Conchiglie del genere delle univalve. Se ne distinguono di Grandi, di Orecchiute, di Tuberose, di Angulose, fatte a foggia di Morice, di Pentedattilo: oltre di ciò le Tuberose si dividono in lunghe, sottili, puntute, liscie, bianche, nere, e varie. Aldovrando ne cita quattordici specie.
: oltre di ciò le Tuberose si dividono in lunghe, sottili, puntute, liscie, bianche, nere, e varie. Aldovrando ne cita quattordici specie.
Abbiate dodici o quattordici bianchi d'uova fresche sbattuti in fiocca: abbiate anche una libbra di zucchero bollente cotto a tiraggio, stancheggiatelo un poco con una cucchiaia d'argento, finche vedrete che si attacca un poco alla stessa cucchiaja, versatelo allora poco per volta ne' bianchi d'uova suddetti, movendo sempre e aggiungendoci un pochino di sugo di limone. Osservate che la dose devesi tenere diritta allorchè l'alzate colla cucchiaja; formatene quindi sopra carta fina le Marenghe tonde, o bislunghe, e più picciole della metà di un uovo, con una cucchiaja di argento, spolverizzatele bene sopra con zucchero fino dentro un setaccino di seta; fatele cuocere di un colore pallido sopra la tavola coperte di un forno da campagna ben chiuso acciò non svaporino. Quando saranno cotte distaccatele col coltella, vuotatele un poco al di dentro riempitele di una visciola sciroppata, o fravola cruda, o pezzetto di candito, o altro; unite due Maringhe insieme a foggia di un uovo, e servite per Guarnizione.
Abbiate dodici o quattordici bianchi d'uova fresche sbattuti in fiocca: abbiate anche una libbra di zucchero bollente cotto a tiraggio
Conchiglie del genere delle univalve. Se ne distinguono di Grandi, di Orecchiute, di Tuberose, di Angulose, fatte a foggia di Morice, di Pentedattilo: oltre di ciò le Tuberose si dividono in lunghe, sottili, puntute, liscie, bianche, nere, e varie. Aldovrando ne cita quattordici specie.
: oltre di ciò le Tuberose si dividono in lunghe, sottili, puntute, liscie, bianche, nere, e varie. Aldovrando ne cita quattordici specie.
Allorchè averete pestate finissime una libbra di mandorle dolci, asperse con bianco d'uovo, mescolateci quattordici oncie di zucchero in polvere bianchissimo, e bianchi d'uova sbatuti in fiocca, quanto bastino, onde formate una pasta tenera e maneggevole. Questa pasta può servire a diversi usi.
Allorchè averete pestate finissime una libbra di mandorle dolci, asperse con bianco d'uovo, mescolateci quattordici oncie di zucchero in polvere
Fate tutto un impasto e versatelo sulla spianatoia sopra un velo di farina per dargli la forma cilindrica che taglierete in quattordici o quindici pezzi eguali foggiandoli a modo. Lessateli poi per due o tre minuti in acqua non salata e conditeli con cacio e sugo di carne, oppure serviteli per contorno a uno stracotto o a un fricandò.
Fate tutto un impasto e versatelo sulla spianatoia sopra un velo di farina per dargli la forma cilindrica che taglierete in quattordici o quindici
Le uova, dopo la carne, tengono il primo posto fra le sostanze nutritive. L'illustre fisiologo Maurizio Schiff, quando teneva cattedra a Firenze, dimostrava che la chiara è più nutriente del torlo, il quale è composto di sostanze grasse e che le uova crude o pochissimo cotte sono meno facili a digerirsi delle altre, perchè lo stomaco deve fare due operazioni invece di una: la prima di coagularle, la seconda di elaborarle per disporle all'assimilazione. Meglio è dunque attenersi alla via di mezzo, e cioè: nè poco, nè troppo cotte. La primavera è la stagione in cui le uova sono di più grato sapore. Le uova fresche si dànno a bere alle puerpere e il popolo giudica sia cibo conveniente anche agli sposi novelli. Ci fu una volta il figlio di un locandiere da me conosciuto, un giovinastro grande, grosso e minchione, il quale essendosi sciupata la salute nel vizio, ricorse al medico che gli ordinò due uova fresche a bere ogni mattina. Datosi il caso favorevole e sfavorevole, insieme, che nella locanda v'era un grande pollaio, ivi si recava e beveva le uova appena uscite dalla gallina; ma, come accade, il tempo dando consiglio, dopo qualche giorno di questa cura il baccellone cominciò a ragionare: «Se due uova fanno bene, quattro faranno meglio» e giù quattro uova. Poi: «Se quattro fanno bene, sei faranno meglio che mai» e giù sei uova per mattina; e con questo crescendo arrivò fino al numero di dodici o quattordici al giorno; ma finalmente gli fecero fogo, e un forte gastricismo lo tenne in letto non so quanto tempo a covar le uova bevute.
per mattina; e con questo crescendo arrivò fino al numero di dodici o quattordici al giorno; ma finalmente gli fecero fogo, e un forte gastricismo lo
Avanti di arrostirla tenetela in infusione per dodici o quattordici ore in un liquido così preparato: mettete al fuoco in una cazzaruola tre bicchieri d'acqua con mezzo bicchier d'aceto o anche meno in proporzione del pezzo, tre o quattro scalogni trinciati, una o due foglie d'alloro, un mazzettino di prezzemolo, un pochino di sale e una presa di pepe; fatelo bollire per cinque o sei minuti e versatelo diaccio sulla lepre. Tolta dall'infusione asciugatela e steccatela tutta col lardatoio con fettine di lardone di qualità fine. Cuocetela a fuoco lento, salatela a sufficienza ed ungetela con panna di latte e nient'altro.
