Giunto poscia il glorioso Regno di Luigi XIV, l'arte della Cucina non si trovò mal contenta d'avere abbandonata l'Italia, poichè alla Corte magnifica di quel gran Monarca si raffinò, divenne delicata, e gentile, trovò degli amanti, e degli scrittori, si accostumò al gusto Francese, dal quale mai più si è separata.
Giunto poscia il glorioso Regno di Luigi XIV, l'arte della Cucina non si trovò mal contenta d'avere abbandonata l'Italia, poichè alla Corte magnifica
Questa minestra, con cui si solennizza in Romagna la Pasqua d'uovo, è colà chiamata tridura, parola della quale si è perduto in Toscana il significato, ma che era in uso al principio del secolo XIV, come apparisce da un'antica pergamena in cui si accenna a una funzione di riconoscimento di patronato, che consisteva nell'inviare ogni anno alla casa de' frati di Settimo posta in Cafaggiolo (Firenze) un catino nuovo di legno pieno di tridura e sopra al medesimo alcune verghe di legno per sostenere dieci libbre di carne di porco guarnita d'alloro. Tutto s'invecchia e si trasforma nel mondo, anche le lingue e le parole; non però gli elementi di cui le cose si compongono, i quali, per questa minestra sono:
significato, ma che era in uso al principio del secolo XIV, come apparisce da un'antica pergamena in cui si accenna a una funzione di riconoscimento di
Nella China l'uso del the risale a molti secoli avanti l'era cristiana; ma in Europa fu introdotto dalla Compagnia olandese delle Indie orientali sul principio del secolo XVI; Dumas padre dice che fu nel 1666 sotto il regno di Luigi XIV che il the, dopo una opposizione non meno viva di quella sostenuta dal caffè, s'introdusse in Francia.
principio del secolo XVI; Dumas padre dice che fu nel 1666 sotto il regno di Luigi XIV che il the, dopo una opposizione non meno viva di quella
La risposta alla prima domanda, trattandosi di una vivanda israelita, la dà il Deuteronomio, cap. XIV, ver. 21: Tu non cuocerai il capretto nel latte di sua madre; i meno scrupolosi però aggiungono un pizzico di parmigiano alle polpettine per renderle più saporite. Alla seconda posso rispondere io e dire che a parer mio, non è piatto da fargli grandi feste; ma può piacere anche a chi non ha il palato avvezzo a tali vivande, massime se manipolato con attenzione.
La risposta alla prima domanda, trattandosi di una vivanda israelita, la dà il Deuteronomio, cap. XIV, ver. 21: Tu non cuocerai il capretto nel latte
COLBERT. J. B. Colbert, statista francese, ministro delle finanze sotto Luigi XIV. — Potage Colbert, brodo di pollo con uova filate. - Soles à la Colbert, filetti di sogliola con salsa al burro, sugo di limone e prezzemolo. - Truite à la Colbert, detta anche à l'anglaise, trota bollita cucinata come la sogliola, con salsa di pesce (Harvey sauce).
COLBERT. J. B. Colbert, statista francese, ministro delle finanze sotto Luigi XIV. — Potage Colbert, brodo di pollo con uova filate. - Soles à la
LOUIS XIV, Luigi XIV detto il «Grande» — Anguilles à la Louis XIV, anguille affettate, cucinate al Champagne con funghi, tartufi, filetti di sogliole, gamberi e bianchetti. - Turbot à la Louis XIV, filetti di rombo al limone, cipolle affettate, burro, prezzemolo, alloro, droghe, vino bianco, cucinate al forno con salsa di gamberetti. - Noix de veau à la Louis XIV noce di vitello piccata con lardo, lingua e tartufi, guarnito con dadi di gelatina, funghi, tartufi e salsa tartara. - Pain d'amandes à la Louis XIV, dolce all'amandorla, con gelatina al latte d'amandorla.
