Frollare. Si frollano le carni che si lasciano riposare qualche giorno sotto sale, sotto una qualche concia speciale o magari sotto alla neve (questo sistema è ottimo per certa selvaggina) per renderle più tenere e gustose.
Frollare. Si frollano le carni che si lasciano riposare qualche giorno sotto sale, sotto una qualche concia speciale o magari sotto alla neve (questo
«Per un chilogrammo di anguille prendete tre cipolle, un sedano, una bella carota, prezzemolo e la buccia di mezzo limone. Tagliate tutto, meno il limone, a pezzi grossi e fate bollire con acqua, sale e pepe. Tagliate le anguille a rocchi, lasciando però i rocchi uniti tra loro da un lembo di carne. Prendete un pentolo adatto e fategli in fondo uno strato di anguilla cui soprapporrete uno strato delle verdure dette di sopra e quasi cotte (gettando via il limone), poi un altro strato d'anguilla, un altro di verdura, ecc., fin che ce ne cape. Coprite tutto coll'acqua dove le verdure bollirono; mettete il pentolo ben turato a bollire adagio, scuotendolo, girandolo, ma non frugando mai col mestolo perchè spappolereste ogni cosa. Noi usiamo circondare il pentolo di cenere e brace fin più che a mezzo, davanti a un fuoco chiaro di legna, sempre scuotendo e girando. Quando i rocchi, che erano uniti per un lembo, si staccano l'un dall'altro, sono presso che cotti. Aggiungete allora un buon cucchiaio di aceto forte, conserva di pomodoro e assaggiate il brodo per correggerlo di sale e di pepe (siate generosi); fate dare altri pochi bollori e mandate magari il pentolo in tavola, perchè è vivanda di confidenza. Servite in piatti caldi, su fette di pane.»
assaggiate il brodo per correggerlo di sale e di pepe (siate generosi); fate dare altri pochi bollori e mandate magari il pentolo in tavola, perchè è
Levate il gambo alle ciliege e disfatele colle mani unendovi qualche nocciolo pestato. Lasciatele cosi qualche ora e poi passatene il sugo da un pannolino, strizzando bene; tenetelo ancora in riposo e poi ripassatelo più volte, magari per carta o per cotone, onde rimanga chiaro. Fate bollir lo zucchero per dieci minuti in due decilitri della detta acqua con la cannella dentro, passate anche questo dal pannolino e mescolatelo al sugo delle ciliege. Aggiungete la colla sciolta nel rimanente decilitro di acqua e per ultimo il rhum, regolandovi come per le precedenti gelatine.
pannolino, strizzando bene; tenetelo ancora in riposo e poi ripassatelo più volte, magari per carta o per cotone, onde rimanga chiaro. Fate bollir lo
E magari i pasti dei bambini fossero tutti innocui come questo, chè per certo ci sarebbero allora meno isterici e convulsionari nel mondo! Voglio dire degli alimenti che urtano i nervi, come il caffè, il the, il vino, e di altri prodotti, fra cui il tabacco, i quali, per solito, più presto che non converrebbe, entrano a far parte nel regime della vita domestica.
E magari i pasti dei bambini fossero tutti innocui come questo, chè per certo ci sarebbero allora meno isterici e convulsionari nel mondo! Voglio
MOLTI sono i buongustai contrari agli antipasti che, così appetitosi e vari come sono, pregiudicano spesso il successo delle altre pietanze, dato che per assaggiarli tutti si finisce col non aver più appetito. Tuttavia essi, in alcuni paesi, rappresentano proprio una pietanza nazionale, come gli « smogarbröd » svedesi e gli « zakouskis » russi, ma si tratta di paesi nordici dove tutti sentono la necessità, per il clima stesso, di nutrirsi molto abbondantemente. Inoltre in questi paesi essi vengono sempre serviti accompagnati da grappa o da vodka, ciò che ne facilita comunque la digestione. In ogni modo anche in Italia l'uso degli antipasti è abbastanza diffuso e l'antipasto nostrano tipico è sempre e solamente a base di salati di ogni qualità, serviti con burro e, in estate e autunno, con fichi o con melone ghiacciato. Questo tipo di antipasto può anche precedere senza gran danno il solito pasto completo, e si può dire che una rosea fettina di prosciutto crudo serva più ad aprire l'appetito che a saziarlo. Gli altri antipasti non sono di stile italiano, ma si sono acclimatati anche da noi. Tuttavia essi in Italia sostituiscono, quando sono molto numerosi e vari, la prima portata della colazione. Sono quindi molto indicati per l'estate, quando vengono serviti invece della pasta asciutta e del risotto. Una buona scelta di antipasti è composta in genere, oltre che da prosciutto cotto e crudo, coppa e salame, da insalata russa o pesce, gamberetti, o scampi con maionese, tonno o meglio ventresca, acciughe sott'olio o piccanti, olive semplici o farcite, sedano di Verona a bastoncini sottili condito e legato con un po' di maionese, barbabietole, insalata di patate, magari legata con maionese e cosparsa di prezzemolo tritato, pomidoro tagliati a fette e conditi, fondi di carciofi lessati e conditi, nervetti con cipollina, ravanelli e poi funghetti, cetriolini, cipolline sott'olio o sott'aceto. Naturalmente, non occorre che tutto questo, sia contenuto nel vassoio degli antipasti e cinque o sei piattini sono più che sufficienti, e potrete sbizzarrirvi a vostro piacere seguendo in parte, le caratteristiche della stagione. Gli antipasti si possono catalogare in freddi e caldi. In genere a tavola si servono più facilmente quelli freddi, mentre quelli caldi sono molto adatti ad un buffet. In ogni modo anche in questo caso potrete essere guidate dalle abitudini della regione in cui vivete, e dalle vostre abitudini o gusti personali.
maionese, barbabietole, insalata di patate, magari legata con maionese e cosparsa di prezzemolo tritato, pomidoro tagliati a fette e conditi, fondi di
Dopo i mammiferi da macello, gli animali da cortile sono quelli che occupano la posizione più importante nella scala degli alimenti dell'uomo. Particolarmente in momenti eccezionali, come quello di guerra, gli animali da cortile acquistano un' importanza grandissima, sia per la produzione delle uova, sia per l'utilizzazione delle carni, che, se ben preparate, costituiscono sempre cibi nutrienti e gustosissimi. È consigliabile dunque alla massaia, appena le è possibile, di dedicarsi all'allevamento di questi animali e di sacrificare magari il terreno adibito a giardino per costruire il pollaio o la conigliera. La facilità dell'impianto e del mantenimento di questi minimi pollai domestici sono di per se stessi garanzia del successo. Infatti in ogni famiglia, specialmente se numerosa, si effettueranno sempre quotidianamente dei rifiuti di cucina: bucce di frutta, di patate, di pomodori, croste di formaggio, di polenta, foglie di verdura, che potranno essere integrati da granaglie e da cruscame in piccola quantità.
