Siccome quest'animale si ciba di ogni sudiceria in cui si abbatte, la sua carne, se è mal nutrito, acquista talvolta un gusto nauseante, ma diviene ottima e saporosa se alimentato di granturco e di pastoni caldi di crusca. Si può cucinare in tutti modi: a lesso, in umido, in gratella e arrosto; la carne della femmina è più gentile di quella del maschio. Dicono che il brodo di questo volatile sia caloroso, il che può essere, ma è molto saporito e si presta bene per le minestre di malfattini, riso con cavolo o rapa, gran farro e farinata di granturco aggraziate e rese più gustose e saporite con due salsicce sminuzzate dentro. La parte da preferirsi per lesso è l'anteriore compresa l'ala, che è il pezzo più delicato. Per l'arrosto morto e per l'arrosto allo spiede si prestano meglio i quarti di dietro. Trattandosi del primo è bene steccarlo leggermente di aglio e ramerino e condirlo con un battuto di carnesecca o lardone, un poco di burro, sale e pepe, sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua, onde poter rosolare nel suo intinto delle patate per contorno. Arrosto allo spiede si unge coll'olio e, piacendo, si serve con un contorno di polenta fritta. Il petto poi, spianato alla grossezza di un dito e condito qualche ora avanti a buona misura, con olio, sale e pepe, è ottimo anche in gratella, anzi è un piatto gradito ai bevitori, i quali vi aggiungono, conciati nella stessa maniera, il fegatino e il ventriglio tagliuzzato perchè prenda meglio il condimento.
delle patate per contorno. Arrosto allo spiede si unge coll'olio e, piacendo, si serve con un contorno di polenta fritta. Il petto poi, spianato alla
Dopo essersi procurati un cavolo bello e buono ed averlo prima ben mondato secondo le regole consuete, si fa cuocere nell'acqua con sale; quindi si fa tostare un poco di farina nel burro finchè sia divenuta di color d'oro, facendo anche soffriggere insieme un poco di cipolla minutamente tagliata. In questa specie di salsa si pone il cavolo con un pochetto di pepe, e alquanto brodo, e si fa cuocere lentamente sinchè assorbisca tutta la salsa. Intanto si fa prima soffriggere e poi cuocere a parte una quantità proporzionata di riso ben mondato, con formaggio ed un poco di burro; e presa un'altra casseruola si unge con grasso o burro, si taglia una carta tonda che ne cuopra esattamente il fondo, dovendo pure questa essere unta, quindi si guernisce il fondo suddetto con fette sottili triangolari di presciutto, unite in modo che dapertutto ne sia interamente coperto. Su queste si pone uno strato di riso cotto come sopra poi uno strato di cavoli ai quali si sarà levato il torsolo e così si continua finchè la casseruola sia piena.
casseruola si unge con grasso o burro, si taglia una carta tonda che ne cuopra esattamente il fondo, dovendo pure questa essere unta, quindi si
Si levano dapprima le foglie verdi, e si tagliano poi le piante in quattro parti; quindi lavate si fanno cuocere in acqua con sale, osservando che non diventino troppo molli. Arrivata a questo modo l'indivia a giusta cottura, si leva dall'acqua e si lascia sgocciolare. Frattanto si unge una casseruola con del burro cui si aggiungono cinque o più cucchiaj di crema a proporzione della quantità della verdura, e vi si stende sopra uno strato d'indivia che si bagna di uova con crema e si condisce di burro, e così si continua strato per strato, e sull'ultimo si versa ancora un poco di crema, e vi si spargono sopra alcuni pezzetti di burro, coprendo finalmente questo preparato con pane finamente grattugiato. Si termina la cottura al forno, o al forno di campagna, e si guarnisce a piacere nel servirla in tavola.
non diventino troppo molli. Arrivata a questo modo l'indivia a giusta cottura, si leva dall'acqua e si lascia sgocciolare. Frattanto si unge una
Si incorporano e si sbattono per mezz'ora ed anche più, in un vaso di terra, sedici rossi d'uovo con una libbra di zucchero fino; poi vi si versa il sugo di un limone guardando che non vi cadano entro i semi, e si continua a sbattere ancora per un quarto d'ora circa. Si sbatte pure a parte il bianco di dodici o quattordici delle suddette uova finchè sia ridotto allo stato comunemente detto di neve o fiocca; poi si mescola e si incorpora a poco a poco nella prima pasta; vi si fanno entrare per ultimo quattordici oncie di farina finissima, in modo che si unisca ed incorpori bene. Allora si unge ben bene di burro una tortiera, si riempie colla pasta preparata nel modo che si è detto sopra, e si lascia cuocere assai lentamente al testo ovvero nel forno poco riscaldato. Allorchè la torta nel cuocere si rialza per due dita incirca, si può giudicare essere ottimamente riuscita. Si serve spolverizzata di zucchero, ovvero ghiacciata, come alla ricetta precedente.