LOUIS XIV, Luigi XIV detto il «Grande» — Anguilles à la Louis XIV, anguille affettate, cucinate al Champagne con funghi, tartufi, filetti di sogliole
MAINTENON, Francesca d'Aubigné, marchesa di Maintenon, vedova del poeta Scarron, amante prima, poi moglie morganatica di Luigi XIV, morta in convento nel 1719. — Potage à la Maintenon, brodo di pollo, crema di riso, tuorlo d'uovo e filetti di pollo. - Saumon à la Maintenon, tronco (darne) di salmone guarnito con purea di funghi - Turbot à la Maintenon, filetti di rombo panati, grigliati all'olio e cipolle, guarnito con ostriche e prezzemolo e servito con salsa di gambero - Côtelettes d'agneau à la Maintenon, costolette d'agnello arrostite da un lato, indi panate dall'altra con farsa di pollo e tartufi e cucinate al burro con crema bianca. - Côtelettes de veau à la Maintenon, costolette di vitello incartocciate (in papillotes) ed arrostite con funghi (vedi anche papillotes) - Macaroni à la Maintenon, maccheroni in salsa alla crema e tuorlo d'uovo, cacio e poc'aglio. - Pêches à la Maintenon, dolce di biscotti in forma di piramide con crema Frangipane al Maraschino, ripieno di frutti in composta, guarnita di pesche e gelatina al sugo di mela.
MAINTENON, Francesca d'Aubigné, marchesa di Maintenon, vedova del poeta Scarron, amante prima, poi moglie morganatica di Luigi XIV, morta in convento
MAZARIN, Giulio Mazarino, cardinale italiano. Fu ministro di Luigi XIII, d'Anna d'Austria e di Luigi XIV; morì nel 1661. — Darne de truite à la Mazarin, tronco di trota cucinato al forno con erbe aromatiche al burro, guarnito con gnocchetti di gamberi e tartufi. - Homards à la Mazarin, manicaretto di polpa di gambero di mare, guarnito con ostriche e funghi, servito in salsa di pesce. - Mazarin de saumon, anche: Mazarine de saumon, torta di salmone con salsa di pesce al vino bianco e pomidoro. - Filet de boeuf à la Mazarin, filetto di bue piccato ed arrostito, guarnito con pasticcini farciti di tartufi ed animelle, nonché piselli, carciofi e gnocchetti di pollo. - Petits patès à la Mazarin, pasticcini di sfogliata, ripieni di farsa di pollo. - Oeufs pochés à la Mazarin, uova affogate, crostate al forno, riposte sopra po-midoro smezzati e serviti con farsa di fegatini, tartufi, funghi e bianco di pollo. - Mazarin à l'ananas au Kirsch, dolce di farina all'uovo, burro, zucchero e crema, affettato ed alternato con fette d'ananas al Kirsch, servite al sciroppo di frutti.
MAZARIN, Giulio Mazarino, cardinale italiano. Fu ministro di Luigi XIII, d'Anna d'Austria e di Luigi XIV; morì nel 1661. — Darne de truite à la
MONTPENSIER, Antonio Filippo, duca di Montpensier. La duchessa di Montpensier ebbe una gran parte nella fazione detta la «Fronde» avversa al governo durante la minorità di Luigi XIV. — Consommé à la Montpensier, verdure tagliate fine (Julienne) con consumato all'uovo. - Ris de veau à la Montpensier, ani-melle di vitello piccate di lardo e lingua, bollite al brodo con verdure miste, guarnite di riso in salsa bianca e spezzatino di pollo. - Rognon à la Montpensier, rognoni di vitello al risotto con tartufi. - Poularde à la Montpensier, fette di bianco di pollastra, alternate da fette di lingua affumicata, sopra fondo di purea di cipolle, guarnite con crostini al burro, punte d'asparagi e piselli. - Charlotte à la Montpensier, meringa al latte d'amandorla con fette d'arancio.