, appena le è possibile, di dedicarsi all'allevamento di questi animali e di sacrificare magari il terreno adibito a giardino per costruire il pollaio
Col metodo italiano (anzi più romanesco che italiano) si fanno soffrigere delle erbe tagliuzzate (con strutto, o burro, o battuto, cioè un pesto di grasso di prosciutto), come a dire cipolle, sedani, prezzemolo e magari anche un po' d'indivia, quando sono soffritte e insaporite vi si aggiunge un poco di pomodoro, e dopo insaporito il tutto nuovamente si getta nei fagiuoli, facendoli continuare a bollire fino a cottura completa.
grasso di prosciutto), come a dire cipolle, sedani, prezzemolo e magari anche un po' d'indivia, quando sono soffritte e insaporite vi si aggiunge un
Continuate a sbattere — magari con una frusta — se vedete che il caffè stenta ad unirsi al burro (2) ed allorquando il composto è divenuto liscio come un velluto e quasi elastico, mettetene un terzo sulla prima fetta inferiore spalmando esattamente con un coltello per uguagliarlo, su questo posate l'altra fetta di pasta, in maniera che gli orli combacino regolarmente con l'altra, appoggiate leggermente col palmo della mano per attaccarla e mettete su questa la metà del burro rimasto. Coprite colla terza fetta, attaccatela bene, poi col residuo del burro spalmate sopra ed all'ingiro per formarne uno strato regolare.
Continuate a sbattere — magari con una frusta — se vedete che il caffè stenta ad unirsi al burro (2) ed allorquando il composto è divenuto liscio
Avrete già pronte le stampe o teglie, imburrate e infarinate, magari nel fondo vi si pone un foglio di carta bianca, vi si fa uno strato basso del composto già pronto e si fa nuovamente lievitare fino a che non sarà all'altezza dell'orlo della teglia che dovrà essere non più alta di 3 centimetri e si mette in forno caldissimo.
Avrete già pronte le stampe o teglie, imburrate e infarinate, magari nel fondo vi si pone un foglio di carta bianca, vi si fa uno strato basso del
Il nome di Fungo — dal greco Sphongos, sponga, a cagione della loro sostanza spongiosa, d'onde il Fongus dei latini — è dato a certe vegetazioni che si allontanano dalla comune, per natura, sostanza, forma, mancanza di foglie, di fiori. Ve ne sono d'ogni grandezza, d'ogni forma, filamentosi, membranosi, schiumosi, tuberosi, a carne consistente, spongiosa, coriacea, sugherosa, compatta. Alcuni danno seme, altri no. Infinito il numero delle specie: se ne conoscono più di 3000 varietà, ve ne sono in famiglia, a gruppi, solitari. Aderiscono al suolo o sul corpo sul quale vengono, per mezzo di fibrille, che non sono radici. Esalano un odore particolare ed umido, che è comune a tutti, con alcune gradazioni fra le diverse specie. Il sapore non è meno variabile — ordinariamente è sapido, acre, bruciante, stittico acido nauseante, aromatico a seconda del sugo del quale sono imbevuti. Amano luoghi boschivi umidi e grassi, vengono sulle sostanze vegetali ed animali in decomposizione. L'umidità calda ne genera lo sviluppo e la moltiplicazione principalmente in Autunno e Primavera. Vogliono i climi delle zone temperate. Le stesse specie di funghi non compariscono indifferentemente in tutte le stagioni. L'Asia boreale, la Cina, l'America settentrionale abbondano di funghi. Ànno sviluppo rapido, istantaneo compariscono da prima come piccoli filamenti o fibre che poi si tumefanno e s'ingrossano e crescono tosto a vista d'occhio a formare il fungo perfetto. Questo primo stato si chiama carcite o bianco di fungo. Una sola notte vede apparire migliaja di funghi, alcune ore, alcuni minuti bastano, a diverse specie per pervenire al loro ultimo sviluppo. L'assenza della luce e un'atmosfera tranquilla accelerano singolarmente la loro moltiplicazione. Pervenuti alla maturità emettono de' piccoli corpuscoli tondi, chiamati seminoli, è l'ultimo loro prodotto, come i semi nei vegetali. Sono finissimi, quasi polvere e situati sia nell'intera superficie, sia nella superficie superiore, sia internamente e vengono alla luce per laceramento o morte del fungo. La pioggia li fà deperire facilmente. Sono preda degli insetti e di alcuni animali erbivori, e i più avanzati in età, sono preferiti dagli insetti. E annesso dai chimici che sono potentissimi agenti d'ossidazione, e d'azotazione. I commestibili contengono secondo le varietà da 84 a 94 parti d'acqua, il resto è un composto di sali e sostanze organiche, vale a dire olii essenziali, materie resinose, grasse, coloranti, zuccherine, acidi organici diversi, materie gelatinose, gommose, raramente fecula-cellulosa, di composti azotati albumine ecc. Altri sono eduli, altri velenosi. Teoreticamente è impossibile dare una ragione, un indizio che distingua sicuramente gli eduli dai velenosi. Bisogna affidarsi, più che al medico alla conoscenza pratica locale delle specie, della forma, taglio, colore, aspetto, odore e sapore. A migliaja sono gli scienziati che ne parlarono, e tra questi il milanese Vittadini (1), ma fin ora la scienza non à detto l'ultima sua parola. S'è bensì trovata la maniera di coltivarli, ma su tante specie di funghi saporiti, appena s'è riescito di coltivarne le meno pregiate. Il progresso verrà non dubitiamone. Ma frattanto occhio alla padella! In generale rifiutare tutti i funghi non sani, o che cominciano a decomporsi, quelli che rotti tramandano un'umore lattiginoso, che crudi sono acri, che tingono in rosso la carta azzurra, che presentano una superficie viscosa, od umida, o macchiata, o brinata, che cambiano di colore rompendosi. Non vi affidate mai ai volgari esperimenti, che i funghi velenosi anneriscono il cucchiale d'argento, la cipolla, ed il prezzemolo ecc. Non acquistate mai funghi secchi sulla piazza, nè dal droghiere. Non mangiate funghi alle osterie, alberghi, principalmente di campagna. Se la vostra golaccia vi à pigliato nel trabocchetto e avete mangiato funghi velenosi — eccovi la ricetta del Mantegazza. Prima di tutto sappiate che il più delle volte i sintomi dell'avvelenamento compajono molto tardi, magari sette od otto ore dopo il delitto. Appena v'accorgete vomitate, cercate liberarvi subito delle materie velenose col vomito e col secesso. Cacciatevi due dita in bocca, la barba di una penna, aqua tepida molta — e se non vi riesce: solfato di rame o di zinco: mezzo grammo in cento grammi di aqua comune, — a cucchiaj ogni 5 minuti: purganti forti. Calmate i dolori con cataplasmi sul ventre — e se vi coglie stupefazione, cognac, rhum e frizioni secche ed aromatiche. Non prendete mai latte, compireste l'opera del veleno.
