele leggermente da ambo le parti, disponetele bene in una tortiera o in un tegame di rame precedentemente unto di burro, e fatele cuocere a fuoco vivace, in modo che senza tenerle troppo sul luogo, divengano leggermente rosolate.
Tagliate diciotto costolette d'abbacchio piuttosto doppie, in maniera di farne una ogni tre costole, togliendone due ossa per lasciarne una sola, ma
Di quest'ultima ne occorrerà circa un bicchiere per ogni 250 gr. di farina; ad ogni modo meglio sarà di non versarla tutta, ma lasciarne un pochino nel bicchiere per aggiungerla, non dopo avvenuto l'impasto, ma durante questo, quando a colpo d'occhio si scorge la necessità di aggiungerla.
Di quest'ultima ne occorrerà circa un bicchiere per ogni 250 gr. di farina; ad ogni modo meglio sarà di non versarla tutta, ma lasciarne un pochino
Questa pietanza elegante è conosciuta nella cucina napolitana col nome di «sartù» e costituisce un magnifico inizio di colazione. Qualcuna fra le nostre lettrici potrà obiettare che qualche cosa di simile si fa anche in altre cucine, ed è anche vero. Ma sia la sua origine napolitana o no, poco importa. Quel che conta è che questo timballo è squisito. Avendo qualcuno a colazione, invece degli eterni maccheroni o risotto, provate ad eseguire il «sartù» e ne rimarrete veramente soddisfatte, come soddisfatti resteranno anche gli ospiti. Prima di preparare il riso, che dovrà in un certo modo formare l'ossatura del timballo, è bene preparare il ripieno, il quale potrà essere più ricco o meno ricco, a seconda dei casi e della spesa che si vuol fare. Noi fissiamo le dosi per quattro persone. Il ripieno si comporrà essenzialmente di polpettine di carne, salsiccie, mozzarella, regagli, funghi. Per quattro persone prendete una fetta magra di manzo, del peso di un ettogrammo, pestatela e impastatela con un pezzettino di burro e un pezzo di mollica di pane che avrete tenuta in bagno nell'acqua e poi spremuta. Questa mollica dovrà avere la grandezza di una grossa noce. Condite l'impasto con sale e pepe e foggiatene delle polpettine piccolissime, non più grandi di una nocciola, che passerete nella farina, e friggerete nell'olio o nello strutto, badando di non farle inseccolire. In quanto ai funghi secchi ne basteranno un buon pizzico. Li terrete prima una mezz'ora in acqua fresca per farli rinvenire, poi, dopo averli nettati, li cuocerete con un pochino di burro e qualche cucchiaiata di brodo o d'acqua, sale e pepe. E così farete anche per le regaglie di pollo che dividerete in pezzi non tanto piccoli. A Napoli si adoperano per questo ripieno, salsiccie speciali, dette cervellatine. Potranno usarsi, invece di queste, comuni salsiccie di carne, cotte in una padellina e poi tagliate in fettine. In primavera sarà ottima cosa preparare anche tre o quattro cucchiaiate di pisellini al prosciutto, i quali figurano assai bene nel ripieno. Tagliate inoltre in dadini un ettogrammo, di mozzarella o un paio delle nostre provature romane. E finalmente, dato che disponeste di un pezzo di tartufo non dimenticate di tenerne pronta qualche fettina. L'aggiunta del tartufo non è di rigore, ma il «diamante della cucina» ha libero accesso da per tutto. Quando avrete preparato tutti i vari ingredienti per il ripieno, pensate al sugo per condire il timballo. Questo sugo potrà essere o un sugo d'umido col pomodoro o più semplicemente un buon sugo finto, fatto in una casseruola con un po' di cipolla, burro, grasso di prosciutto tritato e un chilogrammo scarso di pomodori. Badate che il sugo risulti molto denso. Quando' anche il sugo sarà fatto mettetene qualche cucchiaiata da parte e poi versate nella casseruola trecento grammi di riso, ben mondato, che cuocerete nel sugo, come un risotto, aggiungendo man mano dell'acqua o del brodo. Tenetelo molto scarso di cottura — quasi a tre quarti — poi conditelo con tre o quattro cucchiaiate di parmigiano e un uovo intero, verificando nello stesso tempo se sta bene di sale. Versate questo risotto in un piatto e aspettate che si freddi. Radunate in un'altra casseruolina tutti gli ingredienti preparati per il ripieno, cioè: polpettine, funghi, salsicce, regaglie, ecc., eccezione fatta per la mozzarella o provatura, conditeli col sugo che avrete tenuto in serbo e fate dare un bollo affinchè il ripieno possa insaporirsi perfettamente. Mettete intanto in una casseruolina un pezzo di burro grosso come una noce, e appena sarà liquefatto, aggiungetegli un cucchiaio scarso di farina, fate cuocere un paio di minuti, mescolando, e poi diluite l'impasto con mezzo bicchiere di latte. Quando la salsa si sarà addensata, levatela dal fuoco, conditela con sale, un nonnulla di noce moscata e un rosso d'ovo. Un'ora prima del pranzo cominciate la costruzione del