durante la minorità di Luigi XIV. — Consommé à la Montpensier, verdure tagliate fine (Julienne) con consumato all'uovo. - Ris de veau à la Montpensier
ORLÉANS (à la d'). Questo termine non si riferisce a Filippo d'Orléans detto: Philippe Egalité, morto sul patibolo nel 1793, ma al fratello del Re Luigi XIV morto nel 1701. — Filets de merlans à la d'Orléans, fette d'asello al vino bianco, contornato da gnocchetti di pesce, funghi, tartufi e gamberi di mare - Carottes à la d'Orléans, carote al burro in salsa bianca e prezzemolo - Croquettes de pommes à la d'Orléans, crocchetti di patate con presciutto, lingua, tartufi e pomidoro - Oeufs à la d'Orléans, uova al piatto con contorno di purea di fagiano - Pouding à la d'Orléans, dolce di pasta da biscotto rivestito con gelatina, cedro, ananas al Maraschino, servito con sciroppo di fragole.
Luigi XIV morto nel 1701. — Filets de merlans à la d'Orléans, fette d'asello al vino bianco, contornato da gnocchetti di pesce, funghi, tartufi e
POMPADOUR, marchesa di Pompadour, dama di corte e favorita influente di Luigi XIV (1721- 1764). — Perche à la Pompadour, pesce persico farcito di bianchetti e cucinato al vino bianco - Huîtres à la Pompadour, ostriche preparate al burro, sale e pepe, salsa olandese, tartufi e sugo di limone - Filet de boeuf à la Pompadour, fette di filetto di manzo arrosto, servite al crostino con purea di cipolle e salsa bearnese, guarnite con olive e patatine - Longe de veau à la Pompadour, lombo di vitello in salsa bianca (béchamel) panato con pane e cacio, cucinato al forno con verdure assortite - Epigrammes de volaille à la Pompadour, fricassata di vitello con funghi, tartufi e carciofi, come: vitello all'uccelletto con tartufi e carciofi - Cro- quettes à la Pompadour (vedi ivi) - Timbale à la Pompadour, timballo con fettine di pere e mele sciroppate, composta d'albicocca al Champagne fregiato con zucchero al limone.
POMPADOUR, marchesa di Pompadour, dama di corte e favorita influente di Luigi XIV (1721- 1764). — Perche à la Pompadour, pesce persico farcito di
VATEL — celebre cuoco francese, già al servizio di Luigi XIV, suicidatosi à Chantilly per il ritardato arrivo dei pesci attesi per un grande banchetto. - Potage de turbot à la Vatel, zuppa al brodo di pesce con filetti di rombo arrostito alla gratella, vongoli e gamberetti. - Turbot grillé à la Vatel, rombo alla gratella, con tartufi, latte di carpio e gamberetti - Palais de boeuf en tortue à la Vatel, palato di bue con tartufi, imitante lo stufato di tartaruga. - Côtelettes de mouton à la Vatel, costolette di castrato, panate con farsa di pollo e tritura di tartufi, indi cucinate al burro con guarnizione alla finanziera - Quenelles de chapon à la Vatel, gnocchetti di carne di cappone con funghi e tartufi, in salsa di tartufi - Oeufs mollets à la Vatel, pasticcini con farsa di funghi, lingua e purea di cipolle, guarniti con un uovo affogato ed un anello di tartufo nero.
VATEL — celebre cuoco francese, già al servizio di Luigi XIV, suicidatosi à Chantilly per il ritardato arrivo dei pesci attesi per un grande
La patata ha proprietà antiscorbutiche incontestabili, e sotto i regni di Luigi XIV e di Luigi XV veniva raccomandata nella marina. Essa contiene infatti, sali di potassa necessarii alla nutrizione dei muscoli, e veniva consigliata cruda allo stesso titolo delle marmelate di limone e del succo di erbe.
La patata ha proprietà antiscorbutiche incontestabili, e sotto i regni di Luigi XIV e di Luigi XV veniva raccomandata nella marina. Essa contiene
Proprietà. — L'aringa è un pesce lungo da 25 a 30 centimetri,, che si pesca in grande abbondanza nel mare del Nord da aprile a giugno. Si mangia fresco, affumicato o salato, secondo il metodo inventato da Guglielmo Bökel, pescatore olandese del secolo XIV.
fresco, affumicato o salato, secondo il metodo inventato da Guglielmo Bökel, pescatore olandese del secolo XIV.
Questa impostazione è illustrata dalla incisiva eloquenza delle seguenti frasi del Duce, tratte dal Discorso del 23 marzo 1936-XIV, definito come il «piano regolatore della nuova economia italiana»:
Questa impostazione è illustrata dalla incisiva eloquenza delle seguenti frasi del Duce, tratte dal Discorso del 23 marzo 1936-XIV, definito come il
II tartufo com'era cibo ghiotto dei Greci e dei Romani, lo divenne al tempo delle crociate nelle Corti di Spagna, Toscana e in quella Papale di Avignone e Roma. Dalla Spagna il tartufo passa alle mense francesi nel secolo XIV ma fu misconosciuto allora, ed il poeta Deschamps che viveva sotto Carlo VI compose contro il tartufo, una ballata. Ancora nel 1780 era raro a Parigi. Nel secolo XVI l'uso del tartufo era frequente in tutta Italia. Il Mattiolo ne parla, come di un piatto prelibato di grandi case. Platina l'istoriografo dei Papi, vanta quelli di Norcia nell'Umbria, dove nella vicina Bevagna doveva nascere di lì a poco Alfonso Ceccarelli celebre autore dell'opuscolo sui tartufi. E il tartufo che era già comparso ai fius soupers de la Regence e, del Direttorio, diventa ospite pressochè quotidiano alle mense dei marescialli dell'impero e trova in Brillat-Savarin il suo corifeo ed il suo poeta. Egli lo chiama il Diamante della cucina, Dumas s'inchina profondamente davanti al tartufo, lo adora, e nella sua adorazione non può che ripetere che il tartufo è il sacrum sacrorum. Invano i suoi nemici, la medicina ed i casisti, lo combattono. Avicenna dice che occasiona l'appoplessia e la paralisi — altri che genera la melancolia e la lebbra — altri, che è uno stimolante afrodisiaco. Il tartufo s'impone come cibo salubre, nutriente ed eccitante la digestione quando è preso in debita misura. «Che ne pensate voi del tartufo » domandava un giorno Luigi XVIII al suo medico Portal — Scometto che voi lo proibite ai vostri malati! — Sire, io lo credo un poco indigesto, mormorò Portal. — Il tartufo, dottore, non è ciò che pensa il volgo, soggiunse il re e ne fè sparire un bel piatto. Il tartufo à solo due difetti: 1° Di essere indigesto se se ne mangia troppo. 2° Di essere molto caro. Gian Michele Savonarola raccomanda agli intemperanti in fatto di tartufi, di temer Dio se non temono la colica: consiglio che agli epicurei non à mai fruttato un corno.