— eccovi la ricetta del Mantegazza. Prima di tutto sappiate che il più delle volte i sintomi dell'avvelenamento compajono molto tardi, magari sette od otto
Non acquistate mai funghi secchi sulla piazza, nè dal droghiere. Non mangiate funghi alle osterie, alberghi, principalmente di campagna. Se la vostra golaccia vi à pigliato nel trabocchetto e avete mangiato funghi velenosi, eccovi la ricetta del Mantegazza. Prima di tutto, sappiate che il più delle volte i sintomi dell'avvelenamento compaiono molto tardi, magari sette od otto ore dopo il delitto. Appena v'accorgete, vomitate, cercate liberarvi subito delle materie velenose col vomito e col secesso. Cacciatevi due dita in bocca, la barba di una penna, acqua tepida molta, e se non vi riesce, solfato di rame o di zinco: mezzo grammo in 100 grammi di acqua comune, a cucchiai ogni cinque minuti, purganti forti. Calmate i dolori con cataplasmi sul ventre, e se vi coglie stupefazione, cognac, rhum e frizioni secche ed aromatiche. Non prendete mai latte, compireste l'opera del veleno.
volte i sintomi dell'avvelenamento compaiono molto tardi, magari sette od otto ore dopo il delitto. Appena v'accorgete, vomitate, cercate liberarvi
È innegabile che da qualche tempo in qua un grande progresso si è verificato anche in cucina. I nuovi metodi di riscaldamento, il diffondersi di utensili pratici ed igienici e sopratutto il salutare ritorno di molte signore alla immediata direzione della casa, hanno portato un evidente risveglio in questa parte tanto importante dell'azienda domestica, da cui principalmente dipende — non ci stancheremo mai di ripeterlo — il benessere e la prosperità della famiglia. La cucina, intesa nella sua vasta complessività, è arte e scienza insieme. E l'affermazione non sembrerà esagerata quando per cucina non s'intenda solamente il fatto più o meno meccanico di allestire qualche pietanza alla buona, ma quell'insieme di cognizioni tecniche che concorrono a fare dell'alimentazione una materia importante, quanto ad esempio, la conoscenza delle lingue o lo studio di uno strumento musicale. Conoscere la cucina non vuol dire mettersi alla stregua di una donna di servizio o di una cuoca, le quali generalmente sono appunto quelle che di cucina s'intendono meno, ma avere anche delle nozioni precise di igiene, di chimica elementare e di disegno: sapere, in altre parole, come si preparano nel miglior modo i cibi più svariati o la buona pasticceria, come si decora un piatto di cucina o una torta, come si fanno i liquori, i gelati, come si conservano le sostanze alimentari d'ogni specie, quali sono le cure da usarsi ai vini, e magari come si disegna un «menu» o si infiora una tavola. Accade spesso in famiglia, che una pietanza la quale generalmente vien bene, riesce qualche volta immangiabile. Come pure accade che un giorno la carne è troppo cruda, un altro troppo cotta; ora c'è troppo condimento, ora ce n'è troppo poco ecc. ecc. Tutto ciò dipende dal fatto semplicissimo che, in genere, si cucina a casaccio, e senza il più elementare raziocinio. Domandate a una donna di cucina perchè prepara una pietanza in quella data maniera; ed ella, novanta volte su cento, non saprà dirvene la ragione, o vi risponderà che fa così, come potrebbe fare in un altro modo. Tutto ciò, retaggio di una cucina empirica, deve scomparire. Se una pietanza riesce una volta, deve riuscire sempre; e la persona che sta al fornello, o per lei chi la dirige, deve sapere e perchè si cucina in quel dato modo, e perchè non si può cucinare che in quel modo. Come tutte le arti, come tutti i mestieri, anche la gastronomia ha le sue leggi, dalle quali non si può e non si deve derogare.
le sostanze alimentari d'ogni specie, quali sono le cure da usarsi ai vini, e magari come si disegna un «menu» o si infiora una tavola. Accade spesso
Prendete mezzo petto di pollo, bollito o arrostito, o anche un filetto di tacchino. Se userete il pollo privatelo della pelle e mettete in un mortaio la sola polpa. Nel mortaio mettete anche una fetta di vitello arrostito ritagliata in dadi, finalmente aggiungete un pugno di mandorle alle quali, col solito procedimento, avrete tolto la pellicola. Pestate il tutto in modo da ottenere una pasta. Mettete questa pasta in una terrinetta e scioglietela a poco a poco con mezzo litro di buon latte, possibilmente non scremato. Mettete una forte salvietta sopra un'altra terrina ben pulita e passate attraverso la salvietta il composto. Quando tutto il liquido sarà colato chiudete la salvietta e strizzate energicamente il contenuto onde spremerne tutta la sostanza. Raccogliete il liquido ottenuto in una casseruolina, aggiungeteci due cucchiaiate di farina di riso, mescolate bene per sciogliere ogni cosa e poi mettete la casseruolina sul fuoco, mescolando sempre. Quando vedrete che il liquido incomincia a rapprendersi togliete via la casseruolina dal fuoco, date un'ultima mescolata e finite il composto con un pochino di zucchero in polvere (più o meno secondo i gusti) e un pochino di corteccia grattata di limone che profumerà piacevolmente il composto. Bagnate leggermente d'acqua l'interno di una piccola stampa liscia nella quale il composto possa entrare, e nella stampa versate la composizione. Lasciate freddare, magari mettendo la stampa in luogo fresco o sul ghiaccio o poi sformate il «blanc-manger».