timballo. Prendete una stampa liscia da budino, ma senza buco in mezzo, o in mancanza di questa, una casseruola. Così la stampa come la casseruola dovranno avere la capacità di un litro e mezzo. Imburrate abbondantemente l'interno della stampa e spolverizzatela di pane pesto finissimo; girate la stampa in tutti i sensi affinchè il pane aderisca dappertutto e poi capovolgetela per far cadere l'eccesso del pane. Per mezzo di un cucchiaio disponete sul fondo e intomo alle pareti della stampa il ri otto, avvertendo di lasciarne quattro o cinque cucchiaiate da parte. Pigiando col cucchiaio fate che il riso aderisca bene alle pareti e sul fondo formando in mezzo un vuoto come una scatola. In questo vuoto mettete il ripieno preparato, intramezzandolo con le fettine di mozzarella e con la salsa di latte e uovo preparata. Aggiungete anche una cucchiaiata di parmigiano, qualche pezzetto di burro, come nocciole; poi col riso lasciato da parte, fate il coperchio alla scatola. Pareggiate il riso del coperchio con una larga lama di coltello, spolverizzatelo di pane pesto e disponeteci sopra qualche altro pezzettino di burro. Mettete il timballo in forno di moderato calore e lasciatecelo per una mezz'ora abbondante, affinchè il pane dell'involucro abbia il tempo di fare una bella crosta color d'oro. Estraete allora il timballo dal forno, ma non lo sformate subito: aspettate una diecina di minuti affinchè il timballo possa consolidarsi, e non giocarvi un brutto tiro al momento del suo capovolgimento. Per eccesso di precauzione, passate con delicatezza una lama di coltello tra la stampa e il timballo in modo da staccarlo e poi capovolgetelo su un piatto rotondo, preferibilmente di metallo argentato. Mandatelo in tavola affinchè venga mangiato caldo e filante. Nella cucina napolitana si abbonda in strutto anzichè in burro. Abbiamo creduto di sostituire allo strutto il burro, che ha un uso più universale.
cucchiaio disponete sul fondo e intomo alle pareti della stampa il ri otto, avvertendo di lasciarne quattro o cinque cucchiaiate da parte. Pigiando col
Mettete a cuocere in una casseruola un chilogrammo di patate sbucciate e tagliate in spicchi grossi, aggiungendo nell'acqua un po' di sale. Appena le patate saranno cotte scolate tutta l'acqua e mettete un po' di brace sul coperchio, della casseruola affinchè le patate possano bene asciugarsi. Dopo pochi minuti rovesciatele sul tavolo di marmo e schiacciatele perfettamente, in modo che non restino granelli. Impastate la purè ottenuta con quattro torli d'uovo, spianate l'impasto all'altezza di un dito e mettetelo a freddare in un grande piatto imburrato. Prendete un chilogrammo abbondante di baccalà ben ammollato, fatelo in pezzi grandi e passatelo in una casseruola con acqua fredda che porterete all'ebollizione. Lasciate bollire pian piano due o tre minuti, e poi estraete il baccalà, al quale toglierete tutte le spine, dividendo la polpa in piccoli pezzi. Preparate adesso una besciamella piuttosto densa fatta con mezzo litro scarso di latte, mezzo ettogrammo di burro e un paio di cucchiaiate colme di farina. Del sale non ce n'è bisogno essendo il baccalà di per sè stesso salato. Mettete i pezzi di baccalà nella besciamella e con un cucchiaio di legno mescolate il tutto. Prendete adesso una stampa da timballo o, in mancanza di questa, una casseruola della capacità di circa un litro e mezzo, imburrate abbondantemente la stampa e disponete con diligenza sul fondo e intorno alle pareti uno strato delle patate preparate, lasciando indietro una parte di queste patate per coprire poi il timballo. Nel vuoto interno mettete i pezzi di baccalà con la besciamella, battete leggermente la stampa affinchè non rimangano vuoti, e poi chiudete il timballo con le patate rimaste, pigiando intorno intorno con le dita affinchè il baccalà rimanga ben chiuso nell'interno. Mettete la stampa in un recipiente più grande contenente acqua bollente e cuocete a bagnomaria per un'ora circa, ricordando che l'acqua del bagnomaria, pur essendo sempre prossima all'ebollizione, non deve mai levare il bollore. Al momento di andare in tavola rovesciate il timballo sopra un piatto grande rotondo, e circondatene la base con dei gruppetti alternati di carote gialle in piccoli dadi, lessate e passate al burro, e di spinaci al burro. Volendo servire anche una salsa potrete servirvi di una besciamella piuttosto liquida. In questo caso, senza fare troppo sciupìo di tempo, preparando la besciamella densa per amalgamare i pezzi di baccalà, potrete lasciarne indietro un pochino, per poi diluirla al momento con un bicchiere scarso di latte.
densa per amalgamare i pezzi di baccalà, potrete lasciarne indietro un pochino, per poi diluirla al momento con un bicchiere scarso di latte.