poco nella prima pasta; vi si fanno entrare per ultimo quattordici oncie di farina finissima, in modo che si unisca ed incorpori bene. Allora si unge
Pigliate della carta bianca, e fatene delle cassettine in numero corrispondente alle uova che volete apprestare. Con un foglio di carta consistente così detta palomba potrete formarne otto cassettine. Ognuna di queste cassettine si unge con burro dentro e fuori; poi si prende un buon pezzo di burro, ed unitovi un mezzo pugno di mollica di pane grattata, prezzemolo, cipolla, uno spicchio d'aglio tritati, si condisce con sale e pepe, e si forma di tutti questi ingredienti un impasto bene mischiato, che si distribuisce nelle cassettine, rompendovi di più un uovo in ognuna di esse. Si pongano quindi sulla graticola a cuocere a fuoco lento, aggiungendo una presa di sale sopra ciascun uovo, e si avrà cura che i tuorli nelle cassettine rimangano piuttosto morbidi. Da ultimo vi si passa sopra la paletta rovente, e si recano in tavola accomodando le medesime cassettine nel piatto.
così detta palomba potrete formarne otto cassettine. Ognuna di queste cassettine si unge con burro dentro e fuori; poi si prende un buon pezzo di burro
Si batta bene la coscia del castrato, si instecchi con lardino condito di sale e spezie, e si metta a cuocere in ristretto. Cotta, si leva, si unge di burro e si spolverizza di pangrattato: poi si metta alla graticola a farle prendere il color d'oro, ed in seguito si disponga sul piatto, versandovi sopra una salsa composta come segue: — Si ponga alquanto burro in una casseruola con un poco di prosciutto, un pajo di cipolline ed una carota tritata minutamente con uno spicchio d'aglio ed un poco di basilico se ne avete, e si faccia tutto tostare, unendovi in seguito un bicchiere d'aceto, e meglio se ne aveste di vino forestiere; e così lo farete consumare al fornello. Finalmente vi aggiungerete un poco di sugo ovvero di buon brodo con un peperone tritato; e fatto restringere anche ciò col mescuglio precedente, non che passato per setaccio, ve lo verserete sopra servendola in tavola. Si può anche cucinare abbragiata ed insteccata ecc. mettendola prima in infusione per tre o quattro giorni in metà acqua, e metà vino bianco ed aceto, sale, erbe aromatiche, poco sedano cipolla e carota.
Si batta bene la coscia del castrato, si instecchi con lardino condito di sale e spezie, e si metta a cuocere in ristretto. Cotta, si leva, si unge
383. Budino di latte alle mandorle. - Si prendono 50 grammi di mandorle dolci e 20 grammi di quelle amare e dopo averle tenute un poco nell'acqua calda per mondarle dalla buccia, si pestano al mortaio e si riducono in pasta. Si mette intanto al fuoco un litro di latte insieme a 120 grammi di zucchero, e quando bolle vi si uniscono le mandorle pestate e 200 grammi di mollica di pane, si lascia cuocere qualche minuto, badando di rimestare sempre, acciò non si abbia di attaccare alla casseruola. Ritirata dal fuoco la casseruola, si lascia raffreddare il contenuto, lo si passa per lo staccio, e vi si uniscono otto torli d'uovo, sei chiare sbattute bene e un poco di cedro tagliato finissimo. Quindi bisogna rimestare a lungo. Finalmente si unge col burro internamente una forma, vi si versa il composto e si fa cuocere a bagno-maria, coprendo la forma con un testo di ferro, su cui sia un po' di fuoco. Quando il budino è già rovesciato nel piatto, vi si versa sopra un zabajone, che si è preparalo a parte. Il budino si serve caldo.
vi si uniscono otto torli d'uovo, sei chiare sbattute bene e un poco di cedro tagliato finissimo. Quindi bisogna rimestare a lungo. Finalmente si unge
Si prende un Kg. di patate, si mondano e si fauno cuocere in acqua salata. Si tritano due spicchi d'aglio, un pizzico di maggiorana e altrettanto prezzemolo: si pone il tutto in un recipiente, aggiungendo tre uova crude. Quando le patate sono cotte, si passano allo staccio, si uniscono insieme alle uova, condite con sale, noce moscata, formaggio, parmigiano e un po' d'olio. Si mescola bene il tutto. Si prende un tegame di terra, si unge di olio e si spolverizza di pangrattato. Vi si versa dentro il composto, spianandolo con la lama del coltello, cospargendovi sopra un po' di pane grattugiato. Si fa cuocere a forno moderato per circa mezz'ora. Si serve caldo ed anche freddo.
uova, condite con sale, noce moscata, formaggio, parmigiano e un po' d'olio. Si mescola bene il tutto. Si prende un tegame di terra, si unge di olio
Si fanno cuocere due bei mazzi di asparagi in acqua salata, si lessano pure tre mazzi di spinaci e due di bietole. Si unge uno stampo liscio, ovale, col foro nel mezzo. Si tagliano le punte degli asparagi nella misura dell'altezza dello stampo, e si guarnisce tutto intorno, alternando con un filetto di carota precedentemente cotta. Se gli asparagi sono molti grossi, si possono tagliare per la loro lunghezza. Si fa un soffritto con un pezzetto di lardo o di burro, cipolla e prezzemolo; si tagliuzzano gli asparagi rimasti, si tritano gli spinaci e le bietole (ben spremute) e si passa tutto al soffritto. Si mescola il composto con due uova, tre cucchiai di balsamella, molto formaggio parmigiano e un trito di maggiorana, salando sufficientemente. Indi si riempie lo stampo nel cui interno avremo collocato gli asparagi e le carote. Si fa cuocere a bagno maria si sforma, e si riempie il buco centrale con un delicato intingolo di piselli, precedentemente preparati.