Avanti di arrostirla tenetela in infusione per dodici o quattordici ore in un liquido così preparato: mettete al fuoco in una cazzaruola tre
Si dice viva la calce quando, dopo averla leggermente bagnata coll'acqua, in forza di un'azione chimica si screpola, si riscalda, fuma, si gonfia e cade in polvere. È in quest'ultimo suo stato che dovete adoperarla mescolandola alla cenere, poi coll'acqua formatene una poltiglia nè troppo densa, nè troppo liquida. In essa immergete le olive in modo che, con qualche cosa che le prema, restino tutte coperte e tenetecele dalle dodici alle quattordici ore, cioè fino a tanto che si saranno rese alquanto morbide e perciò guardatele spesso tastandole. Alcuni osservano se la polpa si distacca dal nocciolo; ma questa è una norma talvolta fallace.
quattordici ore, cioè fino a tanto che si saranno rese alquanto morbide e perciò guardatele spesso tastandole. Alcuni osservano se la polpa si distacca dal
Si incorporano e si sbattono per mezz'ora ed anche più, in un vaso di terra, sedici rossi d'uovo con una libbra di zucchero fino; poi vi si versa il sugo di un limone guardando che non vi cadano entro i semi, e si continua a sbattere ancora per un quarto d'ora circa. Si sbatte pure a parte il bianco di dodici o quattordici delle suddette uova finchè sia ridotto allo stato comunemente detto di neve o fiocca; poi si mescola e si incorpora a poco a poco nella prima pasta; vi si fanno entrare per ultimo quattordici oncie di farina finissima, in modo che si unisca ed incorpori bene. Allora si unge ben bene di burro una tortiera, si riempie colla pasta preparata nel modo che si è detto sopra, e si lascia cuocere assai lentamente al testo ovvero nel forno poco riscaldato. Allorchè la torta nel cuocere si rialza per due dita incirca, si può giudicare essere ottimamente riuscita. Si serve spolverizzata di zucchero, ovvero ghiacciata, come alla ricetta precedente.
bianco di dodici o quattordici delle suddette uova finchè sia ridotto allo stato comunemente detto di neve o fiocca; poi si mescola e si incorpora a poco a
Si pongono allora in una casseruola di bastante capacità, quattordici oncie di zucchero grasso di mediocre qualità, e collocata sopra un fornello a fuoco ardente si fa sciogliere lo zucchero senza mettervi qualsiasi umido, e sempre dimenandolo con un mestolino di legno mai adoprato, sinchè abbia preso il colore di marrone piuttosto carico. Allora si leva dal fuoco, e dopo qualche minuto gli si versa dentro poco alla volta il caffè passato come sopra, mischiandolo collo zucchero, si rimette tale mistura al fuoco finchè abbia staccato alcune bolliture, e ritirato di nuovo definitivamente, lo si lascia raffreddare, e si ripone in un bottiglia che dovrà essere bene otturata, collocandola in luogo asciutto e fresco. Questa composizione dura per molto tempo senza soffrire veruna variazione od alterazione, e mischiandone un pajo di cucchiai abbondanti in una tazza di latte riscaldato, ovvero più o meno secondo che si ama di averlo carico, dà un buonissimo caffè e latte, ed è utile specialmente nell'estate per chi suole prendere fredda questa colazione. Fa bisogno di aggiungervi una piccolissima dose di zucchero.