Prendete una dozzina di aranci, preferendo quelli a buccia sottile che sono i più sugosi, tagliateli in due e spremetene il sugo in una terrinetta. Per ogni bicchiere di sugo calcolerete sei cucchiaiate di zucchero. Passate il sugo da un colabrodo o a traverso un velo, e raccoglietelo in una casseruola, o, meglio, in un polsonetto. Badate che il colabrodo e la casseruola non abbiano la più piccola traccia di grasso che comunicherebbe alla preparazione un detestabile sapore. Aggiungete nel sugo lo zucchero preparato e mettete il recipiente sul fuoco mescolando con un cucchiaio di legno per facilitare la fusione dello zucchero. È buona norma tenere un cucchiaio di legno esclusivamente per i composti dolci, per evitare l'inconveniente al quale abbiamo accennato più sopra: che cioè le creme o le marmellate acquistino sapore di grasso. Togliete accuratamente la schiuma giallastra che si formerà non appena la gelatina avrà raggiunto l'ebollizione: schiuma che nuocerebbe alla limpidità della gelatina stessa. Fate cuocere a fuoco brillante. Il sugo d'arancio contiene una buona parte acquosa che deve evaporare per giungere alla necessaria condensazione. Vi raccomandiamo di sorvegliare la casseruola e di tenervi pronte ad alzarla od a toglierla momentaneamente dal fuoco perchè il sugo d'arancio, bollendo, tenta spesso di traboccare dal recipiente e andare a passeggio per il camino. Pian piano l'ebollizione si farà più calma e la cottura si avvicinerà al punto preciso. Questo punto si riconosce facilmente quando la gelatina non scorrerà più come se fosse acqua, ma avrà acquistato un po' di consistenza e lascerà sul cucchiaio un leggero velo. Potrete anche lasciarne cadere qualche goccia su un piatto e osservare se queste goccie freddandosi si rapprendono. Cotta a punto, togliete la casseruola dal fuoco e versate con attenzione la gelatina nei vasetti di vetro. Lasciatela freddare così, e il giorno dopo mettete sulla bocca di ogni vasetto un disco di carta bagnata d'alcool e poi chiudete i vasetti col loro coperchio o con carta pergamenata e spago.
leggero velo. Potrete anche lasciarne cadere qualche goccia su un piatto e osservare se queste goccie freddandosi si rapprendono. Cotta a punto, togliete
Più freddo e tiglioso esso sia e meglio si adatterà a tale uopo. Per tagliarlo ci vuole un coltello sottile con lama ben affilata, la quale viene immersa più volte nell'acqua fredda. Dopo tagliato il lardo, desso viene involto nel sale e talvolta anche in altre droghe. Il lardatoio (ago lungo) deve essere adatto alla grossezza del lardo. Questo viene tagliato in pezzetti lunghi 4 centimetri e larghi due schiene di coltello per il pollame piccolo, le costolette od altro; per capi più grossi, in proporzione maggiore. Il bell'aspetto del lardellare consiste nel regolare incontrarsi delle linee e che il lardo sia puntato fitto e tagliato in lunghezza eguale. La direzione del lardellato dev'essere presa in modo che nel trinciare il pezzo venga tagliato anche il lardo conficcato nella carne. Talvolta invece di lardellare si lega attorno al petto e le coscie del giovane pollame selvatico delle sottili fette di lardo onde impedire che s'asciughino (Fig. 8). Fig. 8. come si avvolgono fette di lardo alla carne Per far entrare nella carne il lardo in sghembo, si taglia il medesimo in grossezza del dito mignolo e in lunghezza d'un dito, lo si passa poi con un ago grosso nella direzione delle fibre della carne, senza lasciarne sporgere le punte. Oppure si fanno dei buchi con un manico di mestola appuntito, e si spinge in questi il lardo. Se si vuole introdurre delle sostanze trite nella carne, viene questa punta col coltello e si spinge il trito nei buchi.
fibre della carne, senza lasciarne sporgere le punte. Oppure si fanno dei buchi con un manico di mestola appuntito, e si spinge in questi il lardo. Se
123. e) Prendete una libbra di persici belli e maturi, spaccateli, levateci l'osso e con il cava-verdura scavate la sua polpa in modo di lasciarne un poco. Prendete della marmellata di cedro, uniteci degli amaretti pistati ed un poco di detta polpa del persico, con questi formate un pieno ed empite i persici: indi unite i pezzi del persico spaccato e formatene uno intero, passateli al pane trido fino e per due volte passateli all'uova sbattuto e pane trido, abbiate pronto una padella con entro metà grasso bianco e metà butirro purgato, il tutto ben caldo metteteli a friggere e fargli prendere bel colore, indi levateli, fateli colare sopra un panno, montateli sopra una salvietta, spolverizzateli di zucchero e serviteli.
123. e) Prendete una libbra di persici belli e maturi, spaccateli, levateci l'osso e con il cava-verdura scavate la sua polpa in modo di lasciarne un