Si fanno cuocere due bei mazzi di asparagi in acqua salata, si lessano pure tre mazzi di spinaci e due di bietole. Si unge uno stampo liscio, ovale
Si sbattono prima, per diversi minuti, 3 rossi d'uovo con lo zucchero, poi si montano 6 chiare ben sode e si uniscono le une e gli altri insieme, mescolando adagino. Si unge un vassoio che regga al fuoco con burro diaccio, si versa nel medesimo il composto e si pone subito al forno tenuto pronto ben caldo. Dopo cinque minuti che è nel forno, si fanno alcune incisioni col coltello, e si spolverizza di zucchero a velo, quindi si termina di cuocerlo, al che si richiederanno dieci o dodici minuti in tutto. Bisogna fare attenzione che non bruci alla superficie e perchè rigonfi meglio, alcuni aggiungono un poco d'agro di limone nel composto.
, mescolando adagino. Si unge un vassoio che regga al fuoco con burro diaccio, si versa nel medesimo il composto e si pone subito al forno tenuto pronto
Appena cotti fateli raffreddare in un piatto. Per confezionare la pizza si fa così: Si unge leggermente di burro una tortiera di circa 25 centimetri di diametro (poco più, poco meno non guasta) e si mette in essa due terzi della pasta a brioche, si allarga con garbo in modo da formare una specie di scodella in tutta la larghezza della tortiera e procurando che lo spessore sia eguale dapertutto. In mezzo al vuoto della pasta si dispongono bene allineate le fette di mozzarella, su questa si distendono i pomodori cotti, e vi si semina su un pochino di basilico fresco tagliuzzato, un po' di sale e pepe. A questo punto si mettono a relativa distanza le fettoline di prosciutto in modo che ve ne siano dapertutto, e si finisce seminando del parmigiano grattato su tutto.
Appena cotti fateli raffreddare in un piatto. Per confezionare la pizza si fa così: Si unge leggermente di burro una tortiera di circa 25 centimetri
I. — Si può foderare di pasta matta (specie di pasta sfoglia fatta con metà della solita dose di burro e con l'aggiunta di un rosso d'uovo), uno stampo liscio non tanto alto, e riempirlo a due terzi col composto di riso e poi farlo cuocere in forno; oppure si unge di burro uno stampo, si ricopre la parte imburrata di un velo di zucchero fino, e si riempe ai due terzi col composto di riso e si fa cuocere al bagnomaria, senza che bolla, e con un pochino di brace sul coperchio, ma in modo che il composto si rassodi e non colorisca.
stampo liscio non tanto alto, e riempirlo a due terzi col composto di riso e poi farlo cuocere in forno; oppure si unge di burro uno stampo, si ricopre la
484. Pavone. Il pavone arrosto è di un gusto assai grato; ma questo volatile vuol esser cotto soltanto quando la sua carne sia sufficientemente frolla. Si pela, si sventra, si lava, e dentro il suo corpo si pone una cipolla steccata con alcuni chiodi di garofano; indi si infilza allo spiede, si unge con olio, si cosparge di sale fine, e si avvolge in una carta grossa spalmata di burro o d'olio. Così ammannito si passa al fuoco senza fiamma, e si fa cuocere per tre ore, avvertendo di tornare ad ungere la carta coll'unto che di mano in mano possa colare. Un quarto d'ora avanti di servire in tavola, svolgete il pavone dalla sua carta, fatelo rosolare sempre allo spiede finchè abbia preso un bel colore, e prima di metterlo nel piatto toglietegli la cipolla che avete messa nel suo corpo.
unge con olio, si cosparge di sale fine, e si avvolge in una carta grossa spalmata di burro o d'olio. Così ammannito si passa al fuoco senza fiamma, e si
Perchè il pavone riesca eccellente è d'uopo lasciarlo ben frollare prima di farlo arrostire. Sventrato dunque e lavato a dovere, gli si pone nel corpo un pizzico di sale ed una cipolla steccata con 3 o 4 garofani; indi s'infilza allo spiede, si unge con olio, si cosparge di sale, si avvolge in grossa carta spalmata internamente di burro, e si pone a girare ad un fuoco vivace ma senza fiamma, facendo attenzione di ungere ancora qualche altra volta la carta durante la cottura del pavone. Dopo due ore e mezza si svolge da questa carta, gli si lascia prendere un bel colore facendolo girare per un'altra mezz'ora o poco più, e finalmente si serve in tavola avvertendo di estrarre prima dal suo corpo la cipolla suddetta.