Si pongono allora in una casseruola di bastante capacità, quattordici oncie di zucchero grasso di mediocre qualità, e collocata sopra un fornello a
. Tutti gli scrittori greci e latini ne parlano, magnificandone i benefici. Columella lo chiama addirittura: Olea omnium arborum prima. Le foglie e le scorze ànno sapore amaro e danno un succedaneo al chinino nelle febbri. Nelle regioni cocenti dell'Africa e nelle meridionali d'Italia, principalmente nelle Puglie e nelle Calabrie, dal tronco dei vecchi alberi cola un succo addensato che si chiama Gomma d'olivo o Gomma di Lecce; è una resina balsamica che, soffregata, dà odore di vaniglia e, bruciata, di acido benzoico. Gli antichi la facevano venire dall'Etiopia e l'avevano molto in pregio come profumo e rimedio balsamico, tonico, oftalmico. Il legno, durissimo, serve per i tornitori. L'olivo fu portato nell'Arca dalla colomba, simbolo di pace tra il cielo e la terra. Il Redentore si ritirava sul monte degli Olivi a pregare dal suo divin Padre il ritorno di questa pace, e la Chiesa nel suo rito, benedice l'olivo e lo distribuisce ancor oggi segnale di pace a' suoi fedeli. Sulla fede di Plinio moltissimi pretendono che l'olivo sia originario dell'Asia, e non sia stato portato in Italia che sotto Tarquinio Prisco, verso il 180 dalla fondazione di Roma. Ma come nota il Bortoloni, forse allora solo, s'incominciò a coltivarlo, ma l'olivo selvatico è assolutamente indigeno di tutti i climi caldi e temperati d' Europa. Presso noi, quattordici secoli fa, il poeta Claudiano già ne scriveva:
, quattordici secoli fa, il poeta Claudiano già ne scriveva:
E sopratutto non temete di degradarvi cingendo il bianco grembiule di cuoca, nè di menomare le vostre grazie manipolando degli intingoli. A vostra consolazione e a vostro incoraggiamento potremmo citarvi migliaia di nomi di sovrani, di artisti, di poeti o di dame elettissime il cui ricordo è legato a bellezza incantevole o a severe opere dell'ingegno, che non solo non sdegnarono di coltivare l'arte gastronomica, ma che questa loro conoscenza a buon diritto vantarono. Il volume che vi presentiamo è tale da spronarvi nella via che vi indichiamo. Per la insolita ricchezza dell'edizione e per la forma chiara e signorile della trattazione, Voi potrete accogliere liberamente il presente libro nella vostra biblioteca e nei giorni di ricevimento mostrarlo senza dovere arrossire a tutte le vostre amiche, siano esse, come Voi, dame di fine eleganza e di impeccabile buon gusto. Il volume è edito sotto gli auspici della rivista «Preziosa», quella rivista che da quattordici anni si è imposta in tutte le famiglie per la praticità dei suoi insegnamenti e per il modo veramente unico con cui le varie ricette vengono esposte, modo che permette anche alla persona che non ha mai messo piede in cucina di portare a termine con pieno onore i manicaretti più complicati. Accade sovente anche nelle pubblicazioni fatte con una certa cura che a un dato momento l'autore o per incapacità tecnica o perchè non riesce a farsi comprendere lascia nel dubbio il lettore, il quale non sapendo come procedere nel suo lavoro chiude il libro e rinunzia alla progettata preparazione gastronomica. Tutto questo non avverrà consultando il nostro volume, che in esso portammo gli stessi intendimenti che ci guidarono sempre nella compilazione della nostra rivista, e che hanno avuto — perchè non dirlo?
sotto gli auspici della rivista «Preziosa», quella rivista che da quattordici anni si è imposta in tutte le famiglie per la praticità dei suoi
Omettevamo di dire che Santopalato, nonostante l'apparenza un pochino blasfema per il volgare passatista, è una deliziosa taverna torinese, nella quale, durante la notte scorsa, si è tenuto il primo pranzo della cucina futurista: una lista di quattordici portate, vini diversi, profumi, spumanti.
quale, durante la notte scorsa, si è tenuto il primo pranzo della cucina futurista: una lista di quattordici portate, vini diversi, profumi, spumanti.
Speaker ufficiale, ossia l'annunciatore e l'illustratore di ogni singola portata, era e non poteva non esserlo, il pittore Fillìa. Quattordici le portate, abbiamo detto. Eccole. Prima: Antipasto intuitivo. Non è difficile intendere come si tratti, in un certo senso, di una sorpresa e, in certo altro senso, di una preparazione alle portate seguenti. Non bisogna, a questo punto, dimenticare che l'invenzione di complessi plastici saporiti, la cui armonia originale di forma e colore nutre gli occhi ed eccita la fantasia prima di tentare le labbra, sia una norma fondamentale per un pranzo perfetto. Sceglieremo, quindi, una grossa arancia, ed attraverso un foro, la libereremo della sua polpa: l'ischeletrito involucro noi tratteremo in modo da ottenere la figurazione di un piccolo canestro, con il manico e la tondeggiante cavità. Qui porremo una fettina di prosciutto infilato in un pezzetto di grissino, un carciofino all'olio, un peperoncino sotto aceto. Nel grembo di questi ultimi sarà lecito di infilare un bigliettino rotolato, sul quale sarà stata precedentemente vergata una massima futurista, oppure l'elogio di un convitato. Sarà facile scoprire la sorpresa poiché è comminata «l'abolizione della forchetta e del coltello per i complessi plastici che possono dare un piacere tattile prelabiale.» In totale, una cosa finissima.