composto possa entrare, e nella stampa versate la composizione. Lasciate freddare, magari mettendo la stampa in luogo fresco o sul ghiaccio o poi sformate il
Per sei persone potrete basarvi su un litro e mezzo d'acqua e 500 grammi di farina gialla. Regolatevi che la polenta riesca piuttosto densa, e ben cotta. Si giudica generalmente del grado di cottura quando mescolando, la polenta si stacca facilmente dalle pareti del caldaio. Su per giù ci vorrà una mezz'ora abbondante. Inumidite d'acqua il marmo della tavola di cucina o dei larghi piatti, e quando la polenta sarà cotta versatela, stendendola con una larga lama di coltello bagnata d'acqua, all'altezza di un centimetro, o poco più, e lasciate che si freddi completamente. Mentre la polenta si fredda, preparate un buon sugo, così detto finto, con grasso di prosciutto, un pochino di cipolla, sedano, carota gialla, strutto o burro se più vi piace. Coloriti i legumi, aggiungete due buone cucchiaiate di salsa di pomodoro ristretta, sale e pepe, bagnate con brodo o acqua e lasciate cuocere piuttosto dolcemente. In questo sugo potrete aggiungere dei funghi secchi, tenuti a rinvenire in acqua fresca, qualche cotenna di maiale in dadini, qualche salciccia e magari un po' di carne pesta. Quando la polenta sarà ben fredda tagliatela in mostaccioli di due dita di lato. Prendete una teglia, di una trentina di centimetri di diametro, spalmatela di burro e disponete in essa con garbo uno strato di gnocchetti. Condite questo strato con un po' di sugo e parmigiano grattato, fate un altro strato, e poi un altro, e via di seguito, incominciando ogni nuovo strato di gnocchetti un po' più indietro del precedente in modo da avere una specie di cupola. Versate su questa cupola, dell'altro sugo e dell'altro parmigiano e disponete qua e là dei pezzettini di burro. Mettete la teglia in forno piuttosto forte per un buon quarto d'ora, fino a che i gnocchetti abbiano fatto la crosticina croccante. Fateli servire così, nella stessa teglia. Questi gnocchetti debbono riuscire ben conditi. Non è male riservare una parte dell'intingolo per versarla bollente sulla polenta quando questa esce dal forno.
salciccia e magari un po' di carne pesta. Quando la polenta sarà ben fredda tagliatela in mostaccioli di due dita di lato. Prendete una teglia, di
Provvedetevi di una diecina di fegatini di pollo, e fateli rosolare in un tegamino con un po' di burro. Cotti che siano, tritateli sul tagliere aggiungendo un paio di fette di lardo, due fette di prosciutto magro, cinque o sei bacche di ginepro, Un pugno di prezzemolo e un paio di foglie di salvia, sale e pepe. Tritate bene tutti questi ingredienti, in modo che vi risulti un pesto molto fino e impastatelo con un uovo intero, un cucchiaio di marsala e un cucchiaino d'aceto. Prendete in seguito dodici fettine di vitello o anche di manzo, nel qual caso sarebbe bene adoperare del filetto; battetele per spianarle, conditele con un pochino di sale, pepe e spezie, stendetevi sopra un poco del pesto fatto, avvolgetele su se stesse, e infilzatele a due a due su uno stecchino, intramezzandole con una fettina di lardo, e magari avvolgendole con qualche passata di filo, affinchè non abbiano a sfarsi durante la cottura. Mettete un pezzo di burro in un tegame, adagiatevi gli involtini e fateli cuocere fino a che siano bene rosolati. Mentre cuociono preparate dei piccoli crostini di pane fritto, della grandezza, su per giù, di ognuno degli involtini. Quando gli involtini saranno cotti, spolverateli con un buon pizzico di farina, bagnateli con un dito di marsala o di vino, e quando il liquido sarà quasi evaporato, levate gli involtini dal tegame, liberateli dal filo e dagli stecchini, appoggiateli sui crostini, accomodandoli in un piatto. Rimettete il tegame sul fuoco, staccate il fondo della cottura, bagnandolo con un ramaiuolo di brodo o d'acqua, mescolate bene, e quando la salsa sarà leggermente addensata, fatela cadere sugli involtini e sui crostini.
due a due su uno stecchino, intramezzandole con una fettina di lardo, e magari avvolgendole con qualche passata di filo, affinchè non abbiano a
Lo stufatino è un piatto caratteristico della cucina di Roma ed è veramente degno di quel favore che i buongustai romani gli accordano. Per questa pietanza occorre servirsi della polpa dello stinco, e più propriamente di quel muscolo allungato che i macellai chiamano «pulcio». Badate che spesso i macellai non guardano tanto pel sottile, e allo stesso modo che battezzano per «pezza» qualsiasi taglio senz'osso, magari il più duro e nervoso, vi offrono per «pulcio» i più inverosimili ritagli di carne. Tagliate il muscolo o fatelo tagliare dal negoziante stesso, in fettine sottili. Potete calcolare mezzo chilogrammo per quattro abbondanti porzioni. Mettete in una casseruola di rame una mezza cucchiaiata di strutto con un po' di cipolla tagliuzzata, e quando la cipolla avrà preso colore, aggiungete un pezzo di grasso di prosciutto tritato con una puntina d'aglio; e subito dopo la carne. Condite con sale, pepe, una presina di maggiorana e fate rosolare lo stufatino. Quando avrà preso una bella tinta scura versate nella casseruola mezzo bicchiere di vino e allorchè questo si sarà asciugato, aggiungete una cucchiaiata di salsa di pomodoro o qualche pomodoro, spellato, fatto in pezzi e nettato dai semi. Fate cuocere ancora un pochino e poi bagnate con tanta acqua da ricoprire lo stufatino, coprite la casseruola, diminuite un poco il fuoco e lasciate che la cottura si compia dolcemente: per la qualcosa occorreranno circa un paio d'ore. Se durante la cottura il sugo venisse a mancare rinfondete altra acqua, regolandovi che al momento di mandare in tavola il bagno sia sufficientemente addensato, scuro e saporito. Lo stufatino si può servire semplice, oppure con un contorno. Generalmente i contorni più caratteristici di questo piatto sono i cordoni o «gobbi» e i sedani. Tanto gli uni che gli altri, vanno nettati, lessati a parte e poi messi ad insaporire nello stufatino. Ma potrete anche accompagnare la carne con qualunque altro contorno come zucchine, cipolline, funghi, ecc. servendo questi legumi in un piatto a parte: ciò che secondo noi è preferibile, perchè conserva a questa appetitosa pietanza, tutto il suo caratteristico profumo.