corpo un pizzico di sale ed una cipolla steccata con 3 o 4 garofani; indi s'infilza allo spiede, si unge con olio, si cosparge di sale, si avvolge in
Mettete a dissanguare in acqua fredda 600 grammi di tonno fresco. Dopo averlo tenuto in bagno circa un'ora, cambiando più volte l'acqua, estraete il tonno, asciugatelo in una salvietta e tagliatelo in fette di circa tre dita di lato, e spesse un dito. Tagliate anche delle fettine di pane — tante quante sono le fette di tonno — di eguale dimensione. Prendete poi uno spiede lungo di ferro, o in mancanza di questo degli spiedini fatti economicamente, ritagliandoli da un pezzo di canna, e incominciate a infilzare una fetta di pane, una foglia di salvia, una fetta di tonno, una foglia di salvia, una fetta di pane, e via di seguito, fino ad avere esaurito tutto il pesce. La salvia comunica al tonno un gradevole sapore. Se non piacesse la salvia si potrà sostituire con delle mezze foglie di alloro. Ultimato lo spiede o gli spiedini, vi si spolvera su un po' di sale e pepe, e si unge pane e pesce con olio. Se avrete fatto degli spiedini li disporrete su una gratella esponendoli a fuoco moderato. Se invece avrete adoperato lo spiede lungo di ferro non ci sarà bisogno della gratella e arrostirete il tonno su della brace messa sul camino su uno strato di cenere, appoggiando lo spiede su due ferri da stiro. Voltate il pesce di quando in quando, ungendolo con poco olio se vi sembrasse troppo secco. Dopo una mezz'ora di cottura lenta i crostini saranno pronti. Sfilateli su un piatto facendo attenzione di non separarli, e prima di portarli in tavola spremeteci su un po' di sugo di limone. Sono sufficienti a sei persone.
si potrà sostituire con delle mezze foglie di alloro. Ultimato lo spiede o gli spiedini, vi si spolvera su un po' di sale e pepe, e si unge pane e
È necessario rinunciare alla spalla e scegliere un bel coscetto o la parte della rognonata. L'abbacchio va privato delle ossa, o per lo meno, conviene togliergli tutte le ossa più grandi. E poi si taglia la carne in tanti pezzetti quadrati spessi circa un centimetro e della grandezza di una mezza carta da gioco, si condisce con sale e pepe e intanto si tagliano da uno sfilatino o meglio da un pane a cassetta raffermo tanti crostini per quanti sono i pezzi di abbacchio, più uno. Si prende poi uno spiede e s'incomincia con l'infilzare un crostino, una foglia di salvia, una fettolina di prosciutto, una foglia di salvia e un crostino. E così di seguito fino a completo esaurimento della carne. Allestito tutto lo spiede, si unge abbondantemente ogni cosa con olio o con burro o strutto liquefatto, e poi si mettono a cuocere i crostini per una ventina di minuti, girandoli ed ungendoli di quando in quando. Chi possiede il girarrosto semplificherà assai il suo lavoro; ma anche senza il girarrosto, potrà cavarsela ugualmente bene mettendo un po' di cenere sul camino, stendendo su questa della brace bene accesa e appoggiando lo spiede su due ferri da stiro messi diritti. Volendo ancora semplificare la cosa, invece di guarnire un lungo spiede coi crostini, potrete fare tanti spiedini di canna e cuocere i crostini al forno. Però in questo caso non otterrete un risultato così fine come cuocendo i crostini girati. Appena la carne sarà ben colorita e il pane sarà diventato croccante togliete i crostini dallo spiede e mandateli in tavola subito, poichè questa pietanza va mangiata appena fatta, senza attendere un solo minuto.
prosciutto, una foglia di salvia e un crostino. E così di seguito fino a completo esaurimento della carne. Allestito tutto lo spiede, si unge abbondantemente
A quasi tutti riesce graditissimo il pollo alla diavola, il quale, a dispetto del suo nome infernale, è molto buono e si lascia mangiare senza la più piccola protesta. Sarà preferibile scegliere dei polli non troppo grossi, ma bene in carne e teneri. Dopo avere ben fiammeggiato il pollo per liberarlo dalla peluria, si mette sul tagliere con la groppa in alto, e con un coltello a punta si fende in lungo tutta la groppa. Si apre il pollo, si libera dalle interiora, ai lava e si asciuga. Fatto questo si rimette sul tagliere con la groppa tagliata in giù, e con la mano si preme sul petto, in modo da schiacciare il pollo senza tuttavia deformarlo. Si prepara un piatto con olio, sale e pepe, e con quest'olio preparato si unge bene il pollo, che si mette poi sulla gratella a fuoco piuttosto vivace. Si volta di quando in quando, e lo si unge spesso. Se il pollo è giovine, una mezz'ora di cottura è più che sufficiente. Si mette il pollo nel piatto e si guarnisce con qualche spicchio di limone. Nelle cucine di restaurant o di albergo si usa per questa preparazione una doppia gratella, nella quale il pollo rimane stretto, sì che non si volta il pollo, ma la gratella. Ma trattandosi di cucina di famiglia può bastare una semplice gratella da bistecche. Il pollo viene bene ugualmente.