Speaker ufficiale, ossia l'annunciatore e l'illustratore di ogni singola portata, era e non poteva non esserlo, il pittore Fillìa. Quattordici le
Togliete i filetti grossi e piccoli da due capponi ben polputi; spogliateli della pellicola e de' nervi, indi tagliateli a fettoline; colle coscie e i fegati preparerete una farcia quenelles mista con erbe fine e tartufi triti; battete li scapolini in modo che dello stomaco d'un cappone abbiate dodici o quattordici pezzi, mettetevi nel centro un pochino di farcia e rotolateli a foggia d'olive. Mettete in una casseruola un pezzo di burro, indi collocatevi entro le divette accanto le une alle altre, tenendo la parte dove si congiungono al disotto; fatele rosolare bagnando a poco a poco con consumato, e quando siano ben glassate versatevi entro della spagnuola o salsa vellutata, nonché tartufi in fette e funghi. Queste divette si impiegano sovente per guarniture di riso o paste, e qualora occorra di servirle da sole si guarniscono di crostoni di pane fritto. Costituiscono del pari un eccellente entrée servendole con salsa olandese ed una guarnitura di fagiuoletti verdi o piselli novellini.
dodici o quattordici pezzi, mettetevi nel centro un pochino di farcia e rotolateli a foggia d'olive. Mettete in una casseruola un pezzo di burro, indi
Allestite ed accosciate quattordici beccaccini e fateli cuocere in una mirepoix apprestata con abbondante giambone, lardo, erbe odorifere e vino Madera. Cotti che siano, passate il fondo che digrasserete e ridurrete a condensazione. Prendete due beccaccini, i meno belli, e pestateli nel mortaio con qualche fegato cotto degli stessi beccaccini e poscia diluite con salsa spagnuola ridotta, a cui avrete unita la cozione anzidetta. Tagliate dodici crostoni di pane alti due centimetri e della forma di costelline atte a contenere un beccaccino; la figura del filetto è la più adatta. Dentellate all'ingiro le crostatine e praticatevi col coltellino una piccola incisione per poi, quando sono fritte, estrarvi la mollica; intonacate l'interno con farcia cotta a cui avrete unito un po' d'erbe fine e tartufi tritati; mettete i beccaccini nelle crostate, copriteli con fettoline di lardo e poi con un foglio di carta unto; esponeteli qualche minuto a forno temperato, quindi cospargeteli colla loro salsa e disponeteli sul piatto nel seguente modo: otto sul fondo del piatto collo stomaco all'insù, tre al disopra di questi e l'altro alla sommità. Guarnite gli intervalli delle crostatine con creste bianche, funghi torniti e tartufi, i quali avrete scavati e riempiti d'un minutissimo salpicone di animelle, lingua e funghi, condito con qualche cucchiaio di salsa dei beccaccini. Servite la rimanente salsa a parte.
Allestite ed accosciate quattordici beccaccini e fateli cuocere in una mirepoix apprestata con abbondante giambone, lardo, erbe odorifere e vino
Ci fu una volta il figlio di un locandiere da me conosciuto, un giovinastro grande, grosso e minchione, il quale essendosi sciupata la salute nel vizio ricorse al medico che gli ordinò due uova fresche a bere ogni mattina. Datosi il caso favorevole e sfavorevole insieme, che nella locanda v'era un grande pollaio, ivi si recava e beveva le uova appena uscite dalla gallina; ma, come accade, il tempo dando consiglio, dopo qualche giorno di questa cura il minchioncione cominciò a ragionare: «Se due uova fanno bene, quattro faranno meglio,» e giù quattro uova. Poi: «Se quattro fanno bene, sei faranno meglio che mai,» e giù sei uova per mattina: e così con questo crescendo arrivò fino al numero di dodici o quattordici al giorno; ma finalmente gli fecero fogo, e un forte gastricismo lo tenne in letto non so quanto tempo a covar le uova bevute.
faranno meglio che mai,» e giù sei uova per mattina: e così con questo crescendo arrivò fino al numero di dodici o quattordici al giorno; ma finalmente
Le parti della lepre adatte per fare allo spiedo sono i quarti di dietro; ma le membra di questa selvaggina sono coperte di pellicole che bisogna accuratamente levare, prima di cucinarla, senza troppo intaccare i muscoli. Avanti di arrostirla tenetela in infusione per dodici o quattordici ore in un liquido così preparato: mettete al fuoco in una cazzaruola tre bicchieri d'acqua con mezzo bicchier d'aceto o anche meno in proporzione del pezzo, tre o quattro scalogni trinciati, una o due foglie d'alloro, un mazzettino di prezzemolo, un pochino di sale e una presa di pepe; fatelo bollire per cinque o sei minuti e versatelo diaccio sulla lepre. Tolta dall'infusione asciugatela e steccatela tutta col lardatoio con fettine di lardone di qualità fine.
accuratamente levare, prima di cucinarla, senza troppo intaccare i muscoli. Avanti di arrostirla tenetela in infusione per dodici o quattordici ore in un
49. Pulite, imbianchite e fate cuocere alla brasura quattordici once di cervella come sopra al n. 47, cotta passatela al mortajo unendovi poche erbe aromatiche, poco presemolo, il tutto tridato, poco formaggio trito, poco zucchero e poco spezie ed una spolverizzata di pane e cinque rossi d'uova, incorporate il tutto, indi fate delle piccole ballettine della grossezza d'una noce, infarinatele e fatele friggere in una tortiera con butirro tostato. Servitela al momento con salsa di pistacchi, o di cedrato (veg. il cap. 19 n. 57 e 58).