Avignone e Roma. Dalla Spagna il tartufo passa alle mense francesi nel secolo XIV ma fu misconosciuto allora, ed il poeta Deschamps che viveva sotto Carlo
La Cioccolatta. — (Mil. Ciccolatt. - Fr. Chocolat. - Ted. Schokolate. - Ingl. Chocolate). — Deve il suo nome a Sciocolatl, col quale vocabolo, al Messico, si chiamava una mistura di cacao, di farina di maiz, vaniglia e pepe. Tale pasta era ridotta in tavolette che si stemperavano all'uopo, in acqua calda. La cioccolatta è squisitissima e nutriente cibo, benchè non digeribile per tutti gli stomachi. Si ottiene impastando il cacao torrefatto collo zuccaro e coll'aggiunta per lo più di canella, chiodi di garofano e vaniglia. La cioccolatta, drogata è più saporita e sana di quella che, ipocritamente vien detta alla santè e che è la più indigesta. Si mangia cruda e cotta nell'acqua. È dannosa ai plettorici e ai troppo pingui e a chi soffre emorroidi e affezioni erpetiche. La cioccolatta si falsifica in mille modi, con farine, gomme, oli, grassi, materie minerali, ecc. I più onesti falsificatori si accontentano della fecola. Si mascherano le falsificazioni con molti aromatici, ond'è che la cioccolatta del commercio più aromatizzata è la più sospetta di alterazione. La buona cioccolatta, è untuosa, di un odore deciso di cacao, la sua frattura è a grana fina, unita non si rompe senza naturale sforzo. Cotta nell'acqua o nel latte non ispessisce molto. La cattiva cioccolatta, à frattura ineguale, aspetto sabbioso, colore grigio-giallastro e irrancidisce rapidamente. Toccata colle dita perde la propria lucentezza, e quando si fà bollire esala un odore di colla. La cioccolatta assorbe facilmente gli odori stranieri, e perciò non si deve metterla a contatto di sostanze odorose. Esposta all'aria viene attaccata dagli insetti che la riducono in polvere. Va conservata in luogo secco e freddo, altrimenti si altera con rapidità, ammuffa e contrae un sapore sgradevole. La cioccolatta mista e bollita col latte dà un eccellente mistura assai sostanziosa, ma non addatta a tutti gli stomachi e che da noi, si chiama barbajada. dal suo inventore Barbaja, impresario della Scala al principio del secolo. Primi i Gesuiti, avvertendone la delicatezza e la facoltà nutritiva, insegnarono quella bevanda che divenne la colazione dei giorni di digiuno. Redi nel Bacco ci dice che Antonio Carletti fiorentino fù uno dei primi a far conoscere la cioccolatta in Europa e la Corte Toscana ad introdurla. Il Padre Labat, al principio del secolo scorso, se ne fece l'apostolo, e il Gesuita Tommaso Strozzi ne cantò, in poemetto latino, le lodi. Chi abbia letto il Roberti, dice Cesare Cantù, (St. Un., T. XIV, p. 391) noterà questa predilezione delle muse gesuitiche per la prelibata mistura. Tutto il secolo XVII si combattè pro e contro la cioccolatta, il caffè ed il tè. Le dame spagnuole in America, amavano la cioccolatta al punto che non contente di prenderne molte volte al giorno in casa se la facevano servire perfino in Chiesa. I vescovi censurarono bensì tale pratica di ghiottoneria, ma finirono col chiudere gli occhi, e il R. Padre Escobar sottilissimo in metafisica, quanto di manica larga in morale, dichiarò formalmente che la cioccolatta coll'acqua non rompeva il digiuno, perchè liquida non frangunt. Fu importata nella Spagna verso il 17° secolo e mercè le donne e i frati l'uso ne divenne popolare. Anche oggi in tutta la Penisola si offre la cioccolatta come da noi il caffè. Passa i monti con Giovanna d'Austria. I frati spagnuoli la fecero conoscere a' loro confratelli di Francia e al tempo della Reggenza anche in Francia era più in uso del caffè. Madama d'Arestrel superiora del convento delle Visitandines a Belley raccomandava al celebre gastronomo suo compatriota, Brillat-Savarin questa maniera di far la cioccolatta: «Quand vous vou» drez prendre du bon chocolat, faitez-le faire dès » la veille, dans une cafetière de faïence, et laissez-le » là. Le repos de la nuit concentre et lui donne » un veloutè qui le rend meilleur. Le bon Dieu » ne peut pas s'offenser de ce petite raffinement, » car il est lui-même tout excellence. » Il medesimo Brillat-Savarin suggerisce che una tazza di cioccolatta dopo il pranzo, invece del caffè è cosa che à il suo merito — e quel gastronomo la sapeva alla lunga. Non sò darmi pace, al pensare, come il fabbricante cioccolatta da noi sia stato preso come tipo di scempiaggine, sicchè ne rimase il proverbio: Fà una figura de ciccolattee, e come la parola ciccolatt serva al nostro popolo quale sinonimo di rabbuffo. La cioccolatta da noi è considerata come bevanda esclusivamente clericale.
Strozzi ne cantò, in poemetto latino, le lodi. Chi abbia letto il Roberti, dice Cesare Cantù, (St. Un., T. XIV, p. 391) noterà questa predilezione delle
La Cioccolata — (Mil.: Ciccolatt. — Franc.: Chocolat. — Ted.: Schokolate. — Ingl.: (Chocolate. — Spagnuolo: Chocolate), deve il suo nome a Sciocolatt, col quale vocabolo, al Messico, si chiamava una mistura di cacao, di farina di maiz, vaniglia e pepe. Tale pasta era ridotta in tavolette che si stemperavano all'uopo, in acqua calda. La cioccolatta è squisitissima e nutriente cibo, benchè non digeribile per tutti gli stomachi. Si ottiene impastando il cacao torrefatto collo zuccaro e coll'aggiunta per lo più di canella, chiodi di garofano e vaniglia. La cioccolatta drogata è più saporita e sana di quella che ipocritamente vien detta alla santè e che è la più indigesta. Si mangia cruda e cotta nell'acqua. È dannosa ai plettorici e ai troppo pingui e a chi soffre emorroidi e affezioni erpetiche. La cioccolatta si falsifica in mille modi, con farine, gomme, olii, grassi, materie minerali, ecc. I più onesti falsificatori si accontentano della fecola. Si mascherano le falsificazioni con molti aromatici, ond'è che la cioccolatta del commercio più aromatizzata, è la più sospetta di alterazione. La buona cioccolatta, è untuosa, di un odore deciso di cacao, la sua frattura è a grana fina, unita, non si rompe senza sforzo. Cotta nell'acqua o nel latte non ispessisce molto. La cattiva cioccolatta, à frattura ineguale, aspetto sabbioso, colore grigio-giallastro e irrancidisce rapidamente. Toccata colle dita perde la propria lucentezza, e quando si fa bollire esala un odore di colla. La cioccolatta assorbe facilmente gli odori stranieri, e perciò non si deve metterla a contatto di sostanze odorose. Esposta all'aria viene attaccata dagli insetti che la riducono in polvere. Va conservata in luogo secco e freddo, altrimenti si altera con rapidità, ammuffa e contrae un sapore sgradevole. La cioccolatta mista e bollita col latte, dà un'eccellente mistura assai sostanziosa, ma non adatta a tutti gli stomachi e che da noi si chiama barbajada, dal suo inventore Barbaja, impresario alla Scala al principio del secolo (1). Primi i Gesuiti, avvertendone la delicatezza e la facoltà nutritiva, insegnarono quella bevanda che divenne la colazione dei giorni di digiuno. Redi nel Bacco ci dice, che Antonio Carletti fiorentino, fu uno dei primi a far conoscere la cioccolatta in Europa e la Corte Toscana ad introdurla. Il padre Labat, al principio del secolo scorso, se ne fece l'apostolo, e il gesuita Tommaso Strozzi ne cantò, in poemetto latino, le lodi. Chi abbia letto il Roberti, dice Cesare Cantù (St. Un., T. XIV, p. 391) noterà questa predilezione delle muse gesuitiche per la prelibata mistura. Tutto il secolo XVII si combattè prò e contro la cioccolatta, il caffè ed il tè. Le dame spagnuole in America, amavano la cioccolatta al punto che non contente di prenderne molte volte al giorno in casa, se la facevano servire perfino in chiesa. I vescovi censurarono bensì tale pratica di ghiottoneria, ma finirono col chiudere gli occhi, e il rev. padre Escobar, sottilissimo in metafisica, quanto di manica larga in morale, dichiarò formalmente che la cioccolatta, coll'acqua non rompeva il digiuno, perchè
il gesuita Tommaso Strozzi ne cantò, in poemetto latino, le lodi. Chi abbia letto il Roberti, dice Cesare Cantù (St. Un., T. XIV, p. 391) noterà
E forse questo proverbio è del secolo scorso, venuto dalla tavola di Luigi XIV dove toccava alla dama più bella rimestare l'insalata colle sue graziose menotes.
E forse questo proverbio è del secolo scorso, venuto dalla tavola di Luigi XIV dove toccava alla dama più bella rimestare l'insalata colle sue
Secondo l'uso cui essa è destinata, se cioè occorre più o meno densa, variano le proporzioni dei componenti: burro, farina e latte. Il procedimento per fare la salsa è molto semplice. Si mette il burro in una casseruolina su fuoco moderato. Quando il burro è liquefatto si aggiunge la farina e si fa cuocere senza farle prendere colore e mescolandola continuamente con un cucchiaio di legno. Dopo un paio di minuti si versa nella casseruola il latte, si stempera bene il composto di farina e burro, si condisce con sale, e un nonnulla di noce moscata, e, senza smettere mai di mescolare, si fa addensare la salsa. Molti la chiamano balsamella. Ciò è improprio. Il nome francese della salsa è «béchamelle» perchè attribuita al marchese di Béchamel, maggiordomo del Re Luigi XIV. Volendo quindi italianizzare il nome, ci sembra più logico tradurlo con besciamella anzichè con balsamella, parola che non significa nulla. Le proporzioni della salsa verranno date volta per volta, secondo i casi. Generalmente le dosi per una salsa di media densità sono le seguenti: burro cinquanta grammi, farina due cucchiaiate (cinquanta grammi) e un bicchiere e mezzo di latte, pari alla terza parte di un litro.
, maggiordomo del Re Luigi XIV. Volendo quindi italianizzare il nome, ci sembra più logico tradurlo con besciamella anzichè con balsamella, parola che
Il gelato, col corteggio biondo e ghiotto di pastine che gli fanno scorta d'onore, è la conclusione graditissima di ogni fine desinare; non solo, ma durante la stagione estiva offre il più piacevole dei ristori, anche nel periodo che corre tra un pasto e l'altro. L'arte dei composti ghiacciati pare rimonti alla più lontana antichità, e, specialmente a un seguace di Maometto sembra si debba l'idea di far congelare succhi di frutta in un vaso circondato di ghiaccio. Ma senza addentrarci in queste noiose quanto inutili nebulosità della storia, accontentiamoci di affermare che certamente agli italiani del secolo XVII si deve la creazione e la divulgazione del vero gelato. Nel 1660 un meridionale, tal Procopio Calpelli, emigrava a Parigi fondando il famoso «Caffè Procopio», sparito da pochi anni, e nella capitale della Francia lanciava la sua celebre industria refrigerante, che otteneva un successo colossale. Il gelato non era allora un rinfresco accessibile a tutti: costava molto ed era solo riservato ai grandi signori. A questo proposito le cronache del tempo narrano che il giorno in cui il grande Condé ricevette nel suo Castello di Chantilly la regale visita di Luigi XIV, destarono generale ammirazione dei gelati in forma d'uovo che il genio di Vatel aveva preparato per gli ospiti illustri. Da quel tempo l'industria della gelateria ha progredito e si è popolarizzata, concorrendo a ciò la facile produzione del ghiaccio e le macchine sempre più perfezionate. E finalmente, anche la cucina di lusso si è impadronita di questo ramo dell'arte dulciaria,
proposito le cronache del tempo narrano che il giorno in cui il grande Condé ricevette nel suo Castello di Chantilly la regale visita di Luigi XIV, destarono
Questa minestra, con cui si solennizza in Romagna la Pasqua d'uovo, è colà chiamata tridura, parola della quale si è perduto in Toscana il significato, ma che era in uso al principio del secolo XIV come apparisce da un'antica pergamena in cui si accenna a una funzione di riconoscimento di patronato, che consisteva nell'inviare ogni anno alla casa de' frati di Settimo posta in Cafaggiolo (Firenze) un catino nuovo di legno pieno di tridura e sopra al medesimo alcune verghe di legno per sostenere dieci libbre di carne di porco guarnita d'alloro. Tutto s'invecchia e si trasforma nel mondo, anche le lingue e le parole; non però gli elementi di cui le cose si compongono i quali, per questa minestra, sono:
significato, ma che era in uso al principio del secolo XIV come apparisce da un'antica pergamena in cui si accenna a una funzione di riconoscimento di patronato
La risposta alla prima domanda, trattandosi di una vivanda israelitica, la dà il Deuteronomio, Cap. XIV, ver. 21: Tu non cuocerai il capretto nel latte di sua madre; i meno scrupolosi però aggiungono un pizzico di parmigiano alle polpettine per renderle più saporite. All'altra posso risponder io e dire che, a parer mio, non è piatto da fargli grandi feste; ma può piacere anche a chi non ha il palato avvezzo a tali vivande, massime se manipolato con attenzione.
La risposta alla prima domanda, trattandosi di una vivanda israelitica, la dà il Deuteronomio, Cap. XIV, ver. 21: Tu non cuocerai il capretto nel
Nella China l'uso del thè risale a molti secoli avanti l'era cristiana; ma in Europa fu introdotto dalla Compagnia olandese delle Indie orientali sul principio del secolo XVI; Dumas padre dice che fu nel 1666 sotto il regno di Luigi XIV che il thè, dopo una opposizione non meno viva di quella sostenuta dal caffè, s'introdusse in Francia.
principio del secolo XVI; Dumas padre dice che fu nel 1666 sotto il regno di Luigi XIV che il thè, dopo una opposizione non meno viva di quella
NB. Nel Cap. XIV ove trattasi delle Verdure vi troverete molte verdure fritte e alla pastina che potrete adoperare anche per fritture nel Capitolo secondo.
NB. Nel Cap. XIV ove trattasi delle Verdure vi troverete molte verdure fritte e alla pastina che potrete adoperare anche per fritture nel Capitolo
Capitolo I. Delle zuppe e delle minestre in generale. ˮ II. Delle fritture in generale, ˮ III. Dei Lessi. ˮ IV. Del Pollame in generale. ˮ V. Degli entrées di vitello in generale. ˮVI. ---- di pasticci caldi. ˮ VII ---- di Majale e di Tasso. ˮ VIII. ---- di Montone. ˮ IX. ---- d'Agnello e di Capretto. ˮ X. ---- di Lepre e di Coniglio, Capriuolo, Cervo e Camoccio. ˮ XI. --- di selvaggiume. Cap. XII. Degli entrées di pesce cucinato in grasso, quale si può servire anche per seconda portata o per piatto di rilievo. ˮ XIII. Degli entremets o piatti di tramezzo per secondo servizio. ˮ XIV. Della verdura in generale. ˮ XV. Degli Arrosti anche piatto di rilievo. ˮ XVI. Dei dolci in generale. ˮ XVII. Della Credenza, ˮ XVIII. Dei tondini d' ordeure per fornire la tavola. ˮ XIX. Dei brodi, dei sughi e consommé, col modo di tirarli, e delle varie salse. ˮ XX. Delle guarnizioni per la tavola. ˮ XXI. Delle false e pieni. ˮ XXII. Delle brasure. ˮ XXIII. Dei mariné. ˮ XXIV. Del modo di conservare verdure e dei composti per salati. ˮ XXV. Dei pranzi di magro, diviso in dieci articoli. ˮ XXVI. Dei pranzi da olio diviso in otto articoli.
, quale si può servire anche per seconda portata o per piatto di rilievo. ˮ XIII. Degli entremets o piatti di tramezzo per secondo servizio. ˮ XIV. Della