da schiacciare il pollo senza tuttavia deformarlo. Si prepara un piatto con olio, sale e pepe, e con quest'olio preparato si unge bene il pollo, che
Si mondano i carciofi e si tagliano per lungo, in fette piuttosto fine, che s'infarinano, si dorano e si friggono nell'olio o nello strutto. Si unge poi di burro una teglietta o un piatto di porcellana che vada al fuoco, si fa uno strato di carciofi, su questo si mette una buona cucchiaiata di sugo d'umido, o di sugo così detto finto, un po' di parmigiano, qualche fettina di provatura e qualche foglia tagliuzzata di basilico fresco. Si fa poi un altro strato di carciofi con sugo, provatura, ecc., e via via fino alla fine, procurando di dare al tortino una forma leggermente arrotondata in alto. Quando avrete terminato tutti i carciofi, versate sulla cupola il sugo che vi è rimasto, spolverizzate di parmigiano e mettete qua e là dei pezzetti di burro. Passate la teglia a forno brillante per una diecina di minuti e mangiate il tortino caldo e filante.
Si mondano i carciofi e si tagliano per lungo, in fette piuttosto fine, che s'infarinano, si dorano e si friggono nell'olio o nello strutto. Si unge
Anche per questa preparazione la qualità migliore è il porcino. Converrà scegliere dei funghi piuttosto grandi e non sfatti e adoperare soltanto le cappelle, utilizzando i gambi per qualche altra pietanzina. Si nettano accuratamente le cappelle dei funghi. Alcuni consigliano di lavarle, noi consigliamo piuttosto di rifinirle con la punta di un coltellino e da ultimo con una salvietta, in modo da asportare completamente ogni traccia di terra. Preparate un po' di pane grattato, nel quale mescolerete un ciuffo di prezzemolo trito e un nonnulla di aglio sminuzzato. Ungete i funghi di olio, conditeli con sale e pepe, rotolateli nel pane grattato e allineateli su una gratella. Sui funghi fate sgocciolare un altro pochino d'olio e poi cuoceteli su della brace per una diecina di minuti, voltandoli di quando in quando. Se l'impanatura non fosse di vostro gusto potrete arrostirli semplicemente, dopo averli conditi con aglio, olio, prezzemolo, sale e pepe. Alcuni, al posto del prezzemolo, mettono un pizzico di mentuccia. Non avendo una gratella molto grande e volendo eliminare l'inconveniente del fumo che si sprigiona in ogni preparazione sulla brace, si può usare il forno. In questo caso si unge d'olio una teglia, ci si allineano i funghi preparati come si è detto poc'anzi e si cuociono per una diecina.di minuti.
unge d'olio una teglia, ci si allineano i funghi preparati come si è detto poc'anzi e si cuociono per una diecina.di minuti.
La vera torta del paradiso è una nota specialità di un pasticciere dell'alta Italia. Crediamo di far cosa grata alle lettrici di questo volume offrendo loro una imitazione perfetta di questa torta: così perfetta che assaggiando la torta acquistata, e quella di cui vi descriviamo la ricetta, non sarà possibile trovare la più piccola differenza. Le proporzioni sono: burro grammi 500, zucchero, passato allo staccio fino, grammi 500, farina grammi 250, fecola di patate grammi 250, uova intiere cinque, rossi sei, raschiatura di due limoni. Mettete il burro in una insalatiera e lavoratelo lungamente con un cucchiaio di legno per montarlo e ridurlo soffice come una crema. Aggiungete allora a poco a poco lo zucchero, senza smettere mai di mescolare, e finalmente aggiungete le uova intiere e i rossi sbattuti insieme come per una frittata. Queste uova vanno aggiunte adagio, a cucchiaiate, non aggiungendo una nuova cucchiaiata d'uova se la prima non si è bene amalgamata. Da ultimo si aggiungono la farina e la fecola mescolate insieme e finalmente la corteccia grattata dei limoni. Quando si aggiungeranno le farine non si lavorerà più energicamente la pasta col cucchiaio, ma si cercherà di amalgamarle con la più grande leggerezza. Si unge di burro una grande teglia o due di media grandezza, si spolverizzano di fecola di patate e vi si versa il composto, il quale deve arrivare ai due terzi della teglia. Si cuoce in forno di moderato calore e poi si inzucchera generosamente. Questa torta si conserva lunghissimamente, specie se avvolta nella stagnola. È bene aspettare un paio di giorni prima di mangiarla. Quando fosse trascorso molto tempo e voleste gustare la torta del paradiso in tutta la sua freschezza non avrete che a scaldarla leggermente.