macellai non guardano tanto pel sottile, e allo stesso modo che battezzano per «pezza» qualsiasi taglio senz'osso, magari il più duro e nervoso, vi
Ci sono delle pietanze che potrebbero dirsi gaie, poichè, accolte generalmente con simpatia da tutti, portano sulla tavola quel non so che di piacevole che altre pietanze, magari più costose e raffinate, non hanno. Una di queste pietanze privilegiate — il cui prototipo è rappresentato dai maccheroni — è la maionese. La cosa è difficile a spiegarsi: sarà forse l'effetto dei varii colori armonizzanti col manto giallastro della salsa, sarà il caratteristico e appetitoso sapore che risulta dalla fusione di tutti gli ingredienti, sarà qualche altra causa; ma certo si è che l'arrivo in tavola di una maionese ben «montata» e, sopra tutto, ben fatta, non manca di produrre il migliore effetto. Di più: se la maionese è sempre gradita ai commensali, costituisce, per la padrona di casa, un pensiero di meno, poichè può essere preparata con comodo qualche tempo prima, e messa via; di modo che essendo il lavoro della cuoca, al momento del pranzo, alquanto diminuito, c'è una probabilità di più che il servizio proceda meglio. Nella peggiore delle ipotesi il fritto potrà venire in tavola molle, o l'arrosto bruciato, ma la signora è almeno sicura che la maionese, la quale è stata eseguita in antecedenza, sotto la sua sorveglianza diretta, incontrerà quell'approvazione che meritano tutte le cose ben fatte, e, in caso di una «débacle» servirà a salvar la situazione. Voi sapete che la maionese si può fare di magro o di grasso, cioè col pesce o col pollo. Incominciamo da quella di pesce, che si fa più frequentemente, ed è senza dubbio la più gustosa.
piacevole che altre pietanze, magari più costose e raffinate, non hanno. Una di queste pietanze privilegiate — il cui prototipo è rappresentato dai
Come sapete, si chiamano patate in veste da camera delle grosse patate presentate in tavola con tutta la loro buccia. Tra le varie ricette la seguente è veramente ottima. Scegliete delle patate molto grosse e farinose, nettatele accuratamente, adoperando magari uno spazzolino, e fatele cuocere in forno fino a completa cottura. Appena cotte estraetele, spuntate una delle estremità affinchè le patate possano reggersi dritte e spuntatele più abbondantemente nella parte superiore in modo da portar via una specie di coperchio. Le patate prenderanno dunque l'aspetto di tante piccole botti in piedi. Procedendo con attenzione, e servendovi di un cucchiaino, incominciate a vuotare ogni patata, badando di non romperle e di lasciare intorno intorno uno spessore sufficiente affinchè la patata vuotata possa mantenersi in forma. Mettete la polpa estratta in una casseruola e lavoratela su fuoco con un pezzo di burro e un po' di crema di latte sciolta, in modo da ottenere una purè morbida e saporita, che condirete con sale e pepe bianco. In mancanza di crema sciolta potrete usare del latte, ma la crema è preferibile. Con questa specie di patate machées ottenute riempite le patate vuotate, servendovi di un cucchiaio o anche di un grosso cartoccio di carta spessa nel quale metterete la purè. Fate che un pochino di questa purè sopravanzi dall'involucro di patate, dorate questo cucuzzolo con un po' d'uovo sbattuto, mettete le patate riempite in una teglia leggermente imburrata e passatela in forno caldo. In forno la purè gonfia leggermente. A questo punto togliete le patate dal forno, accomodatele sul piatto di servizio e mangiatele caldissime senza farle attendere.
seguente è veramente ottima. Scegliete delle patate molto grosse e farinose, nettatele accuratamente, adoperando magari uno spazzolino, e fatele cuocere in
lo zucchero si alteri, quando farete bollire lo sciroppo per la terza volta, metteteci un paio di cucchiaiate di glucosio. Le castagne così preparate si conservano assai lungamente. Però se desiderate avere proprio i cosidetti «marrons glacés» occorre un piccolo lavoro supplementare. Vi avvertiamo però che le castagne «tirate in secco» non si conservano così a lungo come le prime. Se volete «ghiacciare» tutte le castagne già candite potrete servirvi dello stesso sciroppo, oppure se volete ghiacciarne una piccola quantità preparate uno sciroppo nuovo, ciò che è anche meglio. Estraete delicatamente le castagne dal vaso di vetro e lasciatele sgocciolare bene, esponendole magari in una stufa appena tiepida, affinchè possano asciugarsi. Se usate lo sciroppo delle castagne, metteteci qualche altra cucchiaiata di zucchero e ponetelo al fuoco in un recipiente largo e basso (una piccola teglia di rame potrà servire convenientemente). Se adoperate dello sciroppo nuovo ponete dello zucchero nel recipiente, inumiditelo con un pochino d'acqua e mettetelo a cuocere ugualmente. Regolatevi che in un caso o nell'altro, Io sciroppo sia in tale quantità da poter ricoprire le castagne. Questo sciroppo va cotto fino a 38° o 39° che verificherete col pesa-sciroppi. Prendendo un poco di questo sciroppo tra il pollice e l'indice della mano e aprendo le due dita, dovrà formarsi un filo lungo e resistente. A questo punto tirate indietro il recipiente, poneteci le castagne, coprite e lasciate così vicino al fuoco per un quarto d'ora circa, affinchè le castagne sentano pian piano il calore. Rimettete quindi la teglia sul fuoco, e scaldate nuovamente lo sciroppo senza però lasciarlo bollire. Mentre lo sciroppo si riscalda, immergeteci una cucchiaiata di ferro a buchi larghi o una forchetta e con essa girate intorno intorno alle pareti della teglia. Vedrete che poco dopo, per effetto di questo sfregamento, lo zucchero incomincerà a imbianchirsi leggermente e a fare una velatura lattiginosa. Levate la teglia dal fuoco ed estraete ad una ad una le castagne, che porrete a sgocciolare su una griglia di ferro. Le castagne si asciugheranno presto e rimarrà su esse quel lieve strato di zucchero che costituisce appunto il «glaçage». Le castagne così ultimate possono essere messe nelle cestelline di carta, che danno loro una maggiore eleganza.