49. Pulite, imbianchite e fate cuocere alla brasura quattordici once di cervella come sopra al n. 47, cotta passatela al mortajo unendovi poche erbe
60. Prendete once quattordici di fegato e levatele la sua pelle, imbianchitelo nel brodo bollente, fatelo passare sotto la mezzaluna, ponetelo in una cassarola unitevi poche spezie, poco cedrato tridato, once tre uva passa ben pulita, once due pistacchi, once tre di zucchero ed una zaina di panera il tutto incorporato, legatelo con sei rossi d' uova ed un chiaro di uova montato alla neve, mescolate il tutto, untate una cassarola o bonetto di butirro purgato, impanatelo con pane tridato fino, versate il composto entro la cassarola o bonetto, fatelo cuocere al forno con calore temperato; cotto servitelo o naturale, o liscio, o potrete mettervi sopra una salsa alla porcetta, che troverete al cap. 19 n. 27 e 30, crostonatelo e servitelo.
60. Prendete once quattordici di fegato e levatele la sua pelle, imbianchitelo nel brodo bollente, fatelo passare sotto la mezzaluna, ponetelo in una
4. Prendete once quattordici di cervella di manzo, pulitela e fatela cuocere alla brasura, cotta, asciugatela o tridatela fina alla mezzaluna, abbiate pronta tanto come un mezzo di basciamella di fior di latte, uniteci la cervella ed once tre di formaggio trido, poco sale, noce moscata, quattro uova interi e quattro rossi d'uova, incorporate il tutto e metteteci due chiari d'uova montati alla fiocca, coprite un bonetto liscio con carta unta di butirro purgato, versateci dentro il detto composto, fatelo cuocere per due ore a bagno-maria, cotto versatelo sul piatto, levate la carta, versateci sopra una salsa di sostanza e glassate; potrete anche untare lo stampo, impanarlo e farlo cuocere al forno, quando avrà preso il bel colore, versatelo sul piatto e servitelo naturale sopra d' una salvietta.
4. Prendete once quattordici di cervella di manzo, pulitela e fatela cuocere alla brasura, cotta, asciugatela o tridatela fina alla mezzaluna
9. Prendete once quattordici di pane, grattatelo, passatelo al crivello e mettetelo in una cassarola unendovi un mezzo di fior di latte, formate una papina, fatela bollire e quando è ben dura, fate cuocere once dodici di riso nel latte, e ben cotto, denso e venuto freddo pestatelo al mortajo in modo che venga come una pasta, aggiungete in allora la papina anche fredda, seguitate a pestarla insieme, metteteci un buon pugno di formaggio ed un altro pezzo di butirro, pestate il tutto con poco sale, poco noce moscata, poco cannella e dodici rossi d'uova, incorporate bene il tutto, versate questo impasto sopra un coperchio senza sponda, abbiate pronta una cassarola d'acqua salata bollente, o mezzo brodo pure bollente, con il manico di una paletta fateli ad uno ad uno cascare nel mezzo brodo bollente, curate che non passino la cottura, levateli con paletta forata, fateli colare, accomodateli con butirro purgato e formaggio, serviteli con poca sostanza e se volete versateli in una cassarola o fiamminga o in un piatto con brodo di pasta a piacere. Meglio però sarà accomodarli con formaggio nella fiamminga e versargli sopra il butirro purgato, acciò non si rompino facendoli saltare nella cassarola.
9. Prendete once quattordici di pane, grattatelo, passatelo al crivello e mettetelo in una cassarola unendovi un mezzo di fior di latte, formate una
19. Allestite e levale dalla marinatura due conigli come si è detto di sopra, e disossateli dallo schienale. Empite i conigli con una falsa a canef a vostro piacere, o di una falsa composta di once quattro triffole, once quattordici di lacetti sbianchiti, una fetta di lingua salata della grossezza d'un dito e tagliata a dadi, dopo d' averli empiti cuciteli con reffe e metteteli a cuocere in brasura alla predouillet, come al cap. 22 n. 1), cotti levateli, sbridateli montateli al piatto e ser-viteli nella sua cottura sgrassata e passata al sedaccio, se occorre ristringetele, e versategliela sopra. Se volete potete anche servirli con una salsa alla peverada od all'anconitana o agro-dolce, (veg. il cap. 19).
vostro piacere, o di una falsa composta di once quattro triffole, once quattordici di lacetti sbianchiti, una fetta di lingua salata della grossezza
29. Fate un valuano di pasta sfogliata, fate cuocere nell'acqua once quattordici di pomi di terra, belli e caldi passateli al sedaccio. Metteteli in una cassarola ed uniteci poco butirro liquefatto, sale, pepe e poca drogheria fina, once quattro formaggio di grana e sei rossi d'uova, mischiate tutto insieme, spolverizzate di farina la tavola e con quel composto formate dei piccoli canef, fateli cuocere nel brodo, salateli e cotti levateli al momento dal brodo con paletta, metteteli nel detto valuano, suolo per suolo spolverizzateli con formaggio, versategli sopra un ragottino di triffole con sostanza, e se è di grasso un ragottino di creste in sostanza.