amalgamarle con la più grande leggerezza. Si unge di burro una grande teglia o due di media grandezza, si spolverizzano di fecola di patate e vi si versa
È tradizione che nel giorno di Pasqua ci sia in casa, indipendentemente dagli altri dolciumi, la caratteristica torta pasquale. E questa tradizione è così diffusa che si può dire che non ci sia regione che non abbia la sua torta o, come si dice anche comunemente nell'Italia centrale e meridionale «pizza». Tra queste pizze rinomate è la «pizza di Civitavecchia». A dire il vero queste torte pasquali non differiscono sensibilmente una dall'altra. Si tratta in generale di torte eseguite con lievito di pane e aromatizzate con arancio, o limone, o cannella, e perfino con formaggio. Trattandosi di preparazioni da farsi in casa dove non c'è il forno a mattoni, abbiamo sostituito il lievito di pane, il quale non può spiegare la sua azione che nel forno da fornaio, con lievito di birra, il quale, molto più cortese, si presta amabilmente a spiegare la sua azione fermentatrice anche nei fornetti casalinghi di lamiera. Le proporzioni sono: farina grammi 350, tre uova intiere, quattro cucchiai di zucchero in polvere, un pezzo di burro come una grossa noce, un pizzico di sale, un buon pizzico di cannella, la corteccia raschiata di un arancio e di un limone e 50 grammi di lievito di birra. Si scioglie in una tazza il lievito di birra con due dita di acqua appena tiepida — raccomandiamo che l'acqua non sia calda, perchè brucerebbe il lievito — e per mezzo di un cucchiaino s'impasta questo lievito sciolto con due cucchiaiate della farina già pesata. Si copre la tazza e si mette in luogo tiepido per una ventina di minuti, fino a che, cioè, il lievito avrà raddoppiato il suo volume. Si dispone sulla tavola di cucina la farina con lo zucchero, le uova e tutti gli altri ingredienti descritti più sopra, si unisce il lievito pronto e si batte energicamente la pasta fino a che sarà diventata elastica e vellutata. A questo punto si unge una teglia con burro o con strutto, vi si mette dentro la pasta e si pone a lievitare la torta in un luogo tiepido per tre o quattro ore. Quando la torta sarà ben lievitata si cuoce in forno di moderato calore per un tempo che varierà da mezz'ora a tre quarti. Volendo si potrà arricchire la torta con una cucchiaiata di scorzetta d'arancio candita e ritagliata in filettini. La dimensione della teglia, adatta per queste dosi, è di venti centimetri.
elastica e vellutata. A questo punto si unge una teglia con burro o con strutto, vi si mette dentro la pasta e si pone a lievitare la torta in un luogo
Le basi di questi notissimi petits-fours sono assai semplici, poichè gli elementi principali che li costituiscono sono rappresentati da chiara d'uovo e zucchero, in ragione di 50 gr. di chiara d'uovo per ogni ettogrammo di zucchero. Praticamente potrete calcolare due chiare d'uovo per ogni ettogrammo di zucchero, però se vorrete eseguire parecchi richelieux sarà opportuno pesare le chiare, ciò che, sempre riferendosi a grandi quantità, dà un risultato più certo. Mettete dunque in un polsonetto o in un piccolo caldaio due chiare d'uovo con 100 grammi di zucchero in polvere, e con una frusta in fil di ferro incominciate a montare. Quando chiare e zucchero saranno sufficientemente montati, mettete il polsonetto o il piccolo caldaio in un recipiente più grande posto sul fuoco e contenente acqua bollente. Continuate a montare così a bagno-maria, fino à che il composto sia tanto caldo da poterci tenere agevolmente un dito. Badate di non eccedere nel calore altrimenti sciupereste tutto. Togliete allora dal bagno-maria il polsonetto e continuate a montare fuori del fuoco, fino ad ottenere una meringa soffice, rigonfia e ben sostenuta. Questa meringa potrete lasciarla così com'è o profumarla e colorirla a piacere. Naturalmente il colore e il profumo debbono avere una certa relazione. Trattandosi però di pasticceria da farsi in casa, dove per lo più mancano sia le essenze, sia i colori speciali da pasticceria, potrete attenervi a metodi semplicissimi. Potrete, ad esempio, mettere nella meringa qualche goccia di cognac e avere dei richeleux bianchi, o qualche goccia di caffè forte, e avere dei richelieux color avana, o finalmente profumarli con un po' di liquore dolce come rosolio di vainiglia, curaçao, alckermes, ecc. In questo ultimo caso sarebbe opportuno rafforzare il colore dei richelieux con una o due gocce di carminio che si vende in flaconi per usi di pasticceria e liquoreria. Questo carminio è dotato di forte potere colorante, e bisogna metterne soltanto una piccolissima quantità. È assolutamente innocuo. Fatta la meringa, profumata e colorita, si prende una tasca di tela con una bocchetta di latta spizzata e vi si introduce la meringa. Si unge leggerissimamente di burro — appena un sottile velo — una teglia grande o una placca da forno, e premendo sulla sommità della tasca di tela, si fanno uscire tanti bastoncini rigati della lunghezza di 6 centimetri circa, avvertendo di non metterli troppo vicini uno all'altro. S'infornano a fuoco leggerissimo per una ventina di minuti, affinchè abbiano modo di gonfiarsi e di rassodarsi Poi si lasciano freddare e con delicatezza si staccano dalla teglia, accomodandoli in un vassoio. Se la meringa è stata bene montata i richelieux dovranno risultare ben gonfi, croccanti all'esterno, quasi vuoti e liquorosi nell'interno. Un'ultima raccomandazione: l'essenza, cioè quella parte di caffè o di liquore che adopererete per profumare il composto, deve essere messa con molta parsimonia, e pian piano; abbondando, verreste a diluire troppo la meringa che, naturalmente, perderebbe la sua consistenza.