delicatamente le castagne dal vaso di vetro e lasciatele sgocciolare bene, esponendole magari in una stufa appena tiepida, affinchè possano asciugarsi. Se
Questo eccellente liquore è del tipo di quello che è in commercio e che va sotto il nome di Vov. È buonissimo, nutriente e formerà la delizia vostra e delle vostre amiche. Come avviene anche per quello del commercio, questo liquore ha bisogno di essere agitato prima di essere servito, avendo i vari elementi tendenza a dissociarsi. Sarà quindi opportuno tenerlo in anforette di terraglia di quelle generalmente usate per il curacao, e di servirlo anche in bicchierini di porcellana colorata, proprio come fa la casa produttrice del Vov. Un'altra raccomandazione. Il liquore si conserva bene; però se volete gustarlo in tutto il suo profumo non prolungate enormemente la conservazione. Preparate magari una minore quantità per volta, ma usate la preparazione fresca. Ed ora veniamo alla ricetta facilissima con la quale otterrete un litro di liquore. Rompete quattro tuorli d'uovo in una terrinetta e sbatteteli con due ettogrammi di zucchero in polvere. Fate intanto bollire due bicchieri di latte con due ettogrammi di zucchero. Appena il latte bollirà versatelo pian piano, così bollente, sulle uova sbattute, mescolando energicamente con un cucchiaio o meglio con una piccola frusta di ferro. Sciolta bene tutta la massa, lasciatela raffreddare. Aggiungete allora mezzo bicchiere di marsala (100 gr.) di prima qualità e un bicchiere scarso di alcool puro (100 gr.) nel quale avrete sciolto mezzo grammo di vainiglina. Il liquore è ultimato, e non resta che metterlo in una bottiglia ben tappata. Come abbiamo detto, è necessario prima di servirlo di agitare un po' la bottiglia.
se volete gustarlo in tutto il suo profumo non prolungate enormemente la conservazione. Preparate magari una minore quantità per volta, ma usate la
Cosa essenziale per la riuscita di questa preparazione è quella d'avere il tonno freschissimo. Il tonno, appena passato, acquista un gusto piccante facilmente riscontrabile. Procurate dunque di acquistare il tonno, in negozi serii, provandone magari un pezzetto prima di azzardare la preparazione in grande. Prendetene una fettina, mettetela in un tegamino con un po' di olio e sale e fatela cuocere per pochi minuti; gustate il tonno e se non sentirete sulla lingua il caratteristico bruciore, potrete essere sicure della riuscita della vostra lavorazione. Sarà bene che prepariate almeno un chilogrammo o due di tonno: meglio ancora, se crederete opportuno, farne una maggiore quantità. Acquistato il tonno, mettetelo subito in una salamoia, per la quale dovrete impiegare 25 grammi di sale per ogni 100 grammi d'acqua, cioè 250 grammi per un litro d'acqua. Generalmente per un paio di chilogrammi di tonno sono sufficienti due litri d'acqua, nei quali, secondo le proporzioni date, dovrete far sciogliere 500 grammi di sale. Sarà bene che facciate scaldare l'acqua per ottenere una soluzione perfetta. Attendete poi che l'acqua diventi completamente fredda, versatela in una insalatiera, e immergeteci il tonno, che avrete tagliato in pezzi piuttosto grossi. Lasciate stare così il tonno per quattro o cinque ore affinchè possa dissanguarsi e risultare bianco. Intanto mettete sul fuoco una pesciera o un tegame grande, dove avrete messo due litri d'acqua e 500 grammi di sale, cioè la stessa dose della salamoia impiegata per dissanguare il tonno. Aggiungete una cipolla con due chiodi di garofani, una costola di sedano, un ciuffo di prezzemolo, una o due carote gialle e una foglia d'alloro. Quando il liquido bollirà estraete i pezzi di tonno dalla salamoia fredda, e gettateli nella pesciera. Appena l'acqua avrà rialzato il bollore, tirate il recipiente sull'angolo del fornello, e fate bollire dolcemente per una mezza ora, schiumando accuratamente. Trascorsa la mezz'ora, spegnete il fuoco e lasciate che il tonno si freddi dentro il suo brodo. Allora estraete i pezzi e metteteli ad asciugare su un setaccio, un graticcio o una griglia, in modo che l'aria possa circolare liberamente da tutte le parti. Di quando in quando voltate il tonno, il quale dovrà rimanere così per un paio di giorni, fino a che abbia perduto tutta la sua umidità. Avrete intanto fatto preparare delle scatole di latta speciali per le conserve alimentari, scatole col loro coperchio ad incastro che possa poi saldarsi perfettamente. Le scatole potranno avere la capacità di mezzo litro o di un litro. Distribuite il tonno nelle scatole senza troppo sminuzzarlo, procurando di non lasciar vuoti, e mettendo qua e là qualche chiodino di garofano e qualche pezzettino di alloro. Riempite la scatola fino a un dito dall'orlo e poi versateci dentro un po' d'olio. Quando l'olio sarà assorbito mettetene dell'altro, fino a che constaterete che ce n'è a sufficienza, senza tuttavia esagerare in abbondanza. Fate saldare le scatole, collocatele in una pentola grande o in un caldaio, ricopritele d'acqua fredda, mettete il caldaio sul fuoco e fate pian piano levare il bollore. Mantenete l'ebollizione regolare per un'ora se si tratta di scatole da mezzo litro e per un'ora e mezzo se le scatole hanno la capacità di un litro. Lasciatele freddare nell'acqua, estraetele, asciugatele bene e poi riponetele in dispensa.
facilmente riscontrabile. Procurate dunque di acquistare il tonno, in negozi serii, provandone magari un pezzetto prima di azzardare la preparazione in
Per poter giudicare con maggior certezza della bontà e dell'età dei semi di leguminose, la miglior prova sarà la cottura. Infatti per esperienza si sa che i legumi dell'annata si idratano facilmente e si spappolano presto nella pentola, mentre che i legumi vecchi divengono dapprima grinzosi e poi raggiungono difficilmente la cottura, magari anche dopo 10 o 12 ore di bollitura. Oltre a ciò, i legumi punteruolati galleggiano facilmente sull'acqua la quale, elevandosi di temperatura, potrà scacciare fuori dell'interno dei semi gli insetti che li rodevano, rendendoli cosi visibili all'osservatore. Riguardo alla cottura dei semi di leguminose è da osservare, che l'acqua ricca di sali calcarei è assai impropria a tale uso, rendendo i detti semi duri e poco digestibili, atteso che la legumina, combinandosi con i sali terrosi, forma un composto insolubile e consistente. Un'acqua priva o scarsa di questi sali, come la piovana, è invece molto adatta per la cucinazione di questi semi alimentari.