29. Fate un valuano di pasta sfogliata, fate cuocere nell'acqua once quattordici di pomi di terra, belli e caldi passateli al sedaccio. Metteteli in
10 a) Prendete mezza libbra di pomiterra d'once quattordici, fateli cuocere nell'acqua, cotti pelateli passateli al sedaccio, e pronto una cassarola con once tre di butirro fatelo soffriggere e unitevi li pomiterra, e abbiate pronto una basciamella fatta con once due butirro, un cucchiale di farina semola, poco cannella e un mezzo di panera, il tutto tirato al fornello, unitela alli pomiterra suddetti, once due di formaggio di grana tridato, quattro uovi interi, cioè bianco e rossi ben sbattuti, e prontate un bonetto o di rame o di latta col buco nel mezzo, e untato di butirro purgato, e nel fondo coperto di carta pure imburrata, versatevi il composto suddetto giusto di sale, e si fa cuocere al bagnomaria per un'ora, cotto versatelo sopra il piatto, levate la carta e sopra una buona sostanza servitelo.
10 a) Prendete mezza libbra di pomiterra d'once quattordici, fateli cuocere nell'acqua, cotti pelateli passateli al sedaccio, e pronto una cassarola
16. Tridate oncie quattordici di grassa fresca di majale, fatela liquefare in una cassarola mezzana, unite a questa grassa liquefatta un mezzo di panera, tre zaine di sangue di majale che sia liquido, un poco zucchero, poca canella in polvere, quattro mostacciuoli pistati, poco sale, sei rossi d'uova, poca uvetta e pignoli ed incorporate il tutto. Tenete pronto le budelle dette di bodino, empiteli, sbiancateli e divideteli. Al momento che dovrete servirvene li farete cuocere per un quarto d'ora nel brodo, o servitevene sopra una salvietta, ossia li potrete far riscaldare sopra una tortura con sotto un foglio di carta unta di butirro, o al forno dolce, o alla bornice, voltateli e serviteli sopra una salvietta.
16. Tridate oncie quattordici di grassa fresca di majale, fatela liquefare in una cassarola mezzana, unite a questa grassa liquefatta un mezzo di
3. Prendete once quattordici farina di semola, mettetela sopra un tavolo, fatele un buco e metteteci poco sale, impastatela con acqua fresca, fate che la pasta sia delicata, lasciatela possare un poco, stendete un poco la pasta nel mezzo, metteteci once quattordici butirro e datele quattro giri ad uso pasta sfogliata. Servitevene per i valuani, i valuanini e le crescenze che sarà ottima, essendo più leggiera della sfogliata.
3. Prendete once quattordici farina di semola, mettetela sopra un tavolo, fatele un buco e metteteci poco sale, impastatela con acqua fresca, fate
2. Fate liquefare once dodici di butirro in una cassarola, uniteci dodici rossi d'uova uno per volta, once quattro zucchero, once quattordici armandole, pelate e pestate al mortajo, once dieci farina di semola, poca cannella in polvere e poco cedrato tridato, incorporate bene il tutto, di poi metteteci dodici chiari d'uova montati alla fiocca ed untate di butirro purgato un bonetto, appanatelo e versateci dentro il detto composto, fatelo cuocere al forno dolce, cotto e di bel colore versatelo fuori, tenetelo alla stuffa ed asciutto, montatelo sopra una salvietta, spolverizzatelo di zucchero e servitelo.
2. Fate liquefare once dodici di butirro in una cassarola, uniteci dodici rossi d'uova uno per volta, once quattro zucchero, once quattordici
17. Tridate once ventuna carne magra di majale e tagliate a piccoli dadi once quattordici grassa pure di majale, tagliate minute oncie tredici di trifole, poco sale, pepe, spezieria, il tutto incorporatelo bene: prendete della gradisella di majale, stendetela con acqua tiepida e tagliatela a pezzi della grandezza di un palmo della mano, sopra ogni pezzo di questa gradisella mettete tanto come un uovo di questo composto, involgetelo nella detta gradisella, e infarinatela; abbiate pronta una tortiera o plafon-sauté con butirro purgato, fateli friggere al momento, e mettetevi una spolverizzata di salvia, e servitele.
17. Tridate once ventuna carne magra di majale e tagliate a piccoli dadi once quattordici grassa pure di majale, tagliate minute oncie tredici di
29. Si prendono once quattordici di lievito di semola o bianco, once quattordici farina di semola, once cin-que di butirro liquefatto, once quattro di zucchero, ed once due di uvetta passa.
29. Si prendono once quattordici di lievito di semola o bianco, once quattordici farina di semola, once cin-que di butirro liquefatto, once quattro
Mettete il lievito in una piccola conca di legno o pure sulla tavola della pasticcieria, mettete intorno a questo lievito once quattordici farina, il butirro liquefatto, l'uvetta ed il zucchero, impastatelo, poi formate il panatone o piccoli panatoni senza tagliarli, metteteli sopra una carta unta di butirro e fateli lievitare alla stuffa, quando saranno giunti al vero punto, tagliateli in croce e metteteli a cuocere al forno piuttosto caldo, ma che non possa far passare la cottura: cotti montateli sopra d'una salvietta e serviteli con vini forastieri per accompagnamento.
Mettete il lievito in una piccola conca di legno o pure sulla tavola della pasticcieria, mettete intorno a questo lievito once quattordici farina, il
45. Fate inzuppare nella pannera once quattordici di mollica di pane francese tagliato a pezzi o a dadi, in seguito spremetelo bene, unitevi once sei butirro, ed
45. Fate inzuppare nella pannera once quattordici di mollica di pane francese tagliato a pezzi o a dadi, in seguito spremetelo bene, unitevi once sei
70. Prendete quattordici rossi d'uova, once sette zucchero, poca scorza di limone tridato, poca vaniglia, un boccale di panna, tiratela al fornello mischiando sempre, osservando che non bolla e passate il tutto al sedaccio sopra d'una fiamminga di tavola; montate due chiari d'uova alla fiocca, unendovi once due zucchero passato al sedaccio con otto rossi d'uova e versatelo sopra la creme; prima di presentarlo ponetelo al forno temperato, preso che abbia bel colore ed alzato, servitelo all'istante.
70. Prendete quattordici rossi d'uova, once sette zucchero, poca scorza di limone tridato, poca vaniglia, un boccale di panna, tiratela al fornello
72. Fate una creme di quattordici rossi d'uova, once nove di zucchero, poca scorza di limone, poca vaniglia, mischiate il tutto unendovi un boccale di panna, aratelo al fornello curando la cottura come sopra e passatelo al sedaccio in una fiamminga. Fate bollire una pinta di latte, unitevi in due volte una fiocca mon-tata di chiari d'uova, lasciatelo bollire dolcemente, voltatelo e lasciatelo cuocere altrettanto. Levate la neve dal letto, fatela colare al sedaccio, montatela sopra di un piatto versandovi sopra la creme, guarnitela con cedrato o crostoni di biscottini.
72. Fate una creme di quattordici rossi d'uova, once nove di zucchero, poca scorza di limone, poca vaniglia, mischiate il tutto unendovi un boccale
86. Fate bollire un boccale di latte, dopo ponetevi mezza libbra di pane di semola gratuggiato, formate con questo una pastina, unitevi once quattordici di zucchero, una fesa di cedrato filettato, poca scorza di limone, mezza bacchetta di vaniglia pistata con dodici armandole amare, unitela con un chiaro d'uova, levate il tutto dal mortajo ed incorporato con otto rossi d'uova, manipolate il tutto bene affine s'incorpori e s'innalzi, indi unitevi tre chiari d'uova montati alla fiocca, untate una cassarola o bonetto di butirro purgato, impanatelo con pane gratuggiato fino, versate il composto e mettetelo a cuocere al forno temperato, cotto versatelo fuori dalla cassarola o bonetto, al momento di servirlo versatevi sopra una creme come al n. 78 di questo capitolo.
quattordici di zucchero, una fesa di cedrato filettato, poca scorza di limone, mezza bacchetta di vaniglia pistata con dodici armandole amare, unitela con un
140. Prendete once quattordici di butirro fresco, sei uova intieri, once ventotto di fior di farina, quattro once di zucchero in polvere, once una e mezza di lievito di birra, quattro once di uva sultana, una zaina e mezza di pannera doppia, un pizzico di sale, questa è la dose, ed il composto è questo: fate liquefare il butirro in una cassarola che non tosti, liquefatto maneggiatelo con un cucchiajo di legno unendovi un uovo intiero, unite il zucchero e la farina al butirro liquefatto, ad ogni cucchiajo di questo mettete un cucchiajo di pannera ed un uovo intiero e poco sale, incorporate ii tutto mescolando per mezz'ora senza stancarsi, in ultimo ponete il lievito di birra lavandolo la sera per la mattina e l'uva sultana, incorporate il tutto, untate, impanate con pane gratuggiato un bonetto, versate dentro il composto, mettetelo alla stuffa ad alzar il lievito, quando vedete che si alza mettetelo al forno dolce, cotto a bel colore ed asciutto versatelo sopra d'una salvietta spolverizzatelo di zucchero e servitelo.
140. Prendete once quattordici di butirro fresco, sei uova intieri, once ventotto di fior di farina, quattro once di zucchero in polvere, once una e
142. b) Prendete once quattordici di farina di semola, once tre di butirro, once tre di zucchero in polvere, poco sale fina, tre uovi interi, un'oncia di lievito di birra, poco pannera, once tre di marmellata di cedrato, fate la pasta sulla tavola con sveltezza e tiratela alla grossezza d'un mezzo dito con la cannella di pasticceria, tagliateli col copapasta ed adorateli d'uova sbattuto, e metteteli dei pezzetti di detta marmellata, e coprite questi con altra pasta già tagliata, spolverizzate una salvietta o mantino di farina, unitevi li suddetti e metteteli alla stuffa a lievitare, e dopo una mezz'ora incirca li farete friggere a metà strutto e metà butirro purgato assieme, e si servino con zucchero spolverizzati.