di tela con una bocchetta di latta spizzata e vi si introduce la meringa. Si unge leggerissimamente di burro — appena un sottile velo — una teglia
Perchè il pavone riesca eccellente è d'uopo lasciarlo frollar bene prima di farlo arrostire. Sventrato dunque e lavato a dovere, gli si pone nell'interno un pizzico di sale e una cipolla steccata con 3 o 4 garofani: poi s'infilza allo spiede, si unge con olio, si cosparge di sale, si avvolge in grossa carta spalmata internamente di burro, quindi si pone a girare ad un fuoco vivace, ma senza fiamma, facendo attenzione di ungere qualche altra volta la carta durante la sua cottura. Dopo 2 ore e mezzo si svolge dalla carta, gli si lascia prendere un bel colore facendolo girare per un'altra mezz'ora, o poco più; e finalmente si serve in tavola, avvertendo di estrarre prima dal suo interno la cipolla suddetta.
'interno un pizzico di sale e una cipolla steccata con 3 o 4 garofani: poi s'infilza allo spiede, si unge con olio, si cosparge di sale, si avvolge in
Filetti di lombo, e specialmente quelli di selvaggina, hanno d'essere battuti bene, indi arrostiti su fuoco vivo, per essere pronti in pochi minuti e riescire sugosi. Un fuoco troppo lento farebbe loro perdere il sugo a danno della carne, che ne risulterebbe asciutta e dura. Tanto il lombo quanto la selvaggina si lasciano frollare per alcuni giorni. (La carne fresca e dura diviene morbida facendola cuocere in stufato). I filetti s'arrostiscono da una parte fino a che avranno preso colore; voltandoli non si ha da inforcarli, affinchè il sugo non si disperda. Quando da tutte le due parti hanno preso bel colore e non siano più sanguinolenti, si serviranno dopo aver rammolito il fondo attaccato al tegame con un po' di brodo, per farne una salsetta che assorbe il grasso e che si versa sui filetti. Se vi fosse troppo grasso, questo si leverà; se mancasse, vi si aggiunge del burro, mescolandolo con un po' di brodo, non lasciandolo però bollire. Se si volesse arrostire della carne sulla graticola, questa ha da scaldarsi prima, la si ungerà poi col grasso o coll'olio, indi si porrà la carne, che poi ripetutamente si unge col grasso.
poi col grasso o coll'olio, indi si porrà la carne, che poi ripetutamente si unge col grasso.
Si taglia a pezzi la carne morbida di polli, piccioni, di preferenza però quella di pollame selvatico, e cosparse di sale, pepe, cipollette tritate finamente, prezzemolo, funghi o buccia di limone ed un po' di buon vino, la si lascia macerare durante la notte. Il giorno seguente si fa una pasta sfoglia ad uso inglese (pag. 80), di cui si mette una striscia lateralmente nel tegame da pasticcio 1) in modo che un lembo penda oltre l'orlo del medesimo, poi si ricopre il fondo con fette di lardo e filetti ben battuti d'ombolo o di coscetto di vitello, soprapponendo in seguito la carne marinata. Su questa si sparge del lardo tagliato a quadrellini e briciole di pane, indi la si ricopre con fette di prosciutto crudo e con una sfoglia di pasta, disponendo attorno un'orlo di pasta, e guarnito che sia il coperchio, lo si unge con uovo e si pone la terrina sopra una lamiera al forno temperato. Si fa cuocere il pasticcio 1 a 2 ore, e dopo 1/2 ora si ricopre la pasta con una carta burrata. Nell'imbandire s'adagia la terrina ancor calda sopra un piatto coperto d'una salvietta, servendo a parte in salsiera una salsa sostanziosa, di cui si verserà un poco sul pasticcio dopo levato il coperchio.