raggiungono difficilmente la cottura, magari anche dopo 10 o 12 ore di bollitura. Oltre a ciò, i legumi punteruolati galleggiano facilmente sull'acqua
Prendete parecchie belle patate, ben tonde ed uguali, pelatele con pazienza e vuotatele. Scottatele poi nel burro finchè diventino bionde e fate il ripieno tritando finissimo, o magari pestando, lesso avanzato, carne di salsiccia, gambi di funghi, sale, pepe, aglio e prezzemolo. S'intende che potete variare questi ingredienti a vostro modo, ma l'essenziale è che siano ben conditi e saporiti per correggere l'insipidezza del lesso e delle patate. Riempite le patate con questa pasta che cercherete di rendere bene omogenea e mettetele al forno. Fate ora una salsetta di cipolla, aglio, carota, prezzemoli, e burro legando con farina. Quando le patate sono a mezza cottura copritele con questa salsa passata al setaccio, aggiungete estratto di carne, funghi e prezzemolo trito. Lasciate cuocere ancora mezz'ora e servite, strizzando qua e là il sugo di un limone.
ripieno tritando finissimo, o magari pestando, lesso avanzato, carne di salsiccia, gambi di funghi, sale, pepe, aglio e prezzemolo. S'intende che
Gli avanzi di pollo lesso, purchè non siano carcasse ed ossame, si tagliano in pezzi, s'infarinano, si condiscono con sale e pepe e si tengono in infusione per mezz'ora nell'uovo frullato. Dopo si involgono nel pangrattato, magari per due volte e si friggono.
infusione per mezz'ora nell'uovo frullato. Dopo si involgono nel pangrattato, magari per due volte e si friggono.
Il pudding, dal quale deriva evidentemente la nostra voce di budino, è un impasto, o dolce o salato, che si cuoce chiuso in una salvietta imburrata per tutta la parte che deve abbracciare il composto e si cuoce in forma di palla nella salvietta di cui furono annodate le quattro cocche, attraversate da un bastoncello, sia in acqua, sia (per i composti non dolci) preferibilmente in brodo. Nel caso nostro, tritate gli avanzi di carne più minutamente che potete, magari pestatela con un po' di prosciutto, amalgamatela con mollica di pane bagnata nel latte. Per 500 gr. di carne, usatene circa 230 di pane immollato e passate per staccio. Impastate con tre rossi d'uovo, tre cucchiai di formaggio grattato e i tre albumi battuti a neve soda, un po' di sale, di noce moscata e odore d'aglio o di cipolla se vi conviene. Fatene quindi una palla nella salvietta burrata, ma non troppo stretta, cuocete come si è detto, badando che l'involto non tocchi il fondo, cuocete per una oretta, aprite e mettete sul vassoio delicatamente, tagliando poi a spicchi e condendo con burro e formaggio. Nulla di male se, colla carne, c' è, sempre trito, qualche avanzo di verdure. I piselli si possono lasciare interi.
minutamente che potete, magari pestatela con un po' di prosciutto, amalgamatela con mollica di pane bagnata nel latte. Per 500 gr. di carne, usatene circa 230
Tagliate gli avanzi di lesso in fette sottili, magari come quelle del salame e prendete una teglia larga in cui le fette possano stare distese e non ammontate. Stendete un velo d'olio in fondo alla teglia e seminateci un poco d'aglio trito, prezzemolo pure trito, maggiorana o altra erba odorosa che vi piaccia e pezzetti di pomidoro spellati e senza semi. Sopra questo strato distendete le fette di lesso e copritele con un altro strato del condimento messo di sotto, un poco d'olio, sale e pepe. Coprite la teglia, mettetela al forno di campagna, o con fuoco sotto e sopra per mezz'ora, stendete le fette sul vassoio, versateci sopra l'intingolo e servite.
Tagliate gli avanzi di lesso in fette sottili, magari come quelle del salame e prendete una teglia larga in cui le fette possano stare distese e non
Nella stagione in cui si hanno i pomodori freschi, debbonsi, pei bisogni della cucina, preferir questi alla conserva, la quale si suol preparare soltanto per farne uso nell'inverno ed in quei mesi in cui i pomodori non si trovano che a caro prezzo. Se ne ottiene il sugo semplice facendoli bollire per circa mezz'ora in pochissima acqua (e magari punta se fossero molto maturi) e passandoli poscia per lo staccio; al qual'uopo adoprerete un mestolo di legno, con cui si premono ripetutamente finché non rimangano sullo staccio che le bucce ed i semi. Se si vuole che il sugo riesca denso, bisogna gettar via la parte acquosa che passa per la prima. Si può rendere più saporito questo sugo unendo ai pomodori qualche pezzetto di sedano e qualche foglia di prezzemolo e di basilico.
per circa mezz'ora in pochissima acqua (e magari punta se fossero molto maturi) e passandoli poscia per lo staccio; al qual'uopo adoprerete un mestolo
Preparate intanto un battuto con 40 grammi di prosciutto grasso, uno spicchio d'aglio e un po' di prezzemolo, e quando avrà soffritto lo verserete nella suddetta cazzaruola unendovi sedano, carota, una patata, uno zucchino e poca cipolla, tagliato tutto a pezzettini. Aggiungetevi i fagiuoli e magari qualche cotenna di maiale; un poco di sugo di pomodoro o conserva, sale e pepe, e fate cuocere il tutto col brodo. Infine versatevi abbastanza riso onde, da cotto, riesca quasi asciutto, e, prima di scodellarlo, gettatevi un poco di parmigiano.
magari qualche cotenna di maiale; un poco di sugo di pomodoro o conserva, sale e pepe, e fate cuocere il tutto col brodo. Infine versatevi abbastanza riso
Chiudete poi a piccole parti questo miscuglio, mettendolo con un cucchiaino nella pasta (Num. 61), dopo averla tagliata con uno stampo grande quanto una moneta d'argento da 5 lire. A tal'uopo potrete servirvi magari di un bicchierino capovolto. Se la pasta si attaccasse allo stampo, bagnate, con un dito intinto nell'acqua, l'orlo dello stampo. Mettete il ripieno in mezzo alla parte così tagliata, e ripiegatela quindi su sè stessa formando così un semicerchio; poi prendetene le due estremità, riunitele insieme, ed avrete così i cappelletti perfetti.
una moneta d'argento da 5 lire. A tal'uopo potrete servirvi magari di un bicchierino capovolto. Se la pasta si attaccasse allo stampo, bagnate, con un
Frattanto cuocete 100 grammi di riso in mezzo litro di latte, in modo che riesca sodo; ma lasciate da parte alquanto latte, per aggiungerlo se occorre; avvertite però che il riso non si attacchi, e rimestatelo spesso traendo magari la cazzaruola da una parte del fornello.
occorre; avvertite però che il riso non si attacchi, e rimestatelo spesso traendo magari la cazzaruola da una parte del fornello.
Il Cav. Pettini, Capo-Cuoco di Sua Maestà il Re d'Italia, porta nel dibattito una parola precisa: «È fuori dubbio che i farinacei tutti appesantiscono il corpo ed in conseguenza... minacciano l'intelligenza» e più oltre, nella lettera diretta al giornale «La Cucina Italiana», afferma ancora: «necessità d'innovazioni, di modernismo anche nella cucina; chè deve anch'essa rispondere ai tempi e magari precorrerli».
: «necessità d'innovazioni, di modernismo anche nella cucina; chè deve anch'essa rispondere ai tempi e magari precorrerli».
«Una comunicazione del pittore Fillìa, vicesegretario generale del movimento futurista italiano alla stampa romana, ha messo a rumore gli ambienti gastronomici della capitale, compresi quelli giornalistici, gelosi della tradizione della «sora Felicetta», dello «spaghettaro» e di tutte le altre gloriose insegne del vero buongustaio. Fillìa nel movimento futurista sarebbe come il luogotenente generale della squadra d'azione. Non si accontenta di lanciare delle platoniche idee, ma cerca di farle penetrare, le sostiene, raccogliendo sempre di persona. Raccogliendo magari qualche torso di cavolo, qualche patata o altro legume, ma anche applausi, consensi, incoraggiamenti.
lanciare delle platoniche idee, ma cerca di farle penetrare, le sostiene, raccogliendo sempre di persona. Raccogliendo magari qualche torso di cavolo
Levate il gambo alle ciliege e disfatele colle mani unendovi qualche nocciolo pestato. Lasciatele così qualche ora e poi passatene il sugo da un pannolino, strizzando bene: tenetelo ancora in riposo e poi ripassatelo più volte, magari per carta o per cotone, onde rimanga chiaro. Fate bollire lo zucchero per 10 minuti in due decilitri della detta acqua con la cannella dentro, passate anche questo dal pannolino e mescolatelo al sugo delle ciliege. Aggiungete la colla sciolta nel rimanente decilitro di acqua e per ultimo il rhum, regolandovi come per le precedenti gelatine.
pannolino, strizzando bene: tenetelo ancora in riposo e poi ripassatelo più volte, magari per carta o per cotone, onde rimanga chiaro. Fate bollire lo
Mettete la tazza avanti al bambino con fettine di pane da intingere, colle quali si farà i baffi gialli e lo vedrete contentissimo. E magari i pasti dei bambini fossero tutti innocui come questo, chè per certo ci sarebbero allora meno isterici e convulsionari nel mondo! Voglio dire degli alimenti che urtano i nervi, come il caffè, il thè, il vino e il tabacco i quali, per solito, più presto che non converrebbe, entrano a far parte nel regime della vita domestica.
Mettete la tazza avanti al bambino con fettine di pane da intingere, colle quali si farà i baffi gialli e lo vedrete contentissimo. E magari i pasti
“Cuochissima Petronilla, d'urgenza mi necessita la tuaricetta del liquore di zabaglione. L' avevo ritagliata e riposta... ma non la trovo più! Ripetila dunque sul giornale o mandamela direttamente a casa.,, (e con femminile trascuranza costei magari si scorda persino..., di scrivermi il suo indirizzo preciso!)
! Ripetila dunque sul giornale o mandamela direttamente a casa.,, (e con femminile trascuranza costei magari si scorda persino..., di scrivermi il suo
Se poi lo voleste ancor più sopraffino e degno perfino di un pranzone con invitati di riguardo.. invece di un dischetto, mettetene due, e magari persino tre, su ciascuna cotoletta!
Se poi lo voleste ancor più sopraffino e degno perfino di un pranzone con invitati di riguardo.. invece di un dischetto, mettetene due, e magari
I signori medici, tanto spesso, oltre alle loro medicine, prescrivono a chi, per sua sfortuna, non gode una florida salute, bistecche, e magari ordinano perfino: « Una al giorno, e che sia ancora sanguinante ».
I signori medici, tanto spesso, oltre alle loro medicine, prescrivono a chi, per sua sfortuna, non gode una florida salute, bistecche, e magari
Quando preparo, per pranzo, una minestra molto ghiotta, una minestra cioè di pasta impastata dalle mie mani con farina e uova, e condita poi con molto burro, molto formaggio, molta carne, e persino con molti funghi (e magari anche coperta con salsa besciamella), allora la faccio sempre seguire da un piatto di verdura, giacchè io sto sempre bene all'erta di non favorire l'entrata della gotta in casa mia.
molto burro, molto formaggio, molta carne, e persino con molti funghi (e magari anche coperta con salsa besciamella), allora la faccio sempre seguire da
Comperate 2 etti di biscotti savoiardi (in Lombardia si chiamano anche «di Novara»); in una scodella mettete parti uguali di acqua e di rhum o di kirsch (sia pure fatti all' economica colle essenze, in casa); inzuppatevi uno alla volta tutti i biscotti; con un po' di questi tappezzate il fondo di una insalatiera di vetro o di porcellana (la più stretta e fonda di quante possedete); sopra questi biscotti disponete prima uno strato di marmellata di albicocche; poi un altro strato di biscotti; su questo uno di marmellata di fragole e infine un altro di biscotti. Se al pranzo però foste in parecchi, sarà prudente raddoppiare e magari persino triplicare la saporita sovrapposizione.
parecchi, sarà prudente raddoppiare e magari persino triplicare la saporita sovrapposizione.
È, questo, lo zabaglione che a piccoli bicchieri, e magari riscaldato a bagno-maria, offro al marito, ai ragazzi, a me stessa, allorché si accusi un certo... languorino; che offro, qualche volta, all'una e all'altra amica; che, soprattutto, non mi faccio mai mancare quando sono in campagna, giacché mi può rappresentare, allora, una autentica risorsa, nel caso che cari amici vengano a farmi la bella sorpresa di una loro visita.
È, questo, lo zabaglione che a piccoli bicchieri, e magari riscaldato a bagno-maria, offro al marito, ai ragazzi, a me stessa, allorché si accusi un
Allorché l'ultimo invitato sarà arrivato, svelte svelte, (facendovi magari aiutare dalla servetta per far più presto) e con due cucchiaini — riempiendo cioè l'uno d'impasto, e staccandolo con l'altro — una cucchiaiatina dopo l'altra, fatelo tutto cadere nella pignatta, nella quale il brodo sarà già in pieno bollore ed al giusto salato.
Allorché l'ultimo invitato sarà arrivato, svelte svelte, (facendovi magari aiutare dalla servetta per far più presto) e con due cucchiaini