142. b) Prendete once quattordici di farina di semola, once tre di butirro, once tre di zucchero in polvere, poco sale fina, tre uovi interi, un
144. Prendete once quattordici di butirro, once quattordici di zucchero, once quattordici di farina, once quattordici d'uva, once tre cedrato tagliato a filetti, once sei armandole alla perlina intere, once tre tresia colorita, una giazza di cioccolata, once sei zucchero, una giazza rossa d'once sei zucchero, altra giazza bianca di once sei zucchero. Prendete uno stampo di latta o di rame lungo once sei, rotondo e grosso come una cannella da pasta, che sia cadente da una parte ed abbia un piccolo traverso da una estremità all'altra perchè passi lo spiede e che sia fermo, investito lo stampo con spago in modo che nella parte cadente resti fuori un pezzo che tirandolo si levi tutto lo spago e ponetelo allo spiede a mano a ben scaldare. Prontate la pasta in questa maniera, fate liquefare il butirro mescolato con cucchiajo di legno, unitevi due uova interi, metteteci un cucchiajo di zucchero ed altro di farina mescolando sempre, unendo il rosso dei detti uova sino a che avete incorporato il zucchero, la farina ed i rossi d' uova, ben caldo lo stampo con il piccolo mescolino della leccarda versate il composto sopra allo stampo sino a che lo stesso è investito, facendo girare lo spiede colle mani acciò non prenda alcuna scossa, per cui sarà bene avere lo spiedo a mano e il fuoco di carbone sopra la terrassa del fornello e lasciategli prendere il bel colore, frattanto che cuoce e gira ponete le armandole e il cedrato infilzato in piedi, ed investitelo di nuovo col composto e ciò seguite sino a che avete terminato il composto le armandole e il cedrato, subito che abbiano preso bel colore ed asciugati investite il turbante con le giazze l'una dopo l'altra avvertendo però di non metterne veruna se non è asciugata, indi mettetevi la tresia quando però l'ultima giazza sia ancor umida acciò si attacchi, levate subito lo spiede dal fuoco e prendete il filo dello spago che si è lasciato nell'estremità usate attenzione di non rompere il turbante quale resterà distaccato dallo stampo , levatelo dallo spiede montatelo in piedi sopra d' una salvietta e quando le dovete servire tagliatelo per il traverso a sottili fettine con un coltello assai fino e servitelo.
144. Prendete once quattordici di butirro, once quattordici di zucchero, once quattordici di farina, once quattordici d'uva, once tre cedrato
146. e) Passate al sedaccio once quattordici di fambrose e unitevi un bicchiere di vino bianco, poco acqua, once sei di zucchero fino, dieci rossi d'uova, il tutto mescolate ed empite le chicchere o pitipoeu, si cucina-no al bagnomaria e si servino tanto caldi come freddi. Potrete far cuocere le fambrose, zucchero, e passarle.
146. e) Passate al sedaccio once quattordici di fambrose e unitevi un bicchiere di vino bianco, poco acqua, once sei di zucchero fino, dieci rossi d
212. Pigliate once diciotto uvetta sultana, once quattordici grassa di manzo tridata alla mezzaluna, once quattordici farina di semola, poc'acqua meno che sia possibile per incorporarlo: fatelo cuocere per tre ore e servitelo con sabajone.
212. Pigliate once diciotto uvetta sultana, once quattordici grassa di manzo tridata alla mezzaluna, once quattordici farina di semola, poc'acqua
214. Pigliate once quattordici grassa, once quattordici farina di semola, incorporatela con poc'acqua e stendetela sopra una tavola colla cannella, indi copritela con marmellata a piacere, dopo inrottolatela e mettetela in una salvietta alla quale legherete le due teste e la farete cuocere per ore tre.
214. Pigliate once quattordici grassa, once quattordici farina di semola, incorporatela con poc'acqua e stendetela sopra una tavola colla cannella
214. a) Mettete once quattordici di grassa fina alla mezzaluna, once quattordici di farina fina, once diciotto d'uva sultana ed un'uova, poco sale, poco acqua fredda, once quattro di zucchero, maneggiatelo bene e legatelo stretto in una salvietta, fatelo cuocere per quattro ore nell'acqua bollente, e al momento servitelo con sopra una creme o un sabajone.
214. a) Mettete once quattordici di grassa fina alla mezzaluna, once quattordici di farina fina, once diciotto d'uva sultana ed un'uova, poco sale
Si pigli una lingua o un pezzo di carne magra di manzo: si stropicci con sale comune e con un pochetto di salnitro ben pesto e mescolato insieme, e si ponga in un mastello; meglio sarà, se si potranno unire molte lingue o molti pezzi di carne insieme. Sopra ogni pezzo cogiti lingua, si spruzza ancora del sale comune e del nitro polverizzato, e vi sì aggiungono coriandri, fogli d'alloro odoroso, pepe, ginepro, un poco di rosmarino ed un poco di rafano rusticano o di cren grattugiato. Chiudesi quindi la mastella o bigoncia, e su la carne si fa poggiare una tavola compressa con peso assai grave, affinchè la salimoja sopravanzi al disopra della carne. I pezzi di carne assai grossi debbono rimanere nella salamoja almeno per quattordici giorni; le lingue per minor tempo. Allorchè queste si vogliono mangiare debbono cuocersi nell'acqua, ben involte in una salvietta, unendovi qualche erba aromatica; e la cottura si continua sinchè sieno ben tenere. Sulla mensa si servono fredde.
, affinchè la salimoja sopravanzi al disopra della carne. I pezzi di carne assai grossi debbono rimanere nella salamoja almeno per quattordici giorni