, disponendo attorno un'orlo di pasta, e guarnito che sia il coperchio, lo si unge con uovo e si pone la terrina sopra una lamiera al forno temperato. Si
Mentre riposa l'impasto fatto di 28 deca di farina, 7 deca di burro, 1 uovo, 1 cucchiaio di zucchero, 1 cucchiaio di rum, sale ed un poco d'acqua tiepida, si prepara un ripieno di 28 deca di mandorle tostate colla buccia in 28 deca di zucchero e 28 deca di noci grattugiate unitamente alle mandorle col mulinello adatto, 10 arancini tagliati fini, cannella, bucce di limone ed arancio. Spianata che sia la pasta la si unge con 20 deca di burro liquefatto, poi si stende sopra questo il ripieno già prima ben mescolato col succo di 3 aranci e si cosparge ancora con 15 deca di zucchero alla vaniglia; s'arrotola e posto sulla lamiera o in lungo o avvoltolato in guisa di chiocciola, s'arroste al forno spalmato di burro.
col mulinello adatto, 10 arancini tagliati fini, cannella, bucce di limone ed arancio. Spianata che sia la pasta la si unge con 20 deca di burro
Si fa una pasta molle e delicata di 25 deca di farina, 1 1/2 deca di lievito di birra, 4 deca di zucchero, 7 deca di burro, 5 tuorli, un po' di sale e l'occorrente fior di latte tiepido, e coperta, la si lascia fermentare. Dipoi s'intagliano con 1 cucchiaio di latta dei pezzi grossi quanto una noce, dando loro colle mani infarinate una forma rotonda, e poste sopra una tavola riscaldata ed infarinata, ben coperti si lasciano crescere. Si versa frattanto in una casserola a sponda bassa tanto fior di latte o semplice latte, da coprirne soltanto il fondo, poi 5 deca di burro ed un po' di zucchero, facendo sobbollire il tutto 10 minuti avanti l'ora del pranzo, bastando ai gnocchi 1/2 ora di cottura. Adagiati che siano non troppo stretti uno presso l'altro nella casserola, si unge la superficie con burro liquefatto, indi la si copre bene, e per impedire che il vapore ne esca, si dispone attorno all'orlo un lino bagnato nell'acqua calda. Si lasciano cuocere lentamente i gnocchi sul focolaio finchè cominciano a crepitare, ciocchè avviene tosto che il latte è assorbito e la pasta pigli colore. Allora si ritira il recipiente dal fuoco, e quando i gnocchi sono rosolati in fondo, si levano colla paletta, adagiandoli sul piatto colla parte dorata in sopra. Si frulla del fior di latte bollente collo zucchero, vaniglia e 2 tuorli, per servirlo a parte coi gnocchi.
presso l'altro nella casserola, si unge la superficie con burro liquefatto, indi la si copre bene, e per impedire che il vapore ne esca, si dispone
Sbattuto. S'impastano frullando 2 deca di lievito con latte, un po' di farina e 5 deca di zucchero, lasciandolo fermentare. Di poi si stiacciano nella terrina 35 deca di farina riscaldata, e s'aggiunge un po' di sale, buccia di limone, o dell'anice o vaniglia in polvere, od anche del fior di noce moscata, 2 a 3 tuorli frullati con 1 decilitro di latte, 7 deca di burro fresco o cotto intiepidito, nonchè la pastella di lievito, mescolando bene il tutto; qualora non sia sufficentemente molle, si versa del latte nella pasta prima di sbatterla, e quando è già bene sbattuta, s'aggiungono 15 deca di zibibbo. Si unge bene lo stampo con burro fresco o fuso spargendovi sopra delle mandorle tagliate a filetti, e lo si riempie a metà colla pasta, che si lascia lievitare finchè ne è colmo. La si fa cuocere al forno quasi 1 ora, spalmandola durante la cottura una volta col burro. Quando il Gugelhupf comincia a staccarsi dall'orlo, è cotto in punto; tosto riversato e spolverizzato abbondantemente collo zucchero, va coperto con una salvietta, non però messo subito in luogo fresco.
zibibbo. Si unge bene lo stampo con burro fresco o fuso spargendovi sopra delle mandorle tagliate a filetti, e lo si riempie a metà colla pasta, che
Pasticci “vol-au-vent.” Per questi si spiana la pasta dello spessore di un dito mignolo, la si taglia in rotondo e la si mette sopra più fogli di carta sulla lamiera. Secondo la grandezza delle sfoglie si fa in distanza di 1 a 2 pollici dall'orlo un'incisione circolare profonda mezzo dito, da cui risulterà dopo arrostito il coperchio. Si disegna nel mezzo, col rovescio della punta d'un coltello un ornamento (a guisa di stella od altro), si scalfiscono anche sulla superficie dell'orlo dei piccoli disegni, poi si fanno lateralmente degli intagli a intervalli eguali, si unge leggermente la superficie con uovo e si mette a cuocere la pasta al forno a calore moderato, circa 3/4 d'ora. Appena che la superficie abbia preso colore, devesi coprirla con carta senza cavar fuori la lamiera. Se pasta e calore sono regolati a dovere il pasticcio cresce molto. Dopo averlo levato dal forno si stacca il rotondo incisovi, per poi servirsene quale coperchio; si toglie poscia dall'interno con un cucchiaio la pasta grassa e molle e si rimette il pasticcio vuotato ad asciugarsi nel forno; vi si colloca infine il ripieno coprendolo col coperchio.
scalfiscono anche sulla superficie dell'orlo dei piccoli disegni, poi si fanno lateralmente degli intagli a intervalli eguali, si unge